Salvatore di Cappadocia il santo abruzzese morto per il popolo armeno (AciStampa 05.12.22)

Cappadocia non è soltanto il nome di una regione situata nel cuore della penisola anatolica, a cavallo fra l’Asia minore e la Mesopotamia, ma è anche un borgo abruzzese non troppo distante dai due maggiori centri della Marsica, Avezzano e Tagliacozzo.

Il 19 giugno 1853 nasceva qui il padre francescano missionario in Terrasanta, Salvatore Lilli, che venne martirizzato in Turchia durante il genocidio degli armeni il 22 novembre 1895, il cui anniversario è caduto proprio in questi giorni.

La causa di beatificazione di padre Salvatore e dei suoi compagni armeni che con lui subirono il martirio fu introdotta presso la S. Congregazione dei Riti il 13 febbraio 1959. Successivamente, sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.

Proprio recentemente a fine ottobre il saio del religioso martirizzato ha fatto ritorno al suo paese natale, appunto Cappadocia, come ci informa il maggiore quotidiano abruzzese, il Centro. Accolto nella chiesa di Santa Margherita a Cappadocia con una funzione presieduta dal vescovo della diocesi di Avezzano, monsignor Giovanni Massaro, resta ora affidato alla diocesi di Avezzano. La reliquia era stata donata al ministro della Provincia di San Bonaventura dei frati minori francescani, Luciano De Giusti, dal ministro della Provincia dell’Immacolata Concezione in Spagna, Joaquin Zurera Ribò.

In qualità di depositario della reliquia, mons. Massaro ha disposto che il saio appartenuto al martire venga esposto permanentemente per il culto pubblico e la venerazione dei fedeli nella parrocchia di Cappadocia.

“Una giornata storica e solenne per la nostra comunità- ha commentato il sindaco Lorenzo Lorenzin- il nostro beato Salvatore Lilli è tornato a casa. È stato un onore rappresentare tutta la mia comunità in un momento così toccante e di grandissima spiritualità tra sacralità, devozione e orgoglio”.

Indossato l’abito francescano nel luglio 1870, Salvatore Lilli emise la professione religiosa nell’agosto 1871 e a causa della soppressione degli ordini religiosi, Salvatore da Cappadocia, questo il suo nome da religioso, nel 1873 fu inviato in Palestina, prima a Betlemme e poi a Gerusalemme dove venne ordinato sacerdote il 6 aprile 1878.

Dopo due anni fu trasferito in Armenia Minore dove esercitò il suo apostolato per 15 anni. Nel 1890 si prodigò per aiutare i malati colpiti dall’epidemia di colera e nel 1894 fu nominato parroco e superiore dell’ospizio di Mugiukderesi. Qui, il 22 novembre 1895, allo scoppio delle rivolte politiche e con i turchi protagonisti di terribili massacri, fu arrestato con altri dodici cristiani per essere condotto a Marasc. Durante il viaggio gli fu chiesto di rinnegare la fede e al suo rifiuto venne ucciso. È stato beatificato da Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982.

L’Almanacco di Terra Santa dei PP. Francescani di Gerusalemme (pagg. 26-29) ci fa notare come il buon Padre abbia sempre rifiutato di abbandonare il suo gregge per mettersi in salvo. Come abbiamo accennato, quando cominciarono i massacri il futuro martire si trovava a Mugiukderesi, luogo sopra ogni altro pericoloso, tanto che i

religiosi Francescani di Maraasc, temendo per la sua vita, gli fecero vive pressioni affinché andasse a stare con loro. E i religiosi di Jenigekalé mandarono per ben tre volte nello stesso giorno un messaggero a pregarlo di fuggire con loro. Ma il P. Salvatore non ne volle sapere. “Dove sono le pecore ivi deve restare il pastore”, aveva risposto. Anche i suoi parrocchiani quando si accorsero che le truppe stavano per arrivare a Mugiakderesi supplicarono a mani giunte il Missionario affinché montasse il suo cavallo e abbandonasse il villaggio per mettersi in salvo.

Fu irremovibile. Gli pareva cosa indecorosa, indegna di un soldato di Cristo e di un figlio della grande Famiglia Francescana, l’allontanarsi in quei momenti di pericolo. Certo in quei giorni, mentre pressioni e minacce lo premevano da ogni parte, la schiera numerosa dei suoi confratelli Martiri, passò giubilante innanzi al suo sguardo incitandolo al compimento del dovere. Egli certo ripensò alle lotte, al sangue che costò sempre ai Francescani la conservazione di quella Terra fatta sacra dalla vita dell’Uomo-Dio. E perciò non si mosse: e “uomo intrepido e battagliero” volle affrontare il pericolo onde condividere la sorte dei suoi parrocchiani e assisterli fino all’ultimo.

A nulla valsero anche le preghiere dei parenti, dei confratelli e degli amici i quali tentarono con ogni mezzo di convincerlo a rimanere in Italia, l’unica volta in cui vi era tornato per rivedere i suoi cari dopo 16 anni, nel 1886. Volle tornare in Oriente, che per lui aveva un’attrattiva segreta, misteriosa! Pareva che a lui, come a giusto erede, il Serafico Padre avesse trasmesso quell’ardente brama del martirio ch’egli non aveva potuto appagare.

Nell’estate del 2021 era stato organizzato un pellegrinaggio virtuale sulle orme del Beato, e nel 2022 l’evento si è svolto sotto forma di convegno per presentare il suo ricco epistolario alla sorella, suor Maria Pia Lilli, religiosa trinitaria. Si tratta di un lavoro frutto della fattiva collaborazione di più attori: oltre alle suore Trinitarie, che con pazienza e diligenza hanno trascritto tutte le lettere dall’originale, la redazione dell’opera è stata curata da padre Claudio Bottini ofm, dello Studium Biblicum di Gerusalemme, e don Enzo Massotti, sacerdote nativo di Cappadocia, hanno poi provveduto all’introduzione e alle note, per facilitarne la lettura contestualizzando ogni riferimento riportato per ciascuna lettera. Oltre ad essere direttore spirituale al seminario di Chieti, don Massotti è autore di una sintetica biografia del “Beato Salvatore Lilli sacerdote, francescano, martire” uscita in prima edizione nel gennaio 2022.

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Padre Salvatore Lilli da Cappadocia, il beato abruzzese morto per il popolo armeno