VI Seminario Eurasiatico di Roma: quando l’economia si fa politica (Lindro 15.06.18)

Venerdì 15 giugno, nella sede dello studio legale internazionale GianniOrigoniGrippoCappelli & Partners, si è svolto il VI Seminario Eurasiatico di Roma, organizzato da Associazione Conoscere Eurasia, Roscongress, Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo e Camera di Commercio Bielorussa assieme alla collaborazione di importanti istituti, come Intesa Sanpaolo e Banca Intesa Russia, oltre che dello studio legale che ha ospitato l’evento. L’Unione Economica Eurasiatica (UEE) è un’area di libero scambio che comprende RussiaKazakistanBielorussiaArmenia Kirghizistan e, solo nel primo trimestre del 2018, ha generato scambi per oltre cinque miliardi e settecento milioni di euro. L’interesse del mondo delle imprese italiane per questa area di investimenti è dunque facilmente comprensibile.

L’interesse economico, come è normale, si mescola con quello politico (secondo alcune teorie, infatti, non esiste una vera differenza tra le due cose), tanto più in una fase come questa che, da un lato, vede un cambio ai vertici della Repubblica con l’ascesa di forze che si sono dichiarate favorevoli alla fine delle sanzioni contro la Russia (in vigore dal 2014), dall’altro vede l’allontanamento e la frattura sempre più netta tra gli Stati Uniti di Donald Trump e gli alleati dell’Unione Europea (si pensi all’esito del G7 in Canada). Se, nonostante le nuove prospettive aperte nelle ultime settimane, la situazione politica resta alquanto complessa, non si deve sottovalutare il potere dell’interesse economico:durante il convegno, infatti, è stata più volte espressa la convinzione secondo cui, se le comunità economiche di due Paesi hanno interesse reciproco, la politica sarà costretta a seguire quella via nonostante i contrasti. Secondo Askar Kishkembayev, Capo Segreteria del Ministro dell’Economia e della Politica Finanziaria della Commissione Economica Eurasia, dove la politica non arriva, arriva l’economia, e l’economia, in questo momento, ha una gran voglia di proficui rapporti tra Est ed Ovest, di un grande mercato che parta dalle coste atlantiche dell’Europa per arrivare fino a Vladivostok, sul Pacifico.

Con queste premesse, secondo Stefano Barrese, Responsabile della Divisione Banca dei Territori di Intesa Sanpaolo, in questa fase l’Italia potrebbe giocare un nuovo ruolo di ponte tra la Russia e l’Unione Europea, per portare al superamento del regime di sanzioni e all’apertura di una nuova fase di scambi vantaggiosi per tutti. Di superamento dell’attuale fase di contrasti tra Russia ed UE ha anche parlato Francesco GianniSenior Partner di Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners secondo cui, nonostante sia troppo presto per capire quale sarà la linea reale del nuovo Governo italiano sulla questione delle sanzioni, si può fare affidamento sul fatto che “dove passano le merci non passano gli eserciti”.

Un altro esempio di come un rapporto collaborativo tra i Paesi dell’area eurasiatica e l’Italia possa portare enormi vantaggi a tutta la UE, è stato portato dall’Ambasciatrice Straordinaria e Plenipotenziaria della Repubblica d’Armenia in Italia, Victoria Bagdassarian. L’Ambasciatrice Bagdassarian afferma di considerare molto buono il livello della collaborazione tra Italia ed Armenia tanto che, già durante la precedente Legislatura, l’allora Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, diede il via ad un Comitato Intergovernativo che accelerasse l’integrazione economica ed i rapporti politici tra Roma ed Erevan (a breve, inoltre, anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dovrebbe recarsi in visita nella Capitale armena). Grazie all’integrazione eurasiatica, gli effetti della crisi economica sull’Armenia sono stati molto ridotti; inoltre, l’Armenia è l’unico Paese dell’Unione Economica Eurasiatica a confinare con l’Iran e, grazie a questa particolare circostanza, ha sviluppato un rapporto speciale con il Paese che, attualmente, è al centro di posizioni contrastanti tra UE e USA (dopo il ritiro di Trump dall’accordo sul nucleare iraniano, voluto invece dagli europei): a questo punto, tramite lo sviluppo di rapporti più stretti con i Paesi dell’area eurasiatica, la UE potrebbe usufruire del ruolo di ‘ponte’ che l’Armenia potrebbe giocare per avvicinare ulteriormente Bruxelles e Teheran.

Certamente, tra tutte le questioni presentate, quella dei rapporti tra Italia e Russia resta la principale, sia sul piano economico, considerati gli investimenti che gli imprenditori italiani hanno fatto e continuano a fare in territorio russo, sia sul piano politico.

Per quanto riguarda lo stretto rapporto economico che intercorre tra Italia e Russia, secondo Antonio Fallico, Presidente di Banca Intesa Russia e Presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia, le occasioni di investimento nella Federazione non mancano: “abbiamo parecchie imprese che si sono radicate e stanno producendo in Russia nei settori alimentare, metalmeccanico, aerospaziale ed aeronautico; molte aziende italiane lavorano anche nelle infrastrutture: alcune hanno costruito i nuovi stadi per il Campionato Mondiale di Calcio mentre altre sono attive nella ristrutturazione delle linee di trasporto metropolitano”. Inoltre, non ci sono particolari difficoltà logistiche o giuridiche per chi va ad investire in Russia, dato che “l’investitore straniero è equiparato al 90% all’investitore locale”.

Sergey Razov, Ambasciatore della Federazione Russa in Italia, aggiunge che “in Russia, secondo la valutazione generale degli esperti e secondo l’indice doing business della Banca Mondiale, il clima per gli investimenti è molto buono: se non sbaglio, in questo rating della Banca Mondiale, la Russia si trova anche sopra l’Italia”. A confermare ulteriormente la competitività russa nel campo degli investimenti, aggiunge Razov, c’è il fatto che, “nonostante la crisi degli ultimi anni, le aziende italiane che operano stabilmente in Russia (che sono circa quattrocento) sono sempre rimaste nel Paese, anche nei momenti più difficili. Questo significa che le aziende italiane hanno una certa fiducia nelle prospettive del mercato russo e vedono che ci sono possibilità di ulteriore sviluppo”. Un esempio molto pratico è nel cambio tra il rublo e l’euro: “il valore del rublo è diminuito di ben due volte, negli ultimi anni: questo vuol dire che un imprenditore italiano, che ha euro nelle tasche, in Russia pagherà due volte di meno per l’affitto, l’energia elettrica, la forza lavoro e così via. Gli imprenditori italiani non si lasciano certamente sfuggire queste occasioni”.

Per quanto riguarda l’auspicato superamento delle sanzioni imposte alla Russia a causa della crisi ucraina, Antonio Fallico sostiene che tali sanzioni hanno finito per danneggiare più i sanzionatori che i sanzionati: per questo è necessario che l’Italia si schieri contro queste sanzioni svolgendo un ruolo di ‘ponte’ verso Est per UE e USA, proprio come la Russia potrebbe svolgere il ruolo di ‘ponte’ verso Ovest per la Cina. In ogni caso, afferma, “credo che aspettarsi a breve l’annullamento delle sanzioni non sia molto realistico: dobbiamo abituarci a vivere con queste sanzioni ancora per altro tempo. Il nuovo Governo italiano, tra i punti del patto siglato tra le due forze politiche che lo compongono, ha messo l’intenzione di rasserenare i rapporti con la Russia e, quindi, di convertire questa contrarietà in un voto contrario al procedimento delle sanzioni al prossimo Consiglio d’Europa, che si terrà il 28 di giugno: vedremo fino a che punto questo sarà possibile”. Oltre all’Italia, poi, ci sono altri Paesi UE contrari alle sanzioni, come ad esempio Austria ed Ungheria.  Infine, per quanto riguarda la Germania, conclude Fallico, “Berlino non è felice di aderire alle sanzioni, però la Germania ha portato a casa, con il consenso degli Stati Uniti, il Nord Stream 2, che è un progetto molto importante. Io credo che, se negli Stati Uniti la situazione economica e politica si dovesse evolvere in modo tale che Trump smetta di essere prigioniero di sé stesso, a quel punto anche i rapporti tra Russia e Stati Uniti e tra Russia ed Europa si potrebbero stabilizzare con segno positivo”.

Una posizione simile è espressa dall’Ambasciatore Razov, che afferma: “non voglio fare valutazioni sullo stato delle relazioni tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti dato che questo compete piuttosto alle Istituzioni europee e statunitensi e non entra nelle mie competenze. Ciò che entra nelle mie competenze e interessa la Russia, invece, e che ci siano buoni rapporti tra Mosca e Roma. L’aumento della tensione e della turbolenza internazionale sicuramente non fa bene, non favorisce niente e nessuno; di certo non favorisce gli scambi internazionali, quindi sicuramente non siamo interessati in politiche che aumentino la tensione. Per la Russia, l’Unione Europea rappresenta il principale partner commerciale, anche se, per motivi noti, la quota europea nei nostri scambi con l’estero è sensibilmente diminuita a favore della quota coperta dai Paesi asiatici: questa non è stata una nostra scelta, bensì dell’Unione Europea”. Sulla prospettiva di una fine in tempi brevi del regime di sanzioni contro Mosca, l’Ambasciatore risponde: “non siamo stati noi ad introdurre le sanzioni e non tocca a noi risolvere questo problema. La nostra economia si è già adattata al nuovo stato delle cose, però certamente auspichiamo che il buon senso trionfi”.

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