Turchi, sterminio degli armeni e guerra ai curdi (Giornaledibrescia 09.04.18)

L’ottimo articolo di Claudio Gandolfo, pubblicato sul GdB del 27 marzo, titolato «Il Sultano Erdogan e lo sterminio dei Curdi» improvvisamente mi fa ritornare in mente ed alla ribalta il popolo armeno ed il suo genocidio, elementi principali di una disputa piuttosto aspra tra il papa Francesco di Roma e le più alte autorità turche. Ed il motivo del contendere, quel genocidio di armeni del 1915 denunciato da Papa Bergoglio, negato come una bestemmia dal governo turco e dal suo dittatore, tra il silenzio connivente dell’Italia e dell’Europa. Parlando di Armeni va chiarita la fisionomia di un popolo cristiano nei secoli, inserito in un mare musulmano, caratterizzato da uno spirito indipendente e da una propria specifica cultura. S

ono queste sue particolari caratteristiche religiose e culturali che provocano nel tempo le feroci persecuzioni da parte dell’Impero Ottomano. Le prime dure discriminazioni portano il nome del Sultano Abdul Hamid II, che nella parte di Armenia ancora sotto Costantinopoli (l’altra era russa in Azerbaigian) promuove tra il 1895 ed il 1897 una feroce repressione che porta alla eliminazione di 200mila armeni, costringendone altri 400mila ad emigrare in Russia, primo esempio di pulizia etnica cui l’Europa assiste con sovrana indifferenza.

Nel 1908 sale al potere in Turchia un governo formato da giovani ufficiali, chiamati i Giovani Turchi, per cercare di trasformare il Paese in una nazione moderna. Costoro danno vita al partito Unione e Progresso, che contempla di trasformare l’ex impero in una federazione di popoli. Al contrario invece, nel 1909 la violenza contro gli Armeni riesplode con lo sterminio organizzato a tavolino da Unione e Progresso, di circa 30mila armeni di Cilicia.

Ma anche per questo governo il problema armeno è tutt’altro che risolto, perché lo spirito d’indipendenza, malgrado i massacri e le stragi è rimasto intatto nei superstiti. In quegli anni la situazione della Turchia si fa avvilente: sono ferite dolorose e mai rimarginate la perdita della Libia e le isole dell’Egeo a causa della guerra persa con l’Italia nel 1912, e l’Albania e Macedonia in conseguenza della Prima Guerra balcanica. Di conseguenza aumenta ancor più l’odio verso la minoranza armena ritenuta a torto responsabile di complicità coi compatrioti emigrati in Russia ritenuti nemici della Turchia.

In quest’ottica va citato il massacro del dicembre del 1914 quando decine di migliaia di armeni, uomini, donne, bambini vengono massacrati a Van nel corso di una ritirata dal fronte russo. Ed è soltanto l’anticipo del progetto di totale annientamento del popolo armeno programmato da Unione e Progresso. Ne dà un ampio resoconto Corrado Patera nel suo studio sul popolo armeno in Quaderni di storia del 2005.

«Il 28 aprile del 1915 iniziò il progetto di annientamento deciso da anni da Unione e Progresso, si organizzò una struttura paramilitare denominata Organizzazione Speciale, e squadre irregolari, i techete, ovvero detenuti per omicidio scarcerati per essere addestrati a compiere le azioni più infami. L’Aghet, in lingua armena «catastrofe», comportò innanzi tutto il disarmo dei valorosi soldati armeni inquadrati nell’esercito turco e poi sistematicamente eliminati: poi la deportazione dell’élite armena da Costantinopoli verso l’Anatolia e massacrata lungo il suo calvario.

Tra maggio e lugio del 1915 gli armeni di 7 province ad Est vengono eliminati: gli uomini torturati ed eliminati sul posto, donne e bambini deportati verso il deserto e fatti morire di fame, o uccisi proprio dai curdi. Scompaiono tutti gli armeni dell’Anatolia, della Cilicia, vengono uccisi quasi 2,5 milioni di armeni, e peggio della morte, ragazzini vengono venduti come schiavi ed una parte rieducati come veri musulmani ed altri ceduti ad omosessuali a loro piacimento; le ragazzine marchiate a fuoco (ma anche i bimbi) e destinate a bordelli arabi. Resoconti di molti eccidi vengono registrati dalle diplomazie tedesche, americane, svedesi ed italiane. Viene svuotato un intero territorio, duemila chiese, cappelle e scuole armene in Anatolia non ne resta più traccia».

Direttore, questi i principali fatti conosciuti, pur in una obbligata sintesi e come previsto la querelle tra Vaticano e governo turco ha fatto riesplodere con forza avvelenandolo il principale problema, cioè l’entrata turca nell’Unione Europea, prendendo in contropiede il lavoro diplomatico. Ed un fatto, caro direttore, non olet pecunia, e noi Europa pagando il governo di Erdogan oggi, in ciò che sembra una nemesi, perché tenga lontano dall’Europa continentale profughi e migranti, ci sentiamo a posto.

Ma il Vecchio continente non tiene conto che con la Turchia e con quel sultano, potrebbero entrare in Europa 80 milioni di musulmani. Con tutto ciò che potrebbe comportare a medio o lungo termine una guerra di religione, che già sta invadendo interi continenti, a piccoli o grandi colpi. Anche se sono in pochi, tra i responsabili dei governi occidentali a rendersene conto, od in alternativa, rimandando ad un indefinito domani l’acquisizione della realtà.

Ed intanto a prezzo di 500mila nuovi morti, i curdi dopo essere stati la punta di diamante della lotta all’Isis, come accadde per gli armeni, vengono massacrati da un paese della Nato, nel silenzio più totale.

// Gianluigi Pezzali
Salò

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