Armenia, Papa allarmato per attacco militare dell’Azerbajian: «Rinnovo cessate il fuoco globale» (Ilmessaggero.it 19.07.20)

Città del Vaticano – Soffiano minacciosi venti di guerra nel Caucaso: il Papa teme che l’attacco militare dell’Azerbaijan contro l’Armenia nella zona di confine, con scontri e artiglieria pesante, possa allargarsi. All’Angelus ha lanciato un drammatico appello alla comunità internazionale ad intervenire e a ricorrere alla via del dialogo.

«Rinnovo un cessate il fuoco globale che permetta la pace la sicurezza indispensabili per fornire assistenza umanitaria necessaria» alle popolazioni che si trovano in paesi in guerra. «Seguo con preoccupazione il riacuirsi delle tensioni armate nella regione del Caucaso, tra Armenia e Azerbaigian. Assicuro le mie preghiere per coloro che hanno perso la vita durante gli scontri e auspico che con l’impegno della comunita’ internazionale e il dialogo tra le parti si possa giungere ad una soluzione pacifica e duratura che abbia a cuore il bene di quelle amate popolazioni» ha detto.

Il Papa all’Angelus: «Non è compito nostro sopprimere i malvagi ma quello di salvarli»

L’attacco – come hanno evidenziato le agenzie internazionali – è stato lanciato il 12 luglio dalle forze rmate azere. In passato gli scontri si sono sempre concentrati nella zona del Nagorno, ma stavolta l’azione militare ha preso di mira il territorio sovrano dell’Armenia. Anche per il Vaticano è un pessimo segnale. Secondo diversi report arrivati Oltretevere sono stati bombardati alcuni paesini con artiglieria e droni, distruggemdo infrastrutture, case, danneggiando persino la ditta che produceva mascherine contro il Covid.

L’escalation sembra essere il frutto di una serie di concause politiche, come la massiccia propaganda del presidente Azero, in difficoltà internamente per una progressiva perdita di consensi. Ma tutto è da stabilire.

Nei giorni scorsi il portavoce del ministero della difesa dell’Azerbaijan ha annunciato che le forze armate azere avrebbero potuto lanciare un atttacco missilistico sulla centrale nucleare di Metsamor che si trova in Armenia (al confine con la Turchia). Se la centrale nucleare armena fosse colpita da missili azeri sarebbe possibile una pericolosa dispersione di materiale radioattivo che, in stile Chernobyl, non si fermerebbe ai soli paesi confinanti, tra cui la Turchia, ma anche a tutto il Medio Oriente.

L’Armenia chiede alla comunità internanale un sistema di monitoraggio credibile, e al Gruppo di Minsk di intervebire. La Turchia allineata con l’Azerbaigian ha promesso che l’Armenia «Pagherà il prezzo» per lo scontro con l’Azerbaigian.

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Francesco: prego per il Caucaso, si arrivi a una pace duratura (Vaticannews 19.07.20)

Francesco ha detto che “sulla scorta di una recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, rinnova “l’appello a un cessate-il-fuoco globale e immediato…. seguo con preoccupazione il riacuirsi nei giorni scorsi delle tensioni armate nella regione del Caucaso tra Armenia e Azerbaigian”. La preghiera del pontefice per le famiglie di coloro che hanno perso la vita durante gli scontri

Alessandro Guarasci – Città del Vaticano

Dal Papa nel post Angelus un nuovo appello per la pace nel mondo:

In questo tempo in cui la pandemia non accenna ad arrestarsi, desidero assicurare la mia vicinanza a quanti stanno affrontando la malattia e le sue conseguenze economiche e sociali. Il mio pensiero va specialmente a quelle popolazioni le cui sofferenze sono aggravate da situazioni di conflitto.

Dunque, sulla scorta di una recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Francesco ha rinnovato “l’appello a un cessate-il-fuoco globale e immediato, che permetta la pace e la sicurezza indispensabili per fornire l’assistenza umanitaria necessaria”.

Il Pontefice in particolare, ha detto di seguire “con preoccupazione il riacuirsi nei giorni scorsi delle tensioni armate nella regione del Caucaso tra Armenia e Azerbaigian. Mentre assicuro la mia preghiera per le famiglie di coloro che hanno perso la vita durante gli scontri, auspico che con l’impegno della comunità internazionale e attraverso il dialogo e la buona volontà delle parti, si possa giungere a una soluzione pacifica duratura, che abbia il bene di quelle amate popolazioni”.  (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

Giovedi scorso, sono ripresi, dopo una breve tregua, gli scontri armati al confine fra Armenia e Azerbaigian, secondo quanto hanno dichiarato  i governativi dei due Paesi caucasici. Nei bombardamenti sarebbero morte almeno 16 persone, per lo più militari.


Il Papa: urgente un “cessate il fuoco” globale per fornire assistenza umanitaria nelle zone di guerra (Ilsecolo XIX)

 

Un  “cessate il fuoco” immediato in tutti e cinque i continenti per permettere di fornire, in sicurezza, l’assistenza umanitaria necessaria ai Paesi già piagati da estenuanti conflitti e ora sofferenti per le conseguenze del Covid-19. Papa Francesco rinnova l’appello già lanciato nell’Angelus dello scorso 5 luglio, col quale dava pieno sostegno alla Risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu che chiedeva una tregua globale nelle zone già teatro di guerra.

Dalla finestra del Palazzo Apostolico vaticano, il Papa ricorda la storica mozione approvata da 135 Paesi e, «in questo tempo in cui la pandemia non accenna ad arrestarsi», assicura la sua vicinanza a «quanti stanno affrontando la malattia e le sue conseguenze economiche e sociali». Il pensiero va in particolare «alle popolazioni le cui sofferenze sono gravate da situazioni di conflitto».

Su questa scia, Jorge Mario Bergoglio esprime preoccupazione per il riacuirsi del conflitto tra Azerbaijan e Armenia, riesploso nei giorni scorsi per la contesa, ormai decennale, del controllo della regione del Nagorno-Karabakh, formalmente appartenente a Baku ma di fatto sotto il controllo armeno. Durante duri scontri armati lungo il confine settentrionale sono morti finora 16 persone, per lo più militari, rimasti uccisi durante cannoneggiamenti reciproci.

Il Pontefice, dicendosi preoccupato per le «tensioni armate nella regione del Caucaso», assicura «la preghiera per le famiglie di coloro che hanno perso la vita durante gli scontri». Poi auspica «che con l’impegno della comunità internazionale e attraverso il dialogo e la buona volontà delle parti si possa giungere a soluzione pacifica e duratura che abbia a cuore il bene di quelle amate popolazioni».

Di guerre il Papa parla anche durante la catechesi dell’Angelus, incentrata sul Vangelo di oggi. Non sono gli scontri armati, ma quelle guerre nelle famiglie e nei quartieri generati da gente, che si professa anche cristiana, che «semina zizzania». «Un termine che riassume tutte le erbe nocive», spiega. Le stesse che, a livello spirituale, sono sparse oggi nella società e nella Chiesa e, a livello fisico, in tanti terreni. «Il terreno oggi è devastato da diserbanti ed erbicidi che fanno il male alla terra e alla salute», afferma il Papa, parlando per metafore.

C’è nell’uomo la tentazione di «seminare il male che distrugge», aggiunge. Bastano anche solo le «chiacchiere» per rompere l’armonia: «Tante volte abbiamo sentito che in una famiglia in pace iniziano le guerre, le invidie, che in un quartiere in pace iniziano le cose brutte. Siamo abituati a dire che qualcuno è venuto lì a seminare zizzania… Quella persona in famiglia ha seminato zizzania», spiega Francesco.

È Gesù a mettere in guardia i discepoli da coloro che spargono «zizzania per ostacolare la crescita del grano». Questi fanno il gioco dell’«avversario», «il diavolo», «l’oppositore per antonomasia di Dio», il quale «approfitta dell’oscurità della notte e opera per invidia, per ostilità, per rovinare tutto».

«Il suo intento è quello di intralciare l’opera della salvezza, far sì che il Regno di Dio sia ostacolato da operatori iniqui, seminatori di scandali», sottolinea il Papa. Tuttavia, anche con i «malvagi» Dio usa pazienza e misericordia. «Il male, certo, va rigettato, ma i malvagi sono persone con cui bisogna usare pazienza. Non si tratta di quella tolleranza ipocrita che nasconde ambiguità, ma della giustizia mitigata dalla misericordia. Se Gesù è venuto a cercare i peccatori più che i giusti, a curare i malati prima ancora che i sani, anche l’azione di noi suoi discepoli dev’essere rivolta non a sopprimere i malvagi, ma a salvarli», dice Papa Francesco.

Il Signore invita quindi ad assumere uno sguardo diverso che è «quello che si fissa sul buon grano, che sa custodirlo anche tra le erbacce». «Non collabora bene con Dio chi si mette a caccia dei limiti e dei difetti degli altri, ma piuttosto chi sa riconoscere il bene che cresce silenziosamente nel campo della Chiesa e della storia, coltivandolo fino alla maturazione», rimarca Papa Francesco. «Sarà Dio, e solo Lui, a premiare i buoni e punire i malvagi».


Papa Francesco appoggia l’appello ONU “per un cessate il fuoco globale” per vincere il Covid. Preoccupazione per la crisi tra Azerbaigian e Armenia  (Farodiroma)

Papa Francesco ha rinnovato l’appello delle Nazioni Unite “per un cessate il fuoco immediato e globale che permetta la pace la sicurezza indispensabili per fornire assistenza umanitaria necessaria” alle popolazioni che si trovano in paesi in guerra e che devono affrontare anche la minaccia del coronavirus.

“Seguo con preoccupazione il riacuirsi delle tensioni armate nella regione del Caucaso, tra Armenia e Azerbaigian. Assicuro le mie preghiere per coloro che hanno perso la vita durante gli scontri e auspico che con l’impegno della comunita’ internazionale e il dialogo tra le parti si possa giungere ad una soluzione pacifica e duratura che abbia a cuore il bene di quelle amate popolazioni”, ha sottolineato il Papa dopo l’Angelus in piazza San Pietro.

“La pandemia – ha affermato il Pontefice – non accenna ad arrestarsi, la mia vicinanza va a chi affronta la malattia e le sue conseguenze economiche e sociali, in particolare le popolazioni che vivono un conflitto”.

Il 2 luglio scorso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato all’unanimità una risoluzione che sollecita un cessate il fuoco globale di 90 giorni per rafforzare la lotta contro il coronavirus.

La risoluzione è passata all’unanimita’ con 15 voti dei membri e dopo gli inutili negoziati dall’inizio della pandemia e chiede “una tregua immediata delle ostilità in tutte le situazioni”.
Il primo appello per un cessate il fuoco globale era stato lanciato il 23 marzo dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. Il risoluzione non include la lotta contro Daesh, Al Qaeda, Al Nusra e individui e gruppi collegati a tali organizzazioni terroristiche.

Da alcuni giorni – spiega AsiaNews – è riesploso l’eterno conflitto tra Armenia e Azerbaigian. Dopo i tentativi di pacificazione nei mesi della pandemia. Il 12 luglio scorso, le due parti si sono reciprocamente accusate di aver aperto il fuoco nella provincia di Tovuz, sul confine tra i due Paesi. Da allora la tensione nella zona non diminuisce, e si contano i primi morti. La mattina del 14 luglio il ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha comunicato la morte di un generale maggiore e di un colonnello, in seguito a una sparatoria da parte armena; le agenzie parlano di altre cinque vittime, compresi due ufficiali. Anche le forze armate armene hanno ammesso la perdita di due soldati frontalieri, il maggiore Garush Ambartsumyan e il capitano Sosa Elbakyan.

Nonostante l’apparente superiorità delle forze azerbaigiane, la cui popolazione supera di varie volte quella dello Stato armeno. Gli azeri sono particolarmente frustrati dal numero delle vittime: il ministro della Difesa Ragim Gaziev ne aveva dichiarate 12, ma in effetti le vittime sono poco meno. Eppure egli è stato arrestato con l’accusa di tradimento degli interessi del Paese.
La Russia non rimane indifferente al conflitto in una regione ex-sovietica così strategica, ai confini tra Europa e Asia; il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, ha già dichiarato che la Russia è pronta a organizzare una mediazione tra i due contendenti. Il timore è che gli scontri possano portare a un’escalation secondo la legge “dell’occhio per occhio”.

Lo scorso 14 luglio, nel centro di Baku, la capitale azera, vi sono state manifestazioni di massa in difesa delle forze armate. Al grido di “Il Karabakh è nostro!”, e “Soldati, avanti!”, la folla ha cercato di invadere il palazzo del parlamento, e la polizia ha effettuato decine di arresti. Azioni simili si sono svolte in diverse città dell’Azerbaijian.

Secondo le dichiarazioni dell’ambasciatore dell’Azerbaijian a Mosca, Aleksandr Aleshkin, gli armeni intendono porre ostacoli alla politica estera del suo Paese, che cerca di superare l’isolamento internazionale, cercando di coinvolgere l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva tra i Paesi ex-sovietici (ODKB), di cui l’Azerbaigian – a differenza dell’Armenia – non fa parte.
A loro volta gli armeni, secondo le parole dell’ex-ministro della difesa Seyran Oganyan, accusano gli azeri di voler forzare le trattative di pace per ottenere dei vantaggi a livello internazionale.