Baku conferma i detenuti armeni e non aderisce a gesti umanitari (Avvenire 27.03.21)

Gentile direttore,
in riferimento all’appello al mio Paese per «la liberazione dei prigionieri armeni» di cui ‘Avvenire’ ha dato conto giovedì 25 marzo 2021 sottolineo che l’Azerbaigian ha restituito tutti i prigionieri di guerra armeni all’Armenia, come concordato nella dichiarazione trilaterale del 10 novembre 2020 che ha posto fine agli scontri. Il governo dell’Armenia ha tentato di confondere il contesto in cui sono stati effettuati nuovi arresti. Dopo la fine del conflitto, l’Armenia ha inviato nel territorio dell’Azerbaigian un gruppo di sabotaggio con l’obiettivo di commettere atti di terrorismo. Tale gruppo si è reso colpevole dell’uccisione di civili e militari azerbaigiani. I membri di tale gruppo sono stati catturati e sono attualmente detenuti in Azerbaigian, ma, in considerazione di quanto esposto, non sono e non possono essere considerati prigionieri di guerra. I detenuti vengono in ogni caso trattati in conformità con la legge internazionale sui diritti umani e la legge azerbaigiana che difende i loro diritti. Il governo dell’Azerbaigian invita Human Rights Watch e quanti interessati all’argomento a rivolgere la propria attenzione alle testimonianze dei maltrattamenti dei prigionieri di guerra azerbaigiani e dei detenuti civili da parte dell’Armenia.

Mammad Ahmadzada ambasciatore della Repubblica dell’Azerbaigian

Prendo atto, signor Ambasciatore, delle dichiarazioni rese a nome del governo di Baku in risposta all’appello umanitario di cui abbiamo dato conto sulle nostre pagine e che è stato rivolto alle autorità dell’Azerbaigian da importanti intellettuali italiani, idealmente guidati dalla scrittrice Antonia Arslan. Prendo atto, in particolare, del fatto che lei conferma la perdurante presenza nel suo Paese di detenuti armeni, militari e civili, pur qualificandoli come «terroristi». Ricordo solo che l’appello, col supporto di informazioni e video verificati da Human Rights Watch, denuncia trattamenti «degradanti e disumani» e riguarda una sessantina di persone detenute in fasi e momenti diversi. Le confermo, inoltre, che consideriamo con uguale e scrupolosa attenzione qualunque denuncia di violazione dei diritti umani, ovunque possa accadere. E sappiano bene che la pace è molto più dell’assenza di guerra.

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