Settantasettesimo giorno del #ArtsakhBlockade. I dittatori vanno buttati nella pattumiera della storia, se tutti vogliamo vivere in pace (Korazym 26.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.02.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 77 dell’assedio della dittatura di Aliyev dell’Azerbajgian della Repubblica armena di Artsakh/Nagorno-Karabakh (che si era proclamata indipendente dall’URSS prima ancora dell’Azerbajgian nel 1988, 35 anni fa). Purtroppo, anche oggi, nelle “preoccupazioni” di Papa Francesco è assente l’interesse per il popolo armeno cristiano. La diplomazia della Santa Sede è fortemente collegata con l’autocrazia degli idrocarburi azera che sponsorizza molti programmi di restauro di proprietà vaticane. Quindi, solo silenzio. Nella foto di copertina (di Marut Vanyan, giornalista freelance a Stepanakert, che oggi in un post su Twitter scrive: «Spero che il 1° marzo il Corridoio di Lachin sia aperto»): la capitale dell’Artsakh Stepanakert ieri sera. Nota quanto sono fioche le luci a causa della mancanza di elettricità per l’interruzione della linea ad alta tensione dall’Armenia sul territorio dell’Artsakh occupato dall’Azerbajgian. Per un guasto, per un sabotaggio? In ogni caso, le forze armate di occupazione azere non hanno consentito l’accesso per la riparazione.

L’informazione diffusa sui social media, fomentata da troll azeri, secondo la quale sarebbe stata aperta il Corridoio di Berdzor (Lachin), informa l’Info Center del governo dell’Artsakh. L’Azerbajgian continua il blocco dell’Artsakh con il pretesto ambientale. L’Info Center ha fatto sapere che in caso di apertura della strada verrà diffuso un messaggio ufficiale, esortando le persone a non cedere alla disinformazione.

Come abbiamo riferito ieri, Lusine Avanesyan, il Portavoce del Presidente della Repubblica di Artsakh, ha comunicato che il 24 febbraio si è svolto un incontro tra i rappresentanti ufficiali dell’Artsakh e dell’Azerbajgian, mediato dal Comando delle truppe di mantenimento della pace russe di stanza nella Repubblica di Artsakh. Avanesyan ha spiegato che sono state discusse le questioni relative alla revoca del blocco dell’Artsakh, alla fornitura stabile e ininterrotta di gas naturale ed elettricità. Durante l’incontro è stato raggiunto un accordo per garantire il funzionamento ininterrotto del gasdotto Armenia-Artsakh, la riparazione dell’unica linea ad alta tensione di 110 kV Shinuhair-Stepanakert e il ripristino dell’alimentazione di elettricità. “Stiamo aspettando misure adeguate da parte dell’Azerbajgian, che consentiranno ai nostri specialisti di raggiungere il luogo dell’interruzione dell’alimentazione, valutare il danno e iniziare i lavori di riparazione. Per quanto riguarda la rimozione del blocco stradale, secondo i nostri dati, la parte russa continua a compiere sforzi in quella direzione e speriamo che ci sia un cambiamento positivo in tal senso in un breve periodo di tempo”, ha sottolineato Avanesyan.

Il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport della Repubblica di Artsakh informa che dal 27 febbraio il processo educativo riprenderà completamente in tutte le istituzioni educative prescolastiche (scuole materne) che operano nella Repubblica di Artsakh.

L’Info Center della Repubblica di Artsakh ha comunicato che a causa del blocco da parte dell’Azerbajgian dell’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia, 5 persone affette da malattie tumorali del Centro Medico Repubblicano del Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh sono state trasferite in centri medici specializzati dell’Armenia oggi, 26 febbraio 2023, con la mediazione e l’accompagnamento del Comitato Internazionale della Croce Rossa. 8 pazienti medici, inviati in Armenia per cure, sono tornati in Artsakh con i loro accompagnatori. Gli interventi chirurgici pianificati continuano ad essere sospesi nelle strutture mediche che operano sotto il Ministero della Salute della Repubblica di Artsakh. Nell’unità medica Arevik, 2 bambini sono nelle unità di terapia intensiva e neonatale. Al Centro Medico Repubblicano, 6 pazienti sono nell’unità di terapia intensiva, 3 dei quali sono in condizioni critiche. “Fino ad oggi, un totale di 127 pazienti sono stati trasferiti dall’Artsakh all’Armenia con la mediazione e l’accompagnamento del Comitato Internazionale della Croce Rossa.

Il Bollettino del 26 febbraio del Ministero della Difesa russo sulle attività delle truppe di mantenimento della pace russe nel Nagorno Karabakh informa che 49 cittadini stranieri (tra cui 6 bambini) sono stati evacuati dal territorio del Nagorno Karabakh alla Repubblica di Armenia. È stata inoltre assicurata la scorta di due convogli con carichi umanitari delle truppe di mantenimento della pace russe lungo la rotta Goris-Stepanakert.

«Non ho visto la BBC fare qualsiasi indagine sulla propaganda negazionista dell’Azerbajgian sul #ArtsakhBlockade in corso da 2 mesi e mezzo. La BBC gestisce solo programmi pagati da BP (British Petroleum)-Aliyev che promuovono il dittatoriale Azerbajgian come un grande centro turistico/commerciale, mentre i confini terrestri dell’Azerbajgian rimangono chiusi dal 2020. Ho visto uno “show” della BBC di 23 minuti sull’Azerbajgian. Pur aggiungendo generosamente aggettivi come “fantastico”, “unico”, “antico” ad ogni sostantivo, la moralmente in bancarotta Bettany Hughes ha anche visitato la città di Shushi etnicamente polita. Nessuna parola sulla cattedrale di Ghazanchetsots, crimini di guerra azeri o il patrimonio armeno» (Nara Matini).

«Supermercato vuoto ad Artsakh. La maggior parte dei prodotti alimentari non è più disponibile nei negozi» (Ani Balayan, fotografo in Artsakh QUI).

Mentre il mondo e i media parlano solo di guerra di Putin in Ucraina, Aliyev continua la sua guerra contra l’Artsakh con l’assedio, nel silenzio. Il popolo dell’Artsakh è al 77° giorno di blocco da parte dell’Azerbajgian, Basta appelli e richieste. Vogliamo azione. Vogliamo la pace in Artsakh, non solo in Ucraina. Le aggressioni dell’Azerbajgian hanno causato una grave crisi umanitaria in Artsakh. La Commissione Europea gas-dipendente non condanna mai la dittatura di Aliyev.

Caliber.az, agenzia stampa diretto da Timur Huseynov, con sede a Baku, quindi sotto controllo del regime dittatoriale di Aliyev e suo megafono, come viene dimostrato dalle “notizie” che diffonde, il 25 febbraio 2023 ha pubblicato questo post su Twitter: «Guarda la bellezza invernale della storica provincia azerbajgiana di Göyçə (Goycha) nell’Azerbajgian occidentale (moderno Armenia). Torneremo presto nelle nostre terre ancestrali … attraverso la pace». La pace simbolizzata dalla colomba strangolata dalla “eco-attivista” al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e invece di volare caduta stecchita a terra. Per Aliyev, non solo l’Artsakh (Qarabag) è Azerbajgian, ma anche l’Armenia (“Azerbajgian occidentale”). Non ne fanno un mistero che ci arriveranno… “attraverso la pace”.

Il futuro dell’Armenia e della popolazione armena dell’Artsakh è gravemente minacciato. «Dobbiamo costruire buoni rapporti con i nostri vicini nella regione. Aliyev, il nemico della democrazia, dovrebbe essere buttato nella pattumiera della storia. Sono per la pace, non voglio spargimenti di sangue. Aliyev è la più grande minaccia nella regione» (Orkhan Agayev).

«Qui c’è un altro “eco-attivista” di Aliyev al blocco illegale del Corridoio di Berdzor (Lachin)» (Lindsey Snell).

«Nel giorno 77 del blocco azero dell’Artsakh, intrappolando 120.000 persone al freddo, l’”eco-attivista” versa la benzina sul suo fuoco ecologico per stare al caldo» (Lindsey Snell).

Mentre la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite non ha i mezzi per imporre nulla all’Azerbajgian, quando deciderà il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – che ha i mezzi – a far rispettare la decisione della sua Corte di giustizia legalmente vincolante contro la dittatura di Aliyev dell’Azerbajgian e la farà scendere le sue stivali dalle terre armene nel Corridoio di Berdzorg (Lachin), dell’Artsakh (dove c’è una crisi umanitaria dovuta al #ArtsakhBlockade contro 120.000 Armeni) e dell’Armenia?

I media azeri, controllati dal regime dittatoriale di Aliyev, confermano che non esiste nessuna intenzione di togliere il #ArtsakhBlockade per le rivendicazioni “ecologiste” fake.

Lei non è una ragazza ucraina. Quindi, al mondo non interessa che lei insieme al altri 120.000 Armeni, tra cui 30.000 bambini, sono stati isolati in pieno inverno, privati di cibo, cure mediche, gas, elettricità e acqua calda dal 12 dicembre 2022.

Gli “eco-attivisti” azerbajgiani che continuano a bloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin) oggi hanno portato manifesti per Kojaly al loro “protesta ecologica”.

Mentre tutti sanno che l’Azerbajgian ha commesso i massacri dei propri civili azeri a Kojali alla fine di febbraio 1992, l’apparato di menzogne e propaganda di Aliyev continua a sostenere la narrazione fake sulla colpa degli Armeni. Ne abbiamo parlato ieri, in conclusione dell’articolo del giorno sul #ArtsakhBlockade [QUI].

Invece, l’Azerbajgian commette orribili crimini di guerra, violazioni dei diritti umani, ha intrappolato 120.000 armeni con il #ArtsakhBlockade per 2 mesi e mezzo, nella totale impunità, diffondendo menzogne e disinformazione tramite il troll e gli ambasciatori azeri sui social media in piena attività con le loro menzogne su Kojaly, dove gli Azeri hanno assassinato la loro stessa gente e hanno dato la colpa agli Armeni.

Alcuni esempi di fake news diffuse in quantità industriali da Caliber.az. Notizia storica fuori contesto e una menzogna clamorosa. Il massacro di Kojali c’è veramente stato, però non fu commesso dagli Armeni, ma dal regime dittatoriale dell’Azerbajgian, che è stato dimostrato in modo inequivocabile e oltre ogni ragionevole dubbio.

Inoltre, “genocidio” è una parola speciale per ciò che i Tedeschi hanno fatto agli Ebrei e i Turchi hanno fatto agli Armeni. All’Azerbajgian non deve essere consentito di utilizzare questa parola linguaggio speciale per la propria propaganda.

Il monumento alle vittime del pogrom di Sumgait presso il complesso commemorativo di Stepanakert.

Il #ArtsakhBlockade e i massacri e lo sfollamento degli Armeni a Sumgait sono interconnessi e fanno parte di una tragica storia di violenze e persecuzioni da parte delle autorità azere che continua ancora oggi.

I massacri di Armeni a Sumgait, una città a mezz’ora di macchina da Baku, la capitale dell’Azerbajgian, sono avvenuti alla luce del sole e sono testimoniati da numerose persone che hanno assistito ai fatti e da passanti. Il picco delle atrocità commesse dagli esecutori materiali si è verificato tra il 27 e il 29 febbraio 1988. Gli eventi furono preceduti da un’ondata di diffusione di informazioni anti armene e da raduni in tutto l’Azerbajgian nel febbraio del 1988.

Il pogrom di Sumgait ha avuto luogo durante le prime fasi del Movimento del Karabakh. Le questioni territoriali nel Caucaso meridionale oggi sono le conseguenze di un ciclo di violenza e di intolleranza che è iniziato con la soppressione da parte dell’Azerbajgian degli inviti alla pacifica auto-determinazione degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. La violenza contro gli Armeni a Sumgait ha cambiato la natura del conflitto del Karabakh. Il conflitto divenne militarizzato. Quando il popolo del Nagorno-Karabakh intraprese tutte le necessarie azioni legali al fine di optare per l’auto-determinazione in conformità con la legislazione del tempo, la risposta fu un’aggressione militare. È molto significativo che un governo sovrano abbia risposto ad azioni democratiche dei propri cittadini con l’uso delle armi. Inoltre, la violenta risposta militare all’inizio non fu nemmeno diretta contro la popolazione del Nagorno-Karabakh, ma contro gli Armeni di Sumgait e Baku, chilometri lontano dal territorio e dalla popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian oggi è la vittima della sua aggressività e gli Armeni sono le vittime dell’aggressione azera.

Per ricordare i massacri di Sumgait abbiamo pubblicato oggi l’articolo 28 gennaio, giorno della memoria delle vittime del pogrom di Sumgait. Il 35° anniversario dell’orrore[QUI].

Mercoledì scorso, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha ordinato all’Azerbajgian di porre fine al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), l’unico collegamento dell’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo. Dal 12 dicembre 2022 degli Azeri, fingendosi attivisti ambientalisti mobilitati contro le miniere nell’Artsakh, bloccano questo corridoio vitale per i 120.000 abitanti armeni, causando una crisi umanitaria. L’Azerbajgian nega di aver ordinato il blocco di questa strada della vita per l’Artsakh. L’Azerbajgian “deve adottare tutte le misure a sua disposizione per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni”, ha ordinato la Corte Mondiale. C’è “urgenza” di porre fine al blocco che potrebbe causare “danni irreparabili”, ha aggiunto il Presidente della Corte, Joan Donoghue, durante l’udienza.

Per comprendere la posta in gioco con l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia e le sue conseguenze sul #ArtsakhBlockade, il 23 febbraio 2023 Marc Daou ha intervistato per France 24 Taline Papazian, docente presso Sciences-Po Aix e direttrice dell’ONG Armenia Peace Initiative. Riportiamo di seguito l’intervista nella nostra traduzione italiana dal francese.

France 24: Come analizza l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia? È puramente simbolico o è una vittoria per gli Armeni?
Talin Papazian: Questa decisione è molto importante, è lontana dall’ordine del simbolo. È cruciale nel senso che riconosce che il Corridoio di Lachin è sotto blocco, contrariamente alle affermazioni di Baku, e mette in guardia sulle conseguenze del mantenerlo. Anche se la Corte Internazionale di Giustizia non ha i mezzi per imporre nulla all’Azerbajgian, si può considerare il suo ordine come una piccola vittoria diplomatica per l’Armenia. Perché sappiamo bene che questo tipo di decisioni emanate dalle autorità giudiziarie, per la loro esposizione internazionale, hanno implicazioni e influenze dirette sulla percezione dei vari attori internazionali. Dico “piccola vittoria” perché deve essere considerata sulla scala della massa di sfide che l’Armenia e il Nagorno-Karabakh devono affrontare, ma è innegabilmente un passo importante. Yerevan conduce, dal 2021, una diplomazia del diritto internazionale che può consentirle di evidenziare il crescente background della politica razziale anti-armena applicata a tutti i livelli in Azerbaigian. Tuttavia, è un intero settore della diplomazia pubblica in cui avrebbe potuto imbarcarsi almeno dal 2004, vale a dire dalla decapitazione di questo ufficiale armeno, Gurgen Margaryan, da parte di un soldato azero, durante un programma di addestramento organizzato dalla NATO in Ungheria.

Sul posto la situazione è insostenibile per la popolazione, che vede peggiorare di giorno in giorno la crisi umanitaria. Cosa sta succedendo?
La popolazione regge ancora, ma gli effetti del blocco si fanno sentire duramente a causa della crescente penuria. In particolare mancano medicinali, generi alimentari, frutta, verdura e latte in polvere per i bambini. Anche prodotti per l’igiene. Da qualche settimana le truppe di interposizione russe hanno iniziato a fornire, di tanto in tanto, un piccolo aiuto umanitario. Ma in proporzioni che non sono in grado di soddisfare i bisogni di tutti gli abitanti o di allontanare lo spettro di una crisi umanitaria. Altro effetto del blocco: i pazienti ricoverati negli ospedali sono in pericolo di vita perché non possono essere trasferiti a Yerevan. Da parte loro, i bambini non hanno più accesso alle scuole che non hanno riaperto dopo la fine delle vacanze natalizie a gennaio, per non poter riscaldare adeguatamente le aule, a causa del razionamento del gas. In sostanza, gli armeni del Nagorno-Karabakh sono presi in una manovra a tenaglia tra le forze russe, che sono sotto tiro, e le forze armate azere che ora chiedono l’istituzione di posti di blocco, il che equivarrebbe a condizionare ogni entrata e uscita alla buona volontà di Baku. Anche se sul posto, agli occhi degli abitanti, la presenza dei soldati russi nella zona incarna, finora, un baluardo contro l’esercito azero.

È difficile immaginare una rapida uscita dalla crisi, nonostante l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia. Cosa dobbiamo aspettarci dalla Turchia, dove si è recentemente recato il Ministro degli Esteri armeno dopo il doppio terremoto del 6 febbraio?
È troppo presto per sapere se la decisione della Corte Internazionale della Giustizia peserà direttamente a favore di una rapida revoca del blocco. Da un punto di vista generale della situazione, rimaniamo sull’orlo di una possibile guerra, anche se la missione di osservazione dell’Unione Europea, schierata a inizio settimana al confine tra i due Paesi, la tiene lontana a breve termine. Se gli Armeni hanno resistito per 44 giorni contro forze infinitamente superiori nella guerra del 2020, lo squilibrio di forze a favore dell’Azerbajgian è troppo grande. Ciò significa che siamo lontani da una dinamica di negoziati sereni, costruttivi e pacifici tra due parti che vedrebbero la pace allo stesso modo e che vorrebbero costruire un futuro stabile nella regione. La Turchia può svolgere un ruolo? Se volesse, potrebbe. Ankara si trova dopo il doppio terremoto in una situazione che inevitabilmente rimescolerà le carte nei prossimi mesi a livello politico ed economico. Ma anche nei rapporti con partner occidentali e donatori internazionali, mentre il Paese è immerso in una grave crisi economica, e dovrà rispondere alle conseguenze socio-economiche dei terremoti. Quindi forse in questo grande sconvolgimento che sta per verificarsi, ci saranno opportunità per accelerare o indirizzare in una direzione positiva i tentativi di ristabilire le relazioni diplomatiche tra Turchia e Armenia – e, per estensione, influenzare la questione del Nagorno-Karabakh. Ma certamente non a breve termine.

E la Russia, mediatore tradizionale del conflitto, che continua a voler mediare?
Questo blocco annulla un articolo molto importante dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, firmato sotto l’egida di Mosca. Qualcuno potrebbe anche obiettare che l’accordo sul Corridoio di Lachin non funziona, la legittimità della presenza delle sue forze è messa in discussione. Tuttavia, già in grande difficoltà in Ucraina, la Russia non può permettersi di continuare a perdere l’equilibrio nel Caucaso meridionale. Quando il Cremlino non può più fare il poliziotto, un Paese come l’Azerbajgian, che ha tutti i mezzi della diplomazia sovrana grazie ai suoi idrocarburi, coglie l’occasione per rompere ancora un po’ i rapporti con Mosca. E l’Armenia, che non ha gli stessi mezzi ma che cerca in qualche modo di preservare i propri interessi, mette sempre più in discussione i suoi rapporti con i Russi. Il rischio per gli Armeni è essere preso tra i conflitti geopolitici dell’Occidente e della Russia. In ogni caso, quest’ultima, interessata come la Turchia all’istituzione nell’Armenia meridionale del Corridoio di Meghri, preteso dall’Azerbajgian [come “Corridoio di Zangezur”] per collegare il suo territorio al Nakhitchevan – enclave azerbajgiana -, non può più atteggiarsi a mediatore e alleato di Yerevan.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]