Ritorno a Gutenberg: Gianni Basso, Maestro Stampatore (frizzifrizzi.it 13.02.20)

ella Laguna di Venezia c’è una piccola isola completamente occupata da un monastero: San Lazzaro degli Armeni. Si chiama così perché nel XII secolo venne usata come lebbrosario, ricevendo il nome del patrono dei lebbrosi San Lazzaro mendicante e, successivamente nel 1717, fu data dalla Repubblica di Venezia a un gruppo di monaci armeni in fuga dall’invasione turca. E proprio la confraternita dei padri Mekhitaristi trasformò l’isola in un centro di cultura e scienza destinato a mantenere in vita la lingua, la letteratura, le tradizioni e i costumi del popolo armeno. Mancava una sola cosa per rendersi autonomi: delle macchine da stampa.

Nel 1789 finalmente venne aggiunto al monastero un nuovo padiglione in cui sorse la prima piccola stamperia, così i monaci non dovettero più ricorrere alle tipografie veneziane e poterono diffondere autonomamente la lingua e la cultura armena, con una macchina da stampa che produsse lavori in 38 lingue e dieci alfabeti.
Perizia, rigore, volontà ferrea e qualità artistica hanno contraddistinto la bottega armena dell’isola da allora fino ai giorni nostri, dove nel tempo si sono formati stampatori d’arte, calligrafi, miniaturisti e tipografi di prima qualità. E proprio sull’isola, intorno al sessantotto, dove fu spedito dal nonno per far imparare un mestiere a un giovane adolescente più intento a occupare le scuole che a studiare sui libri, ha imparato la nobile arte della stampa a caratteri mobili il veneziano Gianni Basso.

(foto dell’autore)
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L’ho conosciuto a Palazzo Ducale a Venezia, per caso. Io ero lì per lavoro, lui per ricevere dalle mani del Sindaco della città lagunare l’Osella d’oro, una moneta-medaglia che veniva coniata ogni anno dalla zecca di Venezia e che il doge donava alle personalità della Repubblica, usanza che prosegue anche oggi.

«Veneziano, per la dedizione e l’impegno di lavoro nel settore del tradizionale ed antichissimo mestiere di Maestro Stampatore, appreso nella manifattura del Collegio dei Padri Armeni nell’Isola di San Lazzaro, divenuto dopo la chiusura della stamperia con realizzazione dello storico museo, unico testimone del mestiere artigiano dell’arte della stampa a caratteri mobili che fu di Aldo Manuzio, capace di dare corpo nella propria bottega con abilità manuale a creazioni preziose di raffinato gusto artistico, salvaguardando tecniche e conoscenze di questa antica arte per le future generazioni». Nella motivazione letta al pubblico durante il conferimento del prestigioso riconoscimento, c’è la sintesi dell’importanza del lavoro di Basso, che confessa: «sento il peso della responsabilità di proseguire la stampa a caratteri mobili a Venezia, dove ormai sono rimasto l’unico». E per sentirla meno questa responsabilità, ha già trovato a chi passare il testimone: con lui infatti nel laboratorio di Calle del Fumo in Cannaregio, lavora anche il figlio, con il quale stampa biglietti da visita, carta da lettere, buste e segnalibri che sistema in pacchi eleganti per poi spedirli in tutti gli angoli del pianeta.

(foto dell’autore)
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«Il 99% dei miei clienti viene dall’estero, dove la cultura del letterpress sembra avere attecchito maggiormente» si affretta a dire appena varcata la soglia del suo laboratorio, non prima di aver ricordato con un pizzico di malcelato orgoglio «ma oggi io i clienti me li scelgo, non come quando ho iniziato e facevo la fame».
E in effetti nel piccolo laboratorio dove sono posizionate in fila indiana le macchine tipografiche rigorosamente manuali, sono appese alle pareti pagine di giornali e riviste americane, francesi e tedesche che hanno celebrato il lavoro dei Basso; negli scaffali o sugli sgabelli si ammucchiano lettere e pacchi di biglietti da visita con indirizzi vergati in inglese, destinati a una clientela anglofona, raffinata e facoltosa. Di ritorno, lettere chiuse con la ceralacca spedite dalla Russia. Sono gli ordini dei clienti che sono passati da Gianni durante un soggiorno a Venezia e gli spediscono, insieme a un ordine, foto ricordo scattate al momento dell’incontro.

Dai Basso nel 2017 è arrivata anche una troupe della casa di produzione inglese Seventh Art Production per filmarlo mentre mette in pratica il processo di stampa inventato nel XVI secolo; immagini che furono utilizzate nel programma Exhibition on Screen: Canaletto in occasione della mostra Canaletto and the Art of Venice nella Queen’s Gallery di Buckingham Palace.

(foto dell’autore)
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Entrando nel laboratorio l’odore tipico di inchiostro e solventi delle tipografie si mescola all’aria densa e umida tipica delle stanze al piano terra dei fondamenti di Venezia: «a 1,37 vado sotto, purtroppo è successo anche con l’ultima acqua alta». I caratteri di piombo e legno sono comunque al sicuro, curati come si curano le materie prime preziose. Cliché in piombo di Venezia stampati su carta Tintoretto, ex libris composti a mano e stampati su carta avorio esposta sopra la marginiera in legno, una serie di acquaforti della prima edizione di Pinocchio che Gianni ha ristampato in tre copie per i figli di Angelina Jolie: ovunque si posi lo sguardo all’interno della stamperia dei Basso trova una sorpresa o una meraviglia. Come la stanza accanto, dove è stato allestito il piccolo museo “vivo”, una wunderkammer per appassionati di stampa tipografica.

«Quando è stato venduto lo spazio vicino al laboratorio — ha detto Gianni Basso — ho temuto che arrivasse il solito negozio di cineserie. Mi sono detto che forse era l’occasione per fare un sacrificio ed esporre un pezzo di storia di Venezia». Una stanza piena di mobili antichi, pietre litografiche preziose, polizze del settecento e anche conquiste recenti, come una serie di caratteri con i simboli degli scacchi. Ancora riviste internazionali, stampe di fotografi famosi che hanno fermato il tempo con scatti artistici dentro il laboratorio.

Non molti italiani varcano la soglia di Museo e laboratorio, dove il tempo si ferma e rallenta: «ho dovuto dotarmi di un alfabeto con il simbolo della chiocciola per la e-mail, i clienti americani non si accontentavano più di una a corsivo inglese; per fortuna ne ho trovato una serie corpo 6, 8 e 12 da una tipografia che ha chiuso qui in Laguna».
I suoi clienti più affezionati sono gli stranieri, fra i quali sceicchi, star, il Premio Nobel Joseph Brodsky, lord inglesi e magnati russi. Nemo propheta in patria, si direbbe. E Gianni Basso contraccambia, definendosi “erede di Gutenberg” nella patria di Aldo Manuzio. Festina lente, comunque, è un motto fissato dall’inchiostro su molta carta esposta nel laboratorio di Calle del Fumo.

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