Reti e corridoi nel Caucaso meridionale (Osservatorio Balcani e Caucaso 13.03.24)

n un contesto geopolitico in rapida trasformazione, i paesi del Caucaso provano a rilanciare le prospettive di diversi corridoi in grado di razionalizzare e valorizzare i propri territori e le proprie economie. Nonostante i molti progetti, però, le sfide non mancano

13/03/2024 –  Marilisa Lorusso

Si chiamano TRACECA, OBOR, Middle Corridor: corridoi dai differenti autori, tracciati, prospettive di geopolitica o di focus, ma tutti progetti accomunati dalla volontà di razionalizzare tempi, costi, spazi, integrare le tappe intermedie dei trasporti in un quadro collettivo. I territori attraversati valgono in quanto interconnessi e la tecnologia del trasporto moderno e le economie di scala impongono sinergie regionali estese. Nessuno vale per conto proprio, bisogna fare squadra, essere una regione.

Per trent’anni la regione caucasica si è però mossa in controtendenza rispetto a questa logica, pur rientrando appieno in alcuni di questi progetti. Il Caucaso del sud non si è mosso come una regione, ma come tre stati che tutt’al più potevano accordarsi bilateralmente, visto che al suo centro c’era una cicatrice di trincee: il conflitto sul Nagorno Karabakh ha sempre spaccato la regione.

Non solo perché il Nagorno Karabakh era un territorio a statualità non riconosciuta, e quindi intrattabile come partner commerciale, ma anche perché le chiusure dei confini armeno-turco e armeno-azero hanno reso la regione impercorribile nelle sue vie di comunicazione più razionalizzate per brevità e riduzione di costi. I progetti che hanno attraversato il Caucaso – che ha due magistrali di comunicazione, la est-ovest e la nord-sud – sono sempre stati quindi importanti ma a livello più regionale che globale, frutto di accordi bilaterali, per lo più azero-georgiano.

La fine del conflitto, congiunturale alla guerra in Ucraina e a una fase particolarmente positiva dei rapporti azero-turchi, ha aperto una nuova prospettiva che ha attirato gli sguardi internazionali. Finalmente si potrebbe sbloccare il Caucaso, e sia i trasporti est-ovest che nord-sud potrebbero essere incentivati in maniera significativa, con una prospettiva di farne un hub globale.

Il 2020 e successivi eventi

Al momento della firma della dichiarazione trilaterale armena-russa-azera, che nel 2020 dopo 44 giorni di combattimenti decretò il cessate il fuoco della seconda guerra per il Nagorno Karabakh, si è capito che sarebbero state due le direzioni di sviluppo: una via su gomma e su rotaia che da Derbent a Baku, magistrale nord-sud, avrebbe poi virato via Shirvan-Sabirabad, Goradis lungo il confine iraniano fino al Nakhchivan, riaprendo la via diretta e non attraverso il territorio iraniano di Baku e la sua exclave. Qui questa magistrale si sarebbe scissa, divenendo un nuovo canale nord-sud fino a Yerevan, e dando quindi all’Armenia un accesso alla Russia, passaggio alternativo a quello in uso, via Georgia.

L’altra magistrale avrebbe puntato ad ovest, fino a Idir in Turchia, aprendo una via diretta fra Armenia e Turchia di cui avrebbe potuto beneficiare anche l’Azerbaijan, che è in rapporto di alleanza e partnership privilegiata con Ankara. La dichiarazione trilaterale che delineava le nuove rotte di comunicazione le definiva “legami economici e di trasporto”, ma Azerbaijan e Turchia le hanno denominate corridoio di Zangezur, un termine contestato dall’Armenia.

La menzione di un “corridoio” evoca quello di Lachin, un collegamento vitale tra Karabakh e Armenia. La dichiarazione trilaterale del novembre 2020 dipingeva una situazione in cui Lachin, e le rotte di comunicazione che dovevano essere istituite o riabilitate, sotto la supervisione dei caschi blu russi. Tuttavia, dalla massiccia fuga della comunità armena dal Karabakh nel settembre 2023, la situazione è cambiata. Il corridoio con status speciale, Lachin, non esiste più. Non ci può essere una simmetria fra un corridoio armeno (Lachin) e uno azero (Zangezur). Nonostante ciò, nessuna parte ha dichiarato obsoleta la dichiarazione trilaterale, optando invece per reinterpretarla selettivamente in base ai propri interessi.

La Russia insiste sull’attuazione della dichiarazione, mantenendo il controllo sulle rotte di transito. L’Armenia respinge l’idea di corridoi, insistendo sulla sovranità sulle vie di transito. L’Azerbaijan cerca un passaggio senza pedaggio e senza controllo armeno. Baku, se non soddisfatta nelle proprie richieste, può utilizzare una rotta alternativa attraverso l’Iran. Sono in corso lavori di costruzione su una strada che collega l’Azerbaijan e Nakhchivan attraverso l’Iran, inclusa la costruzione di un ponte sul fiume Araz.

Nessun dorma

Sebbene il progetto finale per una rete di rotte del Caucaso meridionale sia ancora in fase di sviluppo, è evidente che le parti, e le rispettive ruspe, non stanno ferme.

L’Armenia ha lanciato il suo progetto Crossroad of Peace, una rete di infrastrutture su ruote e rotaie che attraverserebbe il paese da nord a sud e, in modo cruciale, da est a ovest. A nord, una ferrovia modernizzata Hrazdan-Kayan potrebbe collegare i rami esistenti dall’Azerbaijan alla Georgia e dall’Armenia alla Turchia. Il secondo ramo verso sud farebbe parte di quello che Baku definisce il corridoio di Zangezur.

Quattro reti stradali potrebbero aprire due varchi verso la Turchia – ad Akhurik e Mangara, mentre altre due potrebbero ridurre i tempi di viaggio verso sud, da Sotk e Kornidzor verso l’autostrada esistente nord-sud, oltre all’accesso doppio a Nakhchivan attraverso Angeghakot. Si prevede di aprire controlli doganali verdi con la Georgia e l’Iran. Attorno a questo progetto, o progetti compatibili con esso, le cose sono in pieno svolgimento.

Anche la questione delle dogane con la Georgia sta subendo cambiamenti significativi. Il 26 gennaio, Pashinyan è volato a Tbilisi per il 13° incontro della Commissione intergovernativa per la cooperazione economica e la firma della Dichiarazione di partenariato economico strategico. Questa dichiarazione è stata accompagnata da una discussione sulla fattibilità dell’introduzione da parte di entrambi i paesi di un modello di controllo unificato delle dogane ai punti di attraversamento al confine, che ridurrebbe significativamente il tempo richiesto per le procedure doganali.

Da novembre il punto di attraversamento Mangara al confine tra Armenia e Turchia è di nuovo operativo, pronto ad essere aperto. Sono in corso significativi sviluppi ai confini tra l’Azerbaijan e l’Iran, in particolare ad Astara, con l’inaugurazione, lo scorso dicembre, di un nuovo ponte stradale sul fiume Astarachay e di un posto di controllo al confine. Questo progetto, avviato nei primi anni 2000, migliora la connettività tra Iran e Azerbaijan, facendo parte di un’autostrada che collega Rasht a Baku. Il nuovo ponte, il quinto valico di frontiera tra i due paesi, dovrebbe alleviare la congestione del traffico consentendo il passaggio fino a 300 camion al giorno.

I negoziati con Russia e Azerbaijan per la costruzione della ferrovia Rasht-Astara si sono concluse positivamente, con un previsto completamento entro il 2027. Il vice primo ministro russo Alexey Overchuk ha visitato Baku a gennaio per firmare una roadmap per la cooperazione economica e commerciale, evidenziando il significativo aumento del volume commerciale e del trasporto merci tra i due paesi dal 2017.

Fervono sia le relazioni internazionali che la posa dell’asfalto, e nessuno aspetta la firma della pace per cominciare a disegnare il futuro.

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