A Positano l’incontro con Misha Wegner, figlio di Armin Wegner ed Irene Kowaliska (Positano News 02.02.23)

Un onore aver incontrato Misha Wegner, figlio di Armin Wegner ed Irene Kowaliska. Due nomi importanti per la città verticale e che rappresentano un pezzo importante di storia da preservare e tramandare.
Armin Wegner nacque nel 1886 e morì nel 1978 a quasi 92 anni.  Giunse in Italia nel 1936, prima a Vietri sul Mare e poi a Positano, rifugio di molti intellettuali europei. Fino all’emanazione delle leggi razziali del 1938, l’Italia viveva un clima di relativa tolleranza, poi la situazione si deteriorò. Wegner, con altri intellettuali, venne arrestato, sia pure per poche settimane. Una misura precauzionale per la visita di Hitler. Fu uno dei principali  testimoni del genocidio degli armeni e fino alla morte il ricordo del lager vissuto in Germania e la memoria e dell’orrore dei massacri degli armeni rimasero impressi nella sua memoria in maniera indelebile.
Era il 1916, l’anno delle marce della morte degli armeni da parte del governo turco: lui, testimone di un genocidio. Angosciato, scriveva alla madre: “Mai come in questi giorni ho sentito vicino a me distinto il frusciare della morte, il suo silenzio, il suo freddo sorriso, e spesso mi chiedo: posso io ancora vivere …quando attorno a me c’è un abisso di occhi di morti?”. Mentre l’Europa cristiana restava impassibile di fronte a tanto orrore, Wegner in una lettera al presidente USA, Woodrom Wilson, chiedeva: “Salvi lei l’onore dell’Europa”. Quando nella sua Germania si scatenò l’antisemitismo scrisse una lunga lettera a Hitler, scongiurandolo dal proseguire in quella follia: “Non come amico degli ebrei, ma come amico dei tedeschi, come rampollo di una famiglia prussiana, in questi giorni, quando tutti rimangono muti, io non voglio tacere più a lungo di fronte ai pericoli che incombono sulla Germania”. La lettera fu recapitata a “Casa Bruna” di Monaco e la ricevuta fu firmata da Martin Borman. La risposta fu il carcere: pestato, frustato, torturato a sangue, trasferito in vari lager e, infine, costretto a lasciare la Germania. Giunse a Roma con lo pseudonimo Percy Eckstein. Poi si trasferì a Positano, dopo una breve sosta a Vietri, da Irene Kowaliska: le fece omaggio di un libro con dedica: “Si sente sempre un canto bellissimo dietro a una porta chiusa, si continua la strada, ma non si sa dove condurrà”.
Wegner arrivò a Positano abitando prima una casupola isolata a Capodacqua, poi la “Casa dei sette venti” in via Pasitea, dove lo raggiunse Lola Landau, per convincerlo a seguirla in Palestina. Fu tutto inutile: Armin restava a Positano, in quello che la Landau definì “il paradiso dei pazzi”. Qui il poeta aveva ritrovato la sua dimensione di vita.
A Positano Irene Kowaliska, che nel frattempo aveva dato alla luce il loro figliolo, Misha, lo raggiunge nel 1942: era quasi il traguardo di una lunga storia d’amore, una fertile avventura che ha modellato due personalità di grande prestigio culturale. Da quando, nel 1929, si erano conosciuti nelle campagne intorno Berlino, era stato un continuo cercarsi, allontanarsi, nascondersi, ritrovarsi, confrontarsi, aiutarsi, amarsi. Su insistenza di Peter Ruta, artista loro vicino di casa, Armin e Irene andarono a Stromboli: in quell’ambiente eolico lo scrittore ritrovò il suo habitat. E per Irene, lì era la sede del genius loci della ceramica: isola, terra emersa, calda di fuoco interno, circondata da acqua, invasa dal vento. E fu l’acquisto di un vecchio, abbandonato mulino, poi ristrutturato, con una torre centrale, dove Armin murò un pannello ceramico di sei “riggiole” vietresi realizzato da Irene negli anni ’30 per la casa di Positano: rappresentava un veliero, sotto vi posero il nome di questa nuova casa: “La Torre dei sette venti”.
Nel 1967 lo Stato di Israele attribuì a Wegner il titolo di Giusto fra le Nazioni; un anno dopo, in Armenia, gli fu conferito l’Ordine di San Gregorio l’Illuminatore”.

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