Quarantunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Una diplomazia credibile richiede azione, non vuota retorica (Korazym 21.01.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.01.2023 – Vik van Brantegem] – Nel 41° giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’Azerbajgian non accenna a mollare l’assedio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e la situazione è letteralmente, non solo in senso figurato, congelata. In pieno inverno, la popolazione armena sta affrontando condizioni sempre più insopportabili, al buio e al freddo, nella carenza di cibo e medicinali, senza gas e carenza cronica di elettricità. Le infrastrutture civili restano nel mirino del regime dittatoriale di Baku. E la comunità internazionale latita, senza alcuna iniziativa reale sul terreno né tentativi seppur effimeri di obbligare Aliyev di mollare la presa. L’unico intervento occidentale rimane a parole, con dichiarazioni di condanna dell’Azerbajgian a raffica. Ma il Corridoio rimane bloccato e l’aeroporto di Stepanakert non vede l’inizio di un indispensabile ponte aereo, né da parte della Federazione Russa, né da parte dell’Unione Europea, né da parte delle Nazioni Unite. I cittadini dell’Artsakh difesi a parole sono pregato di nutrirsi e di curarsi con le parole. E a Davos viene corteggiato Aliyev per il gas che gli manda Putin per venderlo all’Europa a sovrapprezzo.

Le autorità dell’Artsakh riferiscono che nella capitale Stepanakert ci saranno blackout due volte al giorno per tre ore (da originalmente 2, poi 4 a 6 ore al giorno). Il motivo è l’interruzione sul territorio sotto controllo militare azero della linea di alta tensione che porta corrente dall’Armenia.

Bambini al buio in Artsakh sotto l’assedio dell’Azerbajgian.

Gli “eco-attivisti” non avrebbero potuto raggiungere il Corridoio di Lachin senza un permesso speciale delle autorità azere, afferma la Fondazione Tatoyan dopo aver analizzato i fatti.
“A seguito della guerra dei 44 giorni, l’ingresso e l’uscita dei cittadini azeri nei territori passati sotto il controllo dell’Azerbaigian è regolato dalla legislazione azera, quindi il movimento degli “attivisti” che hanno bloccato illegalmente l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia non potrebbe aver luogo senza il permesso delle autorità azere”, afferma la Fondazione, citando il decreto del Presidente dell’Azerbajgian del 29 ottobre 2020.
Secondo la legislazione azera, il Ministero degli Interni concede il permesso di entrare nei territori dell’Artsakh, attualmente sotto il controllo azero, sulla base di una domanda del cittadino (scritta o elettronica).
Gli studi rivelano che i cittadini possono richiedere un permesso solo nell’ambito di visite specifiche organizzate dallo Stato e principalmente quei cittadini (principalmente personaggi statali e culturali, giornalisti) che sono informati in anticipo di essere inclusi nel viaggio dato.
In altre parole, né un funzionario né un cittadino che non sia un personaggio pubblico possono liberamente entrare o muoversi liberamente in tali aree a loro discrezione, afferma la Fondazione.
Il monitoraggio della stampa e dei social network azeri conferma che attualmente esiste una pratica di rilascio selettivo dei permessi in Azerbajgian, e questa politica ha causato insoddisfazione all’interno dello stesso Azerbajgian.
Secondo i media e i social network, molti cittadini dell’Azerbajgian lamentano che solo i partecipanti agli eventi organizzati dal governo possono ricevere il permesso e per le visite private l’accesso è consentito solo agli ambienti vicini al governo.
Ad esempio, nel febbraio 2021, sei residenti della regione di Aghjabad in Azerbajgian hanno cercato di entrare a Fizuli e Hadrut, ma sono stati fermati dalla polizia. Come riporta la sezione azera di BBC News, sono stati informati dal Ministero degli Interni dell’Azerbajgian che era in corso un’indagine per fare una valutazione legale delle azioni di queste persone.
“Ciò dimostra ancora una volta che gli autoproclamati “eco-attivisti” che bloccano il Corridoio di Lachin dal 12 dicembre 2022, sono in realtà agenti del governo azero. Queste persone sono utilizzate come strumenti per la politica di pulizia etnica delle autorità azere.

Sebbene la risposta alla domanda perché il mondo non fa nulla di concreto per aiutare l’Artsakh, possa essere difficile da digerire, la verità triste è perché il mondo ha scelto la via più facile: l’asciare l’Azerbajgian libera a decidere come vuole risolvere il conflitto del Nagorno-Karabakh. Con questo scenario sullo sfondo, con l’articolo per l’American Enterprise Institute [*] che segue, Michael Rubin risponde alla cronaca della litania degli appelli vuote del governo Biden e suggerisce una via da seguire.

Mentre il genocidio incombe contro gli armeni, la credibilità richiede azione, non vuota retorica
di Michele Rubin
American Enterprise Institute, 20 gennaio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

È passato ormai più di un mese da quando le forze azere hanno bloccato il Corridoio di Lachin, ancora di salvezza per Artsakh, un’enclave in gran parte armena nel Nagorno-Karabakh. I negozi di alimentari sono vuoti e gli scaffali delle farmacie spogli. Mentre l’Azerbajgian nega la responsabilità e attribuisce il blocco all’azione spontanea di “eco-attivisti”, pochi al di fuori dell’Azerbajgian e della Turchia accettano questa finzione. Non solo l’Azerbajgian non ha una società civile significativa e tanto meno indipendente, ma sembra che una società di pubbliche relazioni assunta dall’Azerbajgian abbia messo insieme lo scenario.

Ciò che la Casa Bianca deve affrontare ora è un disastro umanitario eseguito al rallentatore sotto il suo controllo [dell’Azerbajgian]. La risposta del governo Biden? Ripetute dichiarazioni e appelli. Considera quanto segue:

  • Il 13 dicembre 2022, il Portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha condannato le implicazioni umanitarie del blocco e ha dichiarato: “Chiediamo al governo dell’Azerbajgian di ripristinare la libera circolazione”. Ha ripetuto il suo appello il 3 gennaio 2023.
  • Il 14 dicembre 2022, Michael Carpenter, Ambasciatore degli Stati Uniti presso l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ha twittato: “La chiusura del Corridoio di Lachin è uno sviluppo pericoloso che mette a repentaglio il benessere di molte persone che vivono nel Nagorno-Karabakh, soprattutto alla luce dei rapporti di un taglio del gas alla regione”. Ha ripetuto questo sentimento in un tweet del 6 gennaio 2023. Il 13 gennaio, Carpenter ha affermato che gli Stati Uniti erano “seriamente preoccupati”.
  • Il 15 dicembre 2022, l’Amministratore dell’USAID, Samantha Power, ha twittato: “Il Corridoio di Lachin deve essere riaperto immediatamente: la chiusura ha il potenziale per causare una significativa crisi umanitaria”. Ha ripetuto la sua richiesta il 13 gennaio 2023.
  • Il 16 dicembre 2022, nelle sue telefonate di addio con i funzionari armeni, l’Ambasciatore statunitense uscente in Armenia, Lynne Tracy, avrebbe ribadito la posizione degli Stati Uniti sul ripristino della libera circolazione attraverso il Corridoio di Lachin. Lo stesso giorno, il Vice Portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant, Patel ha affermato che “la chiusura del Corridoio di Lachin ha implicazioni umanitarie potenzialmente gravi e, francamente, ostacola il processo di pace” e ha chiesto “il ripristino della libera circolazione attraverso il Corridoio”.
  • Il 22 dicembre 2022, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jake Sullivan, ha chiamato le sue controparti armena e azera per trasmettere la “continua preoccupazione di Washington per l’accesso impedito al Corridoio di Lachin e le crescenti implicazioni umanitarie di questa situazione”.
  • Il 10 gennaio 2023, l’Assistente del Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Eurasiatici, Karen Donfried, ha esortato i Ministri degli Esteri dell’Azerbajgian e dell’Armenia “a trovare una soluzione diplomatica per consentire la circolazione delle merci attraverso il Corridoio di Lachin”.
  • Il 18 gennaio 2023, il Segretario di Stato, Antony Blinken, in una telefonata ha espresso al Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, “profonda preoccupazione per il peggioramento della situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh, derivante dal blocco del Corridoio Lachin”.

Power aspira a diventare Segretario di Stato in un secondo mandato di Biden o in un futuro governo democratico. È salita alla ribalta per la sua storia della fallita risposta americana al genocidio, ma poiché più di 100.000 civili affrontano la fame, il meglio che lei e i suoi colleghi possono raccogliere è condanna o espressioni di preoccupazione?

Il Presidente Joe Biden direbbe che la diplomazia è tornata, ma i tweet e le dichiarazioni vuote peggiorano la situazione. O le persone moriranno e gli Stati Uniti appariranno insensibili, indifferenti e inefficaci come quando gli Stati Uniti abbandonarono l’Afghanistan ai talebani, oppure la Russia potrebbe fornire una soluzione che darà potere a Vladimir Putin in tutta la regione.

La parte triste è che gli Stati Uniti non devono semplicemente farsi da parte e twittare la loro indignazione. L’Ambasciata americana in Azerbajgian non ha ancora inviato un diplomatico come testimone oculare del blocco del Corridoio di Lachin. Biden direbbe che la diplomazia è tornata, ma perché qualcuno dovrebbe prenderlo sul serio quando gli Stati Uniti finanziano coloro che conducono l’assedio a causa del rifiuto di Blinken di rispettare la legge statunitense, preservando l’assistenza militare all’Azerbajgian? L’equodistanza e la volontà di Blinken di premiare l’aggressore, premia solo i violatori dei diritti umani. Quando gli autocrati sfidano le norme internazionali, i tweet e le dichiarazioni non sostituiscono l’azione.

È tempo di:

  • Imporre sanzioni all’Azerbajgian
  • Stazionare osservatori accreditati nel Corridoio di Lachin
  • Riportare i diplomatici statunitensi che hanno precedentemente hanno visitato Stepanakert, nella capitale del Nagorno-Karabakh, indipendentemente dall’obiezione dell’Azerbajgian
  • Predisporre le forze americane in Armenia per coordinare gli aiuti umanitari per l’Artsakh.

Una diplomazia credibile richiede azione, non vuota retorica.

[*] American Enterprise Institute è un think tank di politica pubblica dedicato alla difesa della dignità umana, all’espansione del potenziale umano e alla costruzione di un mondo più libero e sicuro. Il lavoro dei studiosi e del personale dell’AEI promuove idee radicate nella fede nella democrazia, nella libera impresa, nella forza americana e nella leadership globale, nella solidarietà con coloro che sono alla periferia della società e in una cultura pluralistica e imprenditoriale.

Un cortometraggio che descrive l’incredibile storia di 16 adolescenti armeni dell’Artsakh che dopo aver partecipato al Junior Eurovision Song Contest a Yerevan l’11 dicembre 2023 (Nare è arrivata seconda con la sua canzone Dance!), sono rimasti bloccati in Armenia per più di un mese senza possibilità di ricongiungersi alle loro famiglie a causa del #ArtsakhBlockade da parte dell’Azerbajgian, iniziato il giorno seguente. Sono potuto tornare a casa il 17 gennaio 2023 con le forze di mantenimento della pace russe, come abbiamo raccontato [QUI]. Arrivato al posto di blocco degli “eco-attivisti”, 15 Azeri mascherati in abiti civili si sono avvicinati e hanno fermato il convoglio. Alcuni sono entrati nel primo autobus, hanno filmati illegalmente i minori, violando la loro privacy e integrità psicologica. Hanno molestato i minori, uno dei quali ha perso conoscenza.

I militari del contingente di mantenimento della pace russo in Artsakh, insieme all’organizzazione caritativa internazionale armena Hayer Miatsek, hanno svolto un’azione umanitaria nelle scuole della regione di Askeran (pochi chilometri dalla linea di contatti con le forze armate dell’Azerbajgian), dove 2.426 bambini hanno ricevuto pacchi alimentari!

Confermiamo che gli unici merci che entrano nel territorio dell’Artsakh dall’inizio del blocco della strada Goris-Stepanakert dal 12 dicembre 2022 vengono portati su camion del contingente di mantenimento della pace russo, ora come aiuti umanitari. Nessun veicolo civile è stato notato passare attraverso il posto di blocco dell’Azerbajgian. Oltre ai mezzi russi, solo i veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa passano periodicamente attraverso il posto di blocco, alcune volte per portare medicine dall’Armenia, ma soprattutto per evacuare alcuni malati gravi che non possono più partire con i mezzi civili per essere curati in Armenia.

La Turchia potrebbe essere sull’orlo della dittatura
Il Presidente Erdoğan potrebbe portare il suo Paese oltre il limite
The Economist, 19 gennaio 2023

Turchia ha le seconde forze armate della NATO. Svolge un ruolo cruciale in regioni turbolenti, specialmente nella Siria devastata dalla guerra. Esercita un’influenza crescente nei Balcani occidentali, nel Mediterraneo orientale e più recentemente in Africa. Soprattutto, è importante nel Mar Nero e nella guerra della Russia in Ucraina; l’anno scorso ha contribuito a mediare un accordo per consentire la spedizione di più grano ucraino in un mondo affamato.
Quindi il mondo dovrebbe prestare attenzione alle elezioni presidenziali e parlamentari turche, che Recep Tayyip Erdoğan ha indetto questa settimana e che si terranno il 14 maggio 2023. Tanto più che, sotto la sua presidenza il Paese è sull’orlo del disastro. Il comportamento di Erdoğan all’avvicinarsi delle elezioni potrebbe spingere oltre il limite quella che oggi è una democrazia profondamente imperfetta in una dittatura in piena regola.

«L’Azerbajgian ha infranto la fragile pace dell’OSCE nello spazio post-sovietico quando ha scatenato la sua potenza militare contro gli Armeni del Karabakh il 27 settembre 2020. Le armi turche e israeliane erano superiori a quelle russe. L’Ucraina ha ordinato Bayrakhtars. Mosca ha preso nota» (John M Evans).

«La Russia è soddisfatta del #ArtsakhBlockade per 3 motivi:
1. Garantisce l’assoluta dipendenza del Nagorno-Karabakh da Mosca.
2. “Punisce” Yerevan.
3. Aumenta la pressione sull’Armenia affinché accetti l’apertura di un corridoio nel Syunik che sarà sotto il suo controllo» (George Meneshian).

Per Google Earth già non ci sono più Armeni in Artsakh/Nagorno-Karabakh.
«Fino a poco tempo fa, su Google Earth i nomi dei luoghi nei territori precedentemente controllati dal Nagorno-Karabakh trasferiti sotto controllo dell’Azerbajgian dopo la guerra del 2020, erano sia in azero che in armeno. Google Earth ora mostra solo i nomi azeri dei luoghi» (Nagorno Karabakh Observer).
Google Earth è complice della cancellazione criminale di nomi indigeni dei luoghi. Di conseguenza sta normalizzando la violenta colonizzazione da parte dell’Azerbaigian delle terre ancestrale armene. Google Earth con questo sostiene la distruzione di culture/popoli indigeni.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]