Bergoglio e l’Armenia fra ecumenismo, diplomazia e memoria (VaticanInsider 27.02.16)

L’ipotesi è quella di un viaggio del papa in Armenia il prossimo settembre; ma appunto di ipotesi, per quanto probabile sia, bisogna parlare poiché la Santa Sede non ha confermato fino ad ora la notizia diffusa invece dalla Chiesa armena attraverso dichiarazioni e comunicati ufficiali. La Chiesa armena precisa per altro che i collaboratori di Karekin II, il ’Catholicos’ di tutti gli armeni, sono in contatto con il Vaticano per studiare gli aspetti organizzativi della visita. Secondo quanto ha fatto sapere l’agenzia russa Tass, inoltre, la tappa armena si inserirebbe in un viaggio di Francesco in alcuni Paesi del Caucaso, fra i quali Azerbaijan e Georgia.

Il possibile viaggio del papa del resto, non è frutto di una decisione improvvisa, il presidente armeno, Serzh Sargsyan e lo stesso Karekin, avevano già invitato il papa nel settembre del 2014. Poi nell’aprile di un anno fa, il papa celebrò una messa in San Pietro in occasione delle commemorazioni per i 100 anni del genocidio armeno, di nuovo, in quell’occasione, il presidente si disse certo che «nel corso del prossimo anno avremo la sua visita in Armenia», in riferimento naturalmente a papa Francesco. Così il cammino di riavvicinamento ecclesiale, ecumenico, si completava ulteriormente con un pieno riconoscimento della storia e delle sofferenze di una popolazione la cui tradizione cristiana era antichissima.

Dunque, secondo quanto afferma la Chiesa armena, a questo punto la visita è già in programma anche se non c’è una data precisa. Va detto che la notizia è diventata di dominio pubblico all’indomani del ripristino delle normali relazioni diplomatiche fra Turchia e Santa Sede. Quando il 12 aprile dell’anno scorso infatti, Papa Francesco celebrò una messa per i fedeli di rito armeno, nel saluto pronunciato all’inizio della cerimonia, toccò in modo esplicito il tema del genocidio generando l’immediata reazione di Ankara; le autorità turche prima convocavano l’ambasciatore del Vaticano in Turchia poi ritiravano temporaneamente il proprio rappresentate presso la Santa Sede. La vicenda si è chiusa nei giorni scorsi con il ritorno dell’ambasciatore Mehmet Pacaci in Vaticano; ma andiamo con ordine.

Un anno fa il papa parlò della tragedia armena scegliendo di usare la parola genocidio, quindi mise in relazioni quegli eventi drammatici con l’attualità delle persecuzioni cristiane in Medio Oriente e poi con altri genocidi contemporanei. Insomma un discorso non chiuso in una polemica storica o anti-turca ma che certamente affermava una verità precisa sulla vicenda armena, dandogli anzi risalto in un contesto storico ampio. Francesco, sulla scorta di quanto aveva in parte fatto Giovanni Paolo II, definiva il massacro degli armeni all’inizio del ’900, «il primo genocidio del XX secolo». Quindi spiegava: «essa ha colpito il vostro popolo armeno – prima nazione cristiana –, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi».

Quindi il pontefice osservava come i due eventi paragonabili successivi fossero stati i genocidi perpetrati dal nazismo e dallo stalinismo. «E più recentemente – affermò ancora – altri stermini di massa, come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l’umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente. Sembra che l’entusiasmo sorto alla fine della seconda guerra mondiale stia scomparendo e dissolvendosi. Pare che la famiglia umana rifiuti di imparare dai propri errori causati dalla legge del terrore; e così ancora oggi c’è chi cerca di eliminare i propri simili, con l’aiuto di alcuni e con il silenzio complice di altri che rimangono spettatori. Non abbiamo ancora imparato che ’la guerra è una follia, una inutile strage’».

A questa e ad altre affermazioni, faceva seguito un irrigidimento dei rapporti con Ankara, già non tanto facili per la piccola Chiesa cattolica turca che attende da molto tempo riconoscimenti giuridici minimi. Tuttavia dopo la burrasca diplomatica ricominciava un lavoro di ricucitura, anche perché era interesse sia della Santa Sede che della Turchia non rovinare relazioni comunque positive, e necessarie in un dialogo che andava oltre il dettaglio polemico e tocca da vicino la crisi mediorientale, senza considerare poi anche la visita compiuta dal papa a Istanbul. Alla fine era un comunicato vaticano a sancire formalmente la fine della crisi diplomatica.

Il 3 febbraio infatti, veniva presentato al papa il volume dal titolo «La Squadra Pontificia ai Dardanelli 1657 / İlk Çanakkale Zaferi 1657», autore Rinaldo Marmara, a capo Caritas turca, già portavoce della conferenza episcopale. Il libro contiene una traslitterazione italiana e turca di un manoscritto dal fondo Chigi della Biblioteca Apostolica Vaticana, ed è un resoconto della flotta pontificia che partecipò nella seconda battaglia dei Dardanelli nel 1657. Secondo lo steso autore, in tal modo veniva portato a conoscenza degli studiosi turchi un’importante documentazione contenuta negli archivi vaticani.

La presentazione del volume era accompagnata da un comunicato nel quale si precisava quanto fosse importante il lavoro di ricerca negli archivi storici per ricostruire vicende del passato. In tal senso si affermava, «è stato notato e apprezzato il rinnovato impegno della Turchia a rendere i propri archivi disponibili agli storici e ai ricercatori delle parti interessate, con l’intenzione di arrivare congiuntamente ad una migliore comprensione degli eventi storici, del dolore e delle sofferenze sostenute, indipendentemente dalla propria identità religiosa o etnica, da tutte le parti coinvolte in guerre e conflitti, inclusi i tragici eventi del 1915. Eventi tragici, la parola genocidio stavolta non c’era, e Ankara parlava di «sviluppo positivo» della vicenda quindi si scioglieva il nodo dell’ambasciatore. E d’altro canto proprio il tema degli archivi, della loro apertura, era stato più volte offerto dal governo turco come terreno di mediazione e d’incontro per affrontare il tema del genocidio armeno, rompere un tabù storico del Paese, e far venire alla luce una memoria lacerata e drammatica come base di una possibile riconciliazione.

Vai al sito