Vino di Sicilia il più antico del mondo. Scoperti due diversi siti di produzione vinaria già 6000 anni fa (Ilgazzettinodisicilia.it 03.09.17)

Il ritrovamento in Sicilia è datato nello stesso periodo di quello finora ritenuto il più antico sito di produzione enologica del mondo, nei dintorni del villaggio di Arani nel sud dell’Armenia

La cultura del vino di Sicilia ha almeno 6000 anni. È merito dell’archeologo Davide Tanasi, un ricercatore siciliano che lavora per l’Università della South Florida (Tampa, USA), la scoperta scientifica che nell’Isola si produceva vino intorno al 4000 a. C., molto prima della colonizzazione greca.
In precedenza altre ricerché avevano provato la coltivazione dell’uva, attraverso la datazione dei semi, ma non la vinificazione. I reperti sui quali ora sono state accertate le tracce di vino provengono da due distinte località della Sicilia, dagli scavi delle grotte di Monte Kronio, nella Riserva naturale orientata Monte S. Calogero (Kronio), vicino Sciacca in provincia di Agrigento, e dal sito archeologico di Sant’Ippolito nel comune di Caltagirone, in provincia di Catania.

Enrico Greco, ricercatore e chimico dell’Università di Catania, attualmente visiting l’Università della South Florida, che fa parte dello staff diretto da Davide Tanasi, ha esaminato i resti delle anfore di 6000 anni fa, tra la fine dell’età del Rame e l’inizio dell’età del Ferro. In esse è stato rinvenuto acido tartarico in grande quantità, che può provenire unicamente dal processo di vinificazione. Le indagini degli studiosi dell’Università della South Florida sono state possibili grazie al supporto del Cnr IMC di Roma, dell’Ateneo di Catania, della Soprintendenza ai Beni culturali di Agrigento.

Di recente in Sardegna, nella zona di Monte Zara, non lontano dalla città di Monastir, a pochi chilometri da Cagliari, era stato accertato che un torchio del IX secolo avanti Cristo veniva utilizzato per spremere l’uva. I francesi ne avevano rinvenuto un altro, provandone scientificamente l’uso per produzione vinaria, ma risalente solo al V secolo a. C.
Il primato italiano, già accertato nel confronto diretto con la cultura vinicola della Francia, viene ora confermato a livello mondiale.

Il ritrovamento in Sicilia è datato nello stesso periodo di quello finora ritenuto il più antico sito di produzione enologica del mondo, nei dintorni del villaggio di Arani nel sud dell’Armenia, non lontano dal confine con l’Iran, in cui sono stati rinvenuti utensili utilizzati nella tarda età del Rame, all’incirca nel 4.000 a.C. Si è però ipotizzato che la malvidina di cui si sono trovate tracce, il pigmento che in natura è responsabile del colore rosso del vino, possa derivare non dalla spremitura d’uva ma del melograno, molto comune in Armenia ma del tutto assente nella Sicilia di 6000 anni fa.

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Vino, gli italiani lo fanno da 6000 anni (FOCUS)

In una grotta della Sicilia le tracce di consumo e produzione risalenti a quattro millenni prima di Cristo: sono tra le più antiche al mondo, e l’arte è nota da prima dell’arrivo dei Greci.

Una delle eccellenze dello Stivale è ancora più scolpita nella nostra storia di quanto credessimo: residui di vino risalenti a 6000 anni fa sono stati scoperti in recipienti di terracotta in una grotta sul Monte Kronio, vicino al porto di Sciacca (Sicilia sudoccidentale).

Si tratta di una delle più antiche testimonianze di consumo di vino al mondo, e retrodata la produzione di questa bevanda nella regione e in Italia di quasi 3000 anni: prima d’ora si pensava che la vinificazione nella Penisola fosse iniziata nel 1200 a.C., introdotta con la colonizzazione della Sicilia da parte dei Greci.

Novità. Il ritrovamento delle Università della Florida meridionale e di quella di Catania, illustrato sul Microchemical Journal, è reso ancora più importante dal fatto che le scoperte precedenti includevano per lo più da resti di viti ma non di vino fermentato; testimoniavano dunque un’attività di viticoltura ma non, direttamente, di produzione del vino.

 

Le giare in cui sono state trovate le tracce di vino. | Davide Tanasi

Le prove. Questa volta invece le analisi chimiche hanno evidenziato cinque tracce organiche di cremor tartaro (o bitartrato di potassio: il principale componente acido dell’uva, che si sviluppa naturalmente durante la fermentazione del vino), in giare della tarda età del rame rinvenute nella grotta nel 2012. Le analisi chimiche hanno permesso di datarle al quarto millennio prima di Cristo.

Tutto nacque qui… Non solo si tratta della più antica testimonianza preistorica della produzione di vino in Italia; potrebbe essere tra una delle prime al mondo. Benché alcuni studiosi sostengano che la vinificazione sia iniziata 10 mila anni fa, finora le tracce più remote di vino sono venute alla luce in Armenia (vicino al villaggio di Areni, nel 2011), e sono più o meno contemporanee a quelle siciliane.

In quel caso però c’è il sospetto che la malvidina ritrovata, cioè un pigmento naturale responsabile del colore rosso del vino, possa derivare non dall’uva ma dal melograno, un frutto molto comune in Armenia, ma assente in Sicilia 6000 anni fa.