Il Papa nomina il nuovo ordinario degli armeni in Europa (AciStampa 21.08.24)

Nuovo ordinario per gli Armeni Cattolici dell’Europa Orientale. E’ l’ Arciprete Kevork Noradounguian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, finora Vicario Patriarcale del medesimo Istituto e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar. Papa Francesco gli ha assegnato la Sede titolare Arcivescovile di Sebaste degli Armeni, con il titolo di Arcivescovo.

Nato ad Aleppo, in Siria, il 16 novembre 1968, nel 1997 ha ottenuto la licenza in Scienze dell’Educazione presso la Pontificia Università Salesiana dopo esser stato ordinato sacerdote ad Aleppo per l’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar.

Tra gli incarichi ricoperti anche quello di Parroco della Comunità armeno-cattolica a Mosca e Rettore della chiesa di san Nicola da Tolentino e Rettore del Pontificio Collegio Armeno in Urbe Parroco degli armeni cattolici a Lione in Francia fino al 2023, ad agosto era stato trasferito dalla Francia in Libano dove al presente è Vicario Patriarcale dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar.


 

Un nuovo ordinario per gli armeni dell’Europa orientale

Mons. Kevork Noradounguian, siriano, guiderà i fedeli di rito armeno che vivono tra i Paesi baltici e il Caucaso.

BORGO PIO 22_08_2024
«Il Santo Padre ha nominato Ordinario per gli Armeni Cattolici dell’Europa Orientale il Rev.do Arciprete Kevork Noradounguian, dell’Istituto del Clero Patriarcale di Bzommar, finora Vicario Patriarcale del medesimo Istituto e Superiore del Convento di Nostra Signora di Bzommar, assegnandogli la Sede titolare Arcivescovile di Sebaste degli Armeni, con il titolo di Arcivescovo»: così ieri il bollettino della Santa Sede dava notizia della nomina del presule siriano, nato ad Aleppo nel 1968 e ordinato sacerdote nel 1995 per l’Istituto del clero patriarcale di Bzommar, società sacerdotale fondata in Libano ma operante in vari Paesi in cui sono presenti i fedeli di rito armeno-cattolico.

Quella armena è una Chiesa orientale sui iuris, unita a Roma dal 1742 e retta dal patriarca di Cilicia degli Armeni (attualmente Raphaël Bedros XXI Minassian), che ha sede in Libano. Varie suddivisioni ecclesiastiche (eparchie, arcieparchie, esarcati, ordinariati) hanno giurisdizione sui fedeli armeni sparsi nel mondo. L’ordinariato dell’Europa orientale ha sede in Armenia e include 44 parrocchie comprese tra la regione caucasica, la Russia, la Bielorussia e i Paesi baltici.

Benché poco nota a noi occidentali, dalla comunità armena proveniva uno degli ecclesiastici più noti della seconda metà del secolo scorso: il cardinale Gregorio Pietro Agagianian, prefetto di Propaganda Fide, che al conclave del 1958 fu molto vicino a diventare Papa al posto di Roncalli (come lo stesso Giovanni XXIII, un anno dopo l’elezione, raccontò ai connazionali del “Papa armeno mancato”.

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Armenia: confermati 58 casi di febbre del Nilo occidentale (Agenzia Nova 21.08.24)

Ben 58 casi di infezione da febbre del Nilo occidentale sono stati confermati in Armenia. Lo ha detto Stepan Atoyan, direttore del Centro nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie. “Ad oggi, in Armenia sono stati confermati 58 casi di infezione da febbre del Nilo occidentale, 41 pazienti sono stati ricoverati in ospedale, le loro condizioni sono per lo più di gravità moderata”, ha detto Atoyan. Secondo il direttore del Centro nazionale, una persona è morta a causa della malattia: si tratta di un uomo nato nel 1938, che soffriva di malattie croniche concomitanti.


 

Putin a Baku, ‘pronti a mediazione tra Azerbaigian e Armenia’ (Ansa 19.08.24)

La Russia è pronta a partecipare alla risoluzione della situazione di tensione nel Caucaso meridionale tra l’Azerbaigian e l’Armenia. Lo ha detto oggi il presidente Vladimir Putin incontrando a Baku quello azero Ilham Aliyev.
“Tutti sanno – ha affermato Putin, citato dall’agenzia Interfax – che la Russia si trova a fronteggiare altre crisi, principalmente riguardo all’Ucraina. Ma le relazioni storiche della Russia con il Caucaso meridionale richiedono il nostro coinvolgimento in questi eventi, per quanto richiesto dalle parti”.
“Qualunque cosa possiamo fare per facilitare la conclusione di un trattato di pace, come la demarcazione dei confini e lo sblocco dei rispettivi legami logistici ed economici, saremmo felici di farla”, ha aggiunto il presidente russo.

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Putin a Baku tenta di ricandidare la Russia come principale mediatore fra Azerbaigian e Armenia (AgenziaNova)

Putin a Baku: «Russia pronta a mediare tra Azerbaigian e Armenia» (Lettera43)

Da Greccio all’Armenia, il film di Casali sul primo presepe di San Francesco stavolta fa tappa al Calvi Festival (Il Messaggero 19.08.24)

CALVI DELL’UMBRIA    “La stella di Greccio”, il film diretto da Arnaldo Casali su San Francesco e la storia del presepe, presentato al pubblico lo scorso anno, sarà proiettato il 20 agosto alle 21:30 al Calvi Festival, nei giardini del Monastero, storica location della manifestazione. Il festival, diretto da Francesco Verdinelli, propone riflessioni su temi etici con una serie di appuntamenti di arte, cinema, musica, teatro e danza, e il film vi è proposto secondo un percorso coerente che è iniziato a Greccio stessa, è proseguito con la consegna a papa Francesco e continuerà a fine agosto in Armenia, al Fresco Film Festival, con proiezioni a Vanadzor e a Erevan. A Calvi la pellicola, che racconta in modo originale in chiave di commedia la vita del santo, è legata a doppio filo: proveniva infatti proprio da questo borgo Berardo, discepolo del santo, protomartire francescano. A proposito di presepe, inoltre, non si può non ricordare quello monumentale, di una certa rilevanza artistica, che è conservato in paese, del 1546, in terracotta policroma, realizzato da Giacomo e Raffaele da Montereale.

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Libano: Minassian (patriarca degli armeni), “sono ore drammatiche. Ai leader chiediamo coscienza” (AgenSir 19.08.24)

“Sono ore drammatiche. Sempre in tensione. Il conflitto si allargherà o potremo continuare a vivere in pace? È quindi una guerra dei nervi”. È Sua Beatitudine Raphaël Bedros XXI Minassian, patriarca di Cilicia degli Armeni, a raccontare al Sir da Beirut come il Libano stia vivendo queste ore “decisive” per trovare un accordo in grado a porre fine ad un conflitto che sta di giorno in giorno lasciando con il fiato in sospeso l’intera regione. “Siamo distrutti in tutti i sensi”, dice Minassian, facendo riferimento alla situazione in cui versa il Libano. “Socialmente, economicamente e ora anche la sicurezza non esiste più. Se usciamo di casa, non sappiamo se torniamo. La paura è un sentimento umano”, racconta Minassian che aggiunge: “Quanto sta accadendo in Palestina ricorda quanto successe al popolo armeno. Tutti erano presenti. Tutti vedevano quanto stava accadendo ma nessuno ha fatto niente e abbiamo perso più di un milione e mezzo dei martiri armeni cristiani”.
Hamas e Israele si accusano a vicenda sul fallimento dei negoziati a Doha. “Questo dimostra – osserva il patriarca – la contraddizione che c’è tra il dire e il fare. Tutti dicono di essere pronti ad una tregua, ma allo stesso tempo si rafforzano gli armamenti. Noi guardiamo e non riusciamo a capire se dobbiamo credere alle parole che pronunciano o ai fatti che poi mettono in campo”.
Intanto, il presidente americano Joe Biden ha detto che una tregua a Gaza è “ancora possibile” e in queste ore il segretario di Stato americano, Antony Blinken, è in Israele per riportare a casa gli ostaggi, ottenere un cessate il fuoco e rimettere tutti “sulla strada migliore per una pace e una sicurezza durature”.
Di fronte a questo momento così cruciale, Minassian lancia un appello: “La guerra mostra una sola cosa: la debolezza della mentalità dell’uomo. La sua incapacità a discutere, a mettersi in colloquio con l’altro per trovare una via che renda possibile la riconciliazione, la giustizia, il rispetto dell’umanità. E allo stesso tempo, la guerra è un atto contro Dio perché non siamo noi i padroni della vita umana. Ma noi stiamo facendo di tutto per distruggere questa norma divina. Il mio appello è molto semplice: cerchiamo di dare il diritto a ciascuno di vivere in una pace degna dell’umanità. È il grido semplice che sale dai popoli. Non vogliamo la guerra e chiediamo ai leader di trovare soluzioni che possono andare bene a tutte le parti”. Il patriarca è convinto che queste parole possono raggiungere i cuori dei “potenti”, di “chi ha la responsabilità di determinare, in queste ore, il destino di un’intera Regione. Sicuramente c’è la possibilità di toccare i loro cuori”, sottolinea il patriarca degli armeni. “Basta che si mettano per un attimo davanti allo specchio e si chiedano: ‘Cosa sto facendo, cosa voglio di questa vita?’. E, se hanno una coscienza ancora viva in loro, sicuramente trovano la risposta”.

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“Rifugiati Dimenticati”, Manalive ​consegna la seconda tranche di aiuti umanitari per gli armeni fuggiti dal Nagorno Karabakh (Il Messaggero 17.08.24)

Armenia, Manalive consegna la seconda tranche di aiuti umanitari per i rifugiati del Nagorno Karabakh. L’associazione italiana Manalive ha realizzato il Progetto “Rifugiati Dimenticati”, presentato nella sala del Cenacolo presso la Camera dei Deputati il 28 novembre scorso alla presenza dell’Ambasciatrice armena in Italia Tsovinar Hambardzumyan e dell’Onorevole Giulio Centemero nell’ambito della mostra fotografica del fotografo Niccolò Ongaro “Artsakh. la fuga forzata degli Armeni dal Nagorno Karabakh nel 2023”. Il progetto è stato inaugurato con il primo invio di una tonnellata di beni di prima necessità per i profughi del Nagorno Karabakh presenti a Norq-Marash nella regione di Yerevan distribuiti dai volontari italiani presenti in Armenia.

Il 14 e 15 agosto è stata consegnata anche la seconda tranche di aiuti che è stata distribuita sempre dai volontari dell’associazione italiana insieme ai volontari armeni di Mission Armenia NGO ai profughi presenti nella comunità di Artashat nella regione di Ararat.

Gianmarco Oddo, presidente di Manalive spiega che «nell’assordante silenzio delle istituzioni e dei media internazionali si è consumata un’emergenza umanitaria nel cuore del Caucaso, 120.000 persone hanno dovuto abbandonare le proprie case e la propria terra. Il nostro progetto non mira soltanto all’aiuto immediato e concreto di queste famiglie ma anche ad accendere i riflettori su una situazione di cui in pochi si sono voluti occupare».
Alla Harutyunyan, Vice President di Mission Armenia NGO, aggiunge: «Abbiamo selezionato specificamente le famiglie sfollate dal Nagorno-Karabakh, dando priorità a quelle con membri disabili.

Esprimiamo la nostra più sentita gratitudine ai donatori per il loro supporto nel rendere possibile tutto questo».

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Pamparato (CN) Hayren- suoni arcaici dell’Armenia (Civico20-news 17.08.24)

Il Festival dei Saraceni propone un suggestivo programma dedicato al patrimonio musicale armeno.

 

Giovedì 22 agosto alle 21 nell’Oratorio di Sant’Antonio di Pamparato il pubblico del Festival dei Saraceni potrà scoprire la suggestiva tradizione musicale dell’Armenia, nell’interpretazione al tempo stesso coinvolgente e molto idiomatica del violista Maurizio Redegoso Kharitian, dal pianista Tatevik Aivazian e di Aram Ipekdjian al duduk, un antico strumento musicale tradizionale armeno dal suono estremamente evocativo.

Stretta tra l’Europa, il Medio Oriente, la Russia e i paesi dell’Asia centrale, l’Armenia ha risentito profondamente delle influenze culturali degli imperi che con il tempo si sono succeduti in questa regione.

In particolare, nel corso dei secoli nel territorio corrispondente all’attuale Armenia sono passati tra gli altri gli urartei, una civiltà fiorita all’epoca degli assiri nella zona del Lago di Van e tuttora avvolta dalle nebbie del tempo, i greci, i persiani, i romani, gli arabi, gli ottomani e i russi ma – nonostante questo – il popolo armeno ha sempre saputo preservare la propria identità culturale, che iniziò a svilupparsi con l’adozione del Cristianesimo come religione di stato, avvenuta nel 301 d.C. – oltre un decennio prima dell’Editto di Milano emanato da Costantino e Licinio – e la creazione di un proprio alfabeto, che permise la traduzione in lingua armena dei testi sacri e la creazione di una fiorente letteratura.

Sotto il profilo musicale, l’Armenia vanta una tradizione antichissima, le cui prime testimonianze certe risalgono addirittura al V secolo d.C., quando vennero tradotti in armeno alcuni tropari e canti liturgici e vide la luce una serie di inni sacri originali.

Chiesa di Pamparato

L’importanza fondamentale di queste prime opere musicali fu sottolineata dall’antico storico armeno Mosè di Corene, che giunse al punto da definire la musica un elemento distintivo dell’identità nazionale.

Il programma di questo concerto è imperniato sulle figure carismatiche e molto affascinanti di quelli che vengono ritenuti i massimi protagonisti della cultura armena, ossia Komitas Vartapet e Georges Ivanovič Gurdjieff, alle cui opere fanno corona una serie di brani tradizionali, che consentono di apprezzare le sonorità molto evocative del duduk e del tar persiano, un aerofono ad ancia doppia il primo e uno strumento a sei corde simile al liuto suonato con un piccolo plettro d’ottone il secondo.

Tra le tempestose vicende che funestarono la storia del popolo armeno, nel 1869 nacque Soghomon Gevorki Soghomonyan, un compositore e musicologo geniale, passato alla storia della musica con il suo nome da monaco Komitas Vartapet. Accanto agli studi sacri e letterari, il giovane Soghomon si avvicinò alla musica, iniziando a nutrire un interesse sempre maggiore per la musica tradizionale del suo popolo, che lo portò a diventare l’antesignano degli etnomusicologi, molto prima dell’ungherese Béla Bartók.

Secondo Avedis Nazarian, un musicista contemporaneo armeno residente in Italia, Komitas ebbe «il merito di aver portato il canto popolare a un livello altissimo, ponendo le fondamenta della musica sinfonica e orchestrale armena».

Con la sua capillare ricerca, il compositore intendeva andare alle radici della musica armena, partendo da canti di epoca precristiana e non tralasciando espressioni musicali turche e curde.

Dopo avere pronunciato gli ordini sacri e assunto il nome Komitas, il compositore iniziò a scrivere una Divina Liturgia (Badarak) diventata una delle più utilizzate dalla Chiesa apostolica armena, e a presentare il patrimonio musicale del suo paese in tutte le principali nazioni europee.

Durante il genocidio armeno, Komitas fu deportato in uno sperduto paese dell’Anatolia centrale, ma l’intervento di alcuni intellettuali e dell’ambasciatore degli Stati Uniti ne permisero la liberazione e il ritorno a Istanbul. Purtroppo, le atrocità dei massacri compiuti contro il suo popolo fecero vacillare il suo equilibrio psico-fisico, al punto da renderne necessario nel 1919 il ricovero in una clinica psichiatrica parigina, dove si spense nel 1935. In seguito le sue ceneri furono traslate a Yerevan, dove oggi riposano con tutti gli onori nel Pantheon.

Nato sei anni dopo Komitas, Gurdjieff fu un intellettuale a tutto tondo, in quanto – oltre alla musica – si interessò di molti altri campi dello scibile umano, segnalandosi in particolare per le sue profonde speculazioni filosofiche, che lo portarono a elaborare la Quarta Via, che lui stesso definì come una forma di Cristianesimo esoterico.

Considerata come una strada per raggiungere un reale e completo sviluppo dell’uomo, la Quarta Via suscitò un grandissimo interesse nella sofisticata Europa dei primi anni del XX secolo, contribuendo a rendere Gurdjieff sempre più famoso e richiesto nei circoli più esclusivi.

Nell’ambito più strettamente musicale, Gurdjieff strinse un proficuo rapporto con il pianista e compositore russo Thomas de Hartmann, che scrisse centinaia di brani per pianoforte, dettatigli da Gurdjieff, che in seguito esercitarono un profondo influsso su molti musicisti contemporanei tra cui Franco Battiato e Keith Jarrett, oltre che su vari pensatori del milieu New Age.

A più di settant’anni di distanza dalla scomparsa di Gurdjieff e a quasi novanta da quella di Padre Komitas, Maurizio Redegoso Kharitian, Aram Ipekdjian e Antonio Sernia portano oggi avanti un’ambiziosa opera di riscoperta della musica tradizionale armena, presentandola in stagioni di grande prestigio.

In particolare, i tre interpreti si pongono l’obiettivo di proporre al grande pubblico una serie di brani, mantenendone intatto da un lato lo spirito evocativo e aggiungendo dall’altro le sonorità fresche ed estremamente attraenti del duduk e del tar persiano, per tramandare alle generazioni che verranno la preziosa eredità di un millennio e mezzo di storia della musica armena.

 

                                              Giovedì 22 agosto 2024 – ore 21

Oratorio di Sant’Antonio

Pamparato

HAYREN – SUONI ARCAICI DELL’ARMENIA

Grigor Narekatsi (951-1003)

Havun Havun

 

Georges Ivanovič Gurdjieff (1875-1949) e Thomas de Hartmann (1884-1956)

Canto armeno

 

Tradizionale

Nare Nare

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Waltz

 

Tradizionale

Hoy Areq

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Duduki

N.ro 40

Chants from Holy Book

 

Tradizionale

Chachane

Mer Tan Itev

Dle Yaman

 

Georges Ivanovič Gurdjieff e Thomas de Hartmann

Canto persiano

 

Komitas Vardapet (1869-1935)

Tchur Guka Verin Saren

Shataki par

Ensemble Nor Arax

Maurizio Redegoso Kharitian, viola

Aram Ipekdjian, duduk

Antonio Sernia, tar persiano

Share Share on Social Network Capolavori Italiani in mostra a Jerevan (Min. Esteri Italiano 16.08.24)

In occasione delle Celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana, l’Ambasciata d’Italia a Jerevan, in collaborazione con la Galleria Nazionale di Armenia, ha organizzato la mostra intitolata “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia”.

L’Ambasciatore d’Italia, Alfonso Di Riso, insieme al Vice Primo Ministro, Mher Grigoryan, ha proceduto al “simbolico” taglio del nastro, alla presenza di personalità del mondo politico, tra cui tre Viceministri del Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport, membri del Parlamento e di alcuni Direttori di Musei, fra cui l’ex Ministro della Cultura e ora Direttore del museo dei manoscritti, il Matenadaran.

La collezione si compone di circa duecento capolavori di maestri italiani, risalenti a varie epoche storiche, che vanno dal XIV al XX secolo. All’interno della mostra sono presenti capolavori di maestri assoluti, come Donatello, Tintoretto, Guercino, Canaletto e Canova, a testimonianza della ricchezza del patrimonio artistico e culturale italiano presente in Armenia e del profondo legame esistente tra i due paesi. La mostra rimarrà aperta fino a settembre.

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Armenia: effettuata prima del previsto la manutenzione della centrale nucleare (AgenziaNova 16.08.24)

Sono state effettuate prima del previsto le attività di manutenzione preventive nella centrale nucleare armena di Metsamor e ora tutto funziona regolarmente. È quanto riferito dall’ente di gestione della centrale atomica.

Secondo il programma, “la messa in servizio dell’unità di potenza era prevista per il 18 agosto, ma grazie all’efficace lavoro del personale è stato possibile metterla in atto circa una settimana prima del previsto. Attualmente l’impianto funziona normalmente, rispettando le norme di sicurezza e affidabilità”, si legge nel messaggio.

INTERESSANO A QUALCUNO LE LACRIME DEL NAGORNO KARABAKH? (Altropensiero 15.08.24)

Tra la fine dell’Olimpiade e i campionati di calcio che stanno per ricominciare, può capitare di imbattersi nel Nagorno-Karabakh. Fatto curioso, perché al momento il Nagorno Karabakh non esiste più.

Regione stretta tra l’Armenia e l’Azerbaigian, è stata un’enclave autonoma armena dell’ex Unione Sovietica, il cui territorio faceva parte però dell’Azerbaigian.

Già raccontato così il Nagorno Karabakh lascia intendere quale infauste vicende abbiano sempre tormentato la popolazione. Essere uno e anche l’altro, ma fino a un certo punto armeni e azeri hanno convissuto pacificamente. Con la fine dell’Unione Sovietica, come molte altre Repubbliche socialiste, anche il Nagorno Karabakh provò a rivendicare la sua indipendenza, ma da quel momento solo polvere e conflitti si sono succeduti.

L’Azerbaigian negli ultimi anni ha cercato con la forza di riottenere il territorio che ritiene suo di diritto e 120.000 armeni sono stati sfollati dalle proprie abitazioni, costretti alla fuga, privati di tutto quello che serve per sopravvivere. Anche qui la religione gioca un ruolo importante, essendo l’Azerbaigian quasi completamente musulmano, mentre gli armeni del Nagorno Karabakh per lo più cristiani.Gli storici e gli esperti di geopolitica ci diranno giustamente che non si tratta di uno stato sovrano, di un pretendente tuttalpiù, ma sta di fatto che questa terra non esiste più, questa terra fatta di persone che semplicemente avrebbero voluto continuare a vivere tranquille e in pace, e non esiste più proprio perché privata della sua essenza: le sue donne, i suoi uomini, i suoi bambini.

E proprio quelle donne, quegli uomini, quei bambini sono il motivo per cui può capitare di imbattersi nel Nagorno Karabakh oggi, perché sono stati incontrati, ascoltati, immortalati da Emanuela Colombo in uno splendido fotoreportage che racconta la tragedia meglio di qualsiasi trattato.

“C’era una volta il Nagorno Karabakh” è il titolo del reportage, sul web si possono leggere interviste e vedere buona parte delle immagini scattate. Non è una vicenda che scalda i nostri cuori e nemmeno li raffredda, ci lascia indifferenti, anche perché presi da altro, dall’Ucraina, dal Medio Oriente e poi dall’Olimpiade e dal calcio che è sempre importante per tutti noi, per farci dimenticare le brutture del mondo e per prenderci qualche giorno di respiro durante la settimana.

Peccato che i giorni di respiro ormai siano sette su sette e le nefandezze rimangano, così come la nostra indifferenza.

Anche per 120.000 persone che hanno perso tutto.

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