Armeni d’Azerbaijan, comunità invisibile (Osservatorio Balcani e Caucaso 15.07.24)

Nel 1926 gli armeni in Azerbaijan erano il 12% della popolazione, oggi sono ridotti ufficialmente a meno di 200, una comunità che vive nell’ombra. Insieme allo sradicamento, anche qui non mancano rivendicazioni territoriali e sogni di ritorno. Ultima puntata del nostro dossier

15/07/2024 –  Marilisa Lorusso

Come gli azeri di Armenia, anche gli armeni di Azerbaijan hanno conosciuto una progressiva riduzione. Nel 1926, gli armeni in Azerbaijan erano circa 282mila, il 12% della popolazione. Questo numero è rimasto relativamente stabile fino al 1959, quando è aumentato leggermente a 388.025, mantenendo comunque la proporzione del 12%.

Tuttavia dagli anni ‘70 in poi si è registrato un evidente declino della della percentuale di popolazione armena. Nel 1979, il loro numero era di 475.486, il 7,9% della popolazione totale. Nel 1989, c’erano 390.505 armeni, solo il 5,6% della popolazione  .

È una cifra che ovviamente includeva la presenza armena in Nagorno Karabakh che si attestava al di sopra di 120mila persone  . Nel censimento del 2019 – che non includeva chiaramente il Karabakh secessionista – solo 178 cittadini in Azerbaijan si identificavano come armeni. Ma se si confrontano le statistiche, si nota che il numero di parlanti armeno è superiore al numero di chi si riconosce come armeno.

Questo dà credibilità alle fonti non ufficiali che suggeriscono che la popolazione armena residente nei territori azeri al di fuori del Nagorno Karabakh vari da 20mila a 30mila individui. Come per gli azeri rimasti in Armenia e Karabakh, questa minoranza sarebbe costituita principalmente da persone sposate con azeri o di origine mista armeno-azera.

Tra coloro che probabilmente non sono sposati e non hanno origini miste, si stima che vi siano 645 individui (36 uomini e 609 donne). La maggior parte di questi individui (378, o il 59% degli armeni residenti in Azerbaijan al di fuori del Nagorno Karabakh) si trova a Baku, mentre il resto vive in zone rurali. È un gruppo esiguo e probabilmente comprende anziani e malati che potrebbero non avere supporto familiare.

Lo status degli armeni, rimasti un pugno di persone rispetto alla nutrita comunità del passato, è complesso, con le chiese armene chiuse, l’ampia emigrazione degli armeni e il lascito psicologico degli scontri etnici passati.

Nei report periodici la European Commission against Racism and Intolerance (ECRI) ha sistematicamente sollevato la questione della condizione degli armeni in Azerbaijan. Nel 2007 per esempio sottolineava che “Il clima negativo, principalmente derivante dal conflitto del Nagorno Karabakh, non ha solo un impatto sugli armeni che vivono in Azerbaijan ma anche gli azeri o ONG che assistono gli armeni nel tentativo di esercitare i loro diritti fondamentali. Questi sarebbero vittime di minacce anonime, campagne diffamatorie su alcuni media e molestie da parte di alcune autorità. Spesso vengono pubblicamente e falsamente accusati di ‘avere radici armene’ e di tradimento verso l’Azerbaijan. […]”

ECRI osserva che finora le autorità azere non hanno adottato misure adeguate per proteggere le persone interessate. ECRI ha espresso preoccupazione  per la mancanza di opportunità per i membri della società civile di riprendere il dialogo e favorire la piena riconciliazione di tutte le persone che vivono nella regione e il ripristino della fiducia reciproca tra i membri delle diverse comunità.

Un allarme caduto nel vuoto, mentre la riconciliazione ha continuato ad allontanarsi. La situazione sarebbe solo peggiorata dopo l’istituzione della lista nera di persone che visitavano il Karabakh e il progressivo scongelamento della guerra, che ha portato a una serie di brevi e consistenti conflitti nel 2016, 2020, 2022 e infine alla caduta del Karabakh nel 2023.

Dov’era la comunità

Quando gli armeni erano presenti come comunità pienamente riconosciuta e consistente, erano concentrati nel Nakhchivan, in città come Elisavetpol/ Gəncə, Sumqayıt. Altre zone abitate da armeni hanno subito una forte decrescita demografica a seguito degli scontri di inizio XX secolo.

Secondo la tradizione armena, il Nakhchivan fu fondato da Noè ed è storica terra armena. Il controllo del Nakhchivan è passato a diversi imperi e dinastie che ne hanno alterato la composizione demografica.

Il Trattato di Mosca del 16 marzo 1921, tra la Russia bolscevica e la Turchia, pose il Nakhchivan in Azerbaijan insieme alla regione di Sharur-Daralayaz, con una popolazione prevalentemente azera, stabilendo un confine, seppur breve, tra la Turchia e l’Azerbaijan.

La popolazione armena gradualmente diminuì a causa dell’emigrazione. Nel 1916, gli armeni costituivano il 40% della popolazione della regione del Nakhchivan, ma nel censimento sovietico del 1926 rappresentavano solo l’11%  .

Nel 1979, questo numero era sceso al 1,4%. Nel frattempo, la popolazione azera aumentò significativamente, alimentata da una maggiore natalità e immigrazione, passando dall’85% nel 1926 al 96% nel 1979.

La presenza demografica e storica armena è scomparsa. Nel 2006 a Julfa i soldati azeri hanno distrutto una delle più importanti – se non la più importante – raccolte di khachkar (le croci armene) dal cimitero risalente al periodo medievale.

Gli armeni di Gəncə, Sumqayıt, Baku sono per lo più fuggiti a seguito dei pogrom scoppiati a ridosso della guerra in Karabakh, insieme ad abitanti di vari paesini colpiti dalla così detta “operazione anello” cioè l’accerchiamento di insediamenti armeni e l’attacco accompagnato da una campagna volta a causare la fuga della minoranza  e il suo ricollocamento in Armenia.

L’Unione degli armeni di Azerbaijan

Come gli azeri di Armenia e il loro motto “Ritorno nell’Azerbaijan Occidentale”, anche gli armeni delle varie zone dell’Azerbaijan rivendicano ora dei diritti verso il paese da cui sono scappati, e si sono organizzati in una unione.

L’Unione Pan-Armena Gardman-Shirvan-Nakhijevan, guidata dal deputato armeno Vilen Gabrielyan (nato nel 1983 a Baku, membro del partito al governo armeno “Contratto Civile”) ha l’obiettivo di ripristinare e proteggere i diritti degli armeni sfollati dai territori di Gardman, Shirvan e Nakhchivan nel 1988-1992.

Gardman corrisponde ai distretti di Gazakh, Shamkir, Aghstafa, Dashkasan, Goygol, Tovuz, Gadabay dell’attuale Azerbaijan e parte della regione di Tavush in Armenia, l’area di Shirvan – da non confondere con l’omonima città in Iran – va dalla costa del Caspio al Kura lungo la pianura di Shirvan, mentre Nakhijevan è la dizione armena di Nakhchivan.

L’unione ha lanciato il proprio sito web  oltre alla pagina Facebook  . Il sito raccoglie quelli che definisce i crimini azerbaijani, dal 1905 ad oggi, e fornisce anche informazioni sulle norme giuridiche per i rifugiati, come i diritti internazionale umanitario, al ritorno, di proprietà, La pagina principale del sito web include uno strumento per la raccolta di dati sulle persone sfollate. Questi ultimi potranno compilare le proprie generalità e la storia personale.

Nel febbraio 2024, Vilen Gabrielyan ha incontrato il Presidente armeno Vahagn Khachaturyan  per presentargli l’Unione e le sue attività.

Vai al sito

L’Azerbaigian vuole organizzare un blocco di paesi turanici per controllare l’Asia centrale (Scenari Economici 14.07.24)

Mentre perseguono con entusiasmo un’espansione delle relazioni commerciali con l’Occidente, i leader degli Stati turcici, o turanici,  dell’Eurasia sono chiaramente diffidenti nei confronti dell’importazione dei valori occidentali. Questa dicotomia di interessi è stata pienamente esposta in occasione di un recente vertice dei capi di Stato turchi, ospitato dal Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev.

Aliyev, nel suo discorso di apertura dell’incontro, tenutosi nella città di Shusha, nel Nagorno-Karabakh da poco riconquistato dall’Armenia, ha espresso il desiderio che l’Organizzazione degli Stati Turchi (OTS) si sviluppi in una “entità globale influente” in grado di proteggere gli interessi e le pratiche regionali dall’influenza esterna.

“L’OTS dovrebbe diventare una delle forze internazionali di spicco”, ha detto Aliyev. “L’impegno dei nostri popoli nei confronti dei valori tradizionali e le loro radici etniche comuni legano strettamente i nostri Paesi. Il XXI secolo deve essere un secolo di progresso per il mondo turco”.

Dopo aver lodato i valori tradizionali e l’eredità condivisa, tuttavia, Aliyev ha sottolineato l’importanza di incrementare il commercio, affermando che “l’espansione del corridoio di trasporto Est-Ovest è una delle nostre principali priorità”.

I suoi sentimenti sono stati ripresi da altri partecipanti, tra cui il Presidente del Kazakistan, Kassym-Jomart Tokayev, che ha detto ai partecipanti che “il pieno potenziale della rotta di trasporto internazionale transcaspica deve essere utilizzato”.

L’OTS comprende Azerbaigian, Kirghizistan, Kazakistan, Turchia e Uzbekistan. Altre tre nazioni, l’Ungheria, il Turkmenistan e la Repubblica turca de facto di Cipro del Nord, hanno lo status di osservatore. Il Primo Ministro ungherese Viktor Orban, che ha partecipato al summit di Shusha, ha descritto l’OTS come un’organizzazione “molto importante per la cooperazione tra Occidente e Oriente”.

Aliyev ha esortato i suoi colleghi Capi di Stato a mostrare un maggiore impegno nei confronti dell’OTS, aumentando gli stanziamenti di bilancio. L’Azerbaigian ha recentemente contribuito con 2 milioni di dollari per potenziare il segretariato dell’OTS.

Gli sforzi del leader azero per rafforzare l’OTS arrivano in un momento in cui le relazioni di Baku con l’Occidente si sono deteriorate. Nell’ultimo anno, Aliyev e altri alti funzionari azeri non hanno esitato a esprimere le loro rimostranze contro gli Stati Uniti, la Francia e i principali organismi europei. Nel suo discorso inaugurale di febbraio, Aliyev ha segnalato un’ulteriore divergenza dall’Occidente, parlando con esultanza di cooperazione pan-turca.

Aliyev potrebbe voler essere un importante partner commerciale con l’Occidente, ma chiaramente non ha intenzione di essere un amico, anzi pensa di esserne un concorrente nella gestione dei flussi commerciali.

“Tutti devono stare ad ascoltare le parole di coloro che vivono in alcuni Paesi occidentali? Chi ha dato loro questo diritto? Il loro passato non è niente di cui essere orgogliosi. Il loro passato è pieno di sangue. Il loro passato è il colonialismo”, ha detto nei commenti pubblici rilasciati a giugno. “Non ascoltiamo gli ordini di nessuno; non permettiamo a nessuno di venire qui e interferire nel nostro lavoro. Non mi colpisca e io non la colpirò. Se ha intenzione di colpirmi, allora avrà anche un mal di testa”.

Quindi il desiderio dell’Azerbaigian è quello di diventare il riferimento di un blocco di stati che vantano comuni radici etniche, alla faaccia di chi dice che nel mondo moderno l’etnia non ha più peso. Questo blocco dovrebbe controllare il comemrcio dell’Asia centrale e espandersi economicamente, come blocco indipendente, verso Occidente. Una contrapposizione storica non nuova, anzi che si ripete praticamente da un millennio, proprio dalle invasioni degli Ungari.

Vai al sito

Apre a Bari il nuovo Consolato onorario dell’Armenia: sarà guidato da Dario Rupen Timurian (EdicoladelSud 14.07.24)

Bari si appresta a ospitare una nuova sede del Consolato onorario della Repubblica d’Armenia. Ad annunciarlo è l’Ambasciata armena in Italia. Il referente sarà il Console onorario Dario Rupen Timurian.

«Questo nuovo ufficio consolare – si legge in una nota – rappresenta un importante passo volto al rafforzamento degli storici rapporti di amicizia e dei plurisecolari legami culturali, economici e diplomatici tra l’Armenia e la regione Puglia».

L’Ufficio Consolare sarà situato in corso Vittorio Emanuele 30 a Bari e «costituirà un punto di riferimento per i cittadini armeni e per coloro che desiderano approfondire la collaborazione tra Puglia e Armenia», prosegue la nota.

Timurian sarà referente per la tutela dei cittadini della Repubblica d’Armenia in Puglia e per le iniziative volte a promuovere e rafforzare la cooperazione scientifica e culturale, educativa, economica e commerciale.

Il Console Onorario Dario Rupen Timurian, classe 1974, laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Bari, è un imprenditore nel settore edile e dell’arredamento. La sua famiglia giunse a Bari dopo il Genocidio Armeno del 1915 e si inserì sin da subito nel tessuto sociale e imprenditoriale della città e della regione.

Vai al sito


Bari, apertura del Consolato Onorario dell’Armenia: Dario Rupen Timurian coordinerà l’Ufficio

Pietrasanta in Concerto: L’Anima dell’Armenia, paese di musica (Gazzetta di Viareggio 12.07.24)

Per il secondo appuntamento di Pietrasanta in Concerto – La Stravaganza, sabato 13 luglio alle ore 21.15 è in programma nel Chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta, un’intrigante serata tutta dedicata all’Armenia, paese musicalissimo e da sempre travagliato da una dolorosa diaspora che ha creato importanti comunità in ogni paese del mondo. Sul palco in formazione variabile, quattro grandi eccellenze della musica da camera internazionale su repertorio novecentesco del russo-armeno Arno Babajanin, quindi il sontuoso Ottocento del medico, chimico e compositore russo Borodin, peraltro importante frequentatore di Pisa e della sua Università, per finire con un caposaldo di Brahms, il Quartetto per Pianoforte N. 1 in Sol minore Op.25, il cui indiavolato Rondò finale di carattere zingaresco richiama lo spirito folk delle Danze Ungheresi. Sul palco quattro grandi artisti di origine armena da sempre sui migliori palchi del globo: il pianista e direttore d’orchestra franco armeno Vahan Mardirrossian, la giovane virtuosa del violino, ex enfant prodige Anush Nikoghosyan, la star del violoncello Alexander Chausian e la stimata viola di David Abrahamian. Si conferma così lo spirito del festival di esplorare repertori meno frequentati con ensemble d’occasione composti da grandissimi solisti ascoltabili in queste inusuali formazioni solo ed esclusivamente a Pietrasanta grazie al lavoro di inesausta ricerca del suo fondatore e direttore artistico Michael Guttman.
Il Festival “Pietrasanta in Concerto” è promosso e organizzato dall’Associazione Musica Viva in collaborazione con il Comune di Pietrasanta e con il supporto organizzativo della Fondazione Versiliana.
I biglietti di Pietrasanta in Concerto sono in vendita presso la biglietteria della Versiliana ( viale Morin, 16 – aperta con orario 10.00- 13.00/ 17.00 – 22.00 – tel. 0584- 265757), online e nei punti vendita del circuito Ticketone.
Sono in vendita anche presso la biglietteria del Teatro Comunale di Pietrasanta nei giorni di concerto (con orario 17.00- 22.00 tel. 0584-795511).

Preghiera per la pace a Kiev: “La guerra è contro Dio e non ha mai scuse” (SIR 12.07.24)

Un’invocazione di pace ieri sera in piazza Santa Sofia di Kyiv, cuore religioso del Paese. Sul palco si alternano vescovi cattolici e greco-cattolici, rappresentanti delle Chiese armeno apostolica, gli avventisti del Settimo Cielo, gli evangelici ma anche ebrei e membri della Comunità islamica. Ad animare l’iniziativa ci sono i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni che con il Progetto Mean (Movimento europeo non violento) sono arrivati a Kyiv per dire con la loro presenza che il popolo ucraino non è lasciato solo. A seguire virtualmente dall’Italia, 25 “piazze” dal Nord al Sud del Paese. “Chi è venuto oggi a Kiev – ha detto il nunzio apostolico mons. Kulbokas – si assume la guerra sulle proprie spalle. Significa dire: ‘Quando attaccate l’Ucraina, state attaccando e aggredendo anche noi’”

Mean, preghiera in piazza Santa Sofia a Kyiv (foto Biagioni/SIR)

(Da Kyiv) Una lunghissima invocazione di pace ieri sera in piazza Santa Sofia di Kyiv, cuore religioso del Paese. Si è svolta in una città attraversata continuamente dal suono degli allarmi, dove l’elettricità va a singhiozzi e la notte sprofonda nel buio. Una città dove la guerra ha colpito la parte più preziosa di una società, i bambini, con l’attacco all’ospedale pediatrico di lunedì 8 luglio. Un minuto di silenzio. Canti e orazioni. Sul palco si alternano vescovi cattolici e greco-cattolici, rappresentanti delle Chiese armeno apostolica, gli avventisti del Settimo Cielo, gli evangelici ma anche ebrei e membri della comunità islamica. Ad animare l’iniziativa ci sono i rappresentanti dei movimenti e delle associazioni che con il Progetto Mean, Movimento Europeo di Azione nonviolenta, sono arrivati a Kyiv per dire con la loro presenza che il popolo ucraino non è lasciato solo.

Un momento della preghiera per la pace a Kyiv (foto Biagioni/SIR)

Le preghiere vengono lette in italiano e in ucraino. Si prega perché il Dio della pace possa aprire “il cuore degli uomini al dialogo” e perché “sul ricorso alle armi prevalga il negoziato, sull’incomprensione l’intesa, sull’offesa il perdono, sull’odio l’amore”. A seguire virtualmente dall’Italia, 25 “piazze” dal Nord al Sud del Paese, in una presa diretta che è stata rilanciata in piazza Santa Sofia di Kyiv, su un mega schermo. In collegamento da Montecassino, dom Luca Fallica, ricorda che l’11 luglio è il giorno in cui si fa memoria di San Benedetto, patrono dell’Europa, “messaggero di pace, costruttore di unità, maestro di civiltà”. Prende la parola anche il card. Edoardo Menichelli: “vorrei affidare a tutti noi una responsabilità, il coraggio di essere discepoli di perdono e misericordia perché la pace è una profezia consegnata ad ognuno di noi. Cessino le armi, la distruzione, la morte. Signore, dona sapienza a chi governa le Nazioni perché sappiano guardare alla pace come un dono prezioso non solo per l’Ucraina ma per il mondo intero”.

Il mega schermo con le 25 piazze italiane collegate (foto Biagioni/SIR)

La guerra – dice mons. Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina che ha fortemente sostenuto questa iniziativa – non è soltanto contro l’uomo, contro l’Ucraina. La guerra è contro Dio. Ci siamo riuniti in preghiera, perché questa è la nostra forza. Però anche l’uomo deve fare la sua parte per costruire la pace. Perciò chi è venuto oggi a Kiev si assume la guerra sulle proprie spalle”.

“Significa dire: ‘quando attaccate e aggredite l’Ucraina, state attaccando e aggredendo anche noi’. Significa dire con grande umiltà e con coraggio che la guerra non ha mai scuse”. 

Il gruppo era stato in visita in mattinata all’ospedale pediatrico di Kyiv. “Avete visto cosa fa la guerra contro i bambini”, dice il nunzio. “Il linguaggio di pace è dire NO. No alla guerra. No all’aggressione. La nostra preghiera sia coraggiosa e fiduciosa”. 

I leader religiosi in piazza Santa sofia (foto Biagioni/SIR)

Dal palco si ricordano tutte le popolazioni che nei diversi luoghi dell’Ucraina soffrono per le ingiustizie causate dalla guerra. E’ Lucio Turra della presidenza nazionale dell’Azione Cattolica a nominarle: le persone sfollate, lontane da casa, i giovani e i soldati al fronte , gli anziani soli, i volontari e tutte le persone di buona volontà. Gli scout ucraini salgono sul palco per raccontare come è cambiata la loro vita e il loro servizio ai giovani del paese con l’aggressione russa su vasta scala. Elena Possia, del Movimento dei Focolari del Belgio, legge invece una preghiera scritta dalla presidente Margaret Karram: “PACE nel cuore di ogni persona, specialmente nei cuori di coloro che governano i popoli; PACE tra gruppi, etnie, nazioni; in particolare, ti chiediamo con la fede che sposta le montagne, che ‘cessi il fuoco’ della guerra e vinca il dialogo ‘nel cercare vie di pace’”.Alla fine tutti i partecipanti si sono presi per mano e sulla piazza hanno realizzato un enorme cerchio, come segno di un abbraccio di pace che tra allarmi e blackout si è simbolicamente esteso su tutta la città.

Vai al sito

Il Presidente Khachaturyan con l’Ambasciatore Di Riso visita la mostra “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia” (Aise 12.07.24)

JEREVAN\ aise\ – Il Presidente della Repubblica di Armenia, Vahagn Khachaturyan, accompagnato dall’Ambasciatore d’Italia, Alfonso Di Riso, mercoledì scorso ha visitato la mostra “Frammenti di Arte d’Italia in Armenia”, inaugurata alla Galleria Nazionale di Armenia lo scorso 2 giugno, in occasione delle celebrazioni della Festa della Repubblica Italiana a Jerevan.
L’esposizione, organizzata dalla Galleria Nazionale di Armenia, su impulso dell’Ambasciata d’Italia a Jerevan, è composta da circa 100 opere di arte italiana di celebri maestri come Donatello, Tintoretto, Guercino, Canaletto, Canova e altri.
Ad accogliere gli ospiti vi era la Direttrice della Galleria, Marina Hakobyan. (aise)

Vai al sito

Cwiertnia, capire il genocidio armeno cercando le proprie origini (Lucialibri 12.07.24)

“Sulla strada abbiamo un altro nome” di Laura Cwiertnia è la storia di un viaggio da Brema all’Armenia. Lo compiono Karla e suo padre Avi, dopo la morte della nonna che ha lasciato alcuni indizi per svelare un piccolo mistero nella loro terra dei loro avi. Sarà l’occasione per la scoperta di un mondo interiore e del genocidio armeno, un dramma capace a fatica di vincere silenzio e oblio

Come si fa a trovare qualcuno senza sapere chi si cerca?

Compito ancor più arduo se si scopre poi che ciò che stiamo in realtà cercando è la nostra stessa identità.

Quando muore sua nonna, Karla convince il padre Avi ad accompagnarla in Armenia, loro terra d’origine, per far luce su un piccolo mistero. La nonna ha infatti lasciato un braccialetto con un biglietto destinato ad una donna che nessuno sembra conoscere. L’unico indizio sono un nome ed un indirizzo armeno.

L’omertà della sua famiglia nei confronti del passato, ha fatto si che Karla, a differenza dei suoi coetanei di Brema, non sappia quasi nulla delle sue origini e della terra da cui proviene.

Ho collezionato nella mia mente i pochi ricordi che mio padre negli anni mi ha raccontato del suo passato come altri collezionano francobolli.

Con la speranza e il presentimento che il biglietto lasciato dalla nonna possa aiutarla a riordinare e a dare un senso alla sua collezione di francobolli, Karla decide di partire per Erevan. Sullo sfondo di una città sovrastata dal monte Ararat in cui «ogni angolo è il soggetto di una cartolina» Karla, accompagnata dal padre, passeggerà tra le colorate case in pietra attraversando le silenziose e discrete vie del mercato con le sue ordinate bancarelle, sempre guidata da una strana sensazione di familiarità verso un popolo di cui non conosce nulla ma al quale è consapevole di appartenere.

“Come si fa a trovare le proprie radici in un luogo in cui non si è mai stati?”

Il viaggio di Karla è anche e soprattutto un viaggio metaforico alla scoperta di un mondo interiore che le era stato fino a quel momento precluso dai silenzi della sua famiglia e che la porterà verso la riscoperta di se stessa e delle sue origini. Non sempre però i ricordi sono piacevoli. Mentre Karla scopre qualcosa di se, il padre rivive qualcosa della sua infanzia.

Scavando nella memoria di quattro generazioni, nel romanzo Sulla strada abbiamo un altro nome (220 pagine, 18 euro), tradotto per Mar dei Sargassi edizioni da Alessandra Iadicicco e Jolanda Balzano, Laura Cwiertnia accompagna il lettore attraverso la rievocazione delle persecuzioni armene, del genocidio e della conseguente migrazione di un popolo alla ricerca di un futuro privo di sangue e dolore.

Ogni capitolo è un capitolo della vita dei protagonisti e i continui salti temporali che ci permettono di rivivere questi ricordi, sono la struttura portante del romanzo che conferiscono sinuosità alla narrazione senza mai perdere di vista il filo conduttore.

La scrittura della Cwiertnia è infatti precisa, diretta e moderna, senza inutili orpelli finalizzati ad imbellettare lo stile ma che nulla aggiungerebbero alla realtà dei fatti narrati. La dignità delle sue parole è quella stessa di un popolo che ha dovuto subire ingiustizie spesso dimenticate e privato della possibilità di urlare la propria sofferenza ad un mondo sordo.

La memoria di un popolo è nella sua identità

Dai pogrom del 1894, al genocidio durante la prima guerra mondiale: l’intenzionalità dei massacri compiuti ai danni della comunità armena è sempre stata respinta dalla Turchia, e persino in Italia il genocidio è stato riconosciuto ufficialmente solo nel 2000.

Mentre un milione e mezzo di armeni (ovvero i due terzi dell’intera popolazione) perdeva la vita, gli esecutori turchi negavano fortemente ciò che in realtà stavano commettendo.

C’è una serietà in questi occhi che non ho mai visto prima. Quella di chi ha dovuto guardare quando tutti si voltavano dall’altra parte.

La storia della famiglia di Karla è anche quella di un popolo. Un dramma generazionale, personale e collettivo, capace di resistere al tempo, al silenzio e all’oblio.

Gli armeni che per sopravvivere sono dovuti fuggire, hanno lasciato dietro di sé tutto: la propria casa, gli affetti, i ricordi di una vita, per cercare di costruirsene una nuova in una patria che gli accogliesse e desse loro una prospettiva di salvezza. Ma quando si è costretti a rinunciare persino al proprio nome, per paura di essere identificati e marchiati, cosa resta della memoria di un popolo?

Vai al sito

Il Quartetto d’archi Avetis ai Concerti di Modena (Teatrocomunalemodena.it 12.07.24)

Undici appuntamenti con orchestre e grandi interpreti di rilievo internazionale

 

Il Teatro Comunale di Modena presenta una nuova stagione di Concerti 2024/25 con undici appuntamenti di rilievo internazionale che spaziano dalla musica barocca al contemporaneo. Un programma, in prevalenza sinfonico, con orchestre di prestigio dal panorama europeo, quali Chamber Orchestra of Europe, la Filarmonica di Stoccarda e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, e direttori di fama mondiale, da Antonio Pappano a Lera Auerbach. Spazio anche ai grandi interpreti, a cominciare dai pianisti Lucas Debargue, Bertrand Chamayou e Thomas Enhco, e alla musica da camera, con l’armeno Avetis String Quartet e il consueto Concerto della Memoria e del Dialogo con il pianista e compositore Paolo Marzocchi. Tre gli appuntamenti della Filarmonica del Teatro Comunale, fra i quali l’atteso concerto di Capodanno.

……

Sabato 8 febbraio 2025  si ascolterà la Settima Sinfonia di Dmitrij Šostakovič nell’esecuzione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai diretta da Andrés Orozco-Estrada. Šostakovič scrisse la Sinfonia nel 1942 a Leningrado, durante il terribile assedio dell’esercito tedesco. Accolta come il simbolo della resistenza alla minaccia nazista, venne eseguita a New York da Arturo Toscanini con l’Orchestra della NBC, dopo che il microfilm della partitura era riuscito a raggiungere gli Stati Uniti con un viaggio rocambolesco attraverso la Persia e l’Egitto.

Il Quartetto d’archi Avetis, un ensemble armeno di recente formazione, presenterà mercoledì 5 marzo un programma con compositori rappresentanti delle scuole nazionali di stampo romantico fra i quali Padre Komitas (1869-1935), un sacerdote considerato il fondatore della scuola nazionale di musica armena e riconosciuto come uno dei pionieri dell’etnomusicologia.

Il cartellone si concluderà domenica 27 aprile 2025 con Filarmonica Arturo Toscanini diretta da Alondra de la Parra. Il programma proporrà il Concerto in fa di George Gershwin con Thomas Enhco al pianoforte, la suite sinfonica Sheherazade di Rimskij-Korsakov e il brano più celebre di Arturo Márquez Navarro, autore noto al pubblico latino-americano e ampiamente riconosciuto come uno dei più importanti compositori messicani della sua generazione.

 

Il Teatro propone quest’anno un unico abbonamento a 9 concerti (esclusi il concerto di Capodanno e il Concerto della Memoria e del Dialogo), disponibile dal 2 al 16 settembre per la prelazione agli abbonati alla stagione scorsa, il 17 e 18 settembre 2024 per il cambio posto e dal 20 al 28 settembre per i nuovi abbonati.

Vai al sito

EUROPA/RUSSIA – Ortodossi, cattolici, armeni e protestanti al Forum della Gioventù cristiana sulla famiglia (AgenziaFides

Konevec (Agenzia Fides) – Si conclude oggi sull’isola di Konevec, nella regione di Leningrado, la terza edizione del Forum della Gioventù cristiana, a cui hanno preso parte anche due rappresentanti laiche della Chiesa cattolica in Russia. Il titolo “I giovani cristiani e i valori della famiglia”, scelto dal comitato organizzativo per l’edizione di quest’anno, iniziata l’8 luglio, si rifà al tema oggetto di riflessione a livello federale per il 2024, ovvero la famiglia, intesa come cellula primaria del tessuto sociale.
Immersi nella bellezza naturalistica dell’isola a circa 150 km da San Pietroburgo, ospiti dell’antico monastero maschile della Natività della Beata Vergine, i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa, della Chiesa apostolica armena, della Chiesa ortodossa bielorussa, di diverse Chiese protestanti e della Chiesa cattolica − Natal’ja Maslennikova e Anastasija Orlova − hanno potuto confrontarsi con esperti del tema.
“Partecipo al Forum annuale dalla prima edizione – racconta Natal’ja all’Agenzia Fides – e anche quest’anno mi colpisce la facilità con cui si fa amicizia fra i partecipanti. I gruppi di lavoro sono misti dal punto di vista confessionale e questo già di per sé facilita la conoscenza reciproca: l’emergere di differenze tra di noi non diventa un ostacolo, ma accende un interesse reciproco. E in questo dialogo nascono amicizie, il proprio orizzonte si allarga e si creano nuovi ricordi a cui in seguito poter tornare con la mente”.
Il programma, denso e variegato, ha alternato lezioni seminariali al mattino e workshop al pomeriggio, con l’ideazione e realizzazione di fumetti e stand up comedy sul tema della famiglia. Tra gli esperti che hanno tenuto i workshop, c’erano anche Anna e Aleksandr Kuripko, due sposi cattolici e genitori di sette figli, direttori del progetto “Accademia della famiglia”. Le serate, invece, sono state dedicate alla conoscenza reciproca, con domande e risposte sulle rispettive confessioni di appartenenza, e alla riflessione su un versetto del Vangelo, diverso di volta in volta.
“Per noi cattolici è molto importante che ci siano momenti come questo − continua Natal’ja −, perché viviamo in un contesto in cui la maggioranza dei cristiani è ortodossa, quindi, abbiamo frequenti relazioni con loro, a diversi livelli e in tanti ambiti: a lavoro, a scuola, nel tempo libero e, spesso, in famiglia, visto l’alto numero di matrimoni misti”.
Nelle due edizioni precedenti, i Forum dei Giovani cristiani erano stati incentrati sul tema dell’evangelizzazione online e l’impegno caritatevole nella società civile.
“Sono sicura – afferma Natalija – che eventi come questi aiutino a rimarginare le ferite profonde delle divisioni interne alla Chiesa: abbiamo la speranza che le giovani generazioni di oggi, facendo esperienze come queste, possano essere domani almeno un passo più vicine all’unità originaria della Chiesa, come la vorrebbe Gesù”. (Agenzia Fides 11/7/2024)

Vai al sito

CAUCASO. Iran e Russia nel conflitto armeno-azero (Agcomunication 11.07.24)

Quanto Iran e quanta Russia c’è nel confronto tra Armenia e Azerbaijan? A questa domanda che potrebbe sembrare bizarro solo ad un orecchio inesperto ha risposto il 26 giugno scorso, una conferenza organizzata dall’l’Eipa, Europe Israel Press Association, scegliendo di far trattare le diverse risposte a studiosi ed esperti no appartenenti ai due paesi caucasici per poter evitare così possibili sbilanciamenti e frizioni.

All’evento hanno partecipato Volodymyr Kopchak, ucraino, direttore della sezione Caucaso meridionale del Centro ucraino per gli studi sull’esercito, la conversione e il disarmo, Cacds;

Gela Vasadze, georgiano, direttore regionale del Georgian Strategic Analysis Center, Gsac; David Eidelman, israeliano, storico, stratega politico, capo del gruppo “Asia! “The Great Game”, docente di tecnologie della comunicazione che ha lavorato come consulente politico in Ucraina e in altre repubbliche post-sovietiche; Ze’ev (Vladimir) Khanin, israeliano, professore associato aggiunto presso l’Università Bar Ilan, capo del Programma di ricerca sui conflitti post-sovietici, Pscrp, presso il Centro Begin-Sadat; presidente dell’Istituto per gli studi ebraici euro-asiatici di Herzliya; Shahida Tulaganova, britannico/uzbek, produttiore e regista televisivo con la BBC (Regno Unito), Channel 4 (Regno Unito) e RFE/RL (Repubblica Ceca).

Il quadro su cui si sono mossi gli esperti era il seguente: si avvicina un accordo di pace tra Armenia e Azerbaigian e il riallineamento del confine comune. Sebbene le due repubbliche del Caucus meridionale debbano ancora definire i dettagli, entrambe le parti affermano, da un lato, di avere una visione comune su come dovrebbe essere l’accordo di pace. D’altro canto, Russia e Iran sono i principali attori della regione che rischiano di perdere da un simile accordo di pace. Non si accontenteranno della fine di un conflitto durato secoli, poiché ciò aprirà nuove opportunità per l’Armenia che non saranno conformi ai loro obiettivi strategici. I nostri esperti spiegheranno perché.

Abbiamo intervistato i relatori e vi presentiamo le loro risposte alle nostre domande incrociandole così da poter cogliere differenze e punti di contatto nelle loro analisi.

In questa prima parte inseriamo le risposte di David Aidelman e Ze’ev Khanin.

AGC: Un attore fondamentale nella pace tra Armenia e Azerbaijan è la Turchia che attualmente iene il piede in molte scarpe in molti conflitti, vedi ucraina – russia; israele-hamas. Che ruolo gioca questo paese nella pace tra Armenia e Azerbaijan?

David Eidelman: Il ruolo della Turchia nella risoluzione del conflitto tra Armenia e Azerbaigian è importante. La Turchia è un paese chiave nel Corridoio di Mezzo e la riconciliazione consentirà non solo di includere l’Armenia in questo progetto, ma anche di aumentare il flusso di merci attraverso di esso da est a ovest. Per l’Armenia questa è un’opportunità per uscire dai problemi economici e dall’instabilità, a cui la Russia è interessata.

Ze’ev Khanin: In generale, uno scenario del genere potrebbe esistere; Ankara potrebbe credere nel rafforzare il suo ruolo dominante nel Caucaso meridionale, promuovendo gli interessi dell’Azerbaigian, il partner locale più vicino alla Turchia, e diminuendo l’influenza regionale dell’Iran – uno dei principali mecenati armeni. Quest’ultimo in questo caso potrebbe essere meno interessato al vettore geopolitico Teheran-Erevan-Mosca. Tuttavia, prima di sapere cosa si nasconde dietro una dichiarazione del ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, qualcosa di concordato o semplicemente un pio desiderio, la probabilità di un simile scenario non è chiara. In ogni caso, ora, per quanto riguarda la Turchia, questo sviluppo sembra più un’iniziativa tattica e datata che una mossa strategica. Non sopravvaluterei nemmeno la funzione di Ankara nella mediazione tra Ucraina – Russia, e ancor meno tra Israele e Hamas. La Turchia non è benvenuta come mediatore né da Israele né dagli Stati Uniti, dagli Emirati Arabi Uniti, dall’Arabia Saudita o dall’Egitto. Inoltre, non sono sicuro che nemmeno la leadership politica di Hamas con sede in Qatar, totalmente dipendente dall’Iran, sia così contenta delle ambizioni di Ankara.

AGC: Questione Francia e Azerbaijan orami antagonisti. Vedi caso Nuova Calerdonia, finanziamenti azeri; vedi Armenia finanziamenti francesi e anche addestramento. Come riuscirà l’Europa e gli Stati Uniti d’America a portare e mantenere la pace nel Caucaso se uno dei paesi membri UE è antagonista di una delle parti dell’accordo di Pace?

D.E: Parlando di “interferenza” dell’Azerbaigian nella situazione in Nuova Caledonia, la Francia sta semplicemente adulando Baku. È divertente: un paese che mantiene effettivamente una colonia a 17mila chilometri dal suo territorio accusa che la lotta per l’indipendenza è sponsorizzata da un altro paese situato a 16mila chilometri da esso? Il problema qui non è l’Azerbaigian, il problema qui è la Francia. Molto spesso si oppone davvero agli interessi dell’Occidente. Questa è l’influenza della lobby armena e il desiderio di perseguire una sorta di politica, separata dall’UE e dagli Stati Uniti, i cui obiettivi finali sono incomprensibili ed effimeri.

Z.K: In effetti, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, i paesi del Caucaso meridionale e dell’Asia centrale hanno dovuto affrontare la minaccia di una maggiore pressione militare russa. Di conseguenza, la Francia ha trovato un’altra opportunità per rafforzare la propria influenza in queste regioni, cercando di cogliere l’opportunità di superare il suo principale partner e rivale nell’influenzare la politica estera europea. A causa dello spostamento delle priorità della politica estera americana verso il confronto con Cina e Russia, queste nicchie sono rimaste vacanti. Questi includono il Grande Medio Oriente, compreso il Caucaso, che è un’estensione diretta e naturale degli interessi strategici di lunga data della Francia nel Mediterraneo orientale. Parigi è piuttosto nervosa per la crescente attività geopolitica della Turchia in questa regione nel 2016-2020.

L’Armenia è diventata uno dei punti focali della politica intensificata della Francia nel Caucaso meridionale, dove Parigi alla fine del 2020 si è quasi ufficialmente schierata con essa nel conflitto con l’Azerbaigian, anche a causa dell’influenza della vasta diaspora armena in Francia. Per concludere, l’attuale visione politica della Parigi ufficiale nel Caucaso meridionale e nell’Asia centrale post-sovietica, la regione sembra non essere in linea con gli altri “grandi attori” europei chiave – Regno Unito e Germania (a meno che il nuovo governo francese non decida e poter cambiare l’atteggiamento del Palazzo dell’Eliseo)

AGC: Briefing di Andrei Nastasin, vicedirettore del Dipartimento di informazione e stampa del Ministero degli Esteri russo – 3 Luglio – “ Gli Stati Uniti, dopo aver invitato Armenia e Azerbaigian al vertice NATO, cercano di strapparli alla Russia”. “Lettonia, Lituania, Estonia stanno contrapponendo le ex repubbliche sovietiche alla Russia e perseguendo una linea distruttiva nel Caucaso meridionale.” Una commento su queste dichiarazioni

D.E: Non so come si possano prendere sul serio le dichiarazioni dei funzionari russi, che vedono le macchinazioni dei nemici ovunque.

Z.K: Mosca, che lotta per la leadership del “Sud del mondo” nel suo confronto con il “Nord del mondo”, usa anche in questo caso la tradizionale retorica “antimperialista”. Tuttavia, dietro la tradizionale retorica “antimperialista”, apparentemente si nasconde il timore della Federazione Russa che la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi del Caucaso meridionale possa basarsi sulla piattaforma dell’Occidente, piuttosto che su quella guidata da Mosca.

AGC: Nell’ultimo incontro in cui Il primo ministro Nikol Pashinyan ha ricevuto la delegazione del Congresso guidata dal senatore americano Roger Wicker si è parlato del trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian, sul progetto del governo armeno “Crocevia del mondo”, sui processi in corso nella regione e su altre questioni di reciproco interesse. Come si concilia il principio di “crocevia del mondo”, stabilità del Caucaso meridionale, con l’obiettivo americano di ridimensionamento se non “spacchettamento” della Russia e desiderio di Mosca di un nuovo ordine mondiale dove gli USA sono marginali?

D.E: I paesi possono perseguire una politica estera equilibrata. L’Armenia vuole esistere normalmente senza il costante controllo russo. La Russia non è interessata a perdere il vassallo attraverso il quale ha ottenuto i beni sanzionati. L’Armenia ha bisogno di aiuto.

Z.K: Sembra che l’attuale leadership armena “filo-occidentale” creda ancora nella capacità di sedersi su (o tra) tutte le “sedie” e di essere un partner utile per tutte le parti coinvolte nella geopolitica regionale, consentendo così a Yerevan di mantenere una sorta di della libertà nel processo decisionale.

Vai al sito