Roma – Indignazione per la richiesta azera (Assadakah 03.02.21)

Redazione Assadakah (a cura di Letizia Leonardi) – La comunità azera chiede il riconoscimento del genocidio per la controversa strage di Khojaly, e la richiesta è rivolta anche all’Italia per fatti ancora avvolti da una cortina di mistero. Il riconoscimento di genocidio per una strage controversa. Il 26 febbraio scorso, piazza del Popolo a Roma, è stata scenario di un sit-in da parte di rappresentanti della comunità azera in Italia che ha portato in piazza le foto di quella notte fra le colline innevate del Nagorno-Karabakh, e garofani rossi in ricordo delle vittime. È stato proiettato anche un video con le testimonianze dei sopravvissuti. I dati forniti dall’associazione azera sono di un bilancio di 613 vittime, di cui 63 bambini, 487 feriti, 1.275 ostaggi e 150 dispersi. La portavoce Aynur Muradova ha spiegato che l’Associazione Italia-Azerbaijan chiede al nostro Paese il riconoscimento del genocidio di Khojaly, giustizia per le vittime e una raccolta di firme indirizzate ai parlamentari e al primo ministro per far riconoscere e dare informazione più approfondita su questa “strage”.

Evidentemente il vergognoso viaggio della delegazione di parlamentari italiani a Baku poco dopo la fine della sanguinosa guerra in Artsakh, vinta dall’Azerbaijan con l’uso, di armi vietate e terroristi reclutati da Ankara, ha generato delle forti aspettative. E’ giusto e doveroso, prima di tutto, fare luce sui fatti. E’ necessario ricordare che prima della strage del 26 febbraio 1992, il 27 febbraio del 1988 nella città azera di Sumqayıt ci fu un massacro di armeni, e nel 1991 la città di Khojaly, tra Ağdam e Step’anakert, era stata interessata da diversi scontri: erano state infatti posizionate numerose batterie lanciamissili azere per assediare la capitale del Nagorno Karabakh, Stepanakert. Secondo gli azeri sarebbero stati deliberatamente massacrati numerosi cittadini di Khojaly. L’azione armena, sarebbe arrivata nel quarto anniversario della strage che gli azeri avrebbero compiuto appunto il 27 febbraio 1988 nella città di Sumqayıt, fatto che avrebbe provocato una rappresaglia da parte degli stessi armeni. Sempre secondo gli azeri la popolazione civile in fuga sarebbe stata aggredita da milizie armene e alcuni corpi sarebbero stati mutilati. La diplomazia dell’Azerbaijan è sempre stata molto attiva a diffondere solo parziali e distorte notizie, chiedendo per questo massacro una condanna internazionale. l’Armenia ha sempre rigettato ogni accusa. In particolare gli armeni sostengono che si trattò di un’operazione militare, che la popolazione era stata invitata da una settimana a lasciare la cittadina e che la maggior parte dei civili cadde sotto fuoco azero perché nel corridoio umanitario aperto per farli defluire in Azerbaijan si erano radunati molti gruppi di disertori. Tale circostanza sarebbe stata confermata dal presidente azero Mütəllibov in una intervista e dal giornalista azero Eynulla Fatullayev. Esiste anche un’altra versione, non confermata, di militari armeni che parteciparono all’operazione. Secondo quest’ultimi la presidenza della Repubblica azera ignorò volutamente la richiesta degli armeni di far passare i civili lungo il corridoio umanitario che gli armeni avevano creato, nascondendo volutamente alla popolazione la possibilità di salvezza se avesse utilizzato il passaggio entro un determinato orario.

La ragione di questa mancanza di informazione era quella di creare un movimento di opinione pubblica internazionale contro gli armeni e a consolidare il consenso interno verso l’allora Governo. Ecco, i fatti occorre raccontarli tutti, con i precedenti. Un popolo attaccato, come lo è stato il popolo armeno per anni, poi potrebbe accadere che reagisca, anche per un istinto di difesa e di sopravvivenza. Oggi solo una ventina di Paesi nel mondo hanno riconosciuto quell’evento come genocidio. In Europa lo ha fatto solo la Bosnia ed Erzegovina. Nella dichiarazione che accompagna la raccolta firme, l’Associazione Italia-Azerbaijan chiede, oltre al riconoscimento del genocidio, anche una punizione adeguata agli armeni in modo che tali incidenti non si verifichino mai più e un appello ai parlamentari affinché il 26 febbraio venga commemorato “come un giorno vergognoso e sanguinoso per l’umanità”. Richieste ambiziose, queste dell’Associazione azera, se pensiamo ai recenti crimini compiuti dall’Azerbaijan nei confronti degli armeni, se si pensa alle torture messe in atto nei confronti dei prigionieri armeni provati da video che gli azeri diffondevano orgogliosamente nel web. Richieste ambiziose se si pensa che il Parlamento Italiano non ha ancora riconosciuto il genocidio armeno del 1915, riconosciuto praticamente da tutto il mondo, tranne che da chi lo ha commesso, la Turchia, e dall’America e Israele.

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