Ricordando il genocidio armeno (Haffingtonpost 17.07.20)

Il “Genocidio armeno”, che viene commemorato il 24 aprile, è stato il massacro degli Armeni perpetrato in modo spietato e programmatico dall’Impero ottomano tra il 1915 e il 1916. Un olocausto che, secondo molti storici, fu fonte di ispirazione per i nazisti. Una tragedia che il mondo ha finto di ignorare fino a quando, nel 1973, la Commissione dell’Onu per i diritti umani ha riconosciuto ufficialmente lo sterminio di circa 1 milione e mezzo di Armeni come il primo genocidio del XX secolo.

Ma il progetto di “risolvere il problema armeno” con uccisioni e deportazioni nasce, in realtà, almeno vent’anni prima. Il sultano Abdul-Hamid II conduce, tra il 1894 e il 1896, una vera campagna contro questo popolo, che prenderà il nome di “Massacri hamidiani”.

I due milioni di Armeni che abitavano alcune zone dell’Impero, soprattutto nell’Anatolia, si erano sollevati a seguito della sconfitta degli Ottomani da parte dell’Impero russo. La speranza nei Russi era stata grande, anche perché loro stessi si erano autoproclamati difensori e paladini degli Armeni. Col Trattato di Berlino del 1878 (che fa seguito al Trattato di Santo Stefano che toglieva all’Impero Ottomano ampi territori in favore della potenza vincitrice), viene stabilito che l’Impero Ottomano debba garantire maggiori diritti ai sudditi Armeni cristiani, ma questo non avverrà mai.

Nelle dispute con i musulmani (gli Armeni erano in maggioranza appartenenti alla Chiesta apostolica armena), la legge favoriva puntualmente i musulmani, che per di più venivano anche incitati alla violenza contro gli Armeni dal governo turco: era pratica comune che i musulmani venissero chiamati a raccolta nelle moschee e indottrinati sui propositi nefandi degli Armeni, che avrebbero tramato per colpire l’Islam.

Dal 1890, manifestazioni e tumulti si susseguono. Gli Armeni chiedono un governo costituzionale, la fine della discriminazione e il diritto di voto. Quelli che vivono in provincia di Bitlis, sulle montagne di Sassoun, si ribellano anche contro la doppia tassazione imposta dai Curdi.

La reazione del sultano è veloce e spietata. Con gli Armeni non si negozia, non si cercano mediazioni. Invia l’esercito che, insieme a milizie irregolari curde, brucia i villaggi armeni e uccide migliaia di civili. A Urfa vengono sgozzati oltre cento ragazzi il 28 dicembre 1895, e i massacri continuano per due giorni. Per abbreviare i tempi, alla cattedrale viene appiccato il fuoco, così i tremila che vi si sono rifugiati muoiono tra le fiamme. Le stesse modalità e le stesse scene hanno luogo contemporaneamente in altre città. L’arrivo del 1896 viene salutato con un oceano di sangue.

Il 18 luglio 1896, il medico e tipografo armeno Alexander Atabekian invia al Congresso Internazionale di Londra, a nome della Federazione Rivoluzionaria Armena di cui fa parte, una dichiarazione intitolata “Ai socialisti rivoluzionari e liberali”. Nessun particolare è taciuto per denunciare le oppressioni, le ingiustizie e le sofferenze inflitte al popolo armeno.

Atabekian è un idealista attivo. Anarco-comunista, è un personaggio importante del movimento anarchico russo. Ha imparato l’arte della tipografia molto presto, spinto dal bisogno di mettere a disposizione delle masse armene la letteratura dei grandi, ma soprattutto i saggi anarchici. Prima di trasferirsi a Ginevra per studiare medicina, ha stampato, correndo grandi pericoli, la rivista «Hinchak» (Il suono della campana), dando grande spazio ai genocidi degli Armeni e agli scritti della resistenza. Va ovunque a portare i suoi libri, la rivista. Fin nei più sperduti villaggi.

Una volta a Ginevra, Atabekian stringe rapporti con molti Russi e con molti Italiani. Dopo aver lavorato un po’ in una vecchia stamperia ucraina, trasferisce i macchinari a casa sua e qui organizza una vera e propria biblioteca, con manoscritti preziosi, libri introvabili che traduce e ristampa.

La dichiarazione inviata al Congresso di Londra non ha alcun esito. Forse anche perché vi si accusano molti Stati europei di complicità nel massacro degli Armeni.

Poco più di un mese dopo, il 26 agosto, un gruppo di rivoluzionari armeni assale la sede centrale della Banca Ottomana a Istanbul uccidendo le guardie, con lo scopo di richiamare l’attenzione internazionale. Ma di nuovo l’Europa si rifiuta di vedere, e Abdul Hamid II può procedere con la sua ritorsione in tutta tranquillità, massacrando decine di migliaia di Armeni a Istanbul e nel resto del territorio ottomano.

Alexander Atabekian avrà una vita molto complicata. Trasferitosi a Mosca, viene arrestato più volte per violazione delle leggi inerenti alla stampa, fino ad essere internato in un gulag stalinista. È il 1940, e di lui non si saprà più nulla.

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