Quei “cani armeni” sacrificati dall’Italia per le consegne di petrolio e gas (Newsletter Giulio Meotti 26.03.22)

Abbiamo deciso la fine degli idrocarburi russi per sostenere l’Ucraina, ma in queste ore il più antico popolo cristiano muore nel nostro silenzio generale perché l’Azerbaijan possa rifornirci

Da sinistra, una chiesa armena rasa al suolo; un francobollo azero che celebra la “disinfezione” delle terre armene; un civile armeno decapitato dai soldati azeri e il presidente azero Alyev che mostra gli elmetti dei soldati armeni uccisi

Tre soldati armeni sono stati uccisi in un attacco di droni azeri. L’attacco ha sollevato preoccupazioni sul cessate il fuoco che ha posto fine alla terribile guerra del 2020 tra Azerbaigian e Armenia sul territorio armeno del Nagorno Karabakh. Più di 5.500 soldati armeni erano stati uccisi nella guerra di sei settimane che si è conclusa con la conquista dell’Azerbaigian di due terzi del Nagorno-Karabakh.

Se l’Occidente ha deciso la fine della dipendenza dagli idrocarburi russi per sostenere l’Ucraina, in queste ore muoiono gli armeni nel più meschino silenzio generale, destinati a essere spazzati via perché l’Europa possa ricevere greggio e gas dall’Azerbaijan.

Mario Draghi ha discusso nelle scorse ore con il presidente dell’Azerbaigian Alyev del “rafforzamento della cooperazione bilaterale” sull’energia. L’Azerbaigian è già il primo fornitore di petrolio per l’Italia. Il più importante, visto che nel 2021 (dati unem) è valso il 22,3 per cento del totale delle nostre importazioni. La quota della Russia è del 10 per cento. E con il Tap, anche il gas azero sarà vitale per il nostro paese, come per altri paesi europei.

L’Azerbaigian approfitta della tragedia in Ucraina per violare il cessate il fuoco in Nagorno-Karabakh e “finire il lavoro”. “Funzionari eletti, giornalisti, istituzioni: bisogna uscire dall’indignazione selettiva”, scrive l’eurodeputato francese e filosofo Francois Xavier Bellamy. “Perché non ci preoccupiamo dell’Armenia come facciamo con l’Ucraina?”, chiede il giornalista Jean-Christophe Buisson. Perché Draghi e gli altri leader europei non hanno mai chiesto ad Alyev di smettere di uccidere i “cani armeni”, come li ha definiti il presidente azero? Niente aiuto militare agli armeni. Nessuna mozione europea. Nessun articolo di stampa.

Non abbiamo voluto vedere il Museo dei trofei che a Baku Aliyev ha fatto costruire: figure in cera a grandezza naturale che ritraggono soldati armeni morenti, su un letto d’ospedale, in un veicolo blindato, con volti emaciati e occhi smunti.

Non abbiamo voluto leggere, su Vice, la testimonianza di soldati armeni prigionieri degli azeri. “Hanno inserito le loro mani nella ferita del mio stomaco. Mi hanno buttato peperoncino negli occhi e bruciato le mani. Mi hanno picchiato con i manganelli. Ogni volta che venivo passato a un nuovo gruppo di soldati venivo torturato”. O la giornalista turca Uzay Bulut che ha raccontato di diversi video filmati dagli azeri e che mostrano prigionieri di guerra armeni o civili decapitati e mutilati. “Uno di questi video mostra la testa mozzata di un uomo armeno su un maiale macellato. Un altro mostra la testa mozzata di un soldato impalata su un bastone di legno. In un altro video, i soldati azeri tagliano le orecchie a un vecchio, tenuto fermo sul pavimento della sua casa”.

Non abbiamo voluto sentire quello che alla parata militare organizzata dal presidente azero Aliyev, a Baku, per celebrare la guerra contro gli armeni, ha detto il presidente turco Erdogan, che ha evocato lo spirito di Pasha e degli architetti del genocidio armeno. Al tempo, le donne armene hanno dovuto “scegliere” quali figli tenere e quali abbandonare lungo le marce della morte, se suicidarsi o meno, come difendere le figlie dagli stupri. La storia non si ripete mai uguale. Ma, in qualche modo, si ripete.

Ma per l’Europa, persino Uiguri e Rohingya sono vittime più preziose degli Armeni.

L’indignazione selettiva su Ucraina e Armenia è presto spiegata. L’Ucraina è il cuore di un grande risiko fra due superpotenze, Russia e Stati Uniti ed Unione Europea. L’Armenia è solo un piccolo paese da tre milioni di abitanti e senza risorse naturali. Durante i 44 giorni di guerra, gli armeni hanno perso 5.500 uomini, che per quel popolo rappresenta un’intera fascia di età. Hanno perso quasi tutti i giovani tra i 18 e i 22 anni in servizio. È stata una guerra asimmetrica: gli armeni sono cristiani circondati 82 milioni di turchi, 10 milioni di azeri e 15 milioni di azeri in Iran. La loro sopravvivenza dipende solo dai russi che sono venuti in loro aiuto e nessun russo, con la guerra in Ucraina in corso, oggi interverrebbe in difesa degli armeni. Il panturkismo di Erdogan vuole andare oltre i vecchi confini dell’Impero Ottomano, ma sulla sua strada c’è quel che resta del Nagorno-Karabakh armeno e Syunik, una provincia dell’Armenia. L’ultima guerra è stata anche un grande test sulle armi: gli azeri hanno usato armi non convenzionali come il fosforo o le bombe a grappolo; hanno massacrato tutti quelli che potevano e hanno fatto molti prigionieri. David Boyajian nel suo rapporto ha raccontato quello che si dicevano i jihadisti usati da turchi e azeri: “Siamo venuti in Armenia per uccidere i kaffir, gli infedeli. Ci hanno promesso uno stipendio di 2.000 dollari e un bonus di 100 per ogni testa tagliata. Ci hanno detto espressamente di tagliare teste”. Un video è stato girato dalle forze armene e il prigioniero è uno dei tanti mercenari che azeri e turchi hanno usato nella guerra. Hanno decapitato anziani civili inermi. Come Alvard Tovmasyan. Si era rifiutata di lasciare la sua casa nel villaggio di Karin Tak fuori Shushi, nel Karabakh caduto nelle mani dell’Azerbaijan. Hanno trovato il suo corpo torturato, mani, orecchie e piedi tagliati. Gli azeri hanno testato droni turchi. Fu un massacro, fermato solo dai russi che alla fine sono dovuti intervenire. Sul campo contro gli armeni c’erano generali turchi e jihadisti a cui era stato promesso un bonus di 100 euro pro capite per ogni armeno ucciso e una casa nel Nagorno-Karabakh. È una logica genocida: eliminiamo la popolazione armena, la sostituiamo e cancelliamo le tracce delle sue chiese. Racconta Le Figaro Magazine che a Yerevan gli armeni hanno messo in un bunker molte “khachkar”, le famose stele simbolo dell’identità cristiana armena. Rappresentano l’albero della vita e la sua vittoria sulla morte. Opere d’arte, le più antiche delle quali risalgono al IX secolo. Vi hanno portato in salvo anche i frammenti di affreschi parietali delle due chiese medievali di Dadivank, oggi protette dai soldati russi ma passate agli azeri. Perché come ha detto il direttore dell’Unione degli architetti dell’Azerbaijan, Elbay Qasimzade, “dobbiamo distruggere tutte le chiese in Karabakh”. Non illudiamoci che interverranno i “Palazzi della cultura”. L’Azerbaigian ha dato un contributo di 5 milioni di dollari all’Unesco. Bastava vedere un altro video: soldati azeri entrano nella chiesa di Mataghis, prendono in mano un poster dell’Ultima cena e dicono, ‘entriamo nella loro chiesa, tutto qui appartiene agli armeni, facciamola a pezzi’”.

Permettiamo che massacrino i nostri cugini orientali, questo piccolo meraviglioso popolo, vero “figlio maggiore della Chiesa”, il primo dell’Impero Romano a essersi convertito al cristianesimo, nel 301.

“Gli armeni hanno vissuto una guerra di civiltà nell’indifferenza del resto del mondo”, scrive Krikor Amirzayan, reporter di Nouvelles d’Arménie, sulla rivista francese Front Populaire. “Questa cultura giudaico-cristiana che abbiamo si oppone alla cultura azera filo-turca e fanatica, specialmente di questi jihadisti siriani. Ci sono alcuni video orribili in giro. Un soldato e un civile possono essere visti nella città di Hadrut, sono stati legati con una bandiera armena prima di essere fucilati. Questi video di abusi massicci non si contano a decine, ma a centinaia. Spesso i soldati azeri hanno recuperato i telefoni dei soldati armeni per inviare le immagini dei loro abusi alle famiglie di questi ultimi. Erdogan vuole che questa zona sia islamica. Inoltre, lui stesso ha affermato che questa zona non è cristiana ma che è un’area musulmana. Quello che hanno vissuto gli armeni è stata una guerra di civiltà promossa da Erdogan e dalla sua Turchia espansionista, nell’indifferenza del resto del mondo”.

Per questo, fra amici e sacerdoti, ho deciso di far girare il sostegno economico e morale alla Christians in Need Foundation e al suo progetto ispirato dalla scrittrice armena Antonia Arslan (chi volesse fare una donazione può contattarmi).

Gli armeni avevano persino dissotterrato i loro morti nel Nagorno-Karabakh, sapendo che gli azeri avrebbero profanato le loro tombe. Sapevano cosa aspettarsi. Quello che non si aspettavano è l’ignominioso silenzio dell’Europa che fa la morale sul petrolio e il gas russo ma non si scompone nell’accettare le consegne azere sporche di sangue armeno. Ha ragione quel soldato armeno che dice a Le Figaro: “Se i miei amici ventenni caduti fossero stati dei piccoli panda, i media europei ne avrebbero parlato molto di più”. Già, ma erano solo cristianucci aggrediti da islamici…