A Cuggiono una serata di teatro con valenza civile: lo spettacolo La messa non è finita racconta la storia della messa durata 96 giorni, con cui attivisti dei diritti umani e religiosi sono riusciti ad evitare la deportazione di una famiglia di migranti armeni.
È successo nella città dell’Aia, nel 2019, quando un gruppo che univa credenti e non credenti ha trovato una soluzione creativa: per evitare la deportazione di una famiglia a cui era stato negato il diritto d’asilo si sono appellati ad un’antica legge olandese, tutt’ora in vigore, che impedisce infatti alla polizia di interrompere una messa. La celebrazione durò tre mesi e attrasse l’attenzione del mondo…
Una storia di resistenza e solidarietà, che ispira lo spettacolo di Scenaquattordici Teatro che si è classificato terzo al Festival Nazionale di Drammaturgia di Fossano del 2019 e che sarà proposto a Cuggiono venerdì 1 dicembre, una serata organizzara da Ecoistituto della valle del Ticino, oratorio di Cuggiono, Anpi, Acli e Lions, con il patrocinio del Comune di Cuggiono. L’ingresso è gratuito, ma è anche sostegno di “ResQ people saving people”, ong operante nel Mediterraneo per soccorso ai migranti.
Le altre iniziative del weekend a Cuggiono
Il fine settimana a Cuggiono continua poi con due iniziative tra sabato e domenica: sabato 2 alle 15 “Fiaba d’inverno” al Parco di Villa Annoni, tratta dal libro La leggenda delle piante (necessaria prenotazione a parcoannoni@gmail.com entro mercoledì 29 novembre).
Alle 15.30 nella villa invece “Echi manzoniani sul nostro territorio”: presentazione della mostra itinerante organizzata dall’associazione “Athena Noctua” sui legami del Manzoni con luoghi a noi vicini. La mostra sarà poi aperta al pubblico domenica 3 dicembre dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-28 19:29:012023-11-29 19:31:35“La messa non è finita”: a Cuggiono la storia della celebrazione durata 96 giorni per salvare una famiglia armena (Malprensanews 28.11.23)
Si svolgerà mercoledì 29 novembre, all’Università Lumsa di Roma (Sala Pia, via di Porta Castello 44), il convegno sul tema “La tragedia senza fine del popolo armeno”, che vedrà uomini politici, intellettuali, giuristi e uomini di Chiesa discutere della persecuzioni e del genocidio commesso ai danni degli armeni nella prima metà del Novecento, negato dalla Turchia, e dei perché ancora oggi vedono quella comunità oggetto di ritorsioni, diaspore e massacri da parte dell’Azerbaijan che sono culminati con la fuga e l’esodo di ben 120.000 armeni del Nagorno-Karabakh.
Introdurrà i lavori il presidente del Comitato Tecnico Scientifico di UCID nazionale, Sen. Riccardo Pedrizzi, saluti del prof. Francesco Bonini, Magnifico Rettore dell’Università LUMSA, di Ecc. mons. Paolo Selvadagi, Vescovo Titolare di Salpi, già Vescovo Ausiliare della diocesi di Roma, del Dott. Benedetto Delle Site, Presidente del Movimento Giovani UCID Nazionale.
A seguire gli interventi di S.E. Tsovinar Hambardzumyan, Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia, del dott. Francesco Pappalardo, Storico, On.le Anna Cinzia Bonfrisco, Membro Commissione Affari Esteri Europarlamento, On.le Domenico Menorello, Coordinatore network “Ditelo sui tetti”On.le Lorenzo Malagola, Segretario della Commissione XI Lavoro della Camera, Dott. Marco Invernizzi, Reggente nazionale Alleanza Cattolica, Dott. Francesco Borgonovo, Vice Direttore de “La Verità”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-28 19:26:472023-11-29 19:28:31“La tragedia senza fine del popolo armeno”: un convegno alla Lumsa con l’Ucid, politici e diplomatici (Secoloditalia 28.11.23)
Ogni Stato ha un giorno che ne celebra l’indipendenza. C’è però un popolo che, invece, conserva il ricordo del giorno della scomparsa della sua nazione, della fine della sua esistenza: il popolo armeno della Repubblica dell’Artsakh, nome con il quale era stato battezzato lo Stato mai riconosciuto da alcun Paese al mondo del Nagorno Karabakh, che ha cessato di esistere il 19 settembre, dopo che le truppe dell’Azerbaijan hanno sferrato un violento attacco con aviazione, artiglieria e droni che ha provocato centinaia di vittime.
A seguito dell’aggressione di Baku e della resa totale da parte dell’amministrazione della Repubblica del Nagorno Karabakh, oltre centomila cittadini armeni hanno abbandonato per sempre la loro terra e per giorni macchine, autobus, trattori e carri colmi di valige, macerie di esistenze e lacrime senza soluzione di continuità hanno attraversato il ponte di Hakari verso la vicina Armenia, trasportando un intero popolo divenuto orfano di una terra.
Nagorno Karabakh: la storia
Per capire come si è arrivati all’esodo della popolazione armena dalla sua terra d’origine occorre ripercorrere gli eventi più recenti della storia del territorio conteso del Caucaso meridionale. Il Nagorno Karabakh, terra storicamente armena e popolata per il 95% da cittadini armeni, nel 1921 venne ceduta da Stalin all’Azerbaijan. Una manovra, quella del dittatore georgiano, fatta per compiacere la Turchia di Ataturk e rafforzare il neonato stato azero, ricco di giacimenti di idrocarburi.
Alla fine degli anni ’80, con le prime avvisaglie dell’imminente collasso dell’impero sovietico, i cittadini armeni dell’Oblast Autonomo del Nagorno Karabakh avanzarono richieste di indipendenza dall’Azerbaijan e annessione con la madrepatria. Le rivendicazioni della maggioranza armena vennero però respinte e la convivenza tra le due comunità si fece sempre più difficile, tanto che incominciarono a registrarsi scontri e massacri da ambo le parti che portarono alla guerra, che dal ’92 al ’94 causò la morte di oltre 30 mila persone.
Solo un flebile cessate il fuoco fermò la guerra, che si concluse con la vittoria finale degli armeni, che presero controllo dell’intera regione e proclamarono la nascita della Repubblica dell’Artsakh.
Formalmente, però, in base agli accordi e alle risoluzioni internazionali, il Nagorno Karabakh è rimasto parte dell’Azerbaijan ed è per questo motivo che Baku ne ha sempre rivendicato l’appartenenza.
L’Artsakh, invece, negli anni ha invocato il riconoscimento internazionale appellandosi al diritto dell’autodeterminazione dei popoli ed è stato questo impasse giuridico a impedire la fine delle ostilità.
Il 27 settembre del 2020 l’Azerbaijan infatti ha attaccato nuovamente il territorio armeno arrivando, dopo 44 giorni di scontri, a occupare gran parte della regione…
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-28 18:54:032023-11-28 18:54:44Nagorno Karabakh: storia e fine dell’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh (Unimondo 28.11.23)
Liberato in Turchia dopo sedici anni l’assassino (diciassettenne all’epoca del delitto) di un giornalista armeno. Mentre in Iran un minorenne accusato di omicidio (sedicenne all’epoca dell’uccisione di un uomo nel corso di una rissa) finisce sulla forca. Contraddizioni? Forse solo apparentemente …
di Gianni Sartori
Non si capisce perché la notizia dovrebbe suscitare particolare “sconcerto”. In fondo è normale amministrazione. Ogün Samast, l’assassino di Hrant Dink (intellettuale cristiano armeno, processato nel 2005 per alcuni articoli sul genocidio armeno del 1915) ha semplicemente goduto di ciò che la Turchia non concede nemmeno ai detenuti malati terminali (l’uscita anticipata per “buona condotta” o per gravi motivi di salute).
Uscito dal carcere dopo sedici anni (era rinchiuso nel carcere di tipo F di Bolu), il responsabile dell’uccisione del giornalista direttore di Agos (autore materiale, ma sui mandanti si rimane all’oscuro) non avrebbe usufruito di particolari favoritismi. Anche se, a quanto sostiene Gazeta Duvar “in carcere avrebbe commesso altri crimini” (non specificati). Il fatto comunque suscita qualche dubbio. Intanto non ha dovuto confrontarsi con l’aggravante, scontata in casi analoghi, dell’accusa di terrorismo. Un elemento che avrebbe sicuramente allungato la sua permanenza dietro le sbarre.
Va ricordato che al momento dell’arresto venne salutato come un “eroe” e che alcuni poliziotti vollero farsi fotografare accanto a lui esponendo una bandiera turca.
L’omicidio (una probabile operazione di “guerra sporca” eseguita con quattro colpi di pistola sparati bruciapelo) risaliva al 19 gennaio 2007 e Ogün Samast era stato condannato a 23 anni..
Per alcuni osservatori la sua prematura rimessa in libertà avrebbe tutte le caratteristiche di una “amnistia segreta”
Una chiara condanna è venuta da Eren Keskin (co-presidente dell’Associazione per i diritti umani) in quanto “Gültan Kışanak, Selahattin Demirtaş, Osman Kavala, Can Atalay sono in carcere solo per i loro pensieri, ma un assassino può tornare in libertà”.
Nel frattempo – il 24 novembre – in Iran un minorenne, Hamidreza Azari (17 anni, originario di Sabzevar – provincia di Razavi-Jorasán) saliva sul patibolo.
La sua condanna deriverebbe dall’applicazione della “qesas”, ossia del principio per cui un omicidio viene “risarcito” con la condanna a morte e l’esecuzione.
Hamidreza Azari era ritenuto il principale responsabile della morte (per una pugnalata durante una rissa) di Hamidreza Al-Daghi (definito “martire” da alcuni media iraniani).
Amnesty International ha ricordato che sono in vigore trattati internazionali per cui l’esecuzione di “minori all’epoca del crimine” dovrebbe essere interdetta.
Ma tale principio evidentemente non fa testo in Iran dove si ripetono le esecuzioni di persone minorenni all’epoca del delitto di cui sono accusate.
Dal principio dell’anno le condanne a morte eseguite nella repubblica islamica sarebbero almeno 684 (un record anche per Teheran).
Recentemente era stato giustiziato Milad Zohrevand, un ventiduenne arrestato nel corso delle proteste “Jin, Jiyan, Azadî “ dopo l’assassinio di Jina Mahsa Amini.
Giovanni Battista Montini papa con il nome di Paolo VI; il canonico Vincenzo Morinello; lo storico e diplomatico Giacomo Gorrini; il funzionario comunale Calogero Marrone; il commissario di polizia Beppe Montana. Sono loro i personaggi che, a metà del prossimo mese, saranno onorati nel “Giardino dei Giusti” di Agrigento, inaugurato otto anni fa nel cuore della Valle dei Templi su iniziativa dell’Accademia di Studi Mediterranei in collaborazione con il Parco Archeologico dichiarato patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco. Ne hanno dato notizia oggi la fondatrice e presidente onoraria del noto Istituto di Alta Cultura, Assuntina Gallo Afflitto, e l’attuale presidente, il vescovo Enrico dal Covolo, già rettore della Pontifica Università Lateranense, che, comunicando i nomi indicati dal Comitato Scientifico dell’ Accademia presieduto da don Carmelo Mezzasalma, hanno fissato la data del 15 dicembre per la cerimonia durante la quale, nell’area fra il Tempio della Concordia e quello di Giunone, verranno collocate le steli in ricordo di questi testimoni di altruismo e di sacrificio per la giustizia. Si tratta di figure ben note o meno conosciute che verranno presentate da alcuni studiosi nell’incontro che si svolgerà, come di consueto, la mattina del 15 dicembre, a partire dalle 9.15 nella Sala delle Conferenze di Casa Sanfilippo, ad Agrigento, prima della cerimonia al Parco. Il simposio – presieduto da monsignor Dal Covolo – sarà aperto dai saluti del sindaco di Agrigento Franco Micciché , dall’arcivescovo metropolita Alessandro Damiano, dal prefetto della città Filippo Romano. Ad intervenire su Montini e il suo impegno a favore dei perseguitati soprattutto del periodo della seconda guerra mondiale sarà il saggista Marco Roncalli. Ad offrire il profilo di Morinello, fondatore circa un secolo fa delle “Suore dei Poveri” sarà la superiora generale della congregazione Madre Maria Agnese Ciarrocco. L’esempio di Gorrini, il diplomatico testimone oculare dei massacri armeni da lui denunciati al mondo, sarà descritto da Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica d’Armenia in Italia. Quello di Marrone, nativo di Favara, ma trasferitosi a Varese nel ‘31 per lavoro, deportato a Dachau per aver salvato centinaia di ebrei fornendo loro documenti falsi e morto nel lager, sarà tratteggiato da don Alessandro Andreini, docente alla Gonzaga University di Firenze. Del sacrificio di Beppe Montana, agrigentino, commissario capo della squadra mobile di Palermo assassinato a trentatré anni dalla mafia nel 1985, è stato invitato a parlare il nuovo questore di Agrigento Tommaso Palumbo. Per l’occasione, si legge in una nota, nel “Giardino dei Giusti” sarà posta anche una stele dedicata ai Martiri nel tragico periodo del XX e del XXI secolo, ai Giusti delle Forze Armate e della Polizia, come pure ai Civili che hanno perso la vita nelle tragedie di questo periodo storico. A spiegare il significato di questo tributo collettivo sarà il teologo don Carmelo Mezzasalma, presidente del Comitato Scientifico dell’ Accademia.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-27 18:51:512023-11-28 18:52:42Diocesi: Agrigento, il 15 dicembre la cerimonia per cinque nuovi nomi del “Giardino dei giusti” (SIR 27.11.23)
(da Malta) “Oggi più che mai, il mondo ha bisogno di pace. Con Papa Francesco, diciamo con forza il nostro no alla guerra, essa è una sconfitta per l’umanità. Ribadiamo la nostra vicinanza a quanti soffrono a causa di tanti conflitti, in modo particolare l’Ucraina, il popolo armeno e gli abitanti della Terra Santa. Continuiamo a pregare per le vittime e per i loro familiari. Continuiamo a pregare per il miracolo della pace”. Con queste parole pronunciate da mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del Ccee, si è aperta questo pomeriggio a La Valletta (Malta) l’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) che si terrà dal 27 al 30 novembre e ha per titolo “Nuovi passi per una Chiesa sinodale in Europa”. Nel suo intervento di apertura, mons. Grušas ha condannato, “fermamente”, “gli attacchi terroristici di Hamas” che hanno provocato “una escalation militare di Israele nella Striscia di Gaza, anch’essa da condannare perché la violenza non può essere un modo per difendere una causa. Rinnoviamo l’appello per un cessate il fuoco definitivo”, ha detto l’arcivescovo lituano a nome dei presidenti delle Conferenza episcopali europee, “perché si prosegua con la liberazione degli ostaggi e si tengano aperti i corridoi umanitari a Gaza”. Il pensiero va poi alla guerra in Ucraina, giunta ormai al suo secondo anno. “Il flusso di rifugiati nei Paesi europei ha richiesto un surplus di sforzo alle nostre Chiese particolari, che si sono impegnate a dare non solo assistenza umanitaria, ma anche pastorale, a quanti sono stati accolti”. Anche per la martoriata terra ucraina, il presidente dei vescovi europei lancia un appello: “Auspichiamo che si raggiunga presto l’intesa di una pace giusta, nel rispetto del diritto internazionale, che è una delle grandi vittime di questa situazione”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-27 18:50:122023-11-29 19:32:37Vescovi europei: mons. Grusas (Ccee), appello per Ucraina, Armenia e Terra Santa. “Il mondo ha bisogno di pace e la guerra è una sconfitta per l’umanità” (SIR 27.11.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 26.11.2023 – Vik van Brantegem] – Baku intende insediare entro la fine del 2026 140.000 coloni Azeri nell’Artsakh occupato, per sostituire i 150.000 Armeni autoctoni sfollati con la forza a più riprese negli ultimi anni. Ilham Aliyev ha detto che intende “ripristinare” 100 insediamenti, tra cui nove città e otto villaggi, secondo i media locali. Assurdistan.
Poco più di un secolo fa, dopo aver sterminato e cacciato gli Armeni dalle loro terre ancestrali, il potere turco vi installò i suoi coloni, i “muhacir” che avevano lasciato l’Europa liberata dal giogo ottomano. Nel 2023, nella stessa indifferenza del mondo di allora, il regime autocratico della dinastia Aliyev dell’Azerbajgian conduce esattamente la stessa politica nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh occupato.
Ilham Aliyev è il degno successore del primo Hitler della storia, Mehmed Talaat Pascià – uno dei leader dei Giovani Turchi insieme ad Ahmed Cemal Pascià e Ismail Enver Pascià, alcuni degli artefici del genocidio armeno – che ricoprì un ruolo equivalente al Ministro dell’Interno nell’Impero ottomano. Talaat fu uno dei principali sostenitori dell’entrata dell’Impero ottomano nella Prima Guerra Mondiale al fianco della Germania e durante questa contribuì all’organizzazione del genocidio armeno, quello degli assiri e di quello dei greci del Ponto, venendo perciò poi condannato dal tribunale del sultano alla fine del conflitto, insieme agli altri due componenti del governo dei “Tre Pascià”. La rivoluzione di Atatürk, sovvertendo l’ordine politico della Turchia, ne permise la liberazione. Affiliato alla confraternita sufi dei Bektashi e massone, a partire dal 1903 fu membro della loggia di Salonicco “Macedonia Risorta”, appartenente al Grande Oriente d’Italia; fu il primo Gran maestro della Gran Loggia di Turchia, fondata nel 1909.Gli Armeni lo chiamano l’Hitler turco. Talaat fu assassinato a Berlino nel 1921 da Soghomon Tehlirian, un membro della Federazione Rivoluzionaria Armena, nell’ambito dell’Operazione Nemesis. Cemal fu ucciso il 17 aprile 1922 a Berlino insieme a Bahaeddin Shakir, un’altro tra gli artefici del genocidio armeno.
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne mettiamo il focus sull’autocrazia di Ilham Aliyev dell’Azerbajgian, i cui militari hanno commesso atrocità contro le donne soldato armene durante la guerra di 44 giorni contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh nel 2020 e l’attacco all’Armenia sovrana nel 2022: torture, mutilazioni, ante e post- stupro mortale e smembramento. Queste esazioni, incoraggiate dal regime autocratico azero, sono state filmate e ampiamente trasmesse sui social network azeri dagli stessi autori. Gli stessi crimini sono stati ripetuti e incoraggiati durante l’aggressione terroristica dell’Azerbajgian contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh del 19-20 settembre 2023, seguita dalla pulizia etnica dei suoi 120.000 abitanti Armeni. Numerosi sono i resoconti di stupri e torture, anche di ragazze minorenni, per i quali i militari Azeri hanno ricevuto ricompense. Non sono dimenticate neanche le donne Azere: il regime autocratico della dinastia Aliyev pratica abitualmente la vendetta e l’incarcerazione per le donne che hanno l’audacia di criticare il regime.
«Un gala organizzato dall’Ambasciata degli Stati Uniti in Azerbajgian per gli studenti Azeri che hanno studiato negli Stati Uniti è stato annullato perché il governo dell’Azerbajgian ritiene che gli studenti siano spie/sabotatori che lavorano per gli Americani» (Lindsey Snell). Assurdistan.
«L’Armenia ha rifiutato di avviare negoziati diretti con l’Azerbajgian su un trattato di pace e di incontrarsi al confine interstatale. Ciò significa che Yerevan sta ancora ricevendo messaggi da alcuni centri all’estero e non è pronta per colloqui di pace diretti. È semplicemente una sfortuna» (Vugar Bayramov, Membro “indipendente” del Parlamento dell’Azerbajgian, Membro della Delegazione azera nell’Unione Europea e nell’Assemblea parlamentare “EuroNest”). Assurdistan.
«L’Azerbajgian ha tutti i titoli per poter organizzare un corso di master su come negoziare al massimo livello e non rispettare gli impegni presi nei negoziati. Il regime autocratico, che ha partecipato a formati negoziali facilitati e mediati da terze parti solo per portare avanti le sue posizioni massimaliste, creare situazioni di stallo e preparare il terreno per l’uso della forza contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, ora ha espresso una cosiddetta “interesse” per i colloqui diretti con l’Armenia. Questo è davvero un nuovo livello di cinismo e ipocrisia» (Armine Margaryan).
«Durante l’azione antifrancese nella capitale della Nuova Caledonia, per la prima volta fu issata la bandiera dell’Azerbajgian» (Agenzia di stampa statale azera APA). Assurdistan.
«Qualcuno dica al regime genocida azerbajgiano, che la Nuova Caledonia gode di grande AUTONOMIA, ha tenuto TRE referendum sull’indipendenza e tutte e 3 le volte ha VOTATO contro l’indipendenza. Cose che l’Azerbajgian ha rifiutato agli Armeni del Nagorno-Karabakh, poi li ha sottoposto alla carestia, ha bombardato le loro case e ha effettuato la pulizia etnica di tutti i 150.000 residenti Armeni» (Nara Matinian).
«Diretti a Yerevan! Non verremo su carri armati, guideremo semplicemente le nostre auto verso le nostre terre storiche. İRƏVAN» (Azer Hasret Redattore di Bayraqdar.info, Membro del Consiglio di amministrazione della televisione pubblica e della radiodiffusione, Membro del Consiglio della stampa dell’Azerbajgian).«Kalbajar – il territorio strategico più importante, che fu liberato dal terrore armeno. È conosciuta come la porta per l’Azerbajgian occidentale. Chiunque controlli Kalbajar, controlla l’Azerbajgian occidentale» (Vsāsīyūn @ScourgeOfTengri).«Ƶ sta per Ƶəngəƶur! Azerbajgian» (Vsāsīyūn @ScourgeOfTengri).«Le terre sante dell’Azerbajgian occidentale desiderano il ritorno della popolazione autoctona turca/azerbajgiana. La Moschea Blu di Irevan è il nostro “Monte del Tempio”, il nostro santuario. Il ritorno è imminente, come ripristino della giustizia in queste terre. İRƏVAN» (Vsāsīyūn @ScourgeOfTengri).
Ecco, queste sono alcune esternazioni dalla bocca larga del regime psicogenocida con cui abbiamo a che fare. Minacce infinite dall’Assurdistan.
1. Irevan = Yerevan
2. Kalbajar = Karvacar, corrispondente all’antico distretto di Vaykunik, uno dei dodici cantoni che formavano l’antica regione dell’Artsakh. Era anche conosciuto come Khachen superiore o Tsar (dal nome del suo capoluogo) e fu governato da uno dei rami del Principato di Khachen fino a quando finì sotto controllo russo. Agli inizi del XVII secolo buona parte della popolazione armena era stata deportata ed il suo posto preso da comunità curde
3. Azerbajgian occidentale = Armenia. «Alcuni si riferiscono alla propaganda dell’Azerbajgian occidentale come al “Fiume al mare dell’Azerbajgian”, e come sempre ci si può fidare della propaganda di Baku di far diventare un sottotesto, testo» (Nara Matinian)
4. Zangezur = la regione di Suynik dell’Armenia
5. Questo auto-dichiaratosi “Scourge of Tengri” (Flagello di Tengri, che è il Dio supremo creatore mongolo, l’inconoscibile che conosce qualsiasi cosa, motivo per cui Turchi e Mongoli dicono “Solo Tengri sa”) non sa che la Moschea Blu di Yerevan non è il “Monte del Tempio” turco-azera, ma è una moschea iraniana. Certamente, in generale, la storia delle moschee armene è complicata. Gli Armeni hanno attraversato secoli di invasioni, conflitti e cambiamenti geopolitici. Dall’introduzione dell’Islam nella regione nel VII secolo, l’architettura islamica nelle terre armene si è evoluta. Una varietà di stili ha ispirato questa architettura, comprese le influenze selgiuchidi e timuridi. Ad un certo punto l’Armenia è stato parte integrante del mondo musulmano sciita, nonostante gli Armeni fossero cristiani. In effetti, è quasi incredibile che gli Armeni siano rimasti Cristiani, nonostante questa storia.
Quindi, ci sono molti più esempi di architettura islamica sulle terre armene. Molti di questi siti antichi e storicamente significativi, tuttavia, furono distrutti durante le guerre russo-persiane del XIX secolo e le severe politiche laiche sovietiche del XX secolo. Questo è il motivo per cui in Armenia non sono rimaste molte moschee. La maggior parte delle moschee non esisteva più, quando l’Armenia riconquistò l’indipendenza dall’URSS e poté finalmente decidere le proprie politiche.
Dopotutto, la Moschea Blu è, in effetti, in così buone condizioni solo perché il governo iraniano mantiene rapporti di buon vicinato con quello armeno. E l’Iran ha finanziato interamente la ristrutturazione della moschea, che i sovietici trasformarono in un museo (cosa fece Atatürk con l’Haga Sofia che era stata trasformata in una moschea dai sultani, da Erdoğan nuovamente convertita in una moschea). E ora probabilmente la Moschea Blu a Yerevan non sarebbe una moschea operativa se non fosse stato per l’accordo tra i governi di Armenia e Iran.
6. Lo ripetiamo da tempo: la rinuncia all’Artsakh non porta la pace per l’Armenia. «Stiamo solo ora iniziando a fare i conti con la reale portata della tragedia avvenuta nel Nagorno-Karabakh nel settembre di quest’anno» (Neil Hauer). È ora più importante che mai ricordare le parole di Monte Melkonian, il comandante della guerra d’indipendenza dell’Artsakh: «Se perdiamo l’Artsakh, allora voltiamo l’ultima pagina della nostra storia». Potete leggere su Monte Melkonian (comprensibilmente una “bestia nera” per il regime autocratico di Baku) un articolo della sua vedova, Seta Kabranian-Melkonian, che abbiamo riportato [QUI]: «Monte si è unito alla lotta per il Nagorno-Karabakh, l’Artsakh armeno dei tempi antichi. Fin dai suoi primi vent’anni, era stato determinato ad aiutare a ripristinare i diritti del suo popolo a vivere nelle loro terre ancestrali. Nel processo, è stato associato sia agli eroi che ai cattivi dell’epoca. Fu anche il primo a denunciare pubblicamente i cattivi e a prendere le distanze da loro. Monte rappresentava tutti gli oppressi e credeva nel diritto di combattere, che è il titolo di un libro di suoi saggi, pubblicato nel 1993».
«Se c’è un Paese che dovrebbe avere rivendicazioni territoriali sui suoi vicini, quello è l’Armenia, poiché si estendeva dal Mar Caspio (oggi Azerbajgian) attraverso Nakhichevan (oggi Azerbajgian) coprendo buona parte della moderna Turchia. Quindi, forse dovremmo stabilire noi stessi un’organizzazione delle Comunità dell’Armenia orientale e occidentale? Possiamo organizzare dei festival musicali con un enorme mucchio di strumenti del c***o» (Serj Tankian, musicista, poeta, attivista politico e, soprattutto, un essere umano).
«La Repubblica di Armenia è stata fondata per essere uno stato-nazione armeno su appena il 20% delle terre native armene, qualsiasi tentativo di cambiare questa realtà, dopo che gli Armeni furono cancellati dall’80% delle loro terre native, sarebbe un’altra fase del genocidio armeno» (Mariam Arissian).
«Lo status quo Turchia/Armenia non è più accettabile dello status quo Israele/Palestina. Proprio come l’intera Palestina è “la terra in questione” per i Palestinesi, così anche l’intera patria armena è la terra in questione per gli Armeni» (Monte Melkonian).
«Perché l’Armenia dovrebbe scegliere l’Europa come vettore di integrazione invece dell’Asia occidentale/Medio Oriente? Perché l’Europa è da secoli fonte di ispirazione e rinascita della cultura armena. In questo post cercherò di sviscerare ulteriormente questa questione.
La storia ci dà un indizio. Circa il 90% dei più grandi intellettuali, pensatori e scienziati Armeni erano il prodotto dell’educazione e dell’influenza europea.
Anania Shirakatsi – Il padre delle scienze esatte e naturali in Armenia, il primo matematico, astronomo e cosmografo armeno; il più grande studioso dell’antica Armenia. Faceva parte della scuola ellenizzante armena. Fu educata principalmente da Tichico a Trebisonda, uno studioso greco che insegnò ai figli di molti nobili bizantini. Alla scuola di Tichico, Shirakatsi trovò una ricca biblioteca dove leggeva autori di letteratura greca, opere scientifiche e storiche.
Komitas – Il fondatore della scuola nazionale armena di musica, prete Armeno, musicologo, compositore e uno dei pionieri dell’etnomusicologia, che ha dedicato la sua vita a purificare la musica armena da secoli di influenze islamiche straniere. Komitas ha studiato musica alla Frederick William University di Berlino e “ha utilizzato la sua formazione occidentale per costruire una tradizione nazionale”.
Khachatur Abovian – Il padre della letteratura armena moderna, ricordato per il suo romanzo Le ferite dell’Armenia. Il mentore di Abovian era Friedrich Parrot, che rimase colpito dalle capacità di Abovian e lo fece studiare in Europa. Abovian studiò all’Università di Dorpat nel 1830, in Estonia. Gli anni a Dorpat furono molto fruttuosi per Abovian che studiò scienze sociali e naturali, letteratura e filosofia europea e padroneggiò il tedesco, il russo, il francese e il latino. Il romanzo storico Le ferite dell’Armenia (scritto nel 1841, pubblicato per la prima volta nel 1858) è stato il primo romanzo laico armeno dedicato al destino del popolo armeno e alla sua lotta per la liberazione L’Europa come fonte del nostro più grande potenziale Quando i padri e i fondatori della scuola nazionale armena di musica, delle scienze esatte e naturali e della letteratura armena moderna hanno tutti ricevuto la loro ispirazione principalmente da scuole di pensiero europee, ciò dovrebbe darci una pausa per riflettere un po’. A quale luogo apparteniamo naturalmente? Oppure a quale posto sarebbe più vantaggioso per noi appartenere?
Possiamo anche ricordare altre grandi persone della nostra nazione – persone d’arte e di cultura, molti dei nostri eroi e intellettuali nazionali, i nostri più grandi scienziati – e quasi tutti hanno studiato in Europa, dove sono stati influenzati dall’Europa, e in un modo o nell’altro hanno raggiunto il loro grande potenziale grazie alla civiltà europea. Cosa otteniamo dall’Asia occidentale/Medio Oriente? Nel senso di cultura, forza o crescita, non otteniamo quasi nulla dal Medio Oriente/Asia occidentale. Fatta eccezione per l’ottimo cibo. In generale, il Medio Oriente e l’Asia occidentale sono fonte di assimilazione e perdita di cultura. Come suonare l’oud arabo e celebrarlo come musica armena. O l’iterazione moderna (e molto peggiore) della perdita della nostra cultura – rabiz – musica in gran parte in stile turco/azero adatta a ristoranti scadenti, motivi che propagano uno stile di vita primitivo/semplicistico spesso con tematiche mafiose leggere. Non è una questione di razza Scegliere l’integrazione europea non è una questione di razza. In effetti, molti paesi arabi del Medio Oriente settentrionale (popoli levantini) potrebbero essere geneticamente più vicini agli europei rispetto agli Armeni o addirittura ai georgiani/caucasici. Molti Turchi sono anche geneticamente più vicini agli europei, non c’è da stupirsi poiché molti Turchi sono popoli assimilati dei Balcani. Questa questione NON riguarda la razza. Riguarda la cultura e ciò che è bene per noi, la nostra crescita e la nostra forza.
Il concetto di Europa è nato innanzitutto come una fusione del pensiero dell’antica Grecia e della cultura cristiana, e l’Armenia, ovviamente, storicamente e culturalmente è una nazione europea, una delle sue radici più profonde. Conclusione L’Europa, come ci insegna la storia, è stata fonte di rinascita della cultura armena. È il luogo dove i fondatori della nostra scuola nazionale di musica (Komitas), le scienze esatte (Anania Shirakatsi), la filosofia (David Anaght) e la letteratura moderna (Abovian) hanno tratto la loro formazione e ispirazione. L’Europa è stata anche il luogo in cui la maggior parte dei nostri personaggi più grandi ha tratto ispirazione per raggiungere il proprio potenziale. Ecco perché è essenziale che l’Armenia scelga un vettore europeo di integrazione, per raggiungere il suo maggior potenziale. È semplicemente buon senso, quando vedi che la maggior parte del successo del tuo popolo è legato in un modo o nell’altro all’Europa.
Non possiamo essere un Paese arretrato, sarebbe un suicidio. La nostra unica speranza di sopravvivenza è diventare un Paese europeo moderno e avanzato» (Misty Mountain).
Segnaliamo
– L’asse Roma-Baku: all’Italia interessano solo gli affari con l’Azerbajgian di Andrea Lanzetta su The Post Internazionale del 25 novembre 2023: «Gas, armi e lobby. Il nostro Paese è la principale destinazione dell’export azero, soprattutto di idrocarburi. Con la benedizione dell’Ue. In cambio però offriamo radar, aerei e altri sistemi militari» [QUI]
– Nagorno-Karabakh: l’ultimo Stato spazzato via dalla cartina d’Europa di Stefano Mentana su The Post Internazionale del 25 novembre 2023: «L’ultima operazione militare condotta dall’Azerbajgian nella regione del Nagorno-Karabakh ha portato alla dissoluzione attualmente in corso della Repubblica dell’Artsakh, uno Stato non riconosciuto dalla comunità internazionale ma de facto esistente da decenni nel complesso contesto del Caucaso» [QUI]
– Azerbajgian: la dittatura invisibile di Benedetta Argentieri su The Post Internazionale del 25 novembre 2023 [QUI]
Foto di copertina: in questa foto fornita dall’Ufficio stampa presidenziale dell’Azerbajgian, le truppe azeri marciano a Stepanakert, la capitale della Repubblica di Artsakh occupata, davanti al Presidente e Capo delle Forze Armate, Ilham Aliyev, durante la parata dedicata al terzo anniversario della vittoria nella guerra dei 44 giorni del 2020, mercoledì 8 novembre 2023, dopo che l’Azerbajgian ha preso il pieno controllo dell’Artsakh con l’aggressione terroristica del 19-20 settembre 2023, rendendo l’Artsakh un Paese fantasma dopo lo sfollamento forzato dell’intera popolazione.
NEMI (attualità) – L’ex moglie di Gianni Morandi ospite ieri a Palazzo Ruspoli
ilmamilio.it
Grande emozione e molta partecipazione di pubblico ieri mattina a Palazzo Ruspoli per la presentazione del Libro “Una Famiglia Armena”, scritto da Laura Efrikian, l’ex moglie di Gianni Morandi, la donna a cui dedicò una delle sue più famose canzoni “In ginocchio da te” e molte altre canzoni da ragazzi innamorati negli anni sessanta, protagonisti insieme anche in alcuni film epici .
La donna, oggi apprezzata scrittrice, impegnata in missioni umanitarie, 81enne, è stata invitata, dall’amministrazione comunale nemese non a caso, il 25 novembre (Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle Donne) . Ha aperto il dibattito il primo cittadino di Nemi Alberto Bertucci, al ritorno da una visita alla “Panchina Rossa” posta due anni fa in piazza del Crocifisso, nel Borgo Antico, in ricordo delle povere donne, vittime della violenza umana dei loro ex compagni, fidanzati e mariti.
Un’opera dello scultore romano Marco Manzo, presente anch’egli alla presentazione del libro della Efrikian alla Sala Minerva dell’antico Palazzo Ruspoli. Il sindaco ha voluto riportare alla memoria del numeroso pubblico : ” Come la scrittrice di questo libro, armena di origine, e di famiglia di minoranza etnica, ha sofferto e subito le atrocità di appartenenza da bambina. Probabilmente la “strage” sistematica degli Armeni è stato uno dei primi atti di crudeltà che l’umanità ha rivolto verso i propri fratelli e a nulla è valso tale sacrificio, nulla è rimasto nella memoria. Tanto è vero che proprio in questi momenti altre tante atrocità vengono perpetuate intorno ai nostri confini; quelle che si conoscono e molte altre sconosciute in altre parti del mondo che condanniamo fermamente “. La parola è poi andata a Laura Efrikian, seguita con grande attenzione dal numeroso pubblico presente. La donna, ha raccontato la sua vita d’infanzia, i rapporti con i genitori, i fratelli e in particolare con il nonno, e sicuramente tra le righe riecheggiavano volentieri gli eventi del periodo storico; comunismo, fascismo, lotte etniche – Armeni – Curdi – Turchi – Sovietici – arabi. Ogni tanto le sue parole sono state una vera narrazione dei capitoli del suo libro, raccontando aneddoti anche atroci e di sofferenza che nelle sue parole riecheggiavano con un senso di amore, compassione, nostalgia e tolleranza.
Sono intervenuti all’incontro in Sala Minerva di Palazzo Ruspoli, tante persone tra il pubblico, desiderose di conoscere non tanto la vita sentimentale e di copertina di Laura Efrikian, ma di capire la donna semplice ma nello stesso tempo forte, profonda, riflessiva, che non lascia mai trasparire il dolore ma solo le sue forti emozioni.
Sono stati presenti all’incontro la consigliera regionale e di Nemi Edy Palazzi, Donatella Chialastri , responsabile della Proloco di Nemi, Il consigliere comunalePietro Pazienza, OtelloFrancescotti, artista del Ferro,Carla Colazza, che è stata il gancio che ha permesso di invitare la scrittricee Rosella Brecciarolicuratrice dell’Evento che ha consegnato all’autrice del libro “Una famiglia Armena” una targa in ricordo di questo evento.
Questi libri, queste narrazioni e in particolare questi “incontri” fanno parte del pensiero e dell’attività dell’ex moglie di Morandi, sostenuta dall’Associazione “Aiuto alle Famiglie”. Una Onlus Internazionale che sostiene le donne e molti bambini in difficoltà nel mondo, in particolare in Africa e in Kenya. Luoghi dove l’autrice porta costantemente aiuti “materiali” con tutto ciò che ricava dai suoi scritti . Che viene devoluto da lei personalmente per costruire pozzi per attingere l’acqua proprio in quei siti martoriati dalla carestia , dalle guerre folli e da altri cataclismi naturali .
” Sono stato particolarmente emozionato di vedere e conoscere la signora Efrikian, ha dichiarato il fotoreporter Giancarlo Boldacchini, che ha seguito l’evento culturale a Palazzo Ruspoli. Mi ha ricordato momenti bellissimi della mia giovinezza. Ho dei ricordi molto vividi ancora, in quanto da giovane ho passato un periodo in Armenia nella parte asiatica di Istanbul, per lavoro. Dove sono stato aiutato da una famiglia armena, a risolvere dei seri problemi burocratici che si erano creati per noi italiani presenti in quelle zone calde. Ricordo il signor Dirtat, che aveva la moglie veneziana, come tra l’altro molti uomini di quei luoghi, dove addirittura si parla il veneto in molti luoghi. Sono stato bloccato per 3 mesi in Armenia, mi hanno sostenuto a lungo questa famiglia, facendomi ospitare in un convento di frati, fino alla soluzione delle problematiche diplomatiche, persone veramente meravigliose. Ho salutato la signora Efrikian, con molta emozione e tanto calore quando sono andato via rivolgendole queste parole : Arrivederci cara Gaianè (nome Armeno di Laura) ” .
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-26 16:08:172023-11-27 16:09:22Nemi, grande emozione per la presentazione del Libro di Laura Efrikian (Ilmamilio.it 26.11.23)
Dopo la vittoria lampo in Nagorno Karabakh, i negoziati procedono a rilento. Gli appetiti di Baku non si sono placati e nel mirino resta il corridoio di Zanzegur che attraversa il territorio armeno. La verità è che Erevan è stata lasciata a se stessa, sia dall’Ue che dagli Usa. Mentre si rafforza l’asse tra Aliyev e Erdogan. Lo scenario.
In due giorni di fine settembre l’Azerbaigian ha recuperato di fatto il controllo sul Nagorno Karabakh, territorio popolato da armeni che negli Anni 90 si era separato da Baku e reso indipendente con il nome di Repubblica di Artsakh. Una sorta di Blitzkrieg – con un paio di centinaia di morti da entrambe le parti, e soprattutto la supremazia militare azera che ha fatto desistere in fretta l’avversario – ha risolto in 48 ore una diatriba lunga tre decenni e qualche guerra. Il presidente azero Ilham Aliyev è andato personalmente a Stepanakert, ora Khakendi, a issare la bandiera nazionale. Circa 100 mila cittadini sono fuggiti in Armenia, dove il governo di Nikol Pashinyan ha dovuto incassare la seconda sconfitta nel giro di tre anni, ma nonostante tutto è rimasto in sella, almeno per ora.
Il presidente azero Ilham Aliyev e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (Getty Images).
La pace definitiva tra Baku ed Erevan è resta l’appetito azero per il corridoio di Zanzegur
Questione chiusa? No. Innanzitutto perché non c’è ancora una pace definitiva tra i due Paesi e le trattative sembrano ancora in alto mare, poi perché l’appetito azero non sembra del tutto soddisfatto e rimane sul tavolo il tema del corridoio di Zanzegur: una striscia di terra attraverso la provincia meridionale armena di Syunik che potrebbe collegare l’Azerbaigian alla regione sempre azera di Nakhchivan, che confina a sua volta con la Turchia. Questo il piano di Aliyev sostenuto dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, con Pashinyan a lanciare l’allarme per presunti preparativi di guerra azeri. Qualche giorno fa il primo ministro armeno non solo si è lamentato del fatto che i colloqui di pace vanno avanti lentamente con Aliyev che ha boicottato incontri diretti, ma ha affermato che il lavoro dietro le quinte degli sherpa che dovrebbero condurre presto a risultati concreti in realtà è permeato da un’atmosfera di sfiducia mentre la retorica dei funzionari azeri lascia aperta la prospettiva di una nuova aggressione militare contro Erevan. «Armenia e Azerbaigian», ha detto Pashinyan, «parlano ancora lingue diplomatiche diverse e spesso non ci capiamo». Da parte di Baku il ministero degli Esteri ha segnalato la sua disponibilità a impegnarsi nei negoziati, ma per ora non si è mosso praticamente nulla, anche perché l’Azerbaigian ha rifiutato la mediazione europea guidata dalla Francia e quella degli Stati Uniti, ritenendo le potenze occidentali schierate a favore di Erevan. Aliyev ha tuonato direttamente nei giorni scorsi contro Parigi, che con Erevan ha sempre avuto un rapporto privilegiato, accusandola di destabilizzare tutto il Caucaso: «La Francia sta destabilizzando non solo le sue ex e attuali colonie, ma anche la nostra regione, il Caucaso meridionale, sostenendo le tendenze separatiste e i separatisti. Fornendo armi all’Armenia, Parigi attua una politica militaristica, incoraggia le forze revansciste e getta le basi per l’inizio di una nuova guerra nella nostra regione».
Da sinistra Olaf Scholz, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, Charles Michel ed Emmanuel Macron (Getty Images).
L’Armenia è stata abbandonata da Europa e Usa mentre si rafforza l’asse tra Azerbaigian e Turchia
La realtà, più cruda, è però che le cancellerie europee e Washington hanno altro a cui pensare di questi tempi, tra Ucraina e Medio Oriente: le questioni caucasiche sono sempre state in terzo piano e ciò ha anche favorito la crescita del ruolo della Turchia, che a fianco dell’Azerbaigian ha assunto una posizione dominante nella regione. E in contemporanea la Russia, impegnata nel conflitto con Kyiv e con le frizioni che da tempo dividono Vladimir Putin e Pashinyan, ha tenuto un basso profilo, lasciando un po’ l’Armenia al suo destino. La posizione di Erevan di fronte a Baku è al momento di estremo svantaggio e poco da questo punto di vista hanno prodotto la linea del primo ministro in conflitto con Mosca e la virata filoccidentale, dato che appunto Europa e Stati Uniti non hanno nessun interesse a mettersi contro Azerbaigian e Turchia. È la Realpolitik internazionale che sta affondando l’Armenia, abbandonata da tutti.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-26 16:05:562023-11-27 16:08:16Perché la vera pacificazione tra Azerbaigian e Armenia è ancora lontana (Lettera43 26.11.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 25.11.2023 – Vik van Brantegem] – L’obiettivo dell’Azerbajgian e della Turchia non è mai stato e non sarà mai quello di coesistere con gli Armeni, perché ogni volta che sono riusciti a farla franca con la pulizia etnica, il massacro e la conquista, hanno fatto esattamente questo, anche di recente, nel settembre del 2023. A ciò si aggiungono decenni di indottrinamento anti-armeno in Azerbajgian, dove gli Armeni sono visti come scarafaggi o cani da cacciare, e dove gli assassini di ufficiali armeni addormentati vengono perdonati e accolti come eroi.
Gli Armeni che nutrono l’idea della “coesistenza” sotto il regime autocratico di Aliyev, firmano la condanna a morte del loro stesso popolo, mentre l’altra parte affila i coltelli. La convivenza con gli Armeni non è né nell’obiettivo, né nell’intenzione del regime autocratico di Aliyev. Nel suo complesso di inferiorità è impegnato a negare il suo genocidio e a turchizzare i toponimi delle terre armene conquistate con la forza, pubblicizzandolo sulla televisione statale nazionale. È ora che gli invertebrati si sveglino.
«L’ONU afferma che gli Armeni del Nagorno-Karabakh sfollati dovrebbero tornare nel Nagorno-Karabakh. In modo sicuro, senza ostacoli e rapidamente. L’Azerbajgian dice che suona bene, sono i benvenuti! “Non vivrò MAI sotto la bandiera azera, MAI, finché non ci sarà la bandiera armena”, è la prima reazione di un Armeno del Karabakh» (Marut Vanyan).
«L’ideologia di Stato dominante in Armenia si basa sulla presunta supremazia degli Armeni e sull’incompatibilità con i vicini. Questa tossicità è la ragione per cui l’Armenia è l’unico Paese monoetnico nella regione. È anche il motivo per cui la maggior parte degli Armeni del Karabakh se ne sono andati» (Nigar Arpadarai, Membro del Parlamento dell’Azerbajgian e della delegazione azera all’Assemblea Parlamentare del Consiglio Europeo). «Se la tua comprensione della supremazia armena è “non voler vedere tuo figlio morire di fame sotto un assedio genocida azero, congelare in inverno o essere ucciso mentre torna da scuola”, allora hai ragione…» (Nara Matinian).
Pashinyan ha detto che il ritorno degli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh attualmente non è realistico
Il ritorno nel Nagorno-Karabakh degli Armeni sfollati con la forza è in discussione, anche su piattaforme internazionali, ma ad oggi non è realistico, ha detto il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, in una conferenza stampa. Ha osservato che la situazione dopo il 19 settembre scorso, che ha costretto gli Armeni a lasciare il Nagorno-Karabakh, così come la politica di pulizia etnica, non sono cambiate. Pashinyan ha detto, che se il ritorno di quelle persone fosse realistico oggi, non avrebbero lasciato il Nagorno-Karabakh.
«Se gli Armeni sfollati con la forza dal Nagorno-Karabakh non avranno l’opportunità di tornare alle loro case, faremo di tutto per garantire che rimangano in Armenia e non emigrino dal nostro Paese», ha sottolineato Pashinyan. Ha ricordato che dopo lo sfollamento forzato dal Nagorno-Karabakh si è verificato un grande deflusso di armeni del Karabakh dall’Armenia, ma in seguito si è registrato un riflusso. Allo stesso tempo, ha notato con soddisfazione che oggi non ci sono tendenze significative all’emigrazione tra la popolazione del Nagorno-Karabakh.
Pashinyan ha espresso la speranza che gli Armeni del Nagorno-Karabakh richiedano presto la cittadinanza di Armenia e si integrino pienamente nella vita del Paese, se non hanno opportunità oggettive e desiderio di tornare nel Nagorno-Karabakh.
Il 25 novembre 1957 è nato Monte “Avo” Melkonian, un volontario Armeno-Americano nato in California, eroe nazionale dell’Armenia, il comandante armeno più celebre della prima guerra del Nagorno-Karabakh per l’indipendenza dell’Artsakh.
Foto di copertina: l’Azerbajgian ha trasformato il sito culturale di Shushi in una discarica
I lavori di costruzione nella città di Shushi nell’Artsakh occupata dall’Azerbajgian, hanno danneggiato i resti archeologici della chiesa della Santa Madre di Dio di Meghretsots, secondo un’iscrizione fondata nel 1838. Un’immagine satellitare del 3 novembre scorso, rilasciata dal Caucasus Heritage Watch (CHW) mostra che i detriti della demolizione sono stati scaricati recentemente sulle fondamenta della chiesa, probabilmente utilizzando macchinari pesanti.
Il CHW ha notato per la prima volta danni al muro settentrionale nell’aprile 2021. Le successive immagini satellitari non indicano alcun cambiamento nell’area a parte la crescita della vegetazione. Ora, la demolizione degli edifici vicini ha trasformato questo sito culturale in una discarica, ha allertato l’organizzazione.
Danneggiata in epoca sovietica (rimasero solo il tabernacolo e le sacrestie), la chiesa negli anni ’60 divenne un cinema. Gli scavi nel 2017 hanno messo in luce le fondamenta originali sotto l’asfalto.
A seguito del genocidio perpetrato dall’Azerbajgian contro la popolazione indigena armena nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh/, centinaia di monasteri, chiese, cimiteri e santuari armeni si trovano ad affrontare l’imminente minaccia di distruzione. Il patrimonio culturale e religioso del popolo armeno è sull’orlo dell’annientamento, poiché l’agenda dell’Azerbajgian mira a cancellare ogni traccia dell’identità armena dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Organizzazioni multilaterali come l’UNESCO sono rimasti in silenzio mentre l’Azerbajgian ha distrutto il patrimonio culturale armeno nel Nakhichevan e non hanno sollevato alcuna protesta pubblica contro la distruzione in corso nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Se queste organizzazioni fallissero, ciò comporterebbe la perdita di un altro insostituibile panorama culturale armeno medievale e della prima età moderna. È fondamentale che l’UNESCO e le organizzazioni internazionali dedite alla conservazione utilizzino la loro influenza per proteggere il patrimonio culturale dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh.
Mappa delle chiese e dei monasteri armeni prima del genocidio del 1915 nella Turchia ottomana.
Mappa del Regno di Syunik, noto anche come Regno di Baghk o come Regno di Kapan, era un regno medievale armeno dipendente sul territorio di Syunik, Artsakh/Nagorno-Karabakh e Gegharkunik.
«Il Presidente Erdoğan: “Grazie ad Allah; non abbiamo mai dato il nostro consenso all’oppressione in nessun momento della nostra storia. Non siamo stati coinvolti in genocidi o sfruttamento come coloro che oggi rimangono in silenzio di fronte alla brutalità di Israele”» (Direzione delle Comunicazioni della Repubblica di Turchia).
«Non siamo mai stati coinvolti in un genocidio», afferma il Presidente del Paese che è stato in modo documentato coinvolto in alcuni genocidi. Erdoğan potrebbe non restare in silenzio di fronte ai crimini di guerra di Israele, ma la Turchia continua a fornire petrolio, acciaio, polvere da sparo e cibo all’esercito dello Stato di Israele. Ed anche questo è certo.
«La televisione statale azera AZ TV accusa gli Stati Uniti e l’Unione Europea di disinteresse per la pace nel Caucaso meridionale, non riconoscendo l’Azerbajgian come uno stato potente. Ironicamente, dopo aver ricevuto il silenzio durante la pulizia etnica dell’Artsakh, ora prendono di mira l’Occidente, cercando qualcosa di più del Nagorno-Karabakh» (Tatevik Hayrapetyan).
«La televisione statale azera AZ TV presenta l’Armenia come “Azerbajgian occidentale”. Continuano ad affermare le loro intenzioni territoriali nei confronti della Repubblica di Armenia e mirano a preparare il terreno per azioni aggressive» (Tatevik Hayrapetyan).
«Dubito che ci sia stato qualche altro Paese al mondo che abbia sviluppato una strategia di revisionismo e distorsione storica a un livello così scandaloso» (Sossi Tatikyan).
«Il Ministro degli Esteri ungherese si gode la propaganda azera dal vivo durante una visita nel Nagorno-Karabakh etnicamente pulito» (Lindsey Snell).
Il Presidente del Kazakhstan ha definito la pulizia etnica nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh un evento storico epocale, per il quale si è congratulato con il Presidente Ilham Aliyev: «Vorrei congratularmi con te e con tutto il popolo fraterno dell’Azerbajgian per l’evento storico epocale – garantendo l’integrità territoriale del Paese in conformità con il diritto internazionale e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ciò è stato possibile grazie alla vostra forte leadership, politiche lungimiranti e sagge da lontano, volte a rafforzare lo Stato, a migliorare il benessere delle persone e ad aumentare l’autorità del vostro Paese nella comunità mondiale. Siamo partner strategici naturali, praticamente vicini al di là del Mar Caspio» (Kassym-Jomart Tokayev, Presidente del Kazakhstan).
Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha sostenuto pubblicamente l’integrità territoriale della Georgia, rispondendo in diretta alla domanda se l’Armenia è pronta a riconoscere l’Abkhazia e la regione di Tskhinvali come territori occupati dalla Russia. «Accolgo con favore questa mossa del Primo Ministro Pashinyan. Allo stesso tempo, sono frustrato nei confronti degli esperti georgiani quando accolgono la pulizia etnica degli Armeni nel Nagorno-Karabakh come “il primo caso in assoluto di ripristino dell’integrità territoriale” nella regione. Ne sono stato testimone ieri: vergognoso» (Sossi Tatikyan).
«Buongiorno polizia della Turingia, perché il vostro collega qui ad Arnstadt mostra il saluto fascista del lupo (“saluto hitleriano dei neonazisti turchi”) nel negozio di kebab di Süweyda Demir? Sotto questo segno decine di migliaia di persone sono state (e sono!) torturate, perseguitate e uccise. Significa odio per i Curdi, gli Aleviti, gli Ebrei, i Cristiani, gli Armeni, gli Yezidi, gli LGBTQ, ecc.».
Un agente di polizia tedesco si identifica apertamente come sostenitore dell’organizzazione ultranazionalista turca dei Lupi Grigi. Strano e inquietante, e secondo le norme di governance del settore della sicurezza, contraddice le regole della polizia tedesca.
L’Armenia è pronta a scambiare gli Azeri condannati con prigionieri di guerra secondo il principio “tutti per tutti”
Il Primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha detto che il suo governo è concentrato sulla questione dei prigionieri di guerra armeni a Baku e ha espresso rammarico per il fatto che l’Azerbajgian stia sfruttando la questione puramente umanitaria dei prigionieri per scopi politici. Ha detto che le azioni dell’Azerbajgian sono fuori ogni logica.
«Abbiamo espresso la nostra disponibilità a mostrare flessibilità anche su questo tema e a collaborare con l’Azerbajgian affinché i nostri prigionieri possano tornare. I negoziati sono a senso unico, in una direzione. Inoltre, abbiamo espresso la disponibilità a scambiare anche gli Azeri condannati in Armenia con i nostri prigionieri secondo il principio “tutti per tutti”, considerandolo una questione puramente umanitaria», ha affermato il Primo Ministro armeno.
«Ci siamo rivolti ai tribunali internazionali per i diritti umani e ad altri possibili organismi legali in tutti i casi. In diversi casi abbiamo sentenze che indicano misure urgenti da parte di questi organismi, attirando l’attenzione internazionale sulla questione. Ma devo dire che ovviamente questo lavoro non può essere considerato sufficiente finché i nostri fratelli prigionieri non siano tornati in Armenia, e noi continueremo a fare ogni sforzo in questa direzione», ha detto Pashinyan.
Secondo il diritto internazionale, l’Azerbajgian deve rilasciare tutti i prigionieri politici, i prigionieri di guerra e gli ostaggi Armeni
Tutti i prigionieri politici, i prigionieri di guerra e gli ostaggi detenuti illegalmente in Azerbajgian devono essere rilasciati immediatamente in conformità con il diritto internazionale, sottolinea il rapporto Prigionieri armeni detenuti dall’Azerbajgian pubblicato dal Centro per la verità e la giustizia [QUI].
Il rapporto ricorda, che l’Azerbajgian ha effettuato la pulizia etnica degli Armeni dalla loro terra ancestrale attaccando la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh il 19 settembre 2023. Nel giro di 10 giorni, più di 100mila Armeni sono stati sfollati con la forza dal Nagorno-Karabakh e hanno trovato rifugio in Armenia.
Durante le guerre del 2020 e del 2023 contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, le autorità azere hanno catturato circa 200 civili e militari Armeni. «Decine di persone rimangono illegalmente nelle carceri azerbajgiane, alcune sono in attesa di processo e altre sono state illegalmente condannate alla reclusione a lungo termine“, afferma il rapporto del Centro per la verità e la giustizia.
Il rapporto ricorda, che secondo il procuratore generale dell’Azerbajgian, 300 ex leader del Nagorno-Karabakh sono “sotto inchiesta” per presunti crimini di guerra commessi durante le guerre. Otto di questi leader sono stati arrestati, umiliati davanti alle telecamere e portati nelle carceri di Baku.
Riferendosi agli ostaggi, il rapporto ricorda, che dal 2020 un numero imprecisato di civili Armeni è stato catturato dall’Azerbajgian nel Nagorno-Karabakh e nei suoi dintorni, nonché ai confini dell’Armenia.
Per quanto riguarda i prigionieri di guerra, il rapporto rileva, 36 prigionieri di guerra Armeni si trovano ancora nelle carceri dell’Azerbajgian. Tuttavia, secondo la dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020, tutti i prigionieri dovevano essere rilasciati. Il rapporto sottolinea che ora che entrambe le guerre sono finite, tutti i prigionieri di guerra devono essere rilasciati immediatamente in conformità con le Convenzioni di Ginevra.
La maggior parte dei prigionieri di guerra sono stati catturati nel territorio di Khtsaberd un mese dopo il cessate il fuoco ufficiale del 9 novembre 2020.
«I prigionieri politici, i prigionieri di guerra e gli ostaggi, alcuni dei quali sono stati illegalmente condannati a lunghe pene detentive in Azerbajgian, dovrebbero essere rilasciati immediatamente in conformità con il diritto internazionale e almeno come misura di rafforzamento della fiducia affinché i negoziati in corso tra Armenia e Azerbajgian possano dare frutti. La comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti, la Russia e i mediatori dell’Unione Europea, così come altri, sono obbligati a sollecitare l’Azerbajgian a rilasciarli incondizionatamente e immediatamente“, afferma il rapporto nel quale tutti i prigionieri sono rappresentati per nome, comprese le persone che hanno ricoperto posizioni di leadership nella Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ovvero Arayik Harutyunyan, Bako Sahakyan, Davit Babayan, Arkadi Ghukasyan, Ruben Vardanyan, Davit Ishkhanyan, Davit Manukyan, Levon Mnatsakanyan, nonché i civili e militari catturati dagli Azeri.
Il Ministero della Difesa russo continua a riferire che durante la giornata non si sono verificate violazioni del cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh. Questo è fuori ogni logica e realtà, visto che tutti gli abitanti della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh sono stati sfollati con la forza dopo l’attacco terroristico dell’Azerbajgian del 19-20 settembre 2023, sotto l’osservazione passiva delle forze di (non) mantenimento della pace russe. Menziona anche che per ottimizzare il sistema di monitoraggio delle forze di mantenimento della pace, è stato smantellato un altro posto di osservazione russo nella zona di Lachin, nel Corridoio di Berdzor (Lachin).
È previsto l’arrivo in Armenia della Missione conoscitiva dell’Unione Europea
Una delegazione del Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) e della Commissione Europea si recherà in Armenia, dal 27 al 29 novembre 2023. Durante la visita verranno discusse varie dimensioni delle relazioni Unione Europea-Armenia, per esplorare dove i legami possono essere approfonditi e rafforzati e come l’Armenia può sfruttare tutto il potenziale dell’accordo di partenariato globale e rafforzato Unione Europea-Armenia.
La visita fa seguito all’incarico conferito dal Consiglio Europeo del 26 e 27 ottobre di presentare le opzioni su come rafforzare al meglio le relazioni Unione Europea-Armenia.
Insieme al SEAE e alla Commissione ìEuropea, si uniranno alla visita rappresentanti della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS), della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera (Frontex).
La delegazione incontrerà rappresentanti di alto livello del governo armeno, rappresentanti delle Nazioni Unite e organizzazioni della società civile.
In occasione della visita sarà inaugurata anche la piattaforma di coordinamento degli investimenti Unione Europea-Armenia.
«Il 30 novembre 2023, le commissioni per la demarcazione dei confini dei due Paesi si incontreranno al confine di Stato tra Armenia e Azerbajgian, ha riferito il Ministero degli Esteri armeno. L’accordo è preliminare. Da parte armena, la commissione è chiamata “Commissione per la demarcazione dei confini statali e la sicurezza dei confini tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica di Azerbajgian” e da parte azera, si chiama “Commissione statale per la demarcazione dei confini statali tra la Repubblica di Azerbajgian e della Repubblica di Armenia”.
Recentemente, l’Azerbajgian ha offerto all’Armenia di negoziare direttamente, anche al confine di Stato. Non è specificato quali funzionari l’Azerbajgian propone di partecipare. In risposta, Yerevan ha proposto di tenere la sessione delle Commissioni per la demarcazione dei confini. Tali Commissioni sono guidate dai Vice Primi Ministri di Armenia e Azerbajgian. Mher Grigoryan e Shahin Mustafaev hanno già esperienza nella negoziazione del confine. Se si terrà la riunione della Commissione per la delimitazione del confine armeno-azerbajgiano e si otterranno risultati, ciò significherà che il ruolo negativo della Russia in questa materia diminuirà.
La Russia dichiara sempre di essere pronta ad aiutare l’Azerbajgian e l’Armenia nella delimitazione dei confini. Il suo obiettivo era quello di schierare truppe russe sul confine armeno-azerbajgiano durante il processo di demarcazione del confine ed è stato respinto dalla parte armena. La Russia è un generatore di conflitti, e minore sarà il suo ruolo nei processi armeno-azerbajgiani, più rapide saranno le soluzioni.
Il 13 settembre 2022, l’Azerbajgian ha lanciato un attacco militare contro l’Armenia e ha occupato un’area compresa tra 150 e 200 chilometri quadrati. Invece di adempiere all’obbligo di sostenere l’Armenia, la Russia ha giustificato il conflitto con la mancanza di demarcazione dei confini. Ricordiamo anche l’episodio dell’affissione della bandiera sul ponte Hakari. All’epoca il Ministero degli Esteri russo dichiarò che ciò si spiegava con la mancanza di demarcazione e chiese l’avvio del processo di delimitazione con il sostegno russo. In generale, dopo il 9 novembre 2020, la Russia, con l’aiuto dell’Azerbajgian, si è lanciata nei processi di demarcazione del confine armeno-azerbajgiano, di sblocco e di negoziati di pace, con l’obiettivo di assumere un ruolo. L’obiettivo della Russia è ostacolare questi processi e impedire la risoluzione delle questioni relative al conflitto tra Armenia e Azerbajgian.L’incontro sul confine armeno-azerbajgiano può aiutare l’uscita della Russia dal processo di demarcazione. Credo che il prossimo incontro delle commissioni di demarcazione abbia il sostegno degli USA e dell’Unione Europea, il cui obiettivo è raggiungere la pace armeno-azera nella regione, non continuare il conflitto.
Quando Yerevan e Baku avranno accordi in formato bilaterale sulla delimitazione dei confini e sulle questioni relative allo sblocco, la firma di un trattato di pace con la mediazione dell’Occidente diventerà solo una questione tecnica.
Nella riunione del prossimo 30 novembre, penso che la questione principale sarà la decisione sulla mappa necessaria per la delimitazione. In primavera e in estate a Brussel, Armenia e Azerbajgian si sono reciprocamente riconosciute l’integrità territoriale sulla base della Dichiarazione di Alma-Ata. Ciò implica che la base della demarcazione dovrebbero essere le ultime mappe dell’URSS con validità legale.
Il prossimo 30 novembre, l’Azerbajgian dovrebbe accettare di avviare i lavori di demarcazione dei confini basati sulla mappa del 1975. Durante il processo sono possibili conflitti. Per risolvere tali problemi, sarà necessario coinvolgere esperti Europei, nonché sviluppare principi di demarcazione basati sul manuale del 2017 adottato dall’OSCE.
Anche dovrebbe essere esclusa la Russia dal tema dello sblocco. L’Azerbajgian ha mantenuto il coinvolgimento dei Russi nel processo di sblocco, cercando di costringere la parte armena a cedere il controllo della rotta Nakhichevan-Azerbajgian con attacchi militari. L’Armenia ha offerto all’Azerbajgian una rigorosa misura di sicurezza per monitorare le strade. È stata creata una struttura speciale nel Servizio di Sicurezza Nazionale dell’Armenia, che garantirà la sicurezza delle rotte sbloccate.
Armenia e Azerbajgian dovrebbero imparare a formulare interessi comuni per evitare di diventare vittime degli interessi della Russia. I Russi hanno sempre osservato con gioia come Armeni e Azeri si uccidono a vicenda. Ciò ha consentito al Cremlino di rimanere nella regione e di mantenere la propria influenza a scapito del sangue di Armeni e Azeri.
I funzionari Armeni e Azeri devono avere l’intelligenza per capire che senza il raggiungimento di una vera pace e la firma di un accordo, entrambi gli Stati rimarranno in pericolo. I due Stati saranno indipendenti se tutti i conflitti saranno risolti. Nuove guerre incoraggeranno il ruolo distruttivo della Russia, che continuerà a minacciare l’indipendenza dell’Armenia e dell’Azerbajgian» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
«Ci sono molti Paesi dipendenti e senza successo nel mondo che, cercando di sedersi su due o più sedie, vogliono servire diversi padroni. E uno di questi è il vicino dell’Azerbajgian, l’Armenia. Tali Paesi non possono essere definiti indipendenti nel vero senso della parola. In questi Paesi le politiche non corrispondono all’opinione della gente. Il futuro di questi Paesi è nelle mani degli sponsor stranieri» (Ali Alizada, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Iran).
«Per l’Azerbajgian, la cooperazione di Armenia con qualsiasi Paese è una dipendenza, mentre la cooperazione dell’Azerbajgian con la Turchia si basa sul concetto “1 nazione in 2 Stati”, l’Azerbajgian ha vinto la guerra dei 44 giorni del 2020 con istruttori Turchi, droni israeliani e mercenari reclutati dalla Turchia, ospita truppe turche e russe, ricicla il gas russo verso l’Europa» (Sossi Tatikyan).
«Il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha delineato quando e a quali condizioni inizierà il processo di uscita dall’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) guidata dalla Russia: “La decisione sull’eventuale ritiro dell’Armenia dalla CSTO verrà presa tenendo conto dei nostri interessi statali. Ci concentreremo sugli interessi statali dell’Armenia: indipendentemente dal fatto che abbiamo preso delle decisioni in questo momento o meno, il nostro punto di riferimento verso il quale siamo orientati è l’interesse statale dell’Armenia. A questo punto, i nostri registri indicano che la CSTO non adempie ai suoi obblighi nei confronti dell’Armenia. In questo senso, le azioni della CSTO non sono in linea con gli interessi dell’Armenia. E solleviamo la questione in modo trasparente», ha osservato Pashinyan.
Il 23 novembre scorso, il Primo Ministro armeno non si è recato a Minsk e non ha partecipato alla sessione della CSTO. Il giorno prima, il Segretario del Consiglio di Sicurezza armeno e il Ministro degli Esteri armeno non si erano recati a Minsk. La sessione della CSTO tenutasi a Yerevan il 23 novembre 2022 è da ricordare: allora Putin è arrivato a Yerevan per l’ultima volta, due mesi dopo gli attacchi militari su larga scala dell’Azerbajgian contro l’Armenia. Il 13 settembre 2022, le forze armate dell’Azerbajgian avevano lanciato un attacco militare contro diverse regioni dell’Armenia, occupando un’area compresa tra 150 e 200 chilometri quadrati. Gli Azeri occuparono alture strategicamente importanti, dove costruirono fortificazioni e non si ritirarono. Ancora oggi gli Azeri mantengono occupati i territori sovrani armeni. Dopo l’attacco militare azerbajgiano, l’Armenia ha fatto appello sia alla CSTO che alla Russia per il sostegno militare. Tuttavia, gli “alleati” dell’Armenia non hanno tenuto conto dell’attacco militare dell’Azerbajgian, che si è trasformato in un’aggressione. Non hanno nemmeno espresso semplici condoglianze umane al popolo armeno per le oltre 200 vittime umane, la distruzione di villaggi e città e l’occupazione dei territori. La Russia e la CSTO si sono rifiutate di adempiere ai doveri di sicurezza nei confronti di Yerevan, non riconoscendo nemmeno i confini dell’Armenia, l’integrità territoriale o l’occupazione dei territori da parte di Baku. Rifiutandosi di fornire sostegno militare, la Russia si è offerta di schierare osservatori della CSTO o forze di pace sul confine armeno-azerbajgiano. Gli “alleati dell’Armenia” non hanno cercato di sostenere l’Armenia ma di bloccare l’ingresso degli osservatori europei in Armenia. Yerevan ha respinto le pressioni della CSTO e ha acconsentito allo schieramento di osservatori dell’Unione Europea. Oggi Erevan ha chiesto che la CSTO smetta di discutere la questione del sostegno all’Armenia. Questo è un passo naturale e nasce dalla situazione. La parte armena dovrebbe liberare la CSTO dall’obbligo di rispondere a domande difficili e prendere la decisione di lasciare le fila della CSTO.
Il Primo Ministro armeno ha affermato che l’Armenia ha sempre cercato di trovare un equilibrio tra i sistemi di sicurezza e quelli militari, ma i partner internazionali considerano l’adesione alla CSTO un ostacolo. “Vogliamo fare di tutto affinché la nostra posizione sia pienamente compresa dalla CSTO. La nostra società ci pone la domanda: perché siete rimasti nella CSTO se l’adesione a quell’organizzazione non dà nulla all’Armenia o non fornisce il minimo che mantenga vivo il nostro interesse ad aderire all’organizzazione? Al contrario, la nostra adesione alla CSTO crea ulteriori problemi al nostro sistema di sicurezza․ Non è vero che nel 2018-2019 siamo riusciti ad acquisire le armi che volevamo dai partner della CSTO. Pensi che non abbiamo provato a diversificare la nostra acquisizione di armi in quel momento? La discussione durò pochi minuti. Ci è stato detto che l’Armenia è un membro della CSTO e che non può entrare in relazioni tecnico-militari fuori di noi”.
Pashinyan ha anche fatto appello pubblicamente ai Paesi membri della CSTO, aspettandosi che lo capissero correttamente. “Essendo membri della CSTO, non possiamo ottenere le armi e il sostegno politico necessari. D’altra parte, l’adesione dell’Armenia alla CSTO è un ostacolo insormontabile per ricevere sostegno e cooperazione da altri parti. Dobbiamo prendere decisioni che siano in nostri interessi; non possiamo commettere errori in questa materia”.
A giudicare dalle parole di Nikol Pashinyan, se l’Armenia non riceverà il necessario sostegno politico-militare dalla CSTO, inizierà il processo di uscita dall’alleanza. Secondo la mia valutazione, ciò potrebbe accadere a breve termine.
Nonostante le lamentele non nascoste del funzionario Erevan, il Portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha annunciato l’altro giorno che Mosca spera che l’Armenia continui a lavorare nel quadro della CSTO. Il Portavoce di Lavrov ha affermato che la mancata partecipazione di Yerevan agli eventi della CSTO non corrisponde agli interessi del popolo armeno. Queste però sono le formulazioni diplomatiche di Mosca. Il 23 novembre 2023, il Cremlino ha parlato in modo più sincero e aperto attraverso le labbra di Lukashenko. Durante l’ultimo vertice di Minsk, senza fare nomi, ha accusato Yerevan di azioni provocatorie, lasciando intendere che invece di esprimere le proprie lamentele, alcuni colleghi preferiscono parlare attraverso i media. Lukashenko ha affermato che i vertici della CSTO vengono convocati per discutere tutte le questioni urgenti e trovare soluzioni: “Creare una situazione di conflitto e quindi presentare un dono a coloro che non sono interessati a rafforzare la sicurezza degli Stati membri della CSTO può avvenire solo da parte di politici con una vita di farfalla. È un comportamento irresponsabile e miope”. Quando Lukashenko ha menzionato direttamente l’Armenia, ha parlato in termini miti, suggerendo che i problemi dovrebbero essere risolti attraverso i negoziati. Tuttavia, nonostante i negoziati costruttivi durati più di un anno, non sono stati raggiunti risultati e c’è un’alta probabilità che l’Armenia annuncerà presto l’avvio del processo di ritiro dalla CSTO. L’Armenia non partecipa alle esercitazioni militari della CSTO e ha richiamato il suo ambasciatore presso la CSTO.
Gli Stati Uniti e l’Armenia hanno concordato che la parte americana sosterrà le riforme delle forze armate armene. Oltre a sostenere le riforme in materia di sicurezza, la Francia fornisce anche forniture militari. L’Unione Europea sta seriamente valutando la possibilità di offrire sostegno militare all’Armenia. Credo che queste azioni trasmettano un messaggio dall’Occidente all’Armenia e al popolo armeno sul potenziale di cooperazione in materia di sicurezza se la parte armena approfondisse la sua cooperazione con l’Occidente» (Roberto Ananyan – Nostra traduzione italiana dall’inglese).
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-11-25 21:13:422023-11-26 21:15:01l ritorno degli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh attualmente non è realistico (Korazym 25.11.23)
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