Armenia tradita da Putin: in nome della pace, cede un pezzo di se stessa (Libero 31.05.23)

Qualcosa si muove nel Caucaso del Sud, e per fortuna non si tratta di spostamenti di truppe, ma di promettenti e in parte riusciti tentativi di dialogo per stabilire una pace durevole tra Azerbaijan Armenia. Una notizia dolce in tempi amarissimi. Ma c’è un problema, un’incognita, e una palpabile inquietudine per il prezzo tremendo che Erevan, capitale della Repubblica d’Armenia, ha accettato di pagare: il Nagorno-Karabakh è stato riconosciuto dal governo guidato da Nikol Pashinyan come territorio appartenente a pieno titolo all’Azerbaijan.

Agli inizi degli anni ’90, questa enclave da millenni cristiano-armena, sopravvissuta nei secoli alle ondate dell’oceano turco, fu infine consegnata da Stalin, con uno scherzo atroce e ben calcolato, alla Repubblica socialista dell’Azerbaijan. Allo sfaldarsi dell’impero sovietico, dopo essersi proclamata Repubblica Indipendente dell’Artsakh, a seguito di un referendum, il suo popolo affermò con una guerra spietata la prerogativa dell’autodeterminazione. Vinse. Per garantirsi sicurezza e collegamenti vitali con Erevan, occupò province azere, abbandonate dalla popolazione di ascendenza turca e sciita. Il diritto internazionale che in Kosovo ha funzionato per garantire indipendenza, stante la volontà della popolazione di etnia albanese, qui invece ha privilegiato l’Azerbaijan.

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Si chiamano rapporti di forza. Le trattative per sistemare la questione, condotte da un gruppo di nazioni, oltre a quelle direttamente interessate, sono state ciclicamente bloccate per aggressioni militari azere, e sempre respinte. Non così nella guerra lanciata nel settembre del 2020 e conclusasi nel novembre dello stesso anni con la capitolazione dell’Armenia.

 

 

 

 

LO ZAR SI VOLTA DALL’ALTRA PARTE – La Russia, che secondo patti vincolanti di alleanza militare, avrebbe dovuto provvedere a fermare l’esercito di Alyiev, rafforzato da tagliatori di teste siriani inviati dalla Turchia, ha lasciato fare, e soltanto all’ultimo istante, per evitare un massacro, si è interposta, costringendo a un accordo di tregua, sorvegliato da duemila militari russi. I quali dal dicembre scorso hanno consentito a militanti “ecologisti” (sic) azeri di stringere in assedio, e prendere per fame, i 120mila armeni cristiani, in violazione dei patti e nonostante l’ordine dell’Onu di interrompere questi prodromi di genocidio. Ma non è intervenuto nessuno, nessuna sanzione. Vendetta di Putin contro Pashinyan che aveva cercato e ottenuto – a chiacchiere – sostegno dall’Unione europea e bussato a Bruxelles ottenendo attenzione e promesse perché riconoscesse la parentela ideale e di civiltà tra la sua nazione e quelle europee (Venezia è la seconda capitale dell’Armenia), e riparasse alla complicità omertosa con il genocidio a opera dei turchi nel 1915 (un milione e mezzo di armeni ammazzati in quanto cristiani).

La Russia non ha gradito che l’Armenia chiedesse osservatori dell’Unione europea a vigilare i confini. L’Ue ha detto un ipocrita “oui, yawoll”, che in fondo non costava niente. In particolare l’Italia bisognosa di gas (peraltro in certa parte triangolato con la Russia, con cui Baku ha firmato uno strano occordo nella strana data del 24 febbraio 2022, per puro caso lo stesso giorno dell’aggresssione dello Zar all’Ucraina), ha trattato l’autocrazia della dinastia Alyev come partenr fiduciario. L’Italia ha addirittura stretto un accordo di partenariato militare, contraddicendo il professato programma di difesa delle identità di popoli e in particolare delle minoranze cristiane.

DOLORE E RAGION DI STATO – La notizia della rinuncia all’Artsakh ha sconvolto la vasta comunità armena sparsa nel mondo (10 milioni di persone bene integrate negli Usa, Canada, Francia, Australia, Argentina, Uruguay, in Svizzera-in Italia; presenze millenarie in Siria e in Libano e in Terra Santa). È come se le avessero asportato un polmone dal suo corpo vivo: l’Artsakh è la terra sorgiva della fede e della cultura di questa nazione. Pashinyan ha agito per necessità, e nella considerazione dei maledetti rapporti di forza, che nonostante tutti i proclami di diritto internazionale, impiccano l’Armenia all’albero degli sconfitti. Ha consegnato così l’Artsakh e i suoi 120mila abitanti alla misericordia di Ilham Alyiev e del mondo intero. Ora chiede garanzie peri suoi connazionali ormai cittadini azeri. Vorrebbe una supervisione internazionale. Alyev dice di no. Ma come? Sospettate di noi?

 

 

 

 

La nostra costituzione azera proclama l’uguaglianza. Non accettiamo interferenze straniere. Intanto con una dichiarazione spaventevole, Alyev ha chiesto agli armeni dell’Artsakh di consegnargli, in cambio di una “eventuale” aministia per i 120mila secessionisti, il presidente Arayik Haratyunyan. Almeno i veneti (ad esempio il cardinal segretario di Stato Parolin, il presidente Zaja) ricorderanno che la medesima richiesta fu fatta dai turchi capeggiati da Mustafa Pascià alla veneziana Famagosta (Cipro). Il generale Marcantonio Bragadin accettò una onerovele resa. Fu mutilato, ustionato, spellato vivo, squartato e il suo corpo buffamente ricucito fu appeso all’albero di una galea insieme a quello dei suoi ufficiali (17 agosto 1571). Poi però ci fu Lepanto (7 ottobre 1571).

PERCHÉ NOI SIAMO AMRENI – La prossima riunione per evitare una nuova Famagosta e avvicinare una pace a tutto tondo sarà presto a Chisinau, in Moldavia. Ci saranno anche Macron e Scholz. L’Italia non ha chiesto di esserci. Peccato. Come Andreotti aveva proposto per il Kurdistan l’Italia ha dalla sua la soluzione della questione della minoranza tedesca in Sud Tirolo-Alto Adige. L’accordo di Parigi tra Italia e Austria del 5 settembre 1946 detto De Gasperi-Gruber, riconoscendo la sovranità italiana fissò un’intesa sui diritti all’autonomia. L’Onu nel 1960, all’unanimità, su proposta dell’Austria volle una ripresa del dialogo con l’Italia. Qui mi sia permessa un’osservazione spero non solo personale: noi italiani non possiamo non essere spiritualmente armeni. Non possiamo estraniarci lasciando a russi, turchi, tedeschi e francesi la questione del diritto degli armeni a esistere come civiltà, come identità nella quale specchiarci con gratitudine. Hanno resistito millenni al tentativo di distruzione. Hanno sopportato eccidi, invasioni, mantenendo la fede, la lingua, un fuoco di umanità. Non permettiamo sia spento dalla nostra sete di idrocarburi (e, temo, almeno a certi livelli, fame di caviale).

Russia, addio. La Moldavia sposa l’Europa, il ruolo chiave dell’Azerbaigian (Haffingtonpost 31.05.23)

Al vertice della Comunità dei Paesi europei che si aprirà giovedì in un castello alle porte di Chisinau, piccola e ordinata capitale della altrettanto piccola Moldavia, i 40 Paesi riuniti troveranno sul tavolo questioni non certo irrilevanti su cui discutere. Così come non è irrilevante la scelta del luogo per questa riunione di una Europa “politica” allargata – la seconda, nata da un’idea del presidente francese Emmanuel Macron – proprio dietro il confine ucraino, mentre tutto il mondo è in attesa della tanto annunciata controffensiva di Kyiv. La Moldavia, come l’Ucraina, ha chiesto di aderire all’Unione europea lo scorso anno poco dopo l’invasione russa, e Chisinau sta pianificando di utilizzare il vertice per presentare le riforme e convincere i leader ad aprire i negoziati di adesione il prima possibile. La Moldavia ha annunciato l’intenzione di avviare la procedura per il ritiro dall’accordo sull’Assemblea interparlamentare della Csi (Comunità di Stati indipendenti), ha adottato tutte le misure per affrancarsi del tutto dalle forniture energetiche russe, ha presentato di recente proposte di legge contro la propaganda russa e per la messa al bando del partito filorusso, ha portato in piazza 80mila persone a Chisinau per chiedere un accesso rapido all’Ue. Ha ottenuto ieri dal Consiglio Ue il raddoppio dell’assistenza finanziaria – da 150 a 295 milioni di euro – e oggi dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen la promessa di un nuovo pacchetto di investimenti e di assistenza – che include anche l’abbassamento delle tariffe di roaming dal 2024 e la partecipazione moldava alla piattaforma di acquisti congiunti di gas – con una “mobilitazione di 1,6 miliardi di euro con porterà grandi opportunità per le aziende moldave”.

Secondo l’agenzia di stampa Reuters a Chisinau è prevista anche la firma di un accordo di pace tra l’Armenia e l’Azerbaigian. E proprio l’Azerbaigian sarà uno dei protagonisti dell’incontro, non solo perché si spera appunto nella distensione tra Yerevan e Baku, ma anche e soprattutto perché è da Baku che arriveranno – e secondo la nostra premier Giorgia Meloni stanno già arrivando – quelle forniture di energia delle quali Europa, e Italia, hanno tanto bisogno per fare davvero a meno dell’energia che arriva da Mosca. Meloni di recente ha dichiarato: “Riceviamo quasi il 60% delle consegne dell’Azerbaijan tramite TAP attraverso Turchia, Grecia e Albania”.

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Come ha scritto il Wall Street Journal, l’Azerbaigian, con la partecipazione attiva di Bruxelles e Washington, sta mettendo in campo grandi sforzi per normalizzare le relazioni con il suo vicino armeno e aprire rotte di trasporto regionali per l’energia, che può produrre in grande quantità. La principale è quella che dovrebbe passare attraverso il cosiddetto Corridoio di Zangezur – anche noto come Corridoio di Nakhchivan – una direttiva di trasporto che dovrebbe collegare la Repubblica autonoma di Nakhchivan al resto dell’Azerbaigian attraverso la regione di Syunik dell’Armenia. Le autorità azere fanno riferimento per questo progetto al nono punto dell’accordo per il cessate il fuoco nel Nagorno-Karabakh del 2020, firmato il 10 novembre di quell’anno. Con la sua apertura, l’Unione europea (e anche l’Italia) otterrà una rotta di trasporto diretta verso la Cina, aggirando la Russia, attraverso la Turchia, l’Azerbaigian, il Mar Caspio e l’Asia centrale. Nel 2022, il volume delle consegne di gas dall’Azerbaigian all’Unione Europea ha raggiunto i 12 miliardi di metri cubi, ed entro il 2027 Baku prevede di raddoppiare questa cifra. Attualmente Baku fornisce petrolio e gas a Romania, Croazia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Austria, Germania, Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia, mentre sono in corso negoziati con l’Ungheria, l’Albania e anche la Moldavia, Quest’ultima spera in questo modo di risolvere i suoi drammatici problemi di rifornimento energetico, che attualmente sono strettamente interconnessi alla rete ucraina, tanto che in diverse occasioni i bombardamenti russi al di là del confine hanno causato estesi blackout energetici anche nella piccola Moldavia. La presidente Maia Sandu, a tale proposito, ha recentemente dichiarato: “La Federazione russa vuole un governo filo-russo in Moldavia e ci sta ricattando attraverso le risorse energetiche, per questo la partnership con l’Azerbaigian è molto importante per realizzare il nostro desiderio di raggiungere l’indipendenza energetica. Speriamo nel sostegno e nella cooperazione delle autorità di Baku”.

Grazie all’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, la cui costruzione è stata sostenuta da Stati Uniti e Gran Bretagna, dal 2006 l’Azerbaigian ha una via di trasporto del petrolio indipendente dal Cremlino. La presenza di una tale infrastruttura è di importanza decisiva per la politica energetica indipendente di Baku nell’interesse dell’Unione Europea. Il Kazakistan – che sarebbe un possibile fornitore di energia alternativo a Mosca – non ha soddisfatto la richiesta della Germania di aumentare il volume delle forniture di petrolio e il 27 maggio scorso il vice capo dell’operatore nazionale del Kazakistan per il principale oleodotto, la KazTransOil, Eric Sagiyev, ha osservato che l’aumento delle esportazioni dipende interamente dalla Federazione Russa. “Il presidente azero Ilham Aliyev è riuscito a sfuggire al controllo di Mosca con maggior successo di quasi tutti gli altri leader delle ex repubbliche sovietiche”, ha osservato sempre il Wall Street Journal ed ha insistito scrivendo che “Putin sta usando gli armeni del Karabakh come pedine del suo gioco, allo stesso modo degli osseti del sud e degli abkhazi in Georgia…” . Del resto, è innegabile che Baku si oppone al separatismo filo-russo tanto quanto sta cercando di fare Kyiv: l’Ucraina nel Donbass e la Crimea, l’Azerbaigian nel Nagorno-Karabakh. Se l’Ucraina è il baluardo dell’Europa sulla via dell’espansione aggressiva di Mosca, l’Azerbaigian si candida a diventarlo in un modo differente, essendo uno dei principali fornitori di energia dell’Ue, compensando la rinuncia al gas russo. Dal punto di vista militare, di fronte al minaccioso riavvicinamento di Russia e Iran, nonché all’attività dei separatisti del Karabakh sotto la copertura del contingente militare russo, l’Azerbaigian è stato costretto ad aumentare costantemente la sua capacità di difesa. La spesa militare dell’Azerbaigian nel 2022 ha raggiunto infatti quasi 3 miliardi di dollari. Di conseguenza, nella classifica delle potenze militare per il 2023, l’Azerbaigian si è classificato al 57° posto su 145 paesi. Pertanto, è attualmente lo stato militare più potente del Caucaso meridionale. E gli analisti internazionali sono convinti che, nel tentativo di fare leva su Baku, Mosca coinvolgerà i separatisti armeni nel Karabakh (che anche il primo ministro dell’Armenia ha riconosciuto come territorio sovrano dell’Azerbaigian).

Nonostante la presenza di vicini ostili a nord e a sud, l’Azerbaigian sostiene costantemente l’Ucraina: “L’Azerbaigian continua a fornire assistenza umanitaria al popolo ucraino”, ha dichiarato poche settimane fa il ministro degli Esteri di Baku, Jeyhun Bayramov, che ha ricordato come, solo nel 2022, l’Azerbaigian ha fornito gratuitamente all’Ucraina oltre 200.000 litri di carburante e oltre 900 tonnellate di medicinali, attrezzature mediche e cibo. Un aiuto che non ha lasciato indifferente Kyiv, con la vicepresidente della Verkhovna Rada dell’Ucraina, Elena Kondratiuk, che il 16 maggio scorso ha ringraziato la leadership di questa repubblica del Caucaso meridionale “per il costante sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”, mentre la scorsa settimana, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso la sua gratitudine per “la posizione coerente dell’Azerbaigian nel sostenere la sovranità del nostro paese”. La speranza, allora, è che dal vertice di Chisinau venga fuori una “Europa allargata” unita e solidale, decisa ad operare per la pace nella regione ed a contrastare, compatta, l’aggressività e l’espansionismo di Mosca.

171° giorno del #ArtsakhBlockade. Condanna per la non disinteressata attività di lobbying da politici italiani a favore dell’Azerbajgian, partner per niente “affidabile” (Korazym 31.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 31.05.2023 – Vik van Brantegem] – Mentre l’Azerbajgian prosegue l’assedia all’Artsakh/Nagorno-Karabakh e continua ad occupare territori sovrani della Repubblica di Armenia e gran parte della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, gli Armeni sono terrorizzati dalle tattiche dell’Azerbajgian, che prevedono l’uso di droni per sganciare bombe oltre il confine, causando vittime tra i civili e il personale di difesa armeno in Armenia e in Artsakh/Nagorno-Karabakh. Noi non siamo stati in silenzio, non stiamo in silenzio e non staremo in silenzio di fronte ad una nuova minaccia di genocidio per gli Armeni.

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh ha reagito con una dichiarazione alle minacce fatte dal Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, durante un recente discorso: «È assolutamente inaccettabile lasciare le minacce dell’Azerbajgian senza una risposta adeguata e forte»

La dichiarazione afferma tra altro: «Riteniamo assolutamente inaccettabile che la comunità internazionale, e prima di tutto la Federazione Russa, le cui forze di mantenimento della pace sono di stanza nell’Artsakh e sotto le cui garanzie di sicurezza decine di migliaia di cittadini dell’Artsakh sono tornati alle loro case dopo la guerra del 2020, lascino le minacce dell’Azerbaigian a riprendere le operazioni militari contro l’Artsakh senza una risposta adeguata e forte».

Ora puoi immaginare quanto sia terribile la situazione per gli Armeni dell’Artsakh, se Stepanakert fa ricorso ad un tale linguaggio, non solo riferendosi alla comunità internazionale, ma nello specifico alla Federazione Russa, la prima volta in questo tono. La politica di pulizia etnica è in atto e gli Armeni nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh sono soli. Come sono soli gli Armenia nell’Armenia proprio.

Di seguito riportiamo il testo integrale della dichiarazione del Ministero degli Esteri di Artsakh nella nostra traduzione italiana dall’inglese:

«Il 28 maggio 2023, in flagrante violazione delle norme e dei principi del diritto internazionale, obblighi assunti dalla Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020, e ignorando la presenza delle forze di mantenimento della pace russe, il Presidente dell’Azerbajgian ha rilasciato una serie di dichiarazioni bellicose e provocatorie nei confronti la Repubblica di Artsakh e le sue istituzioni democratiche, nonché la possibilità di ripresa delle ostilità da parte dell’Azerbajgian contro l’Artsakh. Il fatto che il Presidente dell’Azerbajgian sia ricorso ancora una volta a minacce aperte e a un vero e proprio ricatto non lascia dubbi sul fatto che l’Azerbajgian neghi costantemente la possibilità stessa di risolvere il conflitto tra l’Azerbajgian e il Nagorno-Karabakh attraverso i negoziati.

Il blocco prolungato, la creazione di condizioni di vita insopportabili, la negazione del diritto alla vita e alla sicurezza, violazioni sistematiche e massicce di altri diritti e libertà fondamentali, repressione e persecuzione sono gli strumenti che l’Azerbajgian intende utilizzare ulteriormente contro il popolo dell’Artsakh.

Il blocco, che dura ormai da più di cinque mesi, gli attacchi armati in corso e le dichiarazioni belligeranti dimostrano che l’Azerbajgian non solo non è disposto a rinunciare alla sua politica di minacce e violenza, ma la sta sempre più rafforzando sullo sfondo dell’inerzia della comunità internazionale, compresi i mediatori internazionali coinvolti nel processo di risoluzione.

Le dichiarazioni rilasciate dalle autorità azere sulla presunta disponibilità a garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni dell’Artsakh sono una falsa narrazione e una cortina fumogena dietro la quale si cela la vera intenzione di Baku di effettuare la pulizia etnica nell’Artsakh. Chiedendo di riconoscere l’Artsakh come parte dell’Azerbajgian, le autorità di questo Paese stanno infatti cercando di ottenere una “licenza” per portare a termine i loro piani criminali impunemente.

Gli attori internazionali devono smettere di chiudere un occhio sui veri motivi e obiettivi dell’agenda dell’Azerbajgian in relazione all’Artsakh, le cui componenti diplomatiche e di politica estera sono una continuazione della politica di ricatto, coercizione e minaccia della forza in violazione della Carta delle Nazioni Unite, i documenti costitutivi dell’Organizzazione per la Securezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) e del Consiglio d’Europa. Ignorare le vere intenzioni e le violazioni degli obblighi internazionali dell’Azerbajgian, così come i tentativi dei mediatori internazionali di ricercare un atteggiamento costruttivo nell’agenda apertamente genocida dell’Azerbajgian, è un autoinganno ed equivale ad approvare le azioni criminali di Baku.

Riteniamo assolutamente inaccettabile che la comunità internazionale, e prima di tutto la Federazione Russa, le cui forze di mantenimento della pace sono di stanza nell’Artsakh e sotto le cui garanzie di sicurezza decine di migliaia di cittadini dell’Artsakh sono tornati alle loro case dopo la guerra del 2020, lascino le minacce dell’Azerbaigian a riprendere le operazioni militari contro l’Artsakh senza una risposta adeguata e forte.

Partiamo dal presupposto che i mediatori internazionali, rappresentati dai Paesi Copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE e dall’Unione Europea, devono prestare maggiore attenzione alla retorica guerrafondaia e alle azioni illegali dell’Azerbaigian, e devono passare dalle parole ai fatti per impedire la realizzazione di i piani criminali dell’Azerbajgian e quindi dimostrare in pratica il loro impegno nei confronti delle norme e dei principi fondamentali del diritto internazionale, nonché garantire i diritti umani e la sicurezza del popolo dell’Artsakh e stabilire una pace giusta, dignitosa e duratura nella regione».

«Come interpretare l’affermazione di Matthew Miller, Portavoce del Dipartimento di Stato americano: “Accogliamo con favore le recenti osservazioni del Presidente Aliyev sulla considerazione dell’amnistia”? E le nuove minacce di aggressione di Aliyev, il continuo #ArtsakhBlockade, i crimini di guerra dell’Azerbajgian? Semaforo verde per le aggressioni?» (Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ex Ministro di Stato e Difensore per i diritti umani).

È sconvolgente che l’Unione Europea attraverso le parole del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, si riferisca al popolo dell’Artsakh come “Armeni che vivono nell’ex NKAO [Oblast autonome di Nagorno-Karabakh]”, ignorando il fatto dell’esistenza decennale della loro statualità costruita sull’esercizio dei loro diritti fondamentali e inalienabile diritto all’autodeterminazione, ha scritto sulla sua pagina Facebook Gegham Stepanyan, Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh. «Tali formulazioni, espresse intenzionalmente da un’Unione che sostiene i valori dei diritti umani in tutto il mondo, non solo feriscono i sentimenti del popolo dell’Artsakh, ma portano anche un effetto distruttivo al processo di pace sul conflitto del Nagorno-Karabakh, poiché ignorano i diritti del suo principale beneficiario: il popolo dell’Artsakh. La negazione della volontà e degli interessi del popolo dell’Artsakh e l’evitare intenzionalmente di utilizzare il termine “Nagorno-Karabakh” sicuramente non contribuiscono ai negoziati di pace su iniziativa dell’Unione Europea, ma aprono la strada alla sottomissione forzata dell’Artsakh con un livello sostenibile di democrazia, in uno stato armenofobo e autoritario – l’Azerbajgian».

Aggressioni, sparatorie, strangolamento con penuria di cibo, gas ed elettricità, ecocidio provato da “eco-attivisti” prima e l’esercito azero poi, odio anti-armeno, ecc. tutto allo scopo di pulizia etnica dell’Azerbajgian. Ma non si tratta solo di pulire etnicamente gli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Le ambizioni dell’autocrate guerrafondai genocida armenofobo di Baku sono molto più grandi: vuole prendersi dopo l’Artsakh anche l’Armenia e pulire etnicamente gli Armeni da tutto il Caucaso.

Le Associazioni e organizzazioni armene in Italia ribadiscono con un Comunicato la piena vicinanza al popolo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, la cui sorte è altamente minacciata dalla pulizia etnica “soft” messa in atto dall’Azerbajgian a partire dalla fine della guerra del 2020. Attese le aspirazioni europee per una pace regionale, ritengono sia doveroso puntualizzare alcuni aspetti. In particolare:

  • Incoraggiano gli sforzi della Repubblica di Armenia al fine di raggiungere una pace definitiva con gli Stati confinanti.
  • Sottolineano la necessità che qualsiasi negoziato e qualsiasi trattato sia ancorato al rispetto della storia armena e, nello specifico, la memoria del genocidio del 1915 e la lotta di indipendenza dell’Artsakh.
  • Ritengono per niente “affidabile” la leadership dell’Azerbajgian che in passato ha ripetutamente disatteso la parola data, non ha rispettato accordi e ha ignorato risoluzioni internazionali e sentenze della Corte Internazionale di Giustizia.
  • Guardano con preoccupazione alle ripetute minacce rivolte dal Presidente azero Aliyev alla nazione armena e da ultimo quelle indirizzate alle istituzioni e al popolo dell’Artsakh che ben evidenziano le intenzioni dell’Azerbajgian sul futuro della regione e sul trattamento riservato alla popolazione locale.
  • Ribadiscono che MAI alcun accordo potrà essere firmato con l’Azerbajgian senza l’esplicito riconoscimento del diritto all’autodeterminazione dell’Artsakh, non essendo sufficiente un generico invito al rispetto dei diritti della popolazione armena da parte di uno Stato che ha fatto della “armenofobia” la propria politica nazionale.
  • Esprimono solidarietà agli Armeni dell’Artsakh che dal 12 dicembre 2022 sono isolati dal resto del mondo a causa dell’illegale e criminale blocco azero del Corridoio di Berdzor (Lachin), unico collegamento fra Stepanakert e l’Armenia.
  • Sollecitano le istituzioni internazionali affinché, prioritario a qualsiasi negoziato, vi sia lo sblocco della comunicazione attraverso il Corridoio nonché la riattivazione della fornitura di energia elettrica e gas.
  • Sottolineano l’enorme danno ambientale che l’azione azera sta determinando nella regione.
  • Invitano il governo italiano, nel rispetto della propria politica commerciale ed energetica con il partner azero, ad agire con dignità politica da Paese democratico e membro del G7 e con incisività diplomatica verso l’Azerbajgian per indurlo a rimuovere il blocco, cessare le minacce e gli atti di ostilità verso la popolazione dell’Artsakh (Nagorno Karabakh) e dell’Armenia.
  • Condannano la non disinteressata attività di lobbying da parte di alcuni politici italiani a favore dell’Azerbajgian, ossia di una delle peggiori dittature al mondo, agli ultimissimi posti nelle graduatorie mondiali sulla libertà di informazione e rispetto dei diritti civili e politici nonché ai primissimi posti per attività di corruzione.
  • Si riservano prossime iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana.

Lettera aperta di Volt [*] ai membri della Comunità politica europea
Parigi, 30 maggio 2023

Ci rivolgiamo a voi, Capi di Stato e di governo di 47 Paesi europei, riuniti a Chisinau il 1° giugno per il 2° incontro della Comunità politica europea (CPE). Questo incontro, organizzato in uno dei Paesi più poveri d’Europa, è una dimostrazione al mondo intero del vostro comune desiderio di fare del continente europeo un continente di pace, democrazia, cooperazione e solidarietà.
In qualità di primo partito paneuropeo, presente in 31 Paesi europei, Volt condivide pienamente questo obiettivo e agisce a tutti i livelli, da quello locale a quello europeo, per costruire un futuro sostenibile, economicamente forte e socialmente giusto con tutti i cittadini d’Europa.
La pace e lo Stato di diritto sono le condizioni necessarie, ma anche il risultato di tale costruzione e Volt sostiene la Comunità politica europea nella costruzione delle condizioni per la pace e la stabilità in tutto il continente.
Il primo incontro della Comunità a Praga lo scorso ottobre ha riunito attorno allo stesso tavolo il Presidente dell’Azerbajgian e il Primo Ministro dell’Armenia, su iniziativa congiunta del Presidente della Repubblica francese e del Presidente del Consiglio Europeo. Nonostante il dialogo avviato tra i due governi prosegua oggi, va detto che l’Azerbajgian continua ad occupare una porzione di territorio armeno nella regione di Syunik, in violazione del diritto internazionale, e a bloccare il Corridoio di Lacine, unico collegamento terrestre tra la Repubblica di Armenia e il Nagorno-Karabakh, in violazione degli accordi di cessate il fuoco e in barba al diritto umanitario. Privando i 120.000 abitanti del Nagorno-Karabakh dell’accesso al cibo, all’energia e alle cure mediche, e alimentando un clima di odio e violenza.
L’Europa, che ha riconosciuto il genocidio commesso 108 anni fa dall’impero ottomano contro la sua popolazione armena, e che 30 anni fa ha conosciuto guerre e massacri perpetrati in nome di una politica di pulizia etnica, deve fermare questa spirale mortale e sradicarne le cause proponendo un accordo di pace duraturo che garantisca il diritto della comunità armena del Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione e alla sicurezza, e quello della Repubblica d’Armenia al rispetto dei suoi confini internazionalmente riconosciuti.
Invitiamo la Comunità politica europea, in nome dei valori europei che essa rappresenta, a

  • condannare con la massima fermezza l’aggressione di ogni tipo dell’Azerbaigian contro il popolo armeno;
  • chiedere all’Azerbaigian di consentire il libero passaggio delle popolazioni civili attraverso il corridoio di Latchine, in conformità con l’ordine emesso dalla Corte internazionale di giustizia il 22 febbraio 2023;
  • subordinare la partecipazione dell’Azerbaigian alla Comunità politica europea al rispetto dello stato di diritto e delle norme democratiche europee da parte del suo governo e al suo impegno in buona fede nei negoziati con i leader democraticamente eletti della Repubblica di Armenia e del Nagorno-Karabakh in vista di un saldo finale equo di sottoporre a sé o al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la questione dello status del Nagorno-Karabakh e delle garanzie di sicurezza fornite alla sua popolazione, di fronte all’inerzia del Gruppo di Minsk dell’OSCE, paralizzato dalla Federazione Russa;
  • di dare il suo pieno sostegno all’iniziativa dell’Unione Europea di dispiegare una missione civile sul terreno per delimitare i confini tra Armenia e Azerbajgian.

L’incontro di Chisinau dovrebbe lanciare un forte messaggio di unità europea, di fiducia nei nostri valori condivisi e di promozione del dialogo e della cooperazione come strumenti per la risoluzione dei conflitti.

Firmatari:
Sven Franck, Copresidente di Volt France
Anne Chamayou, Copresidente di Volt France
Cofirmatari:
Reinier van Lanschot, Copresidente di Volt Europa
Carlo Giovanni Giudice, Copresidente di Volt Belgium
Johanna Dirlewanger-Lücke, Copresidente di Volt Belgium
Michael Holz, Copresidente di Volt Sweden
Alexander Löf, Copresidente di Volt Sweden
Ana Carvalho, Copresidente di Volt Portugal
Duarte Costa, Copresidente di Volt Portugal
Silvia Panini, membro non esecutivo di Volt Italia
Danilo Lo Pumo, Copresidente di Volt Svizzera
Roland Müller, Copresidente di Volt Svizzera
Ivan Ota, Tesoriere di Volt Svizzera
Ina Hoogeland, Copresidente di Volt Danimarca
Frederik Larsen, Copresidente di Volt Danimarca
Alexia DeBono, Copresidente di Volt Malta
Arnas Lasys, Copresidente di Volt Malta

[*] Volt, il primo partito veramente paneuropeo, si impegna a riformare l’Unione Europea ea rispondere alle sfide di oggi in modo coordinato a livello europeo. La visione di Volt: un’Europa progressista con una società inclusiva, un’economia rispettosa del clima, un sistema educativo adattabile e una digitalizzazione autodeterminata. Volt è convinto che solo la partecipazione democratica di tutti i cittadini europei ci preparerà per un futuro sostenibile, economicamente forte e socialmente giusto. Per questo Volt agisce a tutti i livelli, da quello locale a quello europeo, come movimento e come partito. Il movimento dà a tutti una voce e l’opportunità di impegnarsi politicamente dall’interno della società. Oggi Volt è presente in tutta Europa: migliaia di persone di tutte le età e professioni sono coinvolte in 30 Paesi europei con team in centinaia di città.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Tra Ordine di Malta e Repubblica Armena si celebrano 25 anni di relazioni diplomatiche (Acistampa 30.05.23)

Venticinque anni di relazioni diplomatiche tra il Sovrano Militare Ordine di Malta e la Repubblica di Armenia.

Un evento importante sottolineato al Palazzo Magistrale da uno scambio di lettere ufficiali del Gran Cancelliere dell’Ordine di Malta e del Ministro degli Affari Esteri armeno. È stato Garen Nazarian, Ambasciatore d’Armenia presso l’Ordine di Malta, a consegnare la lettera del suo Ministro.

Il legame tra l’ Ordine e l’ Armenia è in effetti molto antico. “Già nel XII secolo furono istituiti i primi Cavalieri dell’Ordine nel Regno armeno di Cilicia, seguiti dall’elezione, nel XIV secolo, di Fra’ Dieudonné de Gozon, all’alta carica di Gran Maestro dell’Ordine, poi proclamato “Protettore dell’Armenia” dallo stesso Re d’Armenia”.

L’Ordine di Malta è stato attivo in Armenia nel XIX secolo durante il genocidio, fornendo la prima assistenza ai rifugiati con un dispensario medico a Thessaloniki. Successivamente, nel 1989, dopo il terremoto in Armenia, le squadre di soccorso dell’Ordine di Malta hanno assistito la popolazione locale.

Le relazioni secolari sono state infine coronate il 29 maggio 1998, con l’istituzione formale di relazioni bilaterali, e ulteriormente rafforzate con lo scambio di visite di alto livello da e verso l’Armenia e il consolidamento delle attività umanitarie dell’Ordine in Armenia con l’attuazione di un Accordo di cooperazione firmato nel 2018.

 “Apprezziamo molto i nostri secolari legami cordiali che costituiscono una solida base per l’ulteriore sviluppo della cooperazione bilaterale e multilaterale tra l’Armenia e l’Ordine di Malta. La prontezza operativa dell’Ordine di Malta è stata determinante per la realizzazione di attività umanitarie in regioni a rischio di conflitto”, si legge nella lettera del Ministro degli Affari Esteri armeno, Ararat Mirzoyan.

“Vorrei porgervi i miei migliori auguri e l’assicurazione della nostra intenzione di rafforzare ulteriormente la cooperazione sia in campo diplomatico che umanitario, così come la promozione dei nostri comuni valori cristiani condivisi” ha affermato nella sua comunicazione scritta il Gran Cancelliere Riccardo Paternò di Montecupo ricordando le origini delle eccellenti relazioni esistenti, che risalgono a ben prima del 1998.

L’anniversario sarà celebrato anche con un concerto di raccolta fondi che si terrà a giugno presso la Chiesa di Sant’Alessio, vicino alla Villa Magistrale dell’Ordine di Malta a Roma.

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La presidente Damiano in visita al Consolato d’Armenia (Comune Venezia 30.05.23)

La presidente del Consiglio comunale, Ermelinda Damiano, ha visitato questa mattina il Consolato d’Armenia, in occasione della Fondazione della Repubblica d’Armenia.

Il Console onorario Gagik Sarucanian ha ringraziato la presidente per la sensibilità dimostrata dal Comune di Venezia per il ricco programma di eventi diffusi su tutto il territorio in occasione della Giornata in Ricordo del Genocidio Armeno.

Con l’occasione il console ha anche espresso i migliori auguri per l’imminente Festa della Repubblica italiana, il prossimo 2 giugno, “con l’auspicio di un continuo e costante rafforzamento dei legami tra l’Italia e l’Armenia”.

Nagorno-Karabakh, prove di dialogo. Armenia e Azerbaigian costrette all’accordo? (Formiche 30.05.23)

Giovedì prossimo in Moldavia un altro round di negoziati, dove il peso specifico di altri player, più o meno vicini, giocherà un ruolo. Pashinyan e Aliyev, al netto dei riverberi interni di questo possibile passo avanti, devono osservare con attenzione gli sforzi di mediazione americani ed europei senza farsi distrarre da elementi esterni che distolgono l’attenzione dagli obiettivi condivisi

In Moldavia giovedì prossimo per parlarsi nuovamente e capire quali e quanti margini di manovra esistono. L’Armenia sembra pronta a fare concessioni all’Azerbaigian in Nagorno-Karabakh: i negoziati preliminari fino ad oggi si sono svolti in luoghi diversi e con diversi mediatori, in Oriente e in Occidente. Si discute di un possibile trattato di pace mentre il primo ministro armeno Nikol Pashinyan (in foto) e l’azero Ilham Aliyev si sono incontrati a Mosca pochi giorni fa.

Passo avanti

Cinque giorni fa nella capitale russa dinanzi al presidente russo Vladimir Putin, in occasione di un meeting dell’Unione economica eurasiatica (che ha deciso di incentivare ulteriormente i pagamenti in valute nazionali anziché in dollari) i leader rivali hanno provato a compiere un passo in avanti, pur nelle rispettive ataviche rivendicazioni, ma con una sostanziale novità: Pashinian e Aliyev hanno parlato apertamente di progressi verso una soluzione della lunga disputa. Sullo sfondo rimane la rabbia armena per la mossa di Baku per impedire l’accesso armeno al Nagorno-Karabakh. Pashinian ha affermato che le azioni hanno causato una crisi umanitaria chiudendo l’unica via di terra dall’Armenia alla regione, accusa respinta da Aliyev. Ma un capitolo nuovo rispetto al conflitto scoppiato nel 2020 in cui sono stati uccisi quasi 7.000 soldati da entrambe le parti.

I mediatori

Perché l’apertura di questo pertugio? Intanto va ricordata la presa di posizione Aliyev che si è detto ottimista circa la possibilità di raggiungere un accordo di pace,” considerando che l’Armenia ha formalmente riconosciuto il Karabakh come parte dell’Azerbaigian”, aggiungendo che l’Azerbaigian non ha pretese territoriali sull’Armenia. Di buoni progressi ha parlato Pashinyan con nuove relazioni basate sul riconoscimento reciproco dell’integrità territoriale. In precedenza a Bruxelles era stato ospitato un vertice dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, sotto l’ombrello diplomatico di chi, Usa e Ue, premono per negoziare un accordo di pace. Appare evidente che lo sforzo diplomatico dell’Occidente nel Caucaso abbia infastidito Mosca, ‘impegnata’ su un altro fronte delicato come l’Ucraina e preoccupata di perdere il proprio status di storico mediatore in quell’area.

Qui Moldavia

La sede del prossimo incontro è senza dubbio una location particolare, almeno in questo momento storico: è in vigore lo stato di emergenza; l’invasione russa dell’Ucraina ha trasformato la vicina in una polveriera; inoltre non solo giocano un ruolo i mille chilometri di confine con l’Ucraina, ma anche le minacce russe di impedire a Chisinau di diventare un’altra “anti-russa”.

In prospettiva non è automatico che la Moldavia acceleri sulla sua indipendenza dalla Russia, anche perché Mosca difficilmente lascerà la presa: continuerà a interferire nella vita politica moldava finanziando partiti filo-russi e presentando la Nato come una minaccia. Ma all’interno di un quadro di insieme dove la forza propulsiva anti Occidente esercitata dal Cremlino è di minore intensità rispetto ad un anno fa.

Scenari

Inoltre il peso specifico di altri players, più o meno vicini, giocherà un ruolo in questa maratona diplomatica: recentemente Aliyev ha descritto le relazioni con l’Iran come “al livello più basso di sempre”, il tutto mentre Baku deve concentrarsi sul contrasto alla minaccia iraniana. Più in generale i due leader, al netto dei riverberi interni di questo possibile passo avanti, devono osservare con attenzione gli sforzi di mediazione americani ed europei senza farsi distrarre da elementi esterni che distolgano l’attenzione dagli obiettivi condivisi.

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170° giorno del #ArtsakhBlockade. Ciononostante Artsakh resiste, persiste, esiste (Korazym 30.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.05.2023 – Vik van Brantegem] – Perché tutti tacciono quando si tratta di Artsakh/Nagorno-Karabakh? Il silenzio a costo di un genocidio? Non può essere! In Artsakh/Nagorno-Karabakh, 120mila Armeni Cristiani sono circondati, assediati, bloccati e minacciati con la pulizia etnica: morte o espulsione. Quando tutti gli altri tacciono, noi non vogliamo stare zitti, mentre il popolo armeno cristiano dell’Artsakh resiste, persiste, esiste.

Mentre l’Unione Europea si addormenta davanti alle richieste dell’autocrate azero Ilham Aliyev e si crogiola nell’iniqua “pace” imposta all’Armenia, le forze azere aprono il fuoco su Artsakh. Un secolo e un genocidio dopo, gli Armeni stanno ancora morendo nell’indifferenza Occidentale. Come l’altra volta.

L’Azerbajgian continua ad aggravare intenzionalmente la situazione lungo la linea di contatto con l’Artsakh. Oggi 30 maggio 2023, le forze armate azere hanno violato nuovamente il regime di cessate il fuoco nelle direzioni settentrionale e orientale della linea di contatto, utilizzando armi leggere e mortai. Secondo le prime informazioni, intorno alle ore 11.40, le forze armate azere hanno sparato 7 colpi da 60 mm di mortaio verso una delle posizioni difensive dell’Artsakh, che non ha subito perdite.

L’esercito di difesa dell’Artsakh ha rilasciato filmati che mostrano l’esercito azero che prende di mira le posizioni dell’esercito di difesa dell’Artsakh. Questo incidente è avvenuto dopo il discorso di Aliyev, che era un’istruzione esplicita per intensificare le azioni contro la popolazione armena in Artsakh.

«La forte intensificazione della campagna di disinformazione dell’Azerbajgian contro l’Artsakh ha lo scopo di preparare una potenziale escalation militare. Lo dimostra il video appena pubblicato dall’esercito di difesa dell’Artsakh. L’Azerbajgian sta deliberatamente diffondendo notizie false attraverso vari canali mediatici per ritrarre la loro aggressione militare come una risposta giustificata. Dobbiamo affermare che si tratta di un atto provocatorio. Le accuse contro l’Artsakh riguardo a questi “incidenti” sono false e mirano a provocare un’altra ondata di aggressione militare dell’Azerbajgian contro l’Artsakh armeno. Esortiamo la comunità internazionale a riconoscere questa verità» (Ruben Vardanyan, ex Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh).

Il Ministro dell’Interno turco Suleiman Soylu: «Chiamaci codardi se non eliminiamo tutti coloro che infastidiscono questo Paese, comprese le truppe statunitensi, entro i prossimi 5 anni. Questa è la prima volta che abbiamo un’opportunità del genere. Abbiamo preso l’Occidente in una posizione debole per la prima volta. Abbiamo preso l’America per la prima volta! Per la prima volta in 100 anni, li abbiamo presi con Recep Tayyip Erdoğan».

Tahira Mammadova, Presidente dell’Unione pubblica “Relazioni culturale Azerbajgian-Iraq”: la donna in pelliccia che ha strangolato un piccione al blocco del Corridoio di Berdzor/Lachin.

«La donna “eco-attivista”, che aveva strangolato un piccione all’inizio del #ArtsakhBlockade dice che è stata ingannata da Aliyev: “Hanno promesso 15.000 manat, ma ne hanno stanziati solo 6.000. Questi 6.000 sono come un insulto per me”, ha detto Tahira Mammadova» (Suzanna Avaruza).

“6mila manat sono come un insulto per me”
Presidenti di ONG insoddisfatti delle sovvenzioni
Programma azero di Radio Liberty, 30 maggio 2023

(Nostra traduzione italiano dall’azero)

“Hanno promesso una sovvenzione da 15.000 manat, ma non l’hanno stanziato. Hanno stanziato solo 6.000 manat per il film documentario sul martirio di Shusha. Questi 6.000 mi sono sembrati un insulto”, dice a Radio Free Europe/Radio Liberty Tahira Mammadov, la donna in pelliccia che teneva una colomba in mano e stringendola a morte durante l’azione di protesta sulla strada Shusha-Khankendi [strada Shushi-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor/Lachin].

Il 26 maggio, l’Agenzia statale per il sostegno alle ONG [dell’Azerbajgian] ha annunciato l’elenco dei progetti di sovvenzione selezionati per il 2023. L’agenzia ha selezionato 416 progetti come vincitori in sette direzioni. Nell’ambito di tale concorso di sovvenzione, sono stati assegnati 3.253.500 manat dal bilancio statale. I fondi stanziati dal bilancio per sovvenzionare i progetti non finiscono qui. 135mila manat dal budget saranno spesi nell’ambito del concorso di sovvenzioni dedicato all’’”Anno di Heydar Aliyev”. Quest’anno in Azerbajgian si celebra il 100° anniversario dell’ex Presidente Heydar Aliyev.

Non appena sono stati resi noti i risultati, il disappunto dei leader delle ONG ha cominciato a farsi sentire. Il giorno dopo, il 27 maggio, a mezzogiorno, più di 10 capi di ONG hanno tenuto un’azione davanti all’amministrazione presidenziale. Le ONG si sono lamentati perché l’agenzia statale di sostegno li ha discriminati, non accettando i loro progetti o stanziando meno fondi. Alcuni dei manifestanti hanno accusato l’Agenzia di non tenerne conto, sottolineando di aver partecipato alla protesta di 138 giorni sulla strada Shusha-Khankendi [strada Shushi-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor/Lachin] dal 12 dicembre 2022 al 28 aprile di quest’anno. Coloro che hanno svolto quell’azione hanno sollevato principalmente richieste ambientali. Sebbene l’Armenia abbia affermato che gli Armeni in Karabakh [Artsakh/Nagorno-Karabakh] sono stati bloccati da questa azione, Baku ha dichiarato che la strada era aperta per scopi umanitari.

Rade Abbas, il Presidente dell’ONG “Assistenza sociale alle donne dei veterani di guerra”, che ha protestato davanti all’agenzia, ha espresso il suo dispiacere: “Danno 7mila manat a una ONG per un anno di attività che richiede un lavoro intensivo. Loro stessi sanno che con quei soldi non si farà un buon lavoro. Sto lavorando per una soluzione. Dico a questo dipartimento che questi 7mila non bastano nemmeno per i miei taxi”.

“Siamo venuti qui per protestare contro gli importi distribuiti dalla direzione dell’agenzia ad amici e conoscenti in concorsi di sovvenzione, mentre quei fondi non sono i soldi del padre di nessuno”, ha detto Matanat Asgargizi, Presidente dell’Unione pubblica “Sostegno alle famiglie dei soldati”, in una protesta davanti all’agenzia il 27 maggio. Ha aggiunto che non sono soddisfatti dello stanziamento di 8.000 manat per i progetti del concorso di disegno relativi alla dichiarazione di Shusha [Shushi occupata dall’Azerbajgian] come “capitale culturale del mondo turco”. L’anno scorso a questa ONG sono stati assegnati 9mila 500 manat. “Siamo ancora con il nostro Presidente. Prima siamo andati a Shusha. Siamo stati per settimane di fronte a Russi e Armeni. Dicono: ‘Non ti vergogni, dici che eri alla manifestazione a Shusha’. Sono stato al raduno di Shusha e mi hanno dato 10.000 manat, mentre dovrebbero essere 20.000. Ma perché queste persone che sono sempre con lo Stato non dovrebbero essere prese in considerazione?”, ha detto.

L’Unione pubblica “Relazioni Culturali Azerbaigian-Iraq” presieduta da Tahira Mammadova è stata fondata nel 2007 per presentare l’Azerbaigian e l’Iraq l’uno all’altro in campo politico, sociale e culturale. L’organizzazione riferisce di essere stata impegnata nell’informare sul conflitto del Karabakh negli ultimi anni. Mammadova ha ricevuto assistenza finanziaria dallo Stato quattro volte, anche quest’anno, per progetti patriottici. Pur criticando la mancanza di finanziamenti parlando con RFE/RL, precisa di non essersi unito all’azione davanti all’agenzia. “Il mio progetto sulla pubblicazione di un libro intitolato “Heydar Aliyev e il mondo orientale”, dedicato al 100° anniversario, non è stato accolto “, dice.

“Il mio secondo progetto è stato un progetto cinematografico sui martiri di Shusha, iniziato l’anno scorso. Ho consegnato un film documentario su tre di loro con fondi statali, e ha vinto il primo posto, non mi hanno nemmeno ringraziato. Loro hanno stanziato 6mila manat per il progetto sul quarto film. “Questi 6.000 manat sono stati un insulto per me. Mi era stato promesso una sovvenzione di 15.000 manat, e avevo anche pianificato di espanderlo e pianificare un documentario e libri, c’erano promozioni all’estero, peccato che non si facciano avanti i lavoratori”, dice Mammadova. Aggiunge che si rivolgerà all’agenzia per le difficoltà finanziarie. “Sto pensando a come pagare le spese di viaggio, le riprese, gli stipendi del produttore e del contabile, le tasse bancarie, le tasse governative e altre spese. Volevo persino restituire la sovvenzione come protesta. Non pensare che io sia avidi, no, sono soldi che servono per un buon lavoro”, dice Mammadova, sostenendo che l’agenzia stanzia molti soldi per le Ong che “non funzionano molto bene”.

RFE/RL non ha potuto ottenere un’opinione sui recenti avvenimenti da Aygun Aliyeva, Direttore esecutivo dell’Agenzia statale di sostegno alle ONG. Alla fine dello scorso anno, Aliyeva ha dichiarato a RFE/RL che i progetti sono scelti da esperti speciali e che qui non si tratta di comportamento scorretto. Ha annunciato che i progetti sono stati controllati da un team indipendente e professionale attraverso tre fasi.

Gunel Safarova, membro del consiglio di sorveglianza dell’Agenzia statale di sostegno alle ONG, ha dichiarato ad Abzas.org che gli standard qualitativi dei progetti erano bassi e, allo stesso tempo, ha definito comprensibile l’insoddisfazione: “Stiamo conducendo formazione su questo , ma la qualità era ancora molto bassa. Se consideriamo la questione se rispondere o meno al programma come indicatore principale, pochissimi progetti passerebbero. Le istituzioni donatrici annunciano un concorso. Non esiste una cosa come “vincerai sicuramente” in quella competizione. L’insoddisfazione è comprensibile, ma non era giusto protestare soprattutto in questo modo. “Abbiamo una procedura legale chiara. Le ONG insoddisfatte si rivolgono a noi e consideriamo i loro reclami”.

Safarova ha aggiunto che l’azione [degli “eco-attivisti” che hanno bloccato il Corridoio di Berdzor/Lachin] a Shusha è stata volontaria e non ha influito sul concorso per le sovvenzioni.

L’economista Farid Abbasov esprime la necessità di una seria riforma dei meccanismi di valutazione e afferma che l’importo dovrebbe essere elevato per un lavoro di qualità: “Ma quanto sono importanti quei progetti che lo Stato stanzia per loro? Nei risultati dell’ultimo concorso, la maggior parte dei progetti vincitori sono simili tra loro, ad esempio 20.000 o 30.000 manat possono essere assegnati a una ONG per un film legato al tema Shusha e può essere realizzato un film di qualità normale. Produrre quei lavori è il risultato di un uso improprio del bilancio statale. In Azerbajgian dovrebbe essere istituito un meccanismo di valutazione dei bisogni e, sulla base di esso, dovrebbe essere determinato quanto denaro dovrebbe essere assegnato al progetto in quale campo”.

I critici affermano che alcuni GONGO (organizzazioni non governative affiliate al governo) nel Paese ricevono finanziamenti regolari dal governo e promuovono il governo, insieme a sovvenzioni occasionali. Nel frattempo, anni fa, i donatori stranieri fornivano assistenza finanziaria alle associazioni pubbliche senza renderle dipendenti. Dal 2013, i donatori stranieri hanno iniziato a lasciare il Paese a causa della difficile situazione.

I critici indipendenti affermano che il governo non ha solo creato una rete di GONGO vicino a se stesso e neutralizzato le ONG indipendenti. C’è chi sostiene che le ambasciate straniere e le organizzazioni internazionali attualmente operanti nel Paese non vadano oltre l’ombrello di GONGO e collaborino con esse. Nel 2014, un gruppo di ONG ha affermato che l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) ha concesso una sovvenzione di 1,5 milioni di dollari a organizzazioni controllate dal governo e non ha rivelato i loro nomi o i risultati della gara. USAID ha affermato che il processo di selezione è stato trasparente e competitivo.

In generale, sebbene gli importi delle sovvenzioni concesse dall’Agenzia statale di sostegno alle ONG siano aperti al pubblico, non è noto quanti fondi siano assegnati all’agenzia dal bilancio. Secondo le informazioni ufficiali, in Azerbajgian sono registrate circa 4.000 organizzazioni non governative.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Armenia e Azerbaigian si scambiano frecciatine in vista dei nuovi colloqui di pace (Euroactiv 30.05.23)

L’Armenia e l’Azerbaigian si sono lanciati nuove accuse a vicenda due giorni prima dei  colloqui volti a concludere un accordo di pace per risolvere decenni di dispute sul territorio del Nagorno-Karabakh.

Gli Stati ex-sovietici hanno combattuto due guerre per la regione, riconosciuta come parte dell’Azerbaigian, ma popolata principalmente da armeni. Nel 2020 l’Azerbaigian ha riconquistato porzioni di territorio perse nel corso del conflitto, dopo il crollo del regime sovietico all’inizio degli anni Novanta.

Nelle ultime settimane i colloqui di pace sembravano fare progressi, con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan che ha riconosciuto il controllo dell’Azerbaigian sul Karabakh.

Lunedì (29 maggio), però, l’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di aver minacciato di ricorrere alla forza dopo che il presidente azero Ilham Aliyev aveva chiesto lo scioglimento del governo locale “separatista” del Karabakh.

Una dichiarazione del Ministero degli Esteri armeno, riportata dall’agenzia di stampa Armenpress, ha affermato che Aliyev stava facendo “minacce di genocidio” e “preparando il terreno per un’altra azione aggressiva contro la popolazione del Nagorno-Karabakh”.

Nonostante i colloqui di pace, la tensione è aumentata a causa dell’istituzione da parte dell’Azerbaigian, il mese scorso, di un posto di blocco sul corridoio di Lachin, l’unica via che collega l’Armenia al territorio. Gli scontri al confine sono frequenti.

Aliyev, parlando domenica nella città di Lachin, ha detto che dopo i successi dell’Azerbaigian nella guerra del 2020 è giunto il momento che gli armeni abbandonino le loro “illusioni” sull’indipendenza del Karabakh.

“Questo significa rispettare le leggi dell’Azerbaigian, diventare cittadini normali e leali, gettare i falsi simboli di Stato nel mucchio della spazzatura e sciogliere il cosiddetto parlamento”, ha detto Aliyev in un discorso trasmesso dalla televisione di Stato azera.

Dopo il conflitto di sei settimane del 2020, terminato con una tregua promossa dalla Russia, Pashinyan e Aliyev hanno tenuto diversi incontri, organizzati da Mosca, Unione Europea e Stati Uniti.

I due uomini si sono incontrati la scorsa settimana a Mosca, dove il leader del Cremlino Vladimir Putin ha dichiarato di ritenere che le due parti stiano facendo progressi verso la conclusione di un accordo di pace a lungo termine.

Mercoledì (31 maggio) si incontreranno nuovamente in occasione di un incontro sullo sviluppo dell’UE in Moldavia, a cui parteciperanno i leader di oltre 40 Stati e le istituzioni europee.

Il Karabakh rimane al centro della loro lunga disputa, insieme alla demarcazione dei confini, alla restituzione dei prigionieri e alla creazione di “corridoi” commerciali che attraversino il territorio dell’altro.

Leggi l’articolo originale qui.

Armenia e Azerbaigian, UE: “Sì alla proposta per la delimitazione del confine” (Sardegnagol 30.05.23)

Il processo di normalizzazione dell’Armenia-Azerbaigian ha registrato, nell’ultimo mese, dei risultati importanti. Milestones indubbiamente positive per l’UE, intervenuta oggi per evidenziare i passi avanti fatti dalle due nazioni.

“A seguito dei negoziati sul trattato di pace che si sono svolti negli Stati Uniti all’inizio del mese, il 14 maggio si è svolta a Bruxelles una riunione dei leader, in vista di un’altra riunione prevista per il 1° giugno a Chișinău. A Bruxelles, i due presidenti, si sono concentrati su diversi argomenti chiave, come le questioni di confine, le questioni umanitarie e i diritti e la sicurezza degli armeni che vivono nel territorio dell’ex Oblast autonomo del Nagorno-Karabakh”.

Ilham Aliyev
Ilham Aliyev

Da allora, i leader hanno riaffermato pubblicamente il loro inequivocabile impegno nei confronti della Dichiarazione di Almaty del 1991 e della rispettiva integrità territoriale dell’Armenia (29.800 km2) e dell’Azerbaigian (86.600 km2).

“Accogliamo con favore la coraggiosa dichiarazione del 22 maggio del primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, e la chiara disponibilità dell’Armenia a lavorare alla delimitazione del confine bilaterale. Accogliamo con favore anche la dichiarazione del Presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev del 25 maggio”, si legge nel commento del SEAE.

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169° giorno del #ArtsakhBlockade. Siamo spiritualmente Armeni e la sorte di Armenia e Artsakh ci tocca direttamente (Korazym 29.05.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 29.05.2023 – Vik van Brantegem] – Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian ha diffuso disinformazione secondo cui la sera del 28 maggio 2023 le unità dell’Esercito di difesa della Repubblica di Artsakh avrebbero aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere situate nei territori occupati della regione di Askeran della Repubblica di Artsakh. Poi, il Ministero della Difesa della Repubblica di Artsakh ha smentito la seconda disinformazione diffusa dal Ministero della Difesa dell’Azerbaigian in un giorno. L’affermazione che sono stati fermati i lavori di ingegneria per nuove fortificazioni vicino alle posizioni azere nei territori occupati è falsa. L’Azerbajgian si sta chiaramente preparando per l’aggressione non provocata contro i 120.000 Armeni in Artsakh dopo 6 mesi di blocco.

I leader occidentali distolgono lo sguardo dai crimini di guerra quotidiani dell’Azerbajgian e dal fatto che ignora gli ordini della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite. È scioccante costatare che viviamo in un mondo in cui un popolo cristiano con radici millenarie viene minacciato di pulizia etnica nel silenzio internazionale. È nell’interesse di tutte le nazioni difendere i principi fondamentali del diritto internazionale, respingere le aggressioni militari e prevenire le atrocità contro le popolazioni civili. Il costo umano della militarizzazione è stato troppo alto e qualsiasi soluzione duratura alle controversie nel Caucaso meridionale deve dare priorità ai diritti e alla sicurezza di della sua popolazione armena.

«Abbiamo bisogno di leader intelligenti in grado di resistere agli ultimatum, offrendo condizioni e soluzioni ragionevoli, che servano gli interessi della nostra nazione e del popolo» (Ruben Vardanyan).

Colloqui Azerbajgian-Armenia a Washington.
Colloqui Azerbajgian-Armenia a Mosca.

Fonti Azerbajgian: “Accordo di pace con Armenia molto vicino”
Baku: “No agli osservatori internazionali in Nagorno Karabakh”

(ANSA) – BRUSSEL, 29 MAG – La firma di un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian è “molto vicina”. Lo confermano fonti diplomatiche azere che sottolineano come l’incontro tra il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, e il Presidente azero, Ilham Aliyev, previsto a margine del summit della Comunità Politica Europea, giovedì a Chisinau, potrebbe avvicinare ancora di più i due Paesi a un documento definitivo. All’incontro è prevista la partecipazione del Presidente francese, Emmanuel Macron, e del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, oltre che la mediazione del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Ma la presenza francese al tavolo non lascia soddisfatta Baku i cui emissari confermano che la partecipazione di Macron è percepita dai mediatori azeri come “ostile”, soprattutto a causa delle trattative di Parigi per forniture militari agli Armeni, e che il formato ideale di dialogo per l’Azerbajgian rimane il cosiddetto trilaterale del “Brussel Format”, ovvero: Aliyev-Pashinyan-Michel. Da Baku sottolineano inoltre che i passi avanti della leadership armena nel riconoscere la sovranità territoriale azera sui territori del Nagorno-Karabakh dimostrano “coraggio e volontà di pace” da parte di Pashinyan ma si dicono preoccupati dalla sua “incapacità di slegarsi da Mosca”, che non ha interesse a vedere la firma finale delle parti sul piano di pace elaborato a Brussel. Per quel che riguarda le garanzie di sicurezza chieste da Yerevan per gli Armeni del Nagorno Karabakh, che stando a Baku ammontano a circa 30.000 persone, l’Azerbajgian “non è disposto ad accettare nessun tipo di missione internazionale o corpo esterno”, confermano fonti diplomatiche, sottolineando che la loro sicurezza sarà “garantita dalle autorità azere come già accade per le altre minoranze etnico linguistiche”.

Nikol Pashiniyan.

Pashinyan: “Non sono soddisfatto dei colloqui trilaterali a Mosca”

(NOVA) – EREVAN, 29 MAG – Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, non è rimasto soddisfatto dall’esito dei colloqui trilaterali che si sono svolti il 25 maggio a Mosca. Lo ha detto lo stesso Premier armeno nel corso di una sessione parlamentare. “Nell’agenda dei colloqui c’è stata la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh e il blocco illegale del Corridoio di Lachin. Abbiamo discusso di questo argomento con i nostri colleghi russi. Non posso dire che i risultati di questa discussione siano soddisfacenti”, ha detto il Premier. “È una situazione molto triste che la chiusura del Corridoio di Lachin sia avvenuta in presenza di forze di mantenimento della pace russe. Continueremo i negoziati con i nostri partner russi per risolvere questo problema”, ha aggiunto Pashinyan. Il primo Ministro armeno ha osservato inoltre che Erevan e Baku non hanno concordato un documento che possa essere firmato il primo giugno a Chisinau. “Nel prossimo futuro a Chisinau si terrà un incontro con la partecipazione del Presidente del Consiglio Europeo (Charles Michel), il Presidente della Francia (Emmanuel Macron), il Cancelliere tedesco (Olaf Scholz), me e il Presidente dell’Azerbajgian (Ilham Aliyev). Si è discusso se fosse possibile firmare un trattato di pace lì. Devo dire che non abbiamo ricevuto risposte al quarto pacchetto delle nostre proposte all’Azerbajgian. Al momento non esiste un progetto concordato che possa essere firmato”, ha spiegato il Premier.

Ilham Aliyev.

L’Azerbajgian ha nuovamente minacciato gli Armeni del Nagorno-Karabagh di sottomettersi alle leggi azere
“Abbiamo le capacità necessarie per lanciare qualsiasi tipo di operazione in questa regione”, ha avvertito il Presidente Ilham Aliyev, nel quadro delle celebrazioni per il Giorno dell’Indipendenza
Infobae, 29 maggio 2023

(Nostra traduzione italiana dallo spagnolo)

Nonostante il recente riavvicinamento tra Azerbajgian e Armenia, il Presidente azero, Ilham Aliyev, ha lanciato ancora una volta una minaccia contro gli Armeni del Nagorno-Karabakh, avvertendoli che devono rinunciare alle loro ambizioni separatiste e sottomettersi alla legislazione di Baku, che questa domenica ha celebrato il Giorno dell’Indipendenza. “C’è solo una strada rimasta [per gli Armeni del Nagorno-Karabakh]: sottomettersi alla legislazione azera e diventare cittadini rispettosi della legge del Paese”, ha detto Aliyev a Lachin [Berdzor occupato] davanti al primo gruppo di Azeri che sono tornati in quella città dopo il risultato della guerra del 2020. Purtroppo, ha aggiunto il Presidente azero nel suo discorso trasmesso sui social, gli Armeni del Nagorno-Karabagh sperano che “qualcuno faccia una guerra contro l’Azerbajgian”, speranze che ha definito “deliri”.

Alliyev ha invitato gli Armeni del Nagorno-Karabakh a sciogliere le loro strutture statali, compreso il Parlamento, a cui Baku nega ogni legittimità. “Tutti sanno che abbiamo le capacità necessarie per avviare qualsiasi tipo di operazione in questa regione”, ha avvertito il Capo di Stato azero. Ha anche esortato i vertici degli Armeni del Karabakh a costituirsi alle autorità del Paese, poiché “solo in quel caso si potrà parlare di amnistia”.

Il Capo di Stato azero ha sottolineato che dopo che Yerevan ha riconosciuto l’integrità territoriale dell’Azerbajgian “praticamente non ci sono più ostacoli” per la firma di un trattato di pace con l’Armenia. “Anche se il trattato di pace non sarà firmato, vivremo in condizioni di sicurezza “, ha detto Aliyev, riferendosi all’attuale roccaforte dell’Azerbajgian.

Armenia e Azerbajgian lavorano da mesi a un trattato di pace con la mediazione di Russia, Unione Europea e Stati Uniti, e parallelamente stanno cercando di delineare il confine comune (in attesa dall’indipendenza dall’URSS nel 1991) e di sbloccare le comunicazioni.

I due Paesi, con l’aiuto della Russia, il 9 novembre 2020 hanno posto fine ad una guerra di 44 giorni per il controllo del Nagorno-Karabakh, la regione montuosa causa di un conflitto che si trascina dalla fine degli anni ’80. Il Nagorno Karabakh è internazionalmente riconosciuto come territorio azero, ma è abitato da Armeni etnici. Nell’ultima guerra Yerevan ha perso il controllo di oltre due terzi dei territori dentro e intorno al Nagorno-Karabakh, ma aveva mantenuto la comunicazione con l’enclave attraverso il Corridoio di Lachin, protetto dalle truppe di mantenimento della pace russe [dal 12 dicembre 2022 bloccato dall’Azerbajgian].

In mezzo a queste tensioni, il governo armeno ha riferito nei giorni scorsi di essere disposto a riconoscere l’enclave del Nagorno-Karabagh come parte dell’Azerbajgian se Baku garantisce la sicurezza della sua popolazione di etnia armena. “Gli 86.600 km2 del territorio dell’Azerbajgian comprendono il Nagorno-Karabakh (…) Se ci intendiamo correttamente, allora l’Armenia riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbajgian entro i limiti indicati, e Baku, l’integrità territoriale dell’Armenia entro 29.800 chilometri quadrati”, ha detto il primo ministro Nikol Pashinyan, in una conferenza stampa, secondo Ostorozhno Novosti. Il giornale lo ha citato dicendo che era disposto a farlo – in effetti, ad accettare i confini dell’Azerbajgian riconosciuti a livello internazionale – se i diritti degli Armeni del Nagorno-Karabakh fossero garantiti. Ha affermato che la questione dovrebbe essere discussa nei colloqui tra i due Paesi. “L’Armenia rimane impegnata nell’agenda di pace nella regione. E speriamo che nel prossimo futuro raggiungeremo un accordo sul testo del trattato di pace e potremo firmarlo”, ha detto Pashinyan, secondo TASS.

Un militare azero nel Berdzor (Lachin) occupato.

Ruben Vardanyan: “Dobbiamo trovare la forza per combattere insieme – con mezzi pacifici, usando strumenti diplomatici – o subire terribili conseguenze collettivamente”

«Il 28 maggio 2023 si è celebrata il 105° anniversario della Prima Repubblica. Tuttavia, questa giornata ci offre l’opportunità di riflettere e riconsiderare le sfide che abbiamo affrontato e le azioni necessarie per superarle. Il nostro Stato è stato stabilito attraverso le valorose battaglie di maggio, dove abbiamo trionfato contro l’avversario nonostante fossimo in inferiorità numerica, facendo affidamento sulla nostra forza e sulle nostre armi. Siamo emersi da quel conflitto e abbiamo costruito con successo la nostra nazione. Nella nostra ricerca per evitare esiti catastrofici, abbiamo messo da parte le nostre differenze e contraddizioni, unendoci sotto l’obiettivo comune di stabilire il nostro Stato indipendente. Quindi, sottolineo spesso che la nostra situazione attuale è parallela al significato di Sardarapat. Dobbiamo trovare la forza per combattere insieme o subire terribili conseguenze collettivamente. E dicendo così intendo combattere con mezzi pacifici, usando strumenti diplomatici.

Siamo i discendenti dei pionieri della Prima Repubblica e dei partecipanti al Movimento per l’indipendenza dell’Artsakh, che hanno combattuto coraggiosamente per essa 35 anni fa. Proprio come 105 anni fa e 35 anni fa, dobbiamo proteggerci. La nostra responsabilità va oltre la salvaguardia e la difesa dei nostri confini; dobbiamo anche far valere efficacemente i nostri diritti nell’arena diplomatica. Purtroppo, spesso trascuriamo di valutare la situazione in modo obiettivo e di ignorare le opinioni razionali. Manchiamo di comprensione della gravità della situazione e non facciamo valutazioni accurate. Abbiamo bisogno di leader intelligenti in grado di resistere agli ultimatum, offrendo condizioni e soluzioni ragionevoli, che servano gli interessi della nostra nazione e del popolo» (Ruben Vardanyan).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]