Primo anniversario della guerra del Nagorno Karabakh (Politicamentecorretto 23.09.21)

Il prossimo 27 settembre ricorre il primo anniversario della guerra scatenata in Nagorno Karabakh (Artsakh) dall’Azerbaigian, conclusasi 44 giorni dopo con un armistizio firmato il 9 novembre.

Riteniamo importante che quanto accaduto un anno or sono non venga dimenticato, soprattutto alla luce delle tensioni ancora presenti nella regione e del piano azero chiaramente mirato a un indebolimento, se non annichilimento, della nazione armena.

Ci permettiamo pertanto di sintetizzare alcune riflessioni nella speranza che quella dello scorso autunno non sia un’altra guerra dimenticata e con l’auspicio che le istituzioni europee, compreso lo Stato italiano, vogliano adoperarsi quanto più possibile per garantire il diritto all’autodeterminazione alla piccola repubblica armena del Nagorno Karabakh (Artsakh) e porre fine così a decenni di conflittualità.

 

LA GUERRA

  • Lo scorso 27 settembre un’operazione congiunta turco-azera con l’ausilio di mercenari jihadisti ha attaccato la repubblica de facto del Nagorno Karabakh (di seguito NK) nonostante l’invito del Segretario generale delle Nazioni Unite affinché venissero evitate ostilità in periodo pandemico.
  • L’iniziale comunicazione mediatica (“scontri tra armeni e azeri” o addirittura “attacco armeno”) è stata successivamente smentita dalla stessa leadership azera che ha ammesso di aver attaccato la parte armena per risolvere con la forza ciò che non si riusciva a concludere a livello diplomatico.
  • È opinione condivisa da molti analisti che la Turchia abbia giocato un ruolo fondamentale nel successo dell’Azerbaigian sia per la pianificazione delle operazioni (sin dalle esercitazioni congiunte di fine luglio) sia per il supporto logistico (droni) senza il quale l’esercito di Aliyev non sarebbe riuscito a prevalere.
  • La guerra ha determinato la conquista azera sia dei territori extra oblast sovietica (Regione Autonoma del Nagorno Karabakh, NKAO) che erano finiti sotto controllo armeno in occasione della prima guerra (1992-1994, anche questa scatenata dagli azeri) sia di alcune parti dell’oblast armena (in particolare la regione di Hadrut, parte di quella di Martuni e Martakert e la città di Shushi)
  • Giova ricordare che la repubblica del NK aveva conquistato il proprio diritto all’autodeterminazione attraverso un legale percorso basato sulla legislazione sovietica all’epoca esistente (si veda in particolare la legge dell’aprile 1991 relativa alle norme in caso di distacco di una repubblica dall’Urss)
  • Nel corso del conflitto la parte azera si è macchiata di orribili crimini sia contro i soldati che contro la popolazione civile armena: i social sono purtroppo pieni di tali testimonianze. Per 44 giorni sulla popolazione civile della regione (compresi ospedali per l’infanzia) sono state sganciate bombe, anche cluster bomb e bombe al fosforo.
  • Il bilancio della guerra è per la parte armena di circa 4000 caduti. Ancora oggi, a un anno di distanza, vengono ritrovati resti di soldati armeni nelle zone ora occupate dagli azeri (1670 alla scorsa settimana). Dei 150.000 abitanti della repubblica 25/30.000 non hanno potuto far rientro a casa perché distrutta o finita in territorio azero. Sono centinaia i soldati e i civili vittime di mutilazioni a causa della guerra voluta da Aliyev ed Erdogan.

 

IL DOPO GUERRA

  • Dopo la fine della guerra l’Azerbaigian non ha cessato la propria politica di odio nei confronti della parte armena nel NK. In particolare:
    1. Ha continuato a rivendicare il territorio rimasto sotto controllo armeno e ora presidiato dalle forze di pace russe.
    2. Ha allestito un osceno “Parco della vittoria” a Baku dove i soldati armeni vengono rappresentati con manichini in pose degradanti come nella peggior propaganda nazista contro gli ebrei.
    3. Ha fatto prigioniere alcune decine di soldati armeni che si trovavano a presidiare il territorio nella regione di Hadrut in una vallata che era evidentemente sfuggita all’azione nemica; per accordo del 9 novembre, tale area sarebbe dovuta rimanere, ancorché isolata, sotto controllo armeno ma gli azeri hanno risolto il problema catturando tutti i soldati.
    4. Altri tentativi di conquistare posizioni armene si sono registrati in tutti i mesi a seguire.
    5. Oltre sessanta soldati armeni sono stati oggetto – in spregio all’accordo di novembre e alle convenzioni internazionali – di ridicoli processi a Baku e condannati a pene detentive tra i 15 e i 20 anni. Per alcuni le accuse si riferivano addirittura alla prima guerra degli anni Novanta
    6. Come ammesso dalle stesse autorità di Baku e documentato da testimonianze video e satellitari, tutti i manufatti architettonici civili e religiosi armeni sono stati oggetto di distruzione o manomissione. Lo stesso Aliyev ha dato ordine di rimuovere da essi tutte le iscrizioni armene.
    7. È accertato che l’organizzazione terroristica turca de “I lupi grigi” si è insediata a Shushi facendola diventare la propria capitale simbolo della turchicità della regione.
    8. È in corso una campagna di “appropriazione” storica e religiosa del patrimonio culturale armeno (si veda il monastero di Dadivank).
    9. L’Azerbaigian non ha mai consentito all’Unesco di inviare una delegazione per verificare la situazione degli oltre 1600 siti culturali armeni finiti sotto controllo azero. Questa politica ricorda molto la distruzione dei diecimila katchkar armeni (croci di pietra) medioevali a Julfa in Nakhchivan.
    10. Quasi quotidianamente si registrano azioni intimidatorie verso la popolazione civile (spari contro gli insediamenti armeni, campi incendiati, sassaiole contro i veicoli in transito).

 

  • Dopo aver attaccato il NK, l’attenzione dell’Azerbaigian si è rivolta verso la repubblica di Armenia. In particolare:
    1. Sono state ripetute le minacce di nuova escalation bellica contro gli armeni se Yerevan non sottostava alle pretese di Baku.
    2. Dal 12 maggio alcune centinaia di soldati azeri sono entrati nel territorio della repubblica di Armenia (Paese membro dell’Onu e facente parte di organizzazioni europee) per “ridisegnare” i confini secondo la propria volontà. Generalmente, questo significa conquistare posizioni in altura per avere il controllo delle pianure armene sottostanti.
    3. Alcuni soldati armeni sono stati catturati, altri sono stati ucci in scontri a fuoco.
    4. Villaggi e fattorie prossime al confine vengono presi di mira dai cecchini azeri.
    5. Nel pieno dell’estate sono state lanciate bottiglie incendiarie per bruciare i pascoli armeni.
    6. Azerbaigian e Turchia spingono per creare un collegamento territoriale nel sud dell’Armenia togliendo alla stessa la comunicazione con l’Iran.
    7. Aliyev reclama come “storiche terre azerbaigiane” (sic!) le sponde orientali del lago Sevan e la provincia del Syunik e ha ordinato ai media azeri di usare per tutte le località dell’Armenia il toponimo in lingua azera.
    8. La strada armena di collegamento con l’Iran (corridoio stradale meridionale) che, a seguito dell’armistizio, per alcuni chilometri sarebbe finita in territorio controllato dagli azeri è stata più volte bloccata. Di fatto l’Azerbaigian cerca di strozzare l’economia armena imponendo pedaggi agli autotrasportatori iraniani, minacciando i conducenti armeni, rimuovendo insegne dell’Armenia e del Nk dai veicoli. Il governo armeno sta studiando la possibilità di costruire una strada alternativa che avrà comunque un costo stimato di circa un miliardo di dollari, una cifra enorme per la debole economia del Paese.
    9. Gli azeri hanno preso inoltre il totale controllo della miniera di Sotk che si trova (vedere mappe satellitari) a cavallo del supposto confine tra i due Paesi. Per l’Armenia le mancate entrate erariali sono una perdita gravissima.

 

ANALISI DELL SITUAZIONE POSTBELLICA

Quanto è accaduto e sta accadendo dimostra inequivocabilmente che:

  • L’Azerbaigian non accetta alcuno strumento di risoluzione dei problemi che non sia quello della forza. È successo così nel 1992, nel 2016 e nel 2020. Il ricorso alla forza o la minaccia della stessa rientrano nella politica di Baku.
  • Permane, anzi dopo la guerra è divenuto ancora più forte, un sentimento di odio etnico verso gli armeni foriero di ulteriori violenze.
  • Erdogan e Aliyev aspirano a una contiguità territoriale fra Turchia e Azerbaigian come nel piano dei Giovani turchi dell’impero ottomano. Verso Turkmenistan e Afghanistan.
  • Il controllo del NK era sempre stato considerato dagli armeni una forma di garanzia per la sicurezza della stessa Armenia; quanto sta accadendo dopo la guerra conferma appieno tale tesi. L’Armenia ha il confine occidentale chiuso dalla Turchia, quello orientale minacciato militarmente dall’Azerbaigian, quello meridionale con l’Iran sempre più difficile da raggiungere e oggetto delle mire turco-azere; rimangono solo tre valichi di montagna con la Georgia, poi il Paese sarà completamente isolato via terra.
  • Dopo il NK sarà dunque la volta dell’Armenia, poco alla volta erosa ai fianchi dai turchi e dagli azeri. Cadrà l’ultimo baluardo europeo (e cristiano) a favore di due dittature.
  • Gli interessi economici ed energetici spingono Europa (e Italia) a chiudere un occhio di fronte alle dittature di Turchia e Azerbaigian. Il fatto economico (non disgiunto dalla corruzione politica) prevale sui princìpi etici, l’immediato guadagno non considera gli inquietanti scenari futuri. L’Europa sta allevando dei mostri ai suoi confini orientali e quando si accorgerà dell’errore compiuto sarà troppo tardi.

Vai al sito