Nagorno-Karabakh, un Fuoco mai Spento (Smartweek 05.04.16)

Un’escalation crescente nel territorio del Nagorno-Karabakh, a causa di fallimenti mediatici, una militarizzazione crescente e frequenti violazioni del cessate il fuoco attraverso l’uso di artiglieria pesante han provocato centinaia di morti. Un duro stop alla tregua accordata nel 1994 dopo 6 anni di guerra e migliaia di morti tra l’Armenia e l’Azerbaijan.

Il conflitto

Un conflitto che dura quasi un secolo, da quando nel 1923, Stalin decise che il territorio del Nagorno-Karabakh, enclave armeno cristiana, sarebbe diventata parte dell’Azerbaijan, di maggioranza musulmana.
Quando negli anni 80 l’Unione Sovietica si indebolì, la popolazione del Karabakh insorse, proclamando la propria indipendenza dall’Azerbaijan a favore dell’annessione all’Armenia, sfociando in una pesante guerra che durò dal 1988 al 1994 senza arrivare ad un trattato di pace ma solo ad un cessate il fuoco, dimostrando che l’URSS non ebbe successo nel suo intento di calmare ed eliminare nazionalismi.

Al momento nessuna delle parti si è ancora assunta la responsabilità per la violazione della tregua.

La situazione oggi

Gli azeri, in un discorso tenutosi sabato, hanno affermato che gli armeni hanno ucciso una dozzina di soldati e abbattuto un elicottero azero accendendo cosi il conflitto, mentre il presidente armeno Serzh Sarkisian ha dichiarato che è stata l’Azerbaijan a iniziare il conflitto con l’uccisione di 20 soldati e 35 feriti.

Il gruppo di Minsk, organo istituito nel 1992 dall’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), con lo scopo di mediare e arrivare ad una soluzione al conflitto Armeno-Azero, co-presidiata da Francia, Stati Uniti e Russia, non è riuscito a produrre una soluzione definitiva e si incontrerà oggi a Vienna per discutere sul da farsi.

Nel mentre Vladimir Putin ha contattato i ministri Armeni e Azeri al fine di arrivare ad un cessate il fuoco, e il segretario degli Stati Uniti, John Kerry si è pronunciato dichiarando che gli USA:” condannano duramente le violazioni della tregua”.

Il confronto fra Russia e Turchia

Un ostacolo alla risoluzione potrebbe essere anche la situazione geopolitica che interessa i paesi coinvolti nel conflitto.
La Russia, con la sua base militare in Armenia ma soprattutto intimorita dalla forte concorrenza per l’esportazione azera di gas, potrebbe non volere arrivare ad una risoluzione definitiva cosi da poter controllare meglio la situazione. Dall’altro lato del ring si posiziona la Turchia con una triste, se non terribile, relazione con l’Armenia, dove Ankara si rifiuta ancora di scusarsi per il genocidio avvenuto nel 1915 con la morte di 1.5 milioni di armeni. Attualmente i turchi detengono forti legami commerciali di gas e benzina con l’Azerbaijan, che rappresenta un ponte per l’Asia centrale e una risoluzione al conflitto potrebbe portare ad una egemonia Turca-Azera nella regione, con la Georgia come junior partner e il duetto, Russia e Iran, fuori dal campo di gioco.

Se prima gli attori di una guerra dislocata furono Russia e Stati Uniti con i relativi stati amici, ora, con la ritirata americana dall’Asia orientale, assistiamo a un conflitto “freddo” diverso, dove gli USA passano la palla alla Turchia, appoggiata dall’Arabia Saudita mentre la Russia rimane attiva sul campo con un nuovo alleato, l’Iran e un’America vacillante.

La questione siriana pone le basi per un conflitto freddo tra le due potenze in termini di egemonia territoriale e economica e col passare del tempo altri territori diventano pedine di una scacchiera sempre più complessa.

Quest’ultimo caso del conflitto per il Nagorno-Karabakh, ne è l’esempio ma anche i recenti avvicinamenti di Erdogan a Israele, il quale detiene una delle riserve di gas più grandi del Mediterraneo.

Il Medio Oriente non è mai stato così multipolare e imprevedibile, l’Europa deve rimanere molto vigile se non vuole essere travolta.

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