Nagorno Karabakh assediato, peggiora la crisi umanitaria (Lanuovabq 31.08.23)

Dopo nove mesi di blocco sempre più stretto, cosa ne è del Nagorno Karabakh? Le poche notizie che trapelano dal suo interno parlano di una grave crisi umanitaria, morti per fame e aumento degli aborti spontanei. L’assedio azero all’enclave armena cristiana continua.

ESTERI 31_08_2023
Camion armeni bloccati nel corridoio di LachinDopo nove mesi di blocco sempre più stretto, cosa ne è del Nagorno Karabakh? La regione separatista, popolata da armeni cristiani, ma incastonata nel mezzo del territorio dell’Azerbaigian, nazione a maggioranza musulmana (per un riassunto del lungo conflitto vedi qui), non riceve quasi più nulla dall’Armenia. L’unica strada che collega i 120mila armeni del Nagorno alla madrepatria, il “corridoio di Lachin”, è bloccata da dicembre. Da giugno gli azeri hanno ulteriormente stretto il blocco, chiudendo il passaggio a ogni tipo di merce.La situazione umanitaria è grave. Le autorità locali del Nagorno-Karabakh affermano che un decesso su tre è dovuto alla malnutrizione. Il 15 agosto l’Ufficio del difensore dei diritti umani dell’Armenia ha dichiarato che un uomo di circa 40 anni è morto a causa di malnutrizione cronica. L’affermazione non è stata verificata in modo indipendente, ma un ex procuratore della Corte penale internazionale ha affermato in agosto che il blocco del corridoio di Lachin potrebbe equivalere a un “genocidio” della popolazione armena locale. Baku ha respinto l’accusa al mittente.

Le notizie e le foto provenienti dall’interno del territorio ci mostrano scaffali dei negozi di alimentari completamente vuoti. Anche i generi di prima necessità come il pane sono razionati e il carburante è così scarso che l’intero sistema di trasporto pubblico è stato chiuso. Gli aborti spontanei sono triplicati, conseguenza “sia della situazione di stress che della mancanza di una dieta equilibrata”, ha dichiarato ai media locali il primario di una clinica di maternità.

La Bbc, ieri, ha pubblicato una prima inchiesta sul terreno, pur senza poter entrare direttamente nel Nagorno Karabakh. Il corrispondente della Tv di Stato britannica conferma che la strada sia completamente bloccata: c’è una lunga fila di camion, carichi di aiuti umanitari e beni di prima necessità che non possono passare. Il giornalista ha intervistato, fra gli altri un diciottenne (chiamato Hayk per proteggerne l’identità) mentre era in videochiamata con la madre, nel Nagorno. “Non ci sono uova, non c’è zucchero, non ci sono dolci, il pane è razionato, l’altro giorno mi sono alzata alle 4 per fare la fila”, dice la madre, parlando dalla città di Martakert. “Conosco almeno un caso in cui una donna incinta ha perso il bambino perché non c’era benzina per portarla in ospedale”. “La gente rimane in coda per ore per ottenere razioni di cibo minime. La gente sviene nelle code per il pane”, conferma anche la giornalista locale Irina Hayrapetyan.

L’Azerbaigian nega di aver bloccato il Nagorno Karabakh. Alla protesta dell’Armenia e della comunità internazionale, il governo di Baku risponde di essere pronto ad offrire un percorso alternativo per i rifornimenti attraverso la città di Agdam, situata a est della regione e controllata da Baku.

Il governo armeno del Nagorno Karabakh ha respinto l’offerta, affermando che il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbaigian è una violazione dell’accordo di cessate il fuoco del 2020, negoziato da Mosca, che ha posto la striscia di terra larga 5 chilometri sotto il controllo delle forze di pace russe. “Cosa fareste se un terrorista vi bloccasse l’accesso a una sorgente d’acqua in un deserto, vi torturasse per un po’ e poi vi offrisse la sua urina da bere?”, ha scritto su Twitter, senza usare mezzi termini, Artak Beglaryan, consigliere del ministro di Stato. Un gruppo di civili ha anche eretto un blocco, nella città di Askeran, sulla strada per Agdam. I manifestanti sostengono che l’offerta dell’Azerbaigian sia solo un cavallo di Troia: accettandola, aprirebbero la porta al dominio azero, che li caccerebbe dalle loro case.

Le uniche organizzazioni umanitarie internazionali che hanno accesso al Nagorno-Karabakh sono, attualmente, il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) e l’organizzazione per lo sminamento Halo Trust. Il Cicr dichiarava, già il 25 luglio: “La popolazione civile sta ora affrontando la mancanza di farmaci salvavita e di beni di prima necessità, come prodotti per l’igiene e latte per bambini. Frutta, verdura e pane sono sempre più scarsi e costosi, mentre altri prodotti alimentari come latticini, olio di girasole, cereali, pesce e pollo non sono disponibili”.

Le ambulanze possono passare. Ma non è detto che, chi viene trasportato, arrivi a destinazione. È il caso di Vagif Khachatryan, 68 anni: doveva essere portato a Erevan, per un intervento chirurgico urgente per una patologia cardiaca, ma è stato arrestato nel percorso. “Quando si sono avvicinati al posto di blocco azero – dice alla Bbc la figlia Vera – (i militari azeri, ndr) hanno detto che dovevano prenderlo per 10 minuti per fargli alcune domande. Mio padre è stato portato via con un dipendente della Croce Rossa; pochi minuti dopo il dipendente della Croce Rossa è tornato, ma mio padre è stato portato in un luogo sconosciuto”. L’uomo è accusato di aver commesso crimini durante la prima guerra del Nagorno Karabakh (1988-1994). La figlia nega che il padre sia un criminale, avrebbe semplicemente partecipato al conflitto. Difficilmente avrà diritto a un equo processo. Tre giovani calciatori armeni del Karabakh sono stati arrestati questa settimana allo stesso posto di blocco, con l’accusa di oltraggio alla bandiera azera nel 2021. Ora si teme che qualsiasi maschio di etnia armena possa subire la stessa sorte se tenta di passare il confine.

Questi episodi confermano i peggiori timori degli armeni. Il Nagorno Karabakh viene considerato a tutti gli effetti territorio azero e vi si applicano le leggi di Baku. L’accettazione della sovranità azera sul Nagorno Karabakh, anche da parte del governo armeno (ipotesi ventilata nei mesi scorsi dal premier Pashinyan), cosa comporterebbe? Gli armeni “di montagna” sono convinti che sarebbe la premessa di una pulizia etnica. Rimangono dunque aggrappati all’alternativa impossibile: andarsene o rischiare di morire di fame.

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