Sessantatreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Pulizia etnica degli Armeni dell’Artsakh. Questo non è accettabile in alcun modo (Korazym 12.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 12.02.2023 – Vik van Brantegem] – Il regime dittatoriale di Ilham Aliyev in Azerbajgian, con uno dei peggiori record di diritti umani al mondo, è il più grande nemico dell’umanità. Sponsorizzando la armenofobia ha innescato il disumano #ArtsakhBlockade entrato nel suo terzo mese, mettendo in pericolo la vita di 120.000 Armeni. Nonostante tutti gli appelli internazionali per fermare l’illegale #ArtsakhBlockade, da più di 62 giorni l’Azerbajgian tiene la popolazione dell’Artsakh chiusa in una prigione all’aria aperta, con mancanza di cibo, medicine e necessità quotidiane, fornitura di gas spenta/accesa, blackout elettrica ad intermittenza per 6 ore al giorno, perché l’unica linea ad alta tensione che fornisce elettricità dall’Armenia all’Artsakh è stata danneggiata il 9 gennaio sul territorio sotto controllo dell’Azerbajgian, che non consente di effettuare i lavori di riparazione di emergenza. La giornalista freelance Anush Ghavalyan riferisce che a Stepanakert si stanno verificando inoltre incidenti sulla rete elettrica a causa del sovraccarico. Tutto questo a seguito e in aggiunta delle azioni dei premurosi vicini Azeri, che si dicono preoccupati per la protezione della natura in Artsakh, ma indifferente per i disastri ecologici a casa propria, sulla penisola di Absheron.

L’Azerbajgian mantiene da due mesi il #ArtsakhBlockade nonostante la severa condanna da parte del Parlamento Europeo e di Amnesty International, dopo le condanne di innumerevoli altre istituzioni internazionali e governi. L’Azerbajgian è responsabile di ogni vita armena persa. La società civile internazionale dovrebbe prendere l’iniziativa e dimostrare che i dittatori e i loro facilitatori non possono essere tollerati.

Il terremoto in Siria e in Turchia ci rattrista. Il #ArtsakhBlockade ci fa arrabbiare. I terremoti che non possiamo controllare, mentre il blocco di una strada non è un disastro naturale. Il #ArtsakhBlockade è la vera prova che la popolazione armena della Repubblica di Artsakh non potrebbe mai essere al sicuro sotto nessun tipo di dominio azero. Non c’è democrazia in Azerbajgian. Non esiste protezione dei diritti umani in Azerbajgian. Non c’è tolleranza nei confronti degli Armeni (e delle altre minoranze) in Azerbajgian, che ha condotto anche una politica di pulizia etnica nei territori che ha occupato. Solo l’intervento energico e risolutivo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può riaprire la #StradaDellaVita dell’Artsakh e impedire che l’Azerbajgian porti a termine l’ennesima pulizia etnica armena. Nel frattempo urge un ponte aereo con la bandiera dell’ONU per far fronte alla crisi umanitaria in corso e salvare vite.

«È evidente che i governi occidentali non siano ancora disposti a sanzionare l’Azerbajgian. Tuttavia, media internazionali affidabili, think thank e ONG possono prendere una decisione di principio di non impegnarsi con soggetti che hanno legami formali o informali con il regime di Baku. Questo tipo di misure può fare la differenza poiché il regime di Aliyev ha a cuore la sua immagine internazionale» (Tigran Grigoryan, Capo del Centro Regionale per Democrazia e Sicurezza in Armenia).

«Questa mattina un devastante terremoto ha scosso la Turchia e la Siria, causando la morte di centinaia di persone e il ferimento di molte altre. Il nostro pensiero va al popolo della Turchia e della Siria. L’Unione Europea è pronta ad aiutare» (Josep Borrell, 6 febbraio 2023) [Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza dell’Unione Europea].

«Terribili notizie questa mattina dalla Turchia» (Toivo Klaar, 6 febbraio 2023). «Di fronte a tanta tragedia in Turchia riscalda il cuore vedere il sostegno che la sua vicina Armenia ha fornito e la risposta positiva che questo ha generato» (Toivo Klaar, 12 febbraio 2023) [Rappresentante Speciale per il Caucaso meridionale e la Crisi in Georgia dell’Unione Europea].

Gli Armeni hanno dato una sonora lezione di democrazia per questi burocrati “democratici” Europei. Poi, Toivo Klaar è stato svegliato dalla sua ibernazione con la scossa del terremoto (ma l’ha avvertito solo in Turchia, non in Siria) il 6 febbraio. Riaddormentatosi, dopo sei giorni si è risvegliato con il rombo dei camion armeni che attraversavano il ponte Margara al confine con la Turchia (chiuso dalla loro vicina dal 1993). Ma dire qualcosa (non si pretende neanche una “condanna”) sul #ArtsakhBlockade (#NagornoKarabakh), dove gli Armeni hanno bisogno di aiuto e supporto di emergenza, no. Riscalderebbe il cuore ancora di più, vedere il Corridoio di Lachin finalmente riaperto dagli Azeri-Turchi.

«Toivo Klaar, ho già iniziato a pensare che tu sia in modalità ibernazione. È bello vederti vivo e svegliato. Qualcosa su #ArtsakhBlockade? O è troppo chiederti di (almeno) parlare delle gravi violazioni dei diritti umani e dell’enorme crisi umanitaria causate dall’Azerbaigian?» (Yana Avanesyan, docente all’Università Statale dell’Artsakh).

Toivo Klaar fa finta di non sapere che l’Armenia si è sempre dimostrato umano, cosa che non si può dire lo stesso per i vicini “Stati fraterni” (“Una nazione, due stati”: questo motto è stato insegnato ad ogni giovane Azero fin dall’infanzia; la Turchia è sempre stata e sempre sarà accanto all’Azerbajgian; siamo Paesi fratelli; siamo una famiglia; eccetera). Toivo Klaar fa finta di non sapere che l’Azerbajgian è uno stato terrorista controllato da un dittatore genocida e sostenuto dal sultano panturco sul Bosforo. Toivo Klaar fa finta di non sapere che l’Armenia e l’Artsakh vogliono la pace e che l’Azerbajgian e la Turchia vogliono l’Artsakh e l’Armenia.

«Dozzine di camion che consegnano rifornimenti in Karabakh, eppure la falsa narrativa persiste. Strada aperta da 2 mesi, ma nessun avvicinamento civile visto».

I camion sono esclusivamente delle forze di mantenimento della pace russe e come fa quotidianamente, Huseyn con i suoi video dal posto di blocco degli agenti statali azeri, sta confermando in modo preciso l’esistenza del blocco. Un genio della comunicazione. Nel contempo denuncia la “falsa narrativa” di coloro (praticamente tutto il mondo) che informano sul #ArtsakhBlockade. Esilarante. Quello che Huseyn sta documentando è che la Russia e il CICR fungono da katechon.

«Due mesi dall’inizio della nostra pacifica protesta ecologica. Nonostante i nostri sforzi, l’attenzione rimane focalizzata sull’etichettarlo come “blocco” o addirittura accusarci di “pulizia etnica”. È scoraggiante vedere che il vero problema, l’ecologia, viene ignorato dagli Armeni e dalla comunità internazionale».

Il portavoce ufficioso del #ArtsakhBlockade-che-non-c’è ma che c’è sul blocco, Adnan Huseyn, con ogni giorno che passa diventa sempre più nervoso e aggressivo, scoraggiato e impaziente, visto che nessuno crede alla sua narrativa che si tratta di una protesta “ecologica” e che la strada è aperta. Lo consigliamo di togliere il disturbo in Artsakh e di trasferirsi sulla penisola di Absheron, dove certamente il suo datore di lavoro Aliyev ben volentieri lo incoraggerà nella protesta per l’ecodisastro a casa sua e lo farà visitare i pozzi di petrolio “ecologici”.

Stepanakert, capitale della Repubblica di Artsakh, ancora resiliente nel 63° giorni di assedio dell’Azerbajgian con l’illegale #ArtsakhBlockade. Canzone di Arthur Khacents եկ գինինք Արցախ (Andiamo ad Artsakh).

«Un altro giorno, un’altra lotta. Al momento, la gente dell’Artsakh non sta morendo di fame, ma se ciò dovesse continuare per un lungo periodo di tempo, la situazione peggiorerebbe sicuramente. Tutti dicono che la gente dell’Artsakh è abituata a vivere in cattive circostanze durante la prima guerra dell’Artsakh, durante i giorni freddi e bui dopo la guerra e l’indipendenza, e durante la seconda guerra dell’Artsakh. Tuttavia, non dovremmo svalutare ciò che è l’attuale blocco. È un tentativo diretto di pulizia etnica degli Armeni dell’Artsakh e questo non va bene e non è accettabile in alcun modo. Il popolo dell’Artsakh merita di meglio, soprattutto perché ha attraversato momenti così difficili in passato.
Con un altro giorno che passa, la frustrazione cresce dentro di me. Frustrazione per un mondo ispirato dalla paura e dall’odio. Un mondo incapace di imparare dal passato e incapace di progredire nelle visioni. Bloccati nelle nostre opinioni e incapaci di prendere il punto di vista degli altri a causa di anni e anni di propaganda vomitata sulla bocca dei cittadini del mondo da coloro che li hanno governati. Che quella figura sia Aliyev o Erdoğan, o fino ai democratici Stati Uniti d’America con Donald Trump. I cittadini del mondo sono costretti a credere che prendere l’opzione estrema sia l’unica opzione rimasta sul tavolo. Eppure, ci sbagliamo così tanto. Ci vengono nutrite un sacco di bugie da diverse parti per spingerci ad allinearci con qualunque propaganda ci venga lanciata in questo momento. In tal modo, noi umani stiamo deludendo la razza umana e le generazioni che seguono. Il terrorismo risiede e domina tutte le estremità del globo, spingendo per il tipo più radicale di odio. Governi che instillano paura per mantenere il potere, iniziando guerre senza senso e litigi con altri per unire il proprio popolo sotto un’unica causa: odio/paura. Cosa possiamo fare per respingere, per sradicare l’odio? Solo l’amore dovrebbe prosperare. Ma come e con quali modalità? Come puoi far capire alle persone che il loro odio è disgustoso ed è la radice del problema? Come puoi dire a un gruppo di persone che si scontrano da secoli di fermarsi? Queste risposte devono essere ricercate e risolte affinché la nostra società progredisca in un modo che preservi e valorizzi ciò che abbiamo e ci permetta di continuare su un sentiero retto» (Varak Ghazarian – Medium.com, 11 febbraio 2023 – Nostra traduzione italiana dall’inglese).

La tragedia dimenticata del Nagorno Karabakh in un articolo di Andrea Bertagni su La Domenica del Corriere del Ticino di oggi, 12 febbraio 2023: «120 mila persone, tra cui 30 mila minorenni, da ormai due mesi e in pieno inverno non hanno da mangiare, sono senza luce, gas, acqua e medicine. Tra due settimane, il 27 febbraio, manifesteranno davanti al palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra. Manifesteranno perché 120 mila persone, tra cui 30 mila minorenni, da ormai due mesi e in pieno inverno non hanno da mangiare, sono senza luce, gas, acqua, medicine, non possono lavorare, studiare, vivere. Sono prigioniere nel Nagorno Karabakh a causa dell’Azerbaijan che ha chiuso il corridoio di Lachin, una striscia di terra che mette in comunicazione il Nagorno Karabakh con l’Armenia. Una striscia vitale per chi vive in Nagorno Karabakh perché dal corridoio passa tutto il necessario per vivere, appunto» [QUI].

“Voglio solo tornare a casa”: gli Armeni del Karabakh nel limbo mentre il blocco continua
Un aspro stallo continua intorno al Nagorno-Karabakh mentre un blocco azero blocca i rifornimenti e separa le famiglie
di Amos Chapple
Radio Free Europe/Radio Liberty, 10 febbraio 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le mani di Margo Baghdasarian tremano mentre racconta la sequenza quasi inimmaginabile di eventi che l’hanno portata ad essere bloccata nell’Armenia meridionale, lontana dal marito, dalla figlia e dai due nipoti.

Margo Baghdasarian parla al telefono con sua figlia all’interno del Nagorno-Karabakh da un hotel a Goris il 9 febbraio (Foto di Amos Chapple/RFE/RL).

Nell’aprile 2016, il soldato figlio di Baghdasarian è stato ucciso combattendo le forze azere durante quella che gli Armeni chiamano la “guerra dei 44 giorni”. Poi, suo genero è morto combattendo l’avanzata delle truppe azere questa seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel settembre-novembre 2020. Durante quel conflitto, l’Azerbajgian ha ripreso il controllo di gran parte del Nagorno-Karabakh e dei territori adiacenti che erano stati detenuti dalle forze armene. Più di 6.500 persone sono morte nei combattimenti.

Baghdasarian ha affermato che lo stress della doppia tragedia le ha causato problemi di salute così gravi che ha dovuto sottoporsi ad un’operazione al cuore nella vicina città armena di Goris. “Volevo stare meglio per poter andare ad aiutare la mia famiglia”, ha detto la 61enne. La figlia vedova di Baghdasarian all’epoca era alle prese con due figli senza il padre. Poco dopo che Baghdasarian lasciò la regione separatista del Nagorno-Karabakh per il suo intervento chirurgico a Goris, gli “eco-attivisti” azerbajgiani – generalmente visti come agenti per volere di Baku – il 12 dicembre bloccarono l’unica strada, chiamata Corridoio di Lachin, che porta nel Nagorno-Karabakh. Karabakh.

Da allora Margo Baghdasarian vive nel limbo, una delle centinaia di Armeni del Karabakh che sono stati tagliati fuori dalle loro famiglie. Secondo il municipio di Goris, circa 300 Armeni del Karabakh sono attualmente ospitati nella città, mentre altri 700 circa si sono trasferiti con familiari o amici in altre parti dell’Armenia in attesa di tornare a casa.

Una panoramica di Goris, la grande città armena più vicina al Nagorno-Karabakh, 10 febbraio 2023 (Foto di Amos Chapple/RFE/RL).

Armenia e Azerbajgian si scontrano da decenni sul Nagorno-Karabakh. L’enclave prevalentemente etnica armena fa parte dell’Azerbajgian, ma è stata sotto il controllo delle forze etniche armene sostenute dall’Armenia da quando una guerra separatista è terminata nel 1994.

Mentre il blocco si estende nella sua nona settimana, sembra che i circa 100.000 Armeni etnici intrappolati all’interno del Nagorno-Karabakh si stiano preparando per una lunga e amara prova di volontà.

Marut Vanyan, giornalista freelance che vive a Stepanakert, la più grande città della regione del Nagorno-Karabakh, conosciuta come Khankendi in azero, ha detto che documentare la crisi umanitaria in corso è diventato più difficile, poiché i locali intrappolati lo rimproverano per aver rivelato la difficoltà della vita all’interno la città assediata.

Quando a Stepanakert compaiono frutta e verdura fresca, che si dice siano state trasportate dalle forze di pace di mantenimento della pace russe, il giornalista ha detto che le persone si radunano in “una fila insopportabile e umiliante”, aggiungendo che quando ha cercato di scattare una foto di scaffali vuoti, un uomo gli ha chiesto retoricamente: “Vuoi che gli Azeri lo vedano e lo celebrino?”

Pile di aiuti alimentari, compreso il latte artificiale, in deposito dopo che è stato impedito l’invio in Nagorno-Karabakh nei primi giorni del blocco (Foto di Amos Chapple/RFE/RL).

Per gli amici e la famiglia armena dall’altra parte del blocco, la realtà delle condizioni dei residenti del Nagorno-Karabakh può essere difficile da valutare. Yeva Dalakian, una lavoratrice giovanile a Goris, ha detto che gli Armeni del Karabakh che conosce, sopravvivono in gran parte grazie alla vendita di prodotti estivi come patate e cibo conservato dai villaggi. “Alcuni dei miei amici con cui sto parlando sono tornati al loro villaggio e lavorano da remoto”, ha detto. “Ma il fatto è che le persone in Nagorno-Karabakh sono molto orgogliose e non amano lamentarsi, quindi a volte è difficile capire cosa stia realmente accadendo”.

Alcuni rifornimenti stanno attraversando il blocco, sia apertamente che forse in segreto. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) è stato autorizzato a trasportare alcune forniture mediche e cibo alle persone che ne hanno urgente bisogno all’interno del blocco. All’inizio di febbraio, il CICR aveva trasferito 95 persone attraverso il blocco, per lo più bambini inviati per ricongiungersi con i loro genitori e pazienti molto malati portati fuori.

La gente del posto a Goris afferma che i parenti degli Armeni del Karabakh bloccati si sono avvicinati ai soldati russi per chiedere loro di contrabbandare rifornimenti attraverso il blocco, anche se non è chiaro se qualcuno abbia avuto successo con la tattica.

Un checkpoint armeno alla periferia di Tegh il 9 febbraio. Il checkpoint è attualmente la fine della strada per gli armeni del Karabakh che sperano di tornare a casa (Foto di Amos Chapple/RFE/RL).

Nel municipio di Goris, il Vicesindaco Irina Yolian siede dietro le bandiere dell’Armenia e della Repubblica di Artsakh, non riconosciuta a livello internazionale, la denominazione che gli Armeni usano per la regione del Nagorno-Karabakh. Alla domanda sulla risposta internazionale al blocco in corso, Yolian fa riferimento all’accordo sul gas concluso tra l’Azerbajgian e l’Unione europea la scorsa estate, che ha portato a una controversa dichiarazione del Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in cui annoverava lo stato autoritario del blocco tra i “partner affidabili e degni di fiducia”. “Quando parliamo di valori umanitari e vite umane, queste cose dovrebbero essere più importanti, ad esempio, del gas”, ha detto la funzionaria di Goris. Ha poi indicato quella che crede sia stata la risposta internazionale in sordina all’invasione dell’Azerbaigian nel territorio armeno indiscusso nel settembre 2022. “Mentre gli Stati occidentali armano l’Ucraina [nella sua lotta contro l’invasione russa del 2022] e sostengono [Kiev] in altri modi, l’Armenia riceve solo parole e auguri”, ha detto Yolian.

Angelina, otto anni, dipinge l’Hotel Goris – dove soggiorna con la madre e la sorella da poco dopo l’inizio del blocco – durante un corso d’arte organizzato per i bambini del Karabakh in una galleria a Goris il 9 febbraio 2923 (Foto di Amos Chapple/RFE/RL).

La funzionaria armena ha puntato il dito anche contro la Russia per aver apparentemente permesso che il blocco continuasse. Il Cremlino è noto per aver interrotto violentemente le proteste interne, ma finora le forze di mantenimento della pace russe non hanno fatto alcuno sforzo per riaprire con la forza la strada per il Nagorno-Karabakh.

Nel suo hotel a Goris, Baghdasarian sottolinea quanto sia grata per l’aiuto che le è stato fornito a Goris, ma i suoi occhi si riempiono di lacrime mentre parla al telefono con sua figlia e sua nipote. “Voglio solo andare a casa. Questo è tutto ciò che chiedo”, ha detto, aggiungendo che la sua città natale di Stepanakert è dove è stato sepolto suo figlio. “Sono nato lì e voglio morire lì. Voglio che la mia tomba sia accanto a quella di mio figlio”.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]