Armenia e Turchia: Riavvicinamento tra pugnalate e compromessi (L’Opinione delle libertà 14.02.22)

Dopo quasi un anno e mezzo dalla “crisi caucasica” in Nagorno-KarabakhArmenia e Turchia il 2 febbraio hanno ristabilito i voli commerciali tra Yerevan, capitale armena e Istanbul. Intanto, continuano i fragili colloqui incentrati sull’ipotesi di riaprire il loro comune confine terrestre, sbarrato dal 1992. Già a settembre 2021, a un anno esatto dall’inizio della seconda guerra del Nagorno-Karabakh, il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, fecero capire che un “colloquio” sarebbe stato possibile. Ricordo che nello scontro tra armeni ed azeri, durato un mese e mezzo, ebbe ragione l’Azerbaigian ma solo grazie alla Turchia, che supportò le forze azere impiegando i propri mercenari, ex jihadisti siriani filo-turchi e i droni Bayraktar 2 prodotti dalla società di cui uno dei proprietari è Selçuk Bayraktar, genero di Erdogan. L’Azerbaigian senza la Turchia avrebbe perso nuovamente. Ciononostante, la vittoria dell’Azerbaigian, o meglio di Erdogan, non portò i guadagni geopolitici sperati dalla Turchia, che non fu invitata ai negoziati i quali, sotto l’egida del presidente russo Vladimir Putin, condussero al cessate il fuoco del 9 novembre 2020.

In questo momento non è semplice, per le autorità armene, percorrere la strada della normalizzazione dei rapporti con uno Stato, la Turchia, che con Baku, capitale dell’Azerbaigian, aveva previsto nel suo progetto pan-turkista un piano di annessione della Repubblica del Nagorno-Karabakh (comunità armena) all’Arzerbaigian. Tuttavia, qualcosa nei rapporti diplomatici si è mosso. Infatti, un primo segnale di un riavvicinamento armeno-turco si è avuto a fine gennaio 2022, quando la Turkish Airlines nelle rotte commerciali per Baku è stata autorizzata a sorvolare il territorio armeno. Un passo importante, visti gli atavici e pesanti “debiti” gravanti tra le due nazioni. Comunque, dopo decenni di ostilità, Turchia e Armenia stanno gradualmente normalizzando le loro relazioni. A oggi i risultati più significativi si scorgono in una riapertura degli incontri tra i rispettivi corpi diplomatici, con la revoca dell’embargo armeno sui prodotti turchi, e ora sulla ripresa dei voli commerciali tra Istanbul e Yerevan. Così, dal 2 febbraio, la compagnia FlyOne e la compagnia privata turca Pegasus forniscono tre collegamenti settimanali ciascuna tra Turchia e Armenia, facilitando la mobilità degli armeni, circa sessantamila, di cui millecinquecento con doppio passaporto, turco e armeno, e di numerosi armeni che si sono trasferiti a Istanbul per cercare lavoro. Prima di questi collegamenti, il viaggio tra Armenia e Turchia era lungo e oneroso, dovendo attraversare la Georgia o Iran.

Gli incontri che hanno creato questo riavvicinamento sono iniziati a gennaio sotto la determinante egida di Mosca, dove si sono celebrati i primi colloqui utili tra Armenia e Turchia. Questo processo di normalizzazione procede lentamente e senza “precondizioni”. Ciò significa che il complesso tema del Genocidio degli armeni non compare nell’agenda dei dibattiti. Nel vertice di Mosca, Turchia e Armenia hanno avviato colloqui definiti “costruttivi”, condividendo che, anche in assenza di una riconciliazione, è necessaria l’instaurazione di relazioni, di buon vicinato, concretizzate con l’apertura di relazioni diplomatiche e il programma di riaprire il comune confine terrestre.

Già nel 2009 Yerevan e Ankara avevano concluso accordi per la riapertura del confine, ma non sono mai stati ratificati. Se ora l’Armenia e la Turchia riusciranno ad accordarsi per riaprire e ripristinare i canali di comunicazione caduti in disuso in conseguenza del primo conflitto del Nagorno-Karabakh negli anni Novanta, le popolazioni – che vivono in quest’area di confine comune – potrebbero trarre forti benefici, dato che attualmente questo territorio si presenta come un vicolo cieco dove dominano rancori etnici povertà. Ricordo, brevemente, che il genocidio del popolo armeno avvenne in due fasi: la prima, che potremmo definire propedeutica, tra il 1890 ed il 1896, dove l’antica comunità cristiana degli armeni iniziò a subire una prima forte oppressione da parte ottomana, e la seconda iniziata il 23-24 aprile 1915 con l’arresto, a Costantinopoli, di quasi 3mila armeni. Fu decapitato il motore economico e culturale della comunità e segnò l’inizio del “genocidio”. Questa “pulizia etnica” conta, nel secondo massacro, 2,5 milioni di morti, fonti armene, contro le fonti turche, quelle non negazioniste, che sbarrano il numero delle vittime a duecentomila. Ma oltre i “numeri” l’anima degli armeni è minata profondamente dalla drammatica storia, considerando che il genocidio non è riconosciuto dal modesto erede dell’Impero ottomano, la Turchia.

Tuttavia, se una normalizzazione vera delle relazioni tra Armenia e Turchia non si dovesse concretizzare, sarebbe una “anomalia strategica” in quanto, al momento, alternative più fruttuose pare non esistano a meno di una deflagrazione globale che mischierebbe globalmente le carte.

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