Turchia, chiesto l’ergastolo per 30 giornalisti e dipendenti del giornale Zaman (La Repubblica.it 11.04.17)

A pochi giorni dal referendum che dovrà approvare la riforma presidenziale voluta da Erdogan, il procuratore capo di Istanbul ha chiesto la condanna all’ergastolo per 30 tra giornalisti ed ex dipendenti del gruppo media Zaman, accusati di “partecipazione in organizzazione terroristica”. Il gruppo editoriale Zaman pubblicava il principale quotidiano di opposizione del paese quando, a marzo dell’anno scorso, fu prima commissariato dopo un blitz della polizia nella redazione, poi stravolto nella linea editoriale e infine chiuso d’imperio. Facendo parte delle imprese di proprietà di Fetullah Gulen, imam miliardario autoesiliatosi negli Usa dopo la rottura dei rapporti con Erdogan, il giornale – 650 mila lettori quotidiani – era stato accusato di partecipare attivamente al complotto contro le istituzioni di cui Gulen era ritenuto il capo supremo.

L’accusa per i 30 giornalisti e dipendenti, per cui è stata chiesta una pena aggiuntiva di 15 anni, riguarda ora una presunta “partecipazione in organizzazione terroristica”. Secondo il pubblico ministero, il gruppo Zaman avrebbe “usato il giornalismo come un’arma eccedendo i limiti di libertà di espressione e di stampa” al fine di “manipolare la società”, usando termini mirati a “minare la pace sociale e giustificare un golpe”. Tutti comportamenti messi in atto, secondo l’accusa, ben prima del fallito golpe di luglio che ha poi scatenato una repressione generalizzata in tutti i gangli dello stato e della società. Il 27 luglio, dodici giorni dopo il tentato colpo di stato, il governo dispose la chiusura di 45 giornali e 16 canali televisivi di news, tutti con l’accusa generica di complottare contro lo stato. A oggi, secondo gli osservatori internazionali, i media chiusi sono stati 158, mentre circa 150 giornalisti sono tuttora detenuti e sotto processo.

La situazione della libertà di stampa, con la libertà di accesso ai seggi in alcune zone del paese, è il fattore che preoccupa di più la comunità internazionale in vista del voto di domenica prossima sul referendum. Tana de Zulueta, che guida la missione internazionale di osservatori elettorali dell’Osce/Odihr, con membri di venti paesi, ha detto oggi che di fatto non esiste par condicio e che i sostenitori del no alla riforma hanno enormi difficoltà a far sentire le proprie ragioni: “Abbiamo avviato un monitoraggio su 5 tv e 3 giornali nazionali – dice De Zulueta – . Possiamo già constatare che ci troviamo a osservare una situazione in cui i media di simpatia governativa sono preponderanti. Inoltre, con un decreto dello stato d’emergenza la commissione elettorale centrale è stata spogliata del suo potere di comminare sanzioni in caso di violazioni dell’equilibrio nei messaggi elettorali”.

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