Oror
Keler tsoler
Yes siretzi
Kakavik
Hov arek
Gurdjeff per pianoforte
Brano originale
Brano originale
Dle yaman
Kani vur jan im
Oror (berceuse)
Alagyaz/khnki tsar
Ervum em
Shogher jan
15 – 25 marzo 2018
Pupi e Fresedde – Teatro di Rifredi
presentano
SERRA YILMAZ
LA BASTARDA DI ISTANBUL
con VALENTINA CHICO, RICCARDO NALDINI, MONICA BAUCO
MARCELLA ERMINI, FIORELLA SCIARRETTA, DILETTA OCULISTI, ELISA VITIELLO
video-scenografie di Giuseppe Ragazzini
costumi Serena Sarti – luci Alfredo Piras – elementi scenici Tuttascena
riduzione e regia di ANGELO SAVELLI
I diritti d’autore di Elif Shafak sono gestiti dall’agenzia Curtis Brown
Un’affascinante saga familiare multietnica, popolata da meravigliosi personaggi femminili, da storie brucianti e da segreti indicibili che legano Istanbul all’America e la Turchia all’Armenia.
Elif Shafak, indiscussa protagonista della letteratura turca, grande conoscitrice del passato e profonda osservatrice del presente del suo Paese; Serra Yilmaz, attrice amatissima e fascinosa affabulatrice nonchè testimone vivente della fecondità del dialogo interculturale; Angelo Savelli autore di un’audace riduzione del complesso romanzo e saldo timoniere di un cast attoriale di grande spessore; tutti insieme affrontano questo viaggio teatrale nella cattiva coscienza di una famiglia e di un popolo, navigando tra gli scogli della tragedia e le onde dell’ironia, mentre all’orizzonte scorrono le mobili e colorate video-scenografie di Giuseppe Ragazzini.
Durata spettacolo: 135′ compreso intervallo
Salone d’Onore di Palazzo Barolo (per maggiori info Vai al sito)
Rosy Anoush Svazlian, soprano
Andrea Manzoni, pianoforte
Oror
Keler tsoler
Yes siretzi
Kakavik
Hov arek
Gurdjeff per pianoforte
Brano originale
Brano originale
Dle yaman
Kani vur jan im
Oror (berceuse)
Alagyaz/khnki tsar
Ervum em
Shogher jan
Stretta tra l’Europa, il Medio Oriente, la Russia e i paesi dell’Asia centrale, l’Armenia ha risentito delle influenze culturali degli imperi che con il tempo si sono succeduti in questa regione. In particolare, nel corso dei secoli nel territorio corrispondente all’attuale Armenia sono passati tra gli altri gli urartei, una civiltà fiorita all’epoca degli assiri nella zona del Lago di Van e tuttora avvolta dalle nebbie del tempo, i greci, i persiani, i romani, gli arabi, gli ottomani e i russi ma – nonostante questo – il popolo armeno ha sempre saputo preservare la propria identità culturale, che iniziò a svilupparsi con l’adozione del Cristianesimo come religione di stato, avvenuta nel 301 d.C. – oltre un decennio prima dell’Editto di Milano emanato da Costantino e Licinio – e la creazione di un proprio alfabeto, che permise la traduzione in lingua armena dei testi sacri e la creazione di una fiorente letteratura.
Sotto il profilo musicale, l’Armenia vanta una tradizione antichissima, le cui prime testimonianze certe risalgono al V secolo, quando vennero tradotti in armeno alcuni tropari e canti liturgici e vide la luce una serie di inni sacri originali. L’importanza fondamentale di queste prime opere musicali fu sottolineata dall’antico storico armeno Mosè di Corene, che giunse al punto da definire la musica un elemento distintivo dell’identità nazionale.
Tra le tempestose vicende che funestarono la storia del popolo armeno, nel 1869 nacque Soghomon Gevorki Soghomonyan, un compositore e musicologo geniale, passato alla storia della musica con il suo nome da monaco Komitas Vartapet. Rimasto orfano in tenera età, il ragazzo venne allevato dagli zii, che gli fecero proseguire gli studi nel seminario di Etchimiadzin, dove imparò la lingua armena – in precedenza era in grado di esprimersi solo in turco. Accanto agli studi sacri e letterari, il giovane Soghomon si avvicinò alla musica, iniziando a nutrire un interesse sempre maggiore per la musica tradizionale del suo popolo, che lo portò a diventare l’antesignano degli etnomusicologi, molto tempo prima dell’ungherese Béla Bartók. Questa passione lo condusse a girare per anni di villaggio in villaggio, alla ricerca di canti contadini, che raccolse con sistematicità, rielaborò e fece conoscere a un pubblico sempre più vasto e variegato. Con ogni probabilità, senza la sua opera questo suggestivo patrimonio culturale sarebbe andato in gran parte perduto. Secondo Avedis Nazarian, un musicista contemporaneo armeno residente in Italia, Komitas ebbe «il merito di aver portato il canto popolare a un livello altissimo, ponendo le fondamenta della musica sinfonica e orchestrale armena». Con la sua capillare ricerca, il compositore intendeva andare alle radici della musica armena, partendo da canti di epoca precristiana e non tralasciando espressioni musicali turche e curde. La tipologia dei canti raccolti è quanto mai ampia, comprendendo l’horovel, legato alla vita dei campi, canti domestici, ninne nanne, canti patriottici, canti di montagna e di pianura, canti di accompagnamento a danze maschili e femminili, canti d’amore, canti rituali, canti di emigrazione, uno dei quali è dedicato alla gru, l’uccello che nell’immaginario armeno simboleggia la diaspora.
Dopo avere pronunciato gli ordini sacri e assunto il nome Komitas, il compositore iniziò a scrivere una Divina Liturgia (Badarak) diventata una delle più utilizzate dalla Chiesa apostolica armena, e a presentare il patrimonio musicale del suo paese in tutti i principali stati europei. Durante il genocidio armeno perpetrato dalle truppe ottomane Komitas venne deportato in uno sperduto paese dell’Anatolia centrale, ma l’intervento di alcuni intellettuali e dell’ambasciatore degli Stati Uniti ne permise la liberazione e il ritorno a Istanbul, dove si era trasferito nel 1910. Purtroppo, le atrocità dei massacri compiuti contro il suo popolo fecero vacillare il suo equilibrio psico-fisico, al punto da renderne necessario nel 1919 il ricovero in una clinica psichiatrica parigina, dove si spense nel 1935. In seguito le sue ceneri furono traslate a Yerevan, dove oggi riposano con tutti gli onori nel Pantheon.
A oltre ottant’anni di distanza dalla scomparsa di Komitas, il soprano americano di origine armena Rosy Anoush Svazlian e il pianista e compositore italiano Andrea Manzoni stanno portando avanti un’ambiziosa opera di riscoperta della musica tradizionale armena, presentandola – come aveva fatto pioneristicamente lo stesso compositore – in alcune delle sale da concerto più importanti del mondo. In particolare, i due interpreti si pongono l’obiettivo di proporre al grande pubblico una serie di brani, mantenendone intatto da un lato lo spirito evocativo e aggiungendo dall’altro sonorità fresche ed estremamente attraenti, per tramandare alle generazioni che verranno la preziosa eredità di Komitas e di un millennio e mezzo di storia della musica armena.
EstroVersi – Associazione di promozione dell’arte e della cultura
e Grand Hotel Majestic Bologna “già” Baglioni
Con il sostegno del sito culturale italo-francese www.Altritaliani.net per gli articoli sugli autori pubblicati in Missione Poesia http://www.altritaliani.net/spip.php?rubrique58
Vi invitano
Mercoledì 21 marzo 2018 – con inizio alle ore 17.30
all’appuntamento con la grande poesia contemporanea
“Un thè con la poesia” presso il
Grand Hotel Majestic già “Baglioni” di Bologna
condotto da Cinzia Demi, con noi gli autori:
Antonia Arslan, scrittrice armena – Alessandro Rivali, poeta, editore
Intervento di Arthur Alixanian, scrittore armeno
Parleremo della poesia armena, in occasione dell’uscita dell’antologia “Benedici questa croce di spighe” (ARES Edizioni, 2017)
Accompagnerà il percorso poetico la musica di : Nicolas Palombarini (clarinetto) – Maria Chiara Bignozzi (fagotto) Conservatorio G.B. Martini
Si raccomanda la prenotazione presso l’Hotel al n. 051 225445.
(Costo dell’evento comprensivo della consumazione di thè e pasticcini 10,00 €., costo speciale studenti 5,00 €.)
Segnaliamo inoltre che:
Giovedì 22 marzo, ore 11.00, Aula Mansarda, Via Zamboni 32, Università degli Studi di Bologna: “Benedici questa croce di spighe…” La voce Armena della poesia. In occasione della pubblicazione dell’Antologia di scrittori armeni, vittime del Genocidio, un appuntamento con Antonia Arslan, scrittrice armena, e Alessandro Rivali, per la Casa editrice ARES, che incontreranno gli studenti. Interverranno Riccardo Frolloni, Direttore del Centro di Poesia Contemporanea dell’UNIBO e Cinzia Demi. Ingresso aperto al pubblico.
Si ringraziano: Grand Hotel Majestic “già” Baglioni di Bologna, Università di Bologna, Centro di Poesia Contemporanea dell’Università e Conservatorio G. B. Martini di Bologna, Ristorante “Il Veliero di Bologna, The Dammann Frères– Domori Gruppo Illy Caffè, Pasticceria Gino Fabbri, il Sito culturale italo-Francese Altritaliani, la Casa della Poesia di Como, Associazione Gruppo del Tasso (Ferrara)
SALA UNO TEATRO
DALL’8 AL 18 MARZO 2018
Dal Martedì al Sabato ore 21
Domenica ore 18
dall’8 al 18 marzo 2018 al Teatro Sala Uno S. Giovanni (Piazza di S. Giovanni in Laterano n. 10 – Roma) lo spettacolo teatrale SE LA TERRA TREMA. Protagonista e unica interprete dello spettacolo, scritto e diretto da Maria Inversi, sarà Marinè Galstyan.
Marinè sarà sul palco “espressione della storia umana, sociale e universale che oggi ci interroga in modo incalzante, poiché la trasmigrazione è divenuta massicciamente femminile e dunque, rappresentativa, anche dei velocissimi mutamenti sociali”.
Lei, forse, è la sola superstite di un terremoto (vi ricordate di Spitak?), di una città abbattuta, di un aereo caduto. Forse si è persa allontanandosi dal gruppo fuggitivo…
Ogni supposizione sarà valida. Un video racconterà come le città si sgretolano, mentre la protagonista si narra tra passioni e tenerezza, tra danza e canto. Si assiste alla ricostruzione di un’identità femminile che rintraccia, nella memoria, accadimenti del contesto famigliare che la vide, pur nella povertà, felice. Uno spettacolo poetico e toccante in cui l’autrice Maria Inversi vuole ricordare il ruolo tutt’altro che secondario, pur se diverso da quello degli uomini, che le donne hanno avuto durante le guerre, tutte le guerre, così come in ogni ricostruzione urbana dovuta a disastri di cui, purtroppo, la memoria tende a dimenticare e cancellare.
SE LA TERRA TREMA
Testo e regia di Maria Inversi
Con Mariné Galstyan
Assistente alla regia Elisa Leibelt
Costumi e disegni DVD Clelia Catalano
Realizzazione DVD e oggetti scenici: Simona Belardi, Elisa Bianchi, Ilenia Carrino, Livia Ciuco, allievi dell’Accademia delle Belle Arti Prof. Quinto Fabriziani
Produzione La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello
“Dio Tu non ci hai dato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda…” (Voltaire – Trattato sulla tolleranza)
Dall’8 al 18 marzo sul palcoscenico del Teatro Sala Uno di Roma debutta in prima assoluta Se la terra trema, spettacolo scritto e diretto da Maria Inversi, la cui protagonista, causa terremoto, situazione bellica, danno ecologico, diviene cieca. La narrazione si dispiega per dirci la sua fragilità, ma soprattutto il suo coraggio e la forza estrema di far fronte alla nuova situazione trasmettendo al mondo- pubblico, speranza.
La scena, ideata dalla regista e realizzata sia da Catalano che dagli allievi dell’Accademia delle Belle Arti, si mostra tra detriti in un grande silenzio, ma qual è la distruzione che ha preceduto ciò che appare tra luci e ombre?
La protagonista, di cui non si conosce nome, provenienza e destinazione, parla, oltre l’italiano, alcune lingue europee (francese, inglese, portoghese-spagnolo, tedesco), quelle che hanno definito assetti geografici e accadimenti di cui siamo oggi testimoni delle conseguenze. Di tanto in tanto la memoria cristallizza parole della lingua madre, così come alcuni passaggi canori di consolazione, per dar vita ad un poliglottismo simbolico, inteso come spazio temporale di fuga dalla realtà.
Un testo emblematico della debolezza di ognuno di noi nell’assetto geo-politico-migratorio, le cui cause vanno cercate non solo nei disastri ambientali in genere, ma anche dalla mancanza di visione equa della distribuzione della ricchezza.
Il personaggio è pertanto espressione della storia umana, sociale e universale che oggi ci interroga in modo incalzante, poiché la trasmigrazione è divenuta massicciamente femminile e dunque, rappresentativa, anche dei velocissimi mutamenti sociali.
Uno spettacolo poetico e toccante in cui l’autrice vuole ricordare il ruolo tutt’altro che secondario, pur se diverso da quello degli uomini, che le donne hanno avuto durante le guerre, tutte le guerre, così come in ogni ricostruzione urbana dovuta a disastri di cui, purtroppo, la memoria tende a dimenticare e cancellare.
Se la terra trema, scritto nel 2016, è prodotto da La Fabbrica dell’Attore del Teatro Vascello, e inizia il suo percorso artistico, come atto politico, intrapreso dall’autrice e regista, per consentire l’acquisizione del canto della lingua italiana all’attrice e danzatrice armena Mariné Galstyan, unica interprete dello spettacolo.
Lei, forse, è la sola superstite di un terremoto, di una città abbattuta, di un aereo caduto, forse si è persa allontanandosi dal gruppo fuggitivo…ogni supposizione sarà valida. Un video a dirci che le città si sgretolano, mentre lei si narra tra passioni e tenerezza, tra danza e canto. Si assiste alla ricostruzione di un’identità femminile che rintraccia, nella memoria, accadimenti del contesto famigliare che la vide, pur nella povertà, felice.
Un confronto diretto e sincero, sia con l’estraneo, sia con lo straniero che è dentro di noi e si intuisce, accoglie o condivide il punto di vista dell’autrice: non vi è sud del mondo, se non nel modo con cui ognuno guarda l’altro/a e tutte le diversità e tutte le perdite affettive, oppure di ciò che ha consistenza: casa, oggetti, indumenti: il mondo che ci rassicura.
Il pubblico partecipa tanto al senso del perdersi del personaggio, quanto alla gioia del vivere vera forma di speranza perché, come scrive la filosofa M. Zambrano: la vita vuole vivere. E l’autrice aggiunge: “nonostante il dolore”. (M.I.)
SE LA TERRA TREMA di Maria Inversi
Attrice, danzatrice: Mariné Galstyan
Costume e disegni DVD: Clelia Catalano
Realizzazione DVD e elementi scenografici a cura degli allievi dell’Accademia delle Belle Arti prof. Quinto Fabriziani
Assistente alla regia: Elisa Leibelt
Allestimento, luci, testo e regia: Maria Inversi
Produzione: La fabbrica dell’attore/Teatro Vascello Roma
Sponsor FIAS
Sponsor morali: Ambasciata Armena, Ambasciata Messicana
INFO
Teatro Sala Uno S. Giovanni – Piazza di S. Giovanni in Laterano n. 10 tel. 067008691
8 -18 marzo 2018 h. 21 domenica h. 18
durata h. 1,10
Prenotazioni: sms n. 3486114950 – info@salaunoteatro.com – 0686606211
Incontro “Gli Armeni e il genocidio” Eventi a Treviso
Biblioteca comunale Via Alessandro Manzoni, 2 Moriago della Battaglia
Continua la riflessione sulle minoranze del Circolo Acli Quartier del Piave. Dopo la recente visita organizzata a Venezia sulle tracce degli albanesi, armeni, dalmati e greci della Serenissima, o la testimonianza nel 2017 del prof. Angelo Picot sull’esodo dei Giuliano-dalmati, quest’anno il circolo approfondisce il genocidio armeno.
Con questo episodio storico ci si riferisce alla grande persecuzione avvenuta durante la Prima guerra mondiale, tra il 1915 e il 1916, contro la popolazione cristiana dell’Armenia occidentale, vittima delle deportazioni e dello sterminio sistematico perpetrato dall’Impero ottomano, che causò circa 1,2 milioni di morti. Secondo lo storico polacco Raphael Lemkin (che ha coniato il termine genocidio) è stata la prima volta che uno Stato ha pianificato ed eseguito sistematicamente l’eliminazione fisica di un popolo.
Eppure ancora oggi la Turchia non riconosce ufficialmente il genocidio e riconduce questi massacri all’interno della Prima guerra mondiale, negando un piano specifico di sterminio. Uno sterminio che mirava a creare un Paese abitato soltanto da turchi, eliminando le minoranze presenti all’interno dell’Impero Ottomano, ma non che non è riuscito a cancellare una cultura millenaria, che si è diffusa e ha lasciato le sue tracce un po’ in tutto il mondo. Anche nelle nostre vicinanze: basti pensare all’isola di San Lazzaro degli Armeni nella laguna veneziana, sede di un antico monastero ed ex lebbrosario della Serenissima.
L’appuntamento è venerdì 16 marzo alle ore 20.30, presso la sala della Biblioteca comunale di Moriago della Battaglia, con l’incontro pubbico “Gli Armeni e il genocidio”. Interverrà il prof. Alberto Peratoner dell’Università di Padova, filosofo, docente della Facoltà teologica del Triveneto e amico della comunità armena.
Sonig Tchakerian interpreta Bach e regala emozioni uniche
in una serata davvero speciale
presso lo SPAZIO SCARPA – Biblioteca Internazionale “La Vigna”, Vicenza
MUSICA MISTERO E VINO
Giovedì 15 marzo dalle ore 19.00 alle 22.00
Sonig Tchakerian suona Bach due esecuzioni: alle 19.45 e alle 21:00
Durante la serata:
degustazione di vini e specialità locali
visita serale guidata alla Biblioteca Internazionale La Vigna
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Evento organizzato da Settimane Musicali al Teatro Olimpico La quota di partecipazione alla serata è di € 35 a persona
Per info e prenotazioni contattare: ? pubblicherelazioni@settimanemusicali.eu ☎ 3201672602 Manuela Maltauro
? info@settimanemusicali.eu ☎ 3474925005 Elisabetta Rigon
■ La Biblioteca Internazionale “La Vigna” – Centro di Cultura e Civiltà Contadina è un istituto di documentazione specializzato nel settore di studi sull’agricoltura e sul vino, ed è considerato il più importante punto di riferimento per le ricerche ampelografiche a livello mondiale.
■ Dove: Palazzo Brusarosco-Gallo, Contrà Porta Santa Croce, 3 Vicenza (VI)
■ Orario: dalle 19.00 alle 21.00
PARTNERS DELL’EVENTO: Villa Pozzani, Baglio di Pianetto, Mauri formaggi, Pashà, Denota, Banqueting by Perla, Lago Store