Papa in Armenia: mons. Minassian su genocidio, “la storia è scritta sulle sue pagine. Non c’è nulla da nascondere” (SIR 28.06.16)

La storia, al di là di tutte le autorità umane, è scritta sulle sue pagine dal 1915. Quindi non c’è niente da nascondere”. Risponde così monsignor Raphael Minassian, ordinario per gli armeni dell’Europa dell’Est, alle reazioni diplomatiche che l’utilizzo del termine “genocidio” da parte di Papa Francesco nel suo viaggio in Armenia hanno provocato. “Il Papa – dice il vescovo in una intervista al Sir –  è un uomo molto pragmatico, malgrado la sua posizione come Pontefice. La parola che ha utilizzato, è quella che ha sempre pronunciato fin  da quando era cardinale a Buenos Aires e poi il 12 aprile del 2015. E’ stato lui stesso a spiegarlo. E’ una parola che non cambierà con gli anni, rimane sempre la stessa per indicare la stessa verità. Non può cambiare ad ogni occasione. Utilizzare la stessa parola in diversi discorsi per il Santo Padre è dire una verità che ha pronunciato il 12 aprile 2015 e quando era cardinale. La storia, al di là di tutte le autorità umane, è scritta sulle sue pagine dal 1915 e negli anni in cui si consumava questo genocidio. Quindi non c’è niente da nascondere. Noi che siamo la prima generazione dopo il Genocidio, siamo psicologicamente e profondamente toccati da questa tragedia”. Il fratello del vescovo Minassian è uno dei discendenti del Genocidio che il Papa ha potuto salutare al complesso dedicato alla memoria delle vittime del Metz Yeghérn. “Io non potevo essere lì, perché dovevo aspettare il Papa a Gyumri ma è la storia della mia famiglia perché mio padre è uno dei bambini che è andato in Italia ospite a Castel Gandolfo del Santo Padre. Fu poi seguito dai padre salesiani con i quali è cresciuto, ha studiato e  si è preparato a diventare sacerdote. Ma un anno prima della sua ordinazione, ha conosciuto mia mamma”.

Il Papa è comunque andato in Armenia pellegrino di unità e di pace. “Dal primo giorno che è arrivato qui – sottolinea infatti Minassian -, il Papa non ha cessato di pregare ed invitare tutti per la pace. Sono gli uomini delle grandi potenze a fare la guerra. A loro spetta oggi accogliere questa voce. Perché il Papa non sta compiendo un dovere ma un atto umano per la salvezza dell’umanità, per mettere la pace e vivere sotto gli occhi di Dio. Tutti, anche un contadino, comprendono la portata di questi richiami. Rimangono solo le potenze a capire il suo appello per la pace”.

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