A Roma alberi per Heydar Aliyev. Nel Caucaso realtà di nuovo genocidio, complice l’Italia (Korazym 19.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 19.05.2023 – Renato Farina] – Non è che sono indignato, ne ho avuto, a essere sinceri, la tentazione, ma non appartiene all’educazione armena né il lasciarsi cadere le braccia e neppure lo sbraitare per l’offesa ricevuta da un popolo come quello italiano che so amico, anche se tende per inerzia secolare alla furbizia e ai cambi di alleanza opportunistici. Ma nessuno è perfetto.

In occasione del 100° anniversario Heydar Aliyev, si è svolta a Roma la piantumazione di alcuni alberi in Villa Borghese a Roma, organizzata dall’Ambasciata della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia. All’evento hanno preso parte l’Ambasciatore della Repubblica dell’Azerbajgian in Italia, Rashad Aslanov; l’Ambasciatore dell’Azerbajgian presso la Santa Sede, Ilgar Mukhtarov; i dipendenti di entrambe le Ambasciate; il Capo del Dipartimento per la Protezione Ambientale del Comune di Roma, Rosario Fabiano, nonché altri funzionari del Municipio. Presenti inoltre il Capo del Gruppo di Lavoro sulle Relazioni Interparlamentari Azerbajgian-Italia nel Milli Majlis, il deputato Azer Karimli, con un membro del Gruppo di Lavoro, il deputato Tahir Mirkishili; il Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia-Azerbajgian nel Parlamento Italiano, Sen. Marco Scurria; la Presidente della Camera di Commercio Italia-Azerbajgian, Avv. Manuela Traldi.

Dunque assumo un tono pacato e sereno, anche se il sangue ribolle: non bisogna sprecare i propri sentimenti. Resta così poco a noi Molokani d’Armenia nella cambusa delle energie spirituali, che non vale la pena consumarle, lacerandosi l’anima, per qualche albero in gloria di chi ci vuole morti. Ho estratto con l’aiuto di persone care del vostro Belpaese la scheggia che mi ha trafitto la schiena giuntami come un dardo avvelenato dalla vostra (e ancora mia?) Roma.

Spiego la questione degli alberi. Un gesto simbolico. Ma i simboli sono reali, muovono la storia. Ecco quanto è accaduto lo scorso aprile.

Trascrivo dall’Adnkronos ottimamente diretta da Gian Marco Chiocci:

AZERBAIGIAN: PIANTATI ALBERI A VILLA BORGHESE A ROMA IN ONORE DI HEYDAR ALIYEV = Roma, 20 apr. (Adnkronos) – «In occasione del centesimo anniversario della nascita del “leader Nazionale” dell’Azerbaigian Heydar Aliyev, sono stati piantati alcuni alberi a Villa Borghese, rende noto l’ambasciata azera in Italia che ha organizzato l’evento a cui hanno preso parte… il Capo del Dipartimento per la Protezione Ambientale del Comune di Roma Rosario Fabiano e altri funzionari del Municipio. Erano presenti alla cerimonia…, il Presidente del Gruppo di Amicizia Interparlamentare Italia-Azerbaigian, il Senatore Marco Scurria, e la Presidente della Camera di Commercio Italia-Azerbaigian, Manuela Traldi. Gli interventi…hanno evidenziato “il ricco percorso di vita e le attività di Heydar Aliyev, Leader Nazionale del popolo azerbaigiano, fondatore dell’Azerbaigian indipendente, eccezionale politico e statista, nonché il contributo eccezionale di Heydar Aliyev alla creazione delle relazioni Azerbaigian-Italia, giunte ad un livello di partenariato strategico”».

Alberi piantati per esaltare Heydar Aliyev nel parco più bello ed espressivo dell’Urbe? La benedizione impartita – si noti – ha avuto come celebranti dalla parte italiana due turiferari bipartisan. C’è sulla sinistra il dirigente del Comune di Roma, che ha per Sindaco Roberto Gualtieri (Partito democratico); sulla destra spicca il Parlamentare Marco Scurria, militante in Fratelli d’Italia, personalità che stimo per le sue opere sociali da ben prima diventasse onorevole (perché, perché, perché?).

Uno può dire che gli alberi non fanno male a nessuno, a chiunque siano dedicati, e tenere rapporti buoni con la superpotenza petro-metanifera del Caspio può consentire di riempire i vostri serbatoi di carburante. D’accordo. Ma dai rami frondosi di quegli alberi penzolano cadaveri armeni. Invisibili agli occhi, quei poveri corpi di vostri fratelli Cristiani, ma stanno lì, ondeggiano al vento, ci sono. Come scrisse Antoine de Saint-Exupery «l’essenziale è invisibile agli occhi». Finché sono gli Azerbajgiani e i Turchi a esaltare il dittatore di Baku e la sua stirpe, nessuno stupore. Ma celebrare in Italia e con la canonizzazione urbi te orbi, sinistra e destra, l’eroe eponimo dei nostri persecutori è un atto di inimicizia verso un popolo le cui memorie più belle sono custodite all’Isola di San Lazzaro a Venezia, reliquiario di fede e cultura.

Ma preferisco credere che voi non sappiate quel che avete fatto. Posso raccontarvelo? Gli Aliyev tengono stretto il potere a Baku nelle loro mani prensili dagli anni ‘70. Siccome non vi fidate di un Armeno, trascrivo stralci dalle pagine dedicate a Heydar (o Gajdar) Aliyev da Ryszard Kapuscinski, il grande reporter polacco, in Imperium (Feltrinelli 1993): «Sul boulevard principale [di Baku] si innalzano una decina di grandi edifici chiari e lussuosi: le abitazioni costruite per la propria camarilla dal boss dell’Azerbajgian Heydar Aliyev. Un personaggio famoso. Aliyev fu dapprima capo del KGB azerbajgiano, poi negli anni 70 primo segretario del Partito comunista di questa repubblica. Era il pupillo di Breznev, che lo nominò Vice-primo ministro dell’URSS, carica da cui lo depose Gorbaciov nel 1987. (…) Aliyev apparteneva agli uomini di Breznev, una combriccola nota per l’alto grado di corruzione, per l’inclinazione al lusso orientale e a ogni genere di depravazione. Una corruzione praticata senza il minimo imbarazzo, anzi con la protervia massime e la sfida più sfacciata». Riferisce Kapuscinski «voci di commandos che, questo tutti lo sanno, vanno a spaccare la testa agli Armeni e solo agli Armeni». Da vice tiranno comunista a capo tiranno nazionalista. Nel 2003 il patriarca morendo passa lo scettro del comando al virgulto Ilham, la cui moglie è sua vice. Bravi, bravissimi.

Il mio lamento – lo so – vi ha senz’altro stufato. Come scriveva però il vostro Pirandello: «Realtà non parole». E temo che la realtà sarà di nuovo genocidio. Complice l’Italia, però con tanto gas come bottino, alleluia.

Il Molokano

Questo articolo è stato pubblicato su Tempi del 1° maggio 2023, online il 6 maggio 2023 [QUI].