Per Agagianian, il cardinale armeno che rischiò di diventare Papa, Chiesa e missione erano indistinguibili. Alessandra Scotto ha ricostruito la sua spiritualità (S.C.) (Faro di Roma 03.01.24)

“Sapete che il vostro cardinale e io eravamo come appaiati nel Conclave dello scorso ottobre? I nostri nomi si avvicendavano or su, or giù, come i ceci nell’acqua bollente”, raccontò San Giovanni XXIII ai connazionali del porporato armeno Gregorio Pietro XV Agagianian, “mancato pontefice” nel Conclave che lo aveva eletto mesi prima, ricevendo gli alunni del Collegio Armeno nel 1959, uno scoop per i vaticanisti dell’epoca e una rivelazione per gli storici che non hanno potuto ignorare la rivelazione del Papa eletto sul nome del cardinale che aveva sfiorato l’elezione come avvenne a Giuseppe Siri nel successivo che elesse Paolo VI e pure nei due del 1978, e a Jorge Mario Bergoglio nel 2005, quando prevalse sul porporato argentino il card. Joseph Ratzinger.

Ma che storia aveva alle spalle Agagianian, del quale è attualmente in corso il processo di canonizzazione?
Nato nell’attuale Georgia (allora parte dell’impero russo) nel 1895, Ghazaros Agagianian fu ordinato sacerdote nel 1917 e vent’anni dopo eletto patriarca di Cilicia degli Armeni, assumendo il nome di Gregorio Pietro. Creato cardinale nel 1946, fu prefetto di Propaganda Fide nel 1960 e poi voluto da Paolo VI tra i moderatori del Concilio Vaticano II. Una “carriera ecclesiastica” che non aveva precedenti e non ha avuto eguali nemmeno successivamente, se non il patriarca dei siri cattolici, cardinale Ignace Moussa I Daoud, chiamato a Rima da Damasco da San Giovanni Paolo II che gli affidò la Congregazione delle Chiese Orientali, ruolo tuttavia di minor impatto universale di quello di Agagianian a Propaganda Fide, dove il prefetto viene chiamato a Roma “il Papa rosso” per analogia al “Papa nero” dei gesuiti.

Alessandra Scotto, biografa del porporato armeno Gregorio Pietro XV Agagianian, ora in cammino verso l’onore degli altari, si concentra nel suo nuovo libro (“Chiesa e missione sono indistinguibili”, edito da Velar) soprattutto sulla sua straordinaria spiritualità ecclesiale, suggerendo una chiave di lettura del pensiero del Catholicos-Patriarca, dal quale emerge quanto, ieri come oggi, la Chiesa e la Missione non possano essere considerate per loro natura separatamente. “Gregorio Agagianian – spiega – si rivolge ai laici, in particolare ai giovani, ai religiosi, ai missionari, al suo amato popolo armeno, chiedendo ad ognuno di essere un faro che risplende e che mostra il valore dell’amore caritatevole, della giustizia, della verità e della pace, per essere pienamente e positivamente cristiani ed efficacemente evangelizzatori”.

A distanza di 50 anni dalla morte del cardinale Agagianian, del resto, la sua vita potrebbe risultare lontana rispetto ai nostri giorni, tuttavia la comprensione del suo messaggio è particolarmente attuale. Una vita avvolta da eventi drammatici, sconvolta da guerre che nulla hanno risolto ma che hanno seminato dappertutto distruzioni materiali e hanno operato immensi sconvolgimenti morali, eppure il Cardinale armeno si sforzò di trovare una via di salvezza per ognuna di quelle anime che Dio gli mise accanto.
In queste pagine non si trova un saggio di Teologia della Missione, ma una testimonianza concreta di come nelle temperie della storia questo personaggio abbia incarnato un cristianesimo fedele alla tradizione ma aperto ai problemi del tempo.

Nella sua prefazione, il card. Fernando Filoni, tra i successori di Agagianian alla guida di Propaganda Fide, oggi Dicastero per l’Evangelizzazione, descrive il predecessore armeno con le parole di San Paolo al suo discepolo Timoteo in un’accorata lettera: “Tu, uomo di Dio, tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni”. “Senza enfasi – spiega il porporato – ritengo che siano le parole che meglio descrivano il card. Agagianian: uomo di Dio, sacerdote e vescovo di Cristo, figlio della Chiesa!”

“Questo singolare ecclesiastico dalla radice armena, trapiantato per vari anni nella latinità, è stato – sottolinea Filoni – un vero uomo di Dio, il cui senso cristiano della vita stava a lui come la radice all’albero. Già l’origine caucasica ci riporta alla storia di un popolo che ha attraversato immense tragedie per mano degli invasori di turno; al tempo stesso, l’Armenia è rimasta una terra fedele alla propria fede cristiana; una nazione ricca di cultura e di tradizioni consolidate da uomini santi che ne hanno marcato l’esistenza fin dal suo fondatore: San Gregorio l’Illuminatore. Il card. Agagianian (1892- 1971) è stato parte di quel nobile popolo, nonché figlio devoto e poi padre amatissimo”.

“Egli non ha nascosto i suoi ricchi talenti: consapevole del dono divino ha sentito il bisogno di distribuirli a tutti i credenti che cercano il Regno di Dio. E quanto ardore e devozione nel suo ministero pastorale e nel suo complesso ufficio di Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide! Ha amato fedelmente la Madre Chiesa, senza chiusure, senza arroccamenti, senza timori! Ha amato teneramente il suo popolo, come un vero padre, continuando ad incontrare e ad amare altri popoli con la stessa passione, con la stessa cura, con la stessa generosità!”, riassume Raphaël Bedros XXI Minassian, attuale
Catholicos Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, che nella sua postfazione al volume della Scotto formula l’auspicio che presto “un altro santo armeno risplenda tra i santi della Chiesa universale”.

Sante Cavalleri

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