Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato che al momento non esiste un progetto di trattato di pace concordato con l’Azerbaigian. Questa dichiarazione riflette lo stato attuale delle relazioni tra i due Paesi, che continuano ad essere tese dopo il conflitto in Nagorno-Karabakh.
Questa dichiarazione di Pashinyan arriva alla luce dei negoziati in corso tra Yerevan e Baku a seguito del conflitto militare in Nagorno-Karabakh, che ha nuovamente esacerbato le tensioni a lungo termine tra i due Paesi. Tuttavia, nonostante una serie di tentativi per trovare una soluzione pacifica, non è stato raggiunto alcun accordo.
Allo stesso tempo, l’Armenia e l’Azerbaigian hanno espresso la loro disponibilità a concludere un accordo di pace, tuttavia, probabilmente, i problemi sono rimasti in alcuni dettagli, che possono essere discussi nel prossimo futuro.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-29 17:18:012023-05-30 17:18:41Pashinyan: al momento non esiste un progetto di trattato di pace concordato con Baku (Avia.pro 29.05.23)
Il presidente azero Ilham Aliyev chiede lo scioglimento dell’Assemblea nazionale del Nagorno-Karabakh e la resa del presidente Arayik Harutyunyan.
Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha presentato una serie di richieste alle autorità del Nagorno-Karabakh. Ha chiesto il completo scioglimento dell’Assemblea nazionale della repubblica non riconosciuta, nonché le dimissioni di tutti i ministri e deputati. Tra le altre condizioni proposte da Aliyev, il presidente del Nagorno-Karabakh Arayik Harutyunyan deve arrendersi alle autorità azere.
Secondo Aliyev, l’adempimento di queste condizioni consentirà a tutte le persone menzionate di ricevere una “amnistia”. I dettagli di questa “amnistia”, in particolare, a quali condizioni e quali garanzie implica, il presidente dell’Azerbaigian non ha specificato.
“Il Nagorno-Karabakh deve riconoscere i poteri dell’Azerbaigian e sciogliere le sue attuali strutture statali. Questo è un passo necessario per risolvere la situazione e garantire stabilità a lungo termine nella regione”, disse Aliyev.
Questo appello ha suscitato reazioni contrastanti nell’arena internazionale e ha suscitato discussioni sull’ulteriore sviluppo della situazione nel Nagorno-Karabakh. Tuttavia, la risposta delle autorità del Nagorno-Karabakh alle richieste di Aliyev è ancora sconosciuta.
La regione del Nagorno-Karabakh è da tempo oggetto di un contenzioso tra Armenia e Azerbaigian, entrambi i Paesi affermano di appartenere ad essa. Questo conflitto ha portato a una serie di scontri militari che hanno attirato l’attenzione internazionale e sollevato preoccupazioni per la stabilità nella regione.
La proposta di Aliyev, nonostante la sua posizione, è una notevole interferenza negli affari interni del Nagorno-Karabakh. Nonostante il fatto che la repubblica non riconosciuta rimanga oggetto di una disputa internazionale, ha un proprio sistema di governo e le dichiarazioni del suo scioglimento potrebbero causare nuovi disordini nella regione.
Подробнее на: https://avia-pro.it/news/aliev-potreboval-rospuska-nacionalnogo-sobraniya-nagornogo-karabaha-i-sdachi-prezidenta
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-29 17:16:502023-05-30 17:17:46Aliyev ha chiesto lo scioglimento dell'Assemblea nazionale del Nagorno-Karabakh e la resa del presidente (Avia.pro 29.05.23)
BRUXELLES – La firma di un trattato di pace tra Armenia e Azerbaigian è “molto vicina”. Lo confermano fonti diplomatiche azere che sottolineano come l’incontro tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev, previsto a margine del summit della Comunità Politica Europea, giovedì a Chisinau, potrebbe avvicinare ancora di più i due Paesi a un documento definitivo. All’incontro è prevista la partecipazione del presidente francese Emmanuel Macron e del Cancelliere tedesco, Olaf Scholz oltre che la mediazione del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel.
Ma la presenza francese al tavolo non lascia soddisfatta Baku i cui emissari confermano che la partecipazione di Macron è percepita dai mediatori azeri come “ostile”, soprattutto a causa delle trattative di Parigi per forniture militari agli armeni, e che il formato ideale di dialogo per l’Azerbaigian rimane il cosiddetto trilaterale del ‘Bruxelles Format’, ovvero: Aliyev-Pashinyan-Michel.
Da Baku sottolineano inoltre che i passi avanti della leadership armena nel riconoscere la sovranità territoriale azera sui territori del Nagorno Karabakh dimostrano “coraggio e volontà di pace” da parte di Pashinyan ma si dicono preoccupati dalla sua “incapacità di slegarsi da Mosca”, che non ha interesse a vedere la firma finale delle parti sul piano di pace elaborato a Bruxelles.
Per quel che riguarda le garanzie di sicurezza chieste da Yerevan per gli armeni del Nagorno Karabakh, che stando a Baku ammontano a circa 30.000 persone, l’Azerbaigian “non è disposto ad accettare nessun tipo di missione internazionale o corpo esterno”, confermano fonti diplomatiche, sottolineando che la loro sicurezza sarà “garantita dalle autorità azere come già accade per per la altre minoranze etnico linguistiche”.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-29 16:48:232023-05-30 16:49:01Fonti Azerbaigian, 'accordo di pace con Armenia molto vicino' (Ansa 29.05.23)
(AGENPARL) – ROMA, 28 Maggio 2023 – – Il premier armeno Pashinyan si congratula per la vittoria del presidente turco Erdogan.
“Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme verso la piena normalizzazione dei legami”, afferma Nikol Pashinyan sulla rielezione di Erdogan.
Domenica il primo ministro armeno Nikol Pashinyan si è congratulato con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan per la sua vittoria nel ballottaggio presidenziale di domenica.
“Congratulazioni al presidente @RTErdogan per la sua rielezione. Non vedo l’ora di continuare a lavorare insieme verso la piena normalizzazione delle relazioni tra i nostri paesi”, ha dichiarato Pashinyan su Twitter.
Le osservazioni di Pashinyan sono arrivate in mezzo al vantaggio di Erdogan nel ballottaggio presidenziale con il 52,14% dei voti, mentre il candidato dell’opposizione Kemal Kilicdaroglu ha il 47,86%, con il 99,43% dei voti contati, secondo Ahmet Yener, presidente del Consiglio elettorale supremo (YSK).
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-28 16:54:082023-05-30 16:56:49Il premier armeno Pashinyan si congratula per la vittoria del presidente turco Erdogan (Agenparl 28.05.23)
Il grande vecchio della geopolitica mondiale, Henry Kissinger, sostiene che Russia e Cina hanno oggi motivazioni reciproche per un’alleanza strumentale, ma non sono alleati ‘naturali’ in quanto i loro interessi ed obiettivi di lungo termine in realtà collidono.
E che dire allora tra Turchia e Russia? Non c’è nessuna ragione storica, geografica, ideologica, economica che le spinga verso un abbraccio. Eppure è proprio la Turchia, membro della NATO e da sempre in bilico tra Islam e Occidente, ad offrire a Putin una sponda nel momento più drammatico della sua presidenza della Federazione Russa.
Si sa che da lunga tradizione in Russia la storia del passato viene rivisitata – a volte reinventata – per finalità politiche congiunturali. È un’attitudine tanto radicata nella cultura ‘ufficiale’ russa che tra gli oppositori delle diverse autocrazie al governo a Mosca, quelli di oggi e quelli dei secoli scorsi, gira la storiella che ‘in Russia il futuro è sempre certo, il passato imprevedibile!’ Da Pietro il Grande a Nicola I, da Stalin a Putin, ogni stagione dell’autocrazia russa si è costruita una sua storia di convenienza, propinata come verità incontrovertibile al popolo ed insegnata nelle scuole. Fino al parossismo surreale della ‘Nuova cronologia’ di Formenko, attuale storico in auge nella Mosca putiniana.
Un assunto, tuttavia, non è mai stato rivisitato o messo in discussione: l’attuale Russia è l’erede legittima e diretta dell’Impero Romano d’Oriente, Mosca è la ‘Terza Roma’, alla quale spetta la missione di restaurare la gloria e i confini di Bisanzio.
Orbene, Costantinopoli fu conquistata dai Turchi ottomani nel 1453 e ribattezzata Istanbul. Con essa cadde l’Impero Romano d’Oriente. I cristiani ortodossi fuggirono profughi verso Nord, attraverso il Caucaso, i mari Nero e Caspio e i Balcani, accolti dai fratelli russi. Iniziò così un conflitto plurisecolare tra mondo russo-ortodosso ed Ottomani musulmani che ha insanguinato quelle terre fino ai giorni nostri. La Guerra dei Balcani degli anni ‘90, conseguenza dello sgretolamento della Jugoslavia, fu anche una guerra di ‘religione’ tra Serbi ortodossi, Bosniaci e Kossovari musulmani e Croati cattolici.
Di più, in tutte le guerre tra Russia ed Europa Occidentale svoltesi dal XVI secolo ad oggi, la Turchia si è sempre alleata con l’Occidente. Tutto ciò che poteva portare all’indebolimento della Russia era sostenuto dalla Sublime Porta, e viceversa tutto ciò che indeboliva gli Ottomani era incoraggiato e supportato dalla Russia. Pur se entrambi gli Imperi, quello russo e quello ottomano – ma anche l’austro-ungarico – erano multietnici e tolleranti verso le diverse confessioni osservate nei propri immensi territori, nella storia non sono mancate, sia da una parte che dall’altra, delle vere e proprie pulizie etniche, vuoi per espellere le popolazioni islamiche dai Balcani o dal sud della Russia, vuoi per espellere quelle cristiane dalla Turchia.
L’Armenia è stata la prima nazione del mondo ad aver adottato il cristianesimo come religione di stato, nel 303 d.C., dieci anni prima dell’Editto di Costantino. I suoi confini, nel suo periodo d’oro, andarono dalle coste del Mar Nero e del Mar Caspio fino al Mar Mediterraneo che chiamiamo ‘turchese’, nell’area oggi di confine tra Turchia e Siria. Caduta Costantinopoli fu a lungo soggiogata all’Impero ottomano e, molto ridimensionata geograficamente, inglobata in esso. I Russi tuttavia non cessarono mai di guardare con occhio protettivo a questi cristiani dominati dai musulmani.
Tra il 1871 ed il ‘78 le tensioni nei Balcani, ancora parte dell’Impero ottomano, si fecero sempre più cruente e sfociarono nella Guerra Russo-Turca del ‘76-’77 conclusa col Congresso di Berlino del 1878, che sancì l’indipendenza dal dominio turco di buona parte dei Balcani. I musulmani dei Balcani, espropriati delle proprie terre, si riversarono profughi ad Istanbul e di qui furono indirizzati verso l’Anatolia, dove risiedevano gli Armeni e i Curdi. Nutrivano nel proprio animo sentimenti di rancore e di vendetta verso i cristiani che li avevano di fatto espulsi dai Balcani e furono anche aizzati dalla Sublime Porta contro gli Armeni, facendo loro ventilare che avrebbero tolto ai cristiani le loro terre per trasferirle ai profughi. Inevitabile l’esplosione di violente tensioni tra le tre componenti curda, armena e turca. Alla viglia della Prima guerra mondiale il Governo di Istanbul, guidato dai Giovani Turchi, pianificò lo sterminio degli Armeni e lo mise in atto con inaudita crudeltà tra il 1914 ed il ‘18. Fu il primo genocidio del Novecento, quello che ispirò Adolf Hitler ad emularlo verso gli Ebrei.
Nel ‘18, con gli imperi austro-ungarico e russo crollò anche quello ottomano. In Russia, con la Rivoluzione d’Ottobre del ‘17, i bolscevichi di Lenin presero il potere e fondarono l’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Nel disfacimento dell’Impero ottomano, l’Armenia si rese prima indipendente, poi aderì all’Unione Sovietica. Sarà la prediletta di Stalin tra le Repubbliche Socialiste Sovietiche del Caucaso.
Infine il crollo dell’URSS nel 1992 ed il ridisegno dei confini dell’est Europa e del Caucaso. E siamo ai giorni d’oggi, guardate la cartina in alto.
Quello che resta dell’Armenia, tre milioni di abitanti, è stretto in una tenaglia tra Turchia ed Azerbaijan, che è di fatto una dependance della stessa Turchia. Tra Armenia e Azerbaijan vedete l’enclave del Nagorno Karabakh, in parte popolato da Armeni, ma su cui rivendica giurisdizione l’Azerbaijan. Così, tra Armeni ed Azeri è guerra aperta dagli anni Novanta ad oggi. Tregue più o meno lunghe si alternano a conflitti militari.
Fino allo scorso anno la Federazione Russa, a guida di Putin, ha garantito alla piccola e fidata Armenia la protezione dalle mire turco-azere; viceversa, Erdogan ha offerto protezione agli Azeri rispetto ai disegni armeni sul Nagorno Karabakh. I rovesci della sua armata in Ucraina hanno però indebolito la forza deterrente della Russia nel Caucaso – ne sta approfittando ampiamente anche la Cina – ed isolato diplomaticamente il governo di Mosca dal contesto internazionale. Erdogan è stato l’unico a mantenersi in una posizione di fatto neutrale. Non ha aderito alle sanzioni contro la Russia, ha creato divisioni e messo veti al rafforzamento della NATO ed è riuscito anche a mediare il difficile accordo sul grano ottenendo un notevole successo diplomatico.
Oggi, mentre scriviamo, in Turchia si stanno svolgendo le elezioni di ballottaggio in cui Erdogan deve guardarsi dal suo forte competitore Kemal Kilicdaroglu. Ago della bilancia sono i nazionalisti di Sinan Ogan, che hanno preso il 5% al primo turno. Nella coalizione di Kilicdaroglu, Alleanza della Nazione, ci sono anche i candidati filo PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Erdogan ha messo il veto all’adesione della Svezia alla NATO perché essa offre asilo ai membri del PKK, da lui ritenuti terroristi. È sospettabile che, in caso di vittoria di Kilicdaroglu, la Turchia possa togliere quel veto. Ovvia quindi la preoccupazione di Putin, se Erdogan fosse sconfitto oggi al ballottaggio perderebbe una sponda diplomatica e si potrebbe trovare la Svezia nella NATO senza più ostacoli.
Allora cosa fa il buon Putin? Convoca a Mosca i presidenti armeno, azero e turco e offre la pace tra Armenia ed Azerbaijan. L’Armenia deve rinunciare ad ogni pretesa sul Nagorno Karabakh in cambio della promessa turco-azera di non infierire sugli Armeni ivi residenti. Il presidente armeno Armen Sarkissiansottoscrive. È la resa dell’Armenia, che senza la tutela della Russia non ha la benché minima forza sul campo. Erdogan conclude la campagna elettorale rivendicando la vittoria in Nagorno Karabakh. Un gradito cadeau ai nazionalisti, ago della bilancia nelle urne come si è visto. Ed un assist prezioso di Putin ad Erdogan per aiutarlo a chiudere a proprio vantaggio la partita elettorale.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-28 16:51:522023-05-30 17:08:14L’Armenia sacrificata sull’altare di Erdogan (Gente e Territorio 28.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 28.05.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il giorno 168 dell’assedio dell’Azerbajgian alla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. La questione degli Armeni dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh non è una questione di confini, ma di rispetto della Legge e della Storia. La Legge non può stare dalla parte di uno Stato criminale che promuove l’odio etnico, affama una popolazione civile e la priva delle sue libertà fondamentali. La Legge non è dalla parte dell’Azerbajgian. La Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite il 22 febbraio 2023 ha emesso un ordine vincolante per l’immediata revoca del #ArtsakhBlockade che va avanti da quasi 6 mesi. La Storia non è da parte dell’Azerbajgian. L’Artsakh è un antico Stato armeno che è stato (temporaneamente) occupato per circa 70 anni dall’Azerbajgian, un’entità creata artificialmente.
#RiconoscereArtsakh
#StopArtsakhBlockade
«Va rispettata la scelta della popolazione armena dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh che è una scelta espressa nel 1991 con un referendum» (Hovhannes Guevorkian, Rappresentante della Repubblica di Artsakh in Francia).
Nessuno Stato democratico, degni di questo nome, dovrebbe negare il diritto inalienabile dell’autodeterminazione a nessun popolo e forzandolo sotto un regime autocratico, guerrafondaio e genocida. Forzare l’Artsakh in Azerbajgian rappresenta una condanna a morte per la popolazione indigena armena. L’Occidente ha l’obbligo morale di salvare 120.000 Armeni Cristiani da morte certa e deportazione per mano dell’autocrazia corrotta e ricca di petrolio della famiglia Aliyev che rimane apertamente decisa a completare il genocidio armeno. Il Presidente terrorista dell’Azerbajgian, che ha in corso una campagna di genocidio contro gli Armeni è l’uomo che il Presidente degli USA, il Presidente della Commissione Europea e il Presidente della Russia stanno costringendo gli Armeno e l’Artsakh a negoziare, per loro inconfessabili sporchi interessi personali.
L’Artsakh è sempre stato armeno e non potrà mai far parte del genocida Azerbajgian. Tutti gli Armeni dovrebbero unirsi e combattere per l’Artsakh poiché non esiste Armenia senza Artsakh. Il Primo Ministro dell’Armenia è debole e mentalmente incapace di prendere decisioni per la nazione armena.
Mentre Artsakh muore lentamente sotto l’indifferenza internazionale, i nostri membri del governo, burocrati e membri dell’esercito italiano stanno discutendo di comunicazione strategica e organizzazione delle pubbliche relazioni con l’esercito turco-azerbajgiano, sostenuto dallo Stato di Israele e dalla Russia.
«Il Presidente dell’Azerbajgian ha avvertito i separatisti del Karabakh: “Tutti sanno perfettamente che oggi abbiamo tutte le opportunità per condurre qualsiasi operazione in questa regione (Karabakh). Pertanto, il “parlamento” deve essere sciolto, l’elemento che si autodefinisce “presidente” deve arrendersi, tutti i “ministri”, “deputati” e altri devono lasciare i loro incarichi. Solo in questo caso si potranno fare loro delle concessioni e si potrà parlare di amnistia”» (Haqqin.az – Telegram, 28 maggio 2023 ore 12.16).
Secondo fonti dei media azeri (sopra Haqqin.az in russo), l’autocrate dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, ha dato un ultimatum terroristico al governo della Repubblica di Artsakh. Nelle sue richieste Aliyev richiede lo scioglimento del Parlamento dell’Artsakh, che il Presidente si arrende e i Ministri e Deputati lascino loro incarichi. Solo dopo questi passaggi Aliyev prende in considerazione le discussioni sull’amnistia per le autorità del Karabakh. «È imperativo notare che l’indipendenza e l’autonomia non sono più in discussione; abbiamo definitivamente risolto la questione durante la Seconda Guerra del Karabakh», ha dichiarato. Ciò segue giorni dopo che il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha riconosciuto ufficialmente l’Artsakh come parte dell’integrità territoriale dell’Azerbajgian e ha chiesto ai funzionari dell’Artsakh di negoziare direttamente con Baku.
Questo è il consueto modo terroristico di ragionare dell’autocrate di Baku: se ci consegna il Presidente della Repubblica di Artsakh, gli altri avranno la vita salva. È come credere nella bontà del lupo di Cappuccetto Rosso.
«È così che Aliyev immagina i colloqui con Stepanakert all’interno dei meccanismi internazionali e tutti gli attori che lasciano parlare Aliyev in questo modo sono responsabili di ciò che potrebbe accadere con 120.000 Armeni: “O piegheranno il collo e verranno loro stessi o le cose si svilupperanno diversamente ora. Pertanto, possono contare su un’amnistia solo se volontariamente mettono da parte tutti i loro falsi incarichi e richiedono la cittadinanza azera. Lo esamineremo. La mia parola è definitiva e tutti lo sanno sia in Azerbajgian che nel resto del mondo, compresa l’Armenia. Facciamo quello che diciamo. Non una sola nostra parola, come si suol dire, è rimasta nell’aria e mai lo sarà neanche in futuro. Se dico che l’amnistia può essere un’opzione, non dovrebbero perdere questa opportunità. Hanno perso molte opportunità, una serie di opportunità, e ogni volta, come si suol dire, abbiamo dovuto metterli al tappeto per farli rinsavire”» (Tatevik Hayrapetyan).
Aliyev annuncia sempre i suoi crimini e li realizza. Solo le forze straniere possono fermarlo. Che Artsakh si arrenda o meno a lui, senza dure sanzioni si può davvero temere che attaccherà e prenderà l’intera Armenia come bonus. Si concede tutto e l’Occidente gli stringe la mano. Gli Armeni sono in grandissimo pericolo.
«Il 1° giugno 2023 a Chisinau in Moldova, durante il secondo incontro della Comunità politica europea, il Presidente francese Macron deve incontrare Aliev per parlare di pace con gli Armeni. Ma dopo il suo nuovo discorso di odio, armenofobo, guerrafondaio e imperialista, come questo è concepibile?» (Jean-Christophe Buisson, Vicedirettore di Le Figaro Magazine).
“L’Armenia de facto non ha altra scelta che rinunciare al Nagorno-Karabakh”. Questa è la cosa vergognosa, l’Armenia “in realtà non ha altra scelta”. L’Armenia democratica e gli Armeni di Artsakh hanno difeso i nostri valori senza il sistematico sostegno occidentale contro un pluriennale aggressione imperialista.
Conflitto senza fine nel Caucaso
È improbabile che la disputa sul Nagorno-Karabakh si risolva rapidamente
L’Azerbajgian rifiuta la richiesta di garanzia dell’Armenia
di Nicola Bär SRF 4 News, 24 maggio 2023
(Nostra traduzione italiana dal tedesco)
Qualcosa sta accadendo nel conflitto per il Nagorno-Karabakh nel Caucaso meridionale. A quanto pare, l’Armenia è pronto a cedere la contesa regione dell’Azerbaigian se Baku accetta di garantire la sicurezza della popolazione armena nel Nagorno-Karabakh. L’esperto dell’Europa orientale Stefan Meister conosce i retroscena del conflitto.
Nicola Bär: Perché l’Armenia è improvvisamente pronta a rinunciare al Nagorno-Karabakh? Stefan Meister: L’Armenia ha perso la seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020. Ha dovuto ritirarsi dai territori azeri conquistati nella prima guerra, l’Azerbaigian è stato fermato solo dall’intervento della Russia. L’Armenia de facto non ha altra scelta che rinunciare al Nagorno-Karabakh. L’Armenia è sotto pressione militarmente e politica di sicurezza – e in realtà non ha altra scelta che cedere il controllo della regione.
C’erano segni precedenti che l’Armenia potesse cedere il Nagorno-Karabakh? Questa discussione va avanti da circa un anno. Il Primo Ministro Nikol Pashinyan ha chiarito più volte che rinuncerà al controllo del Nagorno-Karabakh. Ora è stato fatto solo un comunicato ufficiale per esercitare pressioni e per ricevere qualche forma di garanzia internazionale per gli Armeni che vivono in Nagorno-Karabakh.
L’Azerbajgian è pronto a soddisfare la richiesta? NO. Per Baku la questione del Nagorno-Karabakh è già stata risolta. Dal punto di vista dell’Azerbajgian, il Nagorno-Karabakh è già parte integrante del Paese. Inoltre, non vi è alcun problema di sicurezza per gli Armeni nel Nagorno-Karabakh, afferma Baku. Secondo la Costituzione, Armeni e Azeri hanno uguali diritti. Pertanto, le garanzie di sicurezza non sono necessarie o pertinenti.
Quali sono le conseguenze della cessione della regione per gli Armeni del Nagorno-Karabakh? Riguarda la sicurezza personale degli Armeni: la guerra alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 ha ucciso decine di migliaia e sfollato centinaia di migliaia. Le conseguenze furono una costruzione della nazione molto forte e un odio verso l’altra cultura. Il rischio che le persone vengano sfollate o uccise è molto alto. Il pericolo che ora ci siano atti di vendetta contro gli Armeni nel Nagorno-Karabakh è quindi molto grande: le persone verranno espulse o uccise. Ciò è accaduto anche nelle aree che l’Armenia controllava prima dell’ultima guerra e ora sono azere: gli Armeni che vi abitano sono stati in gran parte eliminati.
Come vede le possibilità che il conflitto del Nagorno-Karabakh possa ora essere risolto? Le possibilità di un accordo tra Baku e Yerevan sono attualmente relativamente scarse. L’Azerbajgian non vede alcun motivo per fare marcia indietro. A Baku non c’è alcuna volontà di scendere a compromessi, come consentire agli osservatori internazionali o alle truppe di mantenimento della pace di recarsi in Nagorno-Karabakh per far rispettare le garanzie di sicurezza.
Venerdì 26 maggio 2023 gli studenti delle scuole superiori di Artsakh hanno festeggiato “Verdjin Zang” (Ultima campana). Mentre dovrebbero celebrare il loro cammino verso la loro vita adulta, hanno reso omaggio ai loro cari, fratelli, cugini, amici, assassinati dall’autocrazia azera di Aliyev e che non avevano la possibilità di un futuro. La vita di questi studenti delle scuole superiori (e dei 120.000 Armeni dell’Artsakh) è oggi più minacciata che mai, sotto il blocco totale e illegale dell’Azerbajgian da 6 mesi, nonostante l Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite il 22 febbraio 2023 ne ha ordinato l’immediata revoca.
La vocazione più grande per un cittadino dell’Artsakh è vivere nel suo Paese
Il Primate della Diocesi di Artsakh della Chiesa Apostolica Armena, il Vescovo Ter Vrtanes Abrahamyan, ha inviato un saluto di benedizione ai diplomati dell’Artsakh. Riportiamo di seguito il messaggio nella nostra traduzione italiana:
«Cari diplomati,
ci congratuliamo sinceramente con voi per il completamento del primo importante periodo della vostra vita. La nostra anima è piena di gioia quando vediamo quali giovani brillanti stanno crescendo in Artsakh. Nelle condizioni dell’assedio artificiale dell’Artsakh, quando soffriamo insieme molte privazioni, quando il nostro domani sembra molto incerto, il vostro entusiasmo giovanile e il vostro amore per la vita vengono a cingere e rafforzare i nostri cuori.
Le conoscenze che avete acquisito durante i vostri anni scolastici, gli insegnamenti dei vostri insegnanti e l’esperienza che avete acquisito, vi aiuteranno a trovare il vostro giusto posto e scopo nella vita. È nostro desiderio che qualunque sia la posizione e il grado che raggiungerete nella vita, non dimenticherete la vostra più grande vocazione. La vocazione più grande per un cittadino dell’Artsakh è quella di vivere nel suo Paese e di appropriarsi di questa terra santificata dal sangue dei nostri martiri, che erano giovani brillanti come voi. Non essere tagliato dalle vostre radici, perché come un albero, ogni persona tagliata dalle sue radici è moralmente soggetta ad appassire e scomparire.
Preghiamo che Dio sia sempre il vostro compagno negli anni futuri della vostra vita, e voi cercate di fare tutti i vostri passi secondo la volontà di Dio, cercate la saggezza e la verità per trovare la pace e la libertà perfette.
Amate il nostro meraviglioso paese con amore senza riserve e costruirete la vostra felicità dignitosa in Artsakh libero e indipendente».
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L’Armenia riconosce l’integrità territoriale della Repubblica dell’Azerbaigian, che comprende il Nagorno-Karabakh, a condizione che sia garantita la sicurezza della sua popolazione armena, ha dichiarato lunedì il primo ministro armeno Nikol Pashinyan in una conferenza stampa.
“L’Armenia riconosce il territorio dell’Azerbaigian di 86.600 chilometri quadrati, supponendo che l’Azerbaigian sia disposto a riconoscere l’integrità territoriale dei 29.800 chilometri quadrati dell’Armenia. Il territorio dell’Azerbaigian comprende il Nagorno-Karabakh, ma vorremmo sottolineare che la questione dei diritti e della sicurezza degli armeni del Nagorno-Karabakh dovrebbe essere discussa tra Baku e Stepenakert”, ha dichiarato Pashinyan.
Ha anche chiesto salvaguardie internazionali per la sicurezza e i diritti degli armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh, esprimendo preoccupazione che senza di loro l’Azerbaigian potrebbe presumibilmente effettuare la pulizia etnica nella regione.
Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian scoppiò nel febbraio 1988 sulla regione montuosa del Nagorno-Karabakh, un territorio conteso che faceva parte dell’Azerbaigian prima della disgregazione dell’Unione Sovietica, ma che era popolato principalmente da armeni etnici.
Nuovi scontri sono scoppiati il 27 settembre 2020, con intense battaglie nella regione contesa. Il 9 novembre 2020, il presidente russo Vladimir Putin, il presidente azero Ilham Aliyev e Pashinyan hanno firmato una dichiarazione congiunta per un cessate il fuoco completo nel Nagorno-Karabakh.
Secondo il documento, l’Azerbaigian e l’Armenia hanno mantenuto le posizioni che avevano ricoperto, mentre un certo numero di distretti sono stati consegnati a Baku. Le forze di pace russe sono state dispiegate lungo la linea di contatto e il Corridoio Lachin. Successivamente, i leader dei tre Paesi hanno adottato diverse altre dichiarazioni congiunte sulla situazione nella regione. L’anno scorso, l’Azerbaigian e l’Armenia hanno avviato i negoziati per il trattato di pace.
di Redazione
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-27 17:06:112023-05-30 17:06:47Armenia riconosce integrità territoriale Azerbaigian, compreso Karabakh (Il Faro sul mondo 27.05.23)
Ieri sera (notte, in verità, è cominciata più tardi del previsto e si è dunque conclusa più tardi) si è tenuta a Mosca la riunione tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev, “moderata” da Putin, dove si è discusso principalmente dello sblocco dei trasporti e delle infrastrutture economiche.
Alla fine, facce abbastanza provate e non troppo amichevoli (mi sa che Putin ha pensato un paio di volte all’opzione nucleare, e non riguardo l’Ucraina), ma nella dichiarazione finale le divergenze sono state presentate come “ostacoli superabili” di natura “puramente tecnica”.
Tra una settimana i colloqui riprenderanno e se ne occuperanno stavolta i vice primi ministri, così se vogliono tirarsi i portacenere possono farlo con maggiore libertà e meno conseguenze.
La sensazione abbastanza chiara è che la Russia abbia mollato l’Armenia, la cui posizione sia militare che diplomatica si è fatta insostenibile, e che Pashinyan non solo lo sappia bene, ma abbia anche capito che le cose non possono essere troppo diverse.
Nel momento in cui tutti gli attori regionali stanno lavorando per risolvere la crisi siriana e integrare, per quanto possibile, le economie di Iran, Turchia e Arabia Saudita con quelle russa e cinese, la questione del Nagorno Karabakh va tolta di mezzo e non può che essere risolta in questo modo.
Del resto, si saranno anche detti i russi, è dal 1992 che l’Armenia è entrata in orbita USA, ricevendo più di un miliardo di dollari in aiuti da parte dell’USAID per “portare avanti la transizione democratica” e “incrementare la sicurezza economica” (qui la pagina dell’USAID sulle sue attività in Armenia – cercano personale, se a qualcuno interessa), senza contare le decine di altre ONG statunitensi impegnate nel paese.
Si facciano aiutare da loro, avranno pensato, così poi saranno loro a doversela vedere con la Turchia e con Israele, sponsor storici dell’Azerbaijan.
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-27 17:03:492023-05-30 17:16:33Armenia-Azerbaigian, la mediazione di Mosca (Contropiano 27.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.05.2023 – Vik van Brantegem] – L’autocrazia dell’Azerbajgian diffonde costantemente disinformazione. Soprattutto, la negazione e la riscrittura della storia è un problema che il mondo nell’era della tecnologia non dovrebbe più tollerare. Poi, anche il pan-turchismo, che mira a riunire tutte le nazioni di lingua turca è una minaccia globale e non solo per gli Armeni.
Un video di 11 secondi [QUI] del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, mentre ascolta il Presidente azerbajgiano, Ilham Aliyev, e il Presidente russo, Vladimir Putin, durante la sessione dell’Unione Economica Eurasiatica, di cui abbiamo riferito ieri [QUI].
Dichiarazione dell’Armenian General Benevolent Union (AGBU) con sede a New York, sull’accordo che conferisce all’Azerbajgian la sovranità sull’Artsakh
Il 25 maggio 2023, la leadership della Repubblica di Armenia ha incontrato i Presidenti dell’Azerbajgian e della Russia per continuare a portare avanti il processo per garantire un accordo di pace regionale. Citando la sua logica di rendere possibile ai cittadini dell’Artsakh di “garantire la loro sicurezza e i loro diritti”, l’Armenia ha indicato che intende accettare ufficialmente che Azerbaigian abbia la sovranità sul popolo dell’Artsakh.
AGBU, insieme a molti Armeni in tutto il mondo armeno, rifiuta la validità di questa razionalizzazione. Mentre tutti gli Armeni vogliono stabilità, pace e sicurezza per l’Armenia e la regione, siamo profondamente preoccupati dalla prospettiva che l’Armenia ceda il destino degli Armeni dell’Artsakh a un nemico che non conosce limiti nel raggiungere i suoi doppi obiettivi di sradicare gli Armeni dall’Artsakh e alla fine conquistare l’egemonia nella regione, il che mette in gioco la stessa sovranità dell’Armenia. Particolarmente preoccupante è l’Azerbajgian che afferma che a nessun Paese, inclusa l’Armenia, sarà permesso di ostacolare i suoi obiettivi per la popolazione dell’Artsakh, segnalando che i blocchi, il terrorismo umanitario e il genocidio culturale nell’Artsakh saranno tutti un gioco leale.
“La storia di questo conflitto negli ultimi 30 anni mostra che l’Azerbajgian non è mai stato un partner negoziale onesto”, afferma il Presidente dell’AGBU, Berge Setrakian. “Non ha onorato alcun trattato, convenzione, accordo o legge internazionale che riguardi il popolo dell’Artsakh. L’implacabile retorica pubblica anti-armena di Ilham Aliyev, le aggressioni militari non provocate contro le comunità armene civili e la privazione di migliaia di Armeni nell’Artsakh con uno spietato blocco economico sono prove sufficienti. Sappiamo che firmare questo documento equivale a dare all’Azerbajgian un assegno in bianco per completare la sua missione di sradicare tutti gli armeni dall’Artsakh, impunemente”.
Per 30 anni, il popolo dell’Artsakh ha cercato di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione, come definito dal secondo articolo della Carta delle Nazioni Unite e dai principi del Gruppo di Minsk dell’OSCE. L’autodeterminazione è l’unica linea d’azione accettabile e la comunità mondiale deve farsi avanti per portare finalmente a termine questo processo.
In quanto tale, l’AGBU invita tutti gli organismi internazionali a sostenere il diritto del popolo dell’Artsakh all’autodeterminazione, altrimenti sarà ulteriormente sottoposto a pulizia etnica da parte di un Azerbajgian che costantemente e senza scusarsi non riesce ad onorare un accordo.
In tre punti, con le frasi detti da Aliyev (nel video sopra), ecco perché la proposta di Pachinyan di lasciare ad Aliyev il controllo dell’Artsakh è una follia. Questo sarà solo il primo passo nel suo grande progetto azero: conquistare l’Armenia e cacciare tutti gli Armeni dal Caucaso. “Come i cani” (ha detto anche questo):
«1. L’Armenia di oggi è la nostra terra. Quando l’ho detto ripetutamente prima, hanno cercato di obiettare e affermare che ho rivendicazioni territoriali. Lo dico come un fatto storico.
2. Parallelamente a questo, dobbiamo sviluppare congiuntamente il concetto di ritorno nell’Azerbaigian occidentale [=l’Armenia di oggi].
3. Ora che il conflitto del Karabakh è stato risolto, questo è il tema della nostra agenda» (Ilham Aliyev).
«I tre gemelli che sono nati a Stepanakert. La madre di cinque figli del villaggio di Khushinak ha detto. “Sono orgogliosa che i miei figli siano nati in Artsakh”. I suoi figli, insieme ad altri 30.000 bambini in Artsakh, sono privati dei diritti fondamentali e delle condizioni per una vita normale a causa del #ArtsakhBlockade imposto dall’Azerbajgian da 167 giorni» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).
I diplomati delle scuole superiori di tutta la Repubblica di Artsakh hanno celebrato ieri venerdì 26 maggio 2023 il loro ultimo giorno di scuola. Non abbiamo alcun diritto di abbandonarli.«Commemorando oggi il 100° anniversario della nascita di Heydar Aliyev, rendiamo omaggio alla sua forza, dedizione e profondo amore per l’Azerbajgian. Mi considero tra i pochi fortunati che hanno avuto il netto privilegio di trascorrere del tempo con questo leader emblematico» (Adnan Huseyn).
Adnan Huseyn era il portavoce degli eco-attivisti al blocco del Corridoio di Lachin, che ogni giorno postava su Twitter i suoi video mostrando il passaggio di veicoli del Comitato Internazionale della Croce Rossa e delle forze di mantenimento della pace russe, come “prova” che non c’era un blocco.
«Questa persona che ha intrappolato 120.000 Armeni in un blocco genocida per mesi causando brutali crisi umanitarie, morti tra anziani/malati Armeni a causa di #ArtsakhBlockade ci ricorda l’intenso lavaggio del cervello che ha subito fin dalla sua infanzia. Gioventù hitleriana azerbajgiana» (Nara Matini).
Oggi 27 maggio 2023 ricorre il 33° anniversario degli scontri tra le forze di autodifesa armene e i soldati sovietici avvenuti il 27 maggio 1990.
L’incidente è iniziato alle ore 08.30 del 27 maggio 1990, all’interno della sala d’attesa della stazione ferroviaria Sasuntsi Davit di Yerevan. In circostanze sconosciute, scoppiò una scaramuccia tra combattenti per la libertà armeni e soldati sovietici.
Successivamente, gli scontri si sono intensificati lungo l’autostrada Yerevan-Nubarashen, quando veicoli corazzati appartenenti alla 7ª armata sovietica sono entrati a Yerevan, spingendo le forze di autodifesa armene a tentare di fermare la loro avanzata.
A seguito dei negoziati con il comandante della 7ª armata sovietica, Mikhail Surkov, le truppe furono convinte a ritirarsi. Tuttavia, nonostante la cessazione delle ostilità, l’esercito sovietico mantenne per diversi giorni un blocco intorno a piazza della Libertà di Yerevan, utilizzando veicoli blindati.
In totale, il conflitto armato ha provocato 27 vittime, tra cui sei combattenti per la libertà presso la stazione ferroviaria Sasuntsi Davit di Yerevan, oltre a civili e quasi 60 feriti.
I combattenti per la libertà caduti alla stazione erano Arsen Harutyunyan, Garegin Karapetyan, Samson Harutyunyan, Vazgen Vardanyan, Khachik Malkhasyan e Edik Petrosyan (Fonte Agenzia 301).
Ieri 26 maggio 2023 alle ore 19.00 è stata interrotta la comunicazione con due militari delle forze armate della Repubblica di Armenia, che stavano consegnando provviste alle postazioni di combattimento. Sono stati avviati immediatamente misure operative e investigative per cercare i militari. Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha anche riferito che stava esaminando la possibilità della loro apparizione dalla parte azera in circostanze poco chiare.
Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha confutato la disinformazione azerbajgiana riguardante un presunto tentativo di sabotaggio da parte armena lungo il confine: «Le informazioni diffuse dai media azeri su un presunto tentativo di penetrazione di sabotaggio da parte armena nella parte sud-orientale della zona di confine sono una menzogna assoluta e non corrispondono alla realtà».
I due militari armeni scomparsi, Harutyun Hovakimyan e Karen Ghazaryan, sono stati arrestati in Azerbajgian. L’ufficio del procuratore azero ha dichiarato che sono stati arrestati come sospetti con l’accusa di terrorismo, infiltrazione illegale e trasporto illegale di armi.
Il Ministero della Difesa dell’Armenia ha riferito che un veicolo di rifornimento ricercato in precedente è stato trovato sulla strada di interposizione. Era carico di rifornimenti e acqua destinati alle posizioni di supporto al combattimento. Il veicolo era guidato dai due militari armeni scomparsi con modalità non ancora chiarite.
Il Ministero degli Esteri dell’Armenia ha dichiarato che i due militari armeni sono stati rapiti illegalmente dall’Azerbajgian sul territorio sovrano armeno e che il rapimento illegale è un tentativo di deviare dai propri obblighi. Chiede alle autorità dell’Azerbajgian di rilasciarli e di adempiere all’impegno di rilasciare tutti i prigionieri di guerra armeni in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 e gli appelli di partner e istituzioni internazionali.
«Ho iniziato ad apprezzare il comportamento dei funzionari russi. Finalmente, hanno iniziato a non nascondere le loro posizioni anti-armene. Toglie alle forze filo-russe dell’Armenia la possibilità di mentire. Alla riunione dei Ministri della Difesa degli Stati membri della CSTO tenutasi a Minsk qualche giorno fa, il Ministro della Difesa russo, Sergey Shoigu, ha accusato l’Occidente di tentare di interferire nella situazione attorno al Nagorno-Karabakh e di screditare la missione di mantenimento della pace russa. “Ora le truppe di mantenimento della pace russe sostengono la sicurezza nel Nagorno-Karabakh. Tuttavia, l’Occidente vuole interferire nella situazione in ogni modo possibile, aumentare la sua presenza e screditare la politica di mantenimento della pace russa”, ha affermato Shoigu.
Tuttavia, le forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh vengono screditate dalle stesse forze di mantenimento della pace russe. L’Occidente non impedisce ai Russi di fermare gli attacchi e le provocazioni militari dell’Azerbajgian contro il Nagorno-Karabakh.
Dal 9 novembre 2020 ad oggi, l’Azerbajgian ha occupato territori del Nagorno-Karabakh: i villaggi di Khtsaberd e Parukh, la collina di Karaglukh, le alture sulla strada sterrata Goris-Stepanakert e le alture in direzione di Martakert.
Ma i Russi non hanno impedito queste provocazioni. Non l’hanno impedito, nonostante la dichiarazione del 9 novembre 2020 indicasse chiaramente la linea di contatto, cioè la zona oltre la quale gli Azeri non dovevano avanzare.
Gli Azeri bloccano da mesi il Corridoio di Lachin e hanno allestito un posto di blocco, ma le forze di mantenimento della pace russe non li hanno fermati. In tutti i casi, il comando del contingente russo ha negoziato con l’Azerbajgian, ma non ci sono stati risultati. Il Generale Lentsov è stato rispedito da Baku a mani vuote l’altro giorno.
Se le forze di mantenimento della pace russe avessero impedito queste provocazioni da parte dell’Azerbaigian, non sarebbero stati screditati. Continuo a non elencare gli omicidi di civili nel Nagorno Karabakh davanti alle forze di mantenimento della pace russe. Non sono uno o due i casi in cui l’Azerbajgian ha ucciso civili e le forze di mantenimento della pace russe non hanno fermato l’Azerbajgian. Quei crimini non hanno avuto conseguenze per l’Azerbajgian. Leggi il rapporto motivato del Difensore dei Diritti Umani del Nagorno-Karabakh.
Ma questo non è il mio punto principale. Shoigu ha accusato l’Occidente di voler cacciare la Russia dal Caucaso meridionale. “Un esempio di ciò è la cosiddetta missione civile dell’UnioneEuropea in Armenia, che comprende militari e impiegati di servizi speciali. Penso che non ci sia bisogno di spiegare cosa stanno effettivamente facendo. Pensiamo che sia necessario continuare il lavoro nella direzione dell’invio di una missione CSTO nella regione”.
Shoigu dimentica che gli osservatori dell’Unione Europea sono apparsi in Armenia perché la sicurezza garantita dalla Russia non ha funzionato, per cui la parte armena ha subito grosse perdite. Dopo il dispiegamento di osservatori dell’Unione Europea, l’Azerbajgian ha effettuato due provocazioni vicino ai villaggi di confine di Tegh e Sotk in Armenia, uccidendo militari armeni. C’erano forze di mantenimento della pace russe nell’area che hanno consegnato le posizioni armene vicino al villaggio di Tegh all’Azerbajgian, dopo di che si è verificato un sanguinoso incidente.
Anche i militari russi di stanza al confine armeno-azerbajgiano hanno consegnato le posizioni militari armene all’Azerbajgian durante l’attacco del 13 settembre 2022. Le unità militari russe di stanza nelle regioni Syunik e Gegharkunik dell’Armenia non hanno sostenuto l’esercito armeno nel contrastare l’attacco dell’Azerbajgian. Se la Russia non avesse voluto entrare in conflitto militare diretto con l’Azerbajgian, avrebbe potuto frenare l’aggressione dell’Azerbajgian con strumenti politici e diplomatici, cosa che non ha fatto.
Aliyev all’incontro dell’EEU sembrava rivelare il motivo per cui la Russia non ha sostenuto l’Armenia. Aliyev ha affermato che la Russia sostiene l’Azerbajgian per quanto riguarda il “Corridoio di Zangezur”. Putin non lo ha negato. Penso che se il ricatto militare azero contro l’Armenia avesse successo, anche la Russia ne trarrebbe vantaggio, ed entrambi otterrebbero il controllo del “Corridoio di Zangezur”. Tuttavia, l’Armenia ha resistito a Mosca e Baku. USA, Francia, Unione Europea e Iran hanno fornito sostegno politico e diplomatico all’Armenia. I loro interessi coincidevano sulla questione della sovranità dell’Armenia.
Se l’obiettivo della Russia era garantire la sicurezza dell’Armenia, nel nostro Paese hanno già soldati che potrebbero adempiere ai loro doveri. Tuttavia, la Russia ha rifiutato di adempiere ai suoi obblighi di garantire sicurezza. Perché l’Armenia dovrebbe acconsentire al dispiegamento di osservatori CSTO?
Così, Shoigu ammette che l’obiettivo della Russia non è la sicurezza dell’Armenia e che schierando le forze di pace della CSTO, la Russia mira a contrastare gli osservatori dell’Unione Europea. Questo non è solo semplice imperialismo russo; c’è anche uno specifico calcolo politico dietro il piano per il dispiegamento di osservatori CSTO. L’obiettivo della Russia è espellere gli osservatori dell’Unione Europea dall’Armenia.
Credo che la cooperazione militare, politica, economica ed energetica con l’Occidente offre all’Armenia la possibilità di ridurre la sinistra influenza della Russia, guadagnare resilienza e resistere alle richieste illegali dell’Azerbajgian. Sono sicuro che l’Armenia non verrà distrutta dopo aver ricevuto il sostegno dell’Occidente. Lo stiamo già vedendo dopo il dispiegamento degli osservatori europei.
Con la presenza di militari russi in Armenia, l’Azerbajgian agisce impunemente. Nel frattempo, gli osservatori occidentali frenano in larga misura l’Azerbajgian. Sì, secondo la decisione di Baku e Mosca, l’Azerbajgian ricorre regolarmente a provocazioni, il cui scopo è screditare la missione dell’Unione Europea. Tuttavia, non funzionerà.
Penso che l’Armenia dovrebbe lasciare la CSTO con urgenza, dopodiché la questione degli osservatori della CSTO sarà chiusa. Il Ministro della Difesa dell’Armenia non ha partecipato al Summit dei Ministri della Difesa dei Paesi CSTO a Minsk.
Si spera di assistere presto al ritiro dell’Armenia dalla CSTO. La Russia ha perso l’Armenia a causa della sua politica miope e non guadagnerà nemmeno l’Azerbajgian. Ne parlerò in altra occasione» (Robert Anayan – Nostra traduzione italiana dall’inglese). Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]
http://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.png00adminwphttp://www.comunitaarmena.it/wp-content/uploads/2022/08/Logo_armenia-04-1-300x92.pngadminwp2023-05-27 16:59:042023-05-30 17:00:50167° giorno del #ArtsakhBlockade. Obiettivo finale di Aliyev: conquistare l’Armenia e cacciare tutti gli Armeni dal Caucaso (Korazum 27.05.23)
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 27.05.2023 – Renato Farina] – Gli alberi piantati e dedicati nel parco di Villa Borghese a Roma, il più bello di tutti i giardini, al capostipite degli Aliyev, nonché promotore di pogrom azeri contro gli Armeni [QUI], sono legni che ci battono sulla testa, qui sulla riva del lago di Sevan. Il Nagorno-Karabakh è vicino al villaggio di noi Molokani. Idea! Perché deputati e dignitari italiani partecipi di quell’evento non vengono a rimuovere il blocco che impedisce di portare pane e medicine ai 120mila Armeni presi per fame e malattia. Almeno guardare. Sarebbe formidabile, e almeno un pochino bypartisan.
Intanto, notizie dolci avvertono di negoziati ad alto livello e con mediatori di rango (Unione Europea, poi Russia) per dar corpo a una pace vera tra Armenia e Azerbajgian, e salvare il Nagorno-Karabakh (il nostro Artsakh) dal genocidio o dalla schiavitù. I governanti armeni registrano progressi. Si parla ufficialmente di progressi. Il Presidente Ilham Aliyev per Baku e Nikol Pashinian per Erevan hanno infatti accettato concordemente di riconoscere la superficie dei rispettivi Stati nella misura di 29.800 Kmq (Armenia) e di Kmq 86.600 (Azerbajgian). Alt! La dolce notizia contiene dentro di sé un nocciolo amaro, forse avvelenato. I numeri dicono che di fatto il governo armeno riconosce come parte dello Stato azero il Nagorno-Karabakh. È una deduzione elementare.
Che significa? Interpreto così. L’Azerbajgian è pronto a prendersi militarmente il territorio della Repubblica armena. Dopo l’occupazione del Nagorno-Karabakh nel settembre 2020 con l’aiuto della Turchia, con crimini di guerra documentati (e silenziati!), e dopo la tregua sottoscritta per imposizione di Mosca, Aliyev ha intrapreso la tattica delle continue aggressioni, invadendo piccole porzioni di territori armeni, nel contempo rivendicando pretese storico-culturali sull’intera Repubblica cristiana. La strategia è quella di far sparire questa nazione. Intanto costringendo gli Armeni dell’Artsakh alla scelta tra la schiavitù e l’emigrazione.
Ora i colloqui di “pace” danno per scontata la sovranità di Aliyev sul Nagorno-Karabakh in cambio del congelamento dei confini.
Realismo o tradimento da parte di Pashinyan? Non è tradimento ma solitudine. Il tradimento è di chi in Occidente non ha riconosciuto i suoi fratelli, e ha preferito rinunciare come Esaù perdere la dignità per un piatto di metano.
Non basterà questo sacrificio obbligato. I precedenti storici, la figura morale dei leader azero, il servilismo europeo nei confronti del progettato impero neo-ottomano, la situazione geopolitica: tutto parla di truffa, trappola, propaganda, per alleviare il peso sulla coscienza pelosa dei Paesi europei a riguardo degli accordi commerciali e addirittura militari con una dittatura corrotta e crudele.
Non facciamoci soffiare fumo negli occhi. Il negoziato è certo la sola alternativa alla guerra. Ma non quando è usato subdolamente a preparare meglio il decisivo colpo di maglio del lupo azero sulla testa di cappuccetto armeno, e consentire che il prepotente aggressore intanto accumuli armi e si ripulisca l’immagine. È bene che la trattativa non sia a due, tra l’Orco e Pollicino, ma preveda meccanismi internazionali vincolanti in caso di violazioni. Qui la NATO, l’Unione Europea, grazie a un’iniziativa italiana (la seconda capitale dell’Armenia è Venezia) potrebbero dare garanzie per impedire un nuovo genocidio. Ehilà, dalle parti di Meloni, qualcuno batta un colpo, vi prego.
Prima di trattarmi come un matto che rifiuta il dialogo, mi ribello, offrendovi un bicchiere di latte e menta. Ma quando mai? Noi Molokani d’Armenia non siamo estremisti, detestiamo la guerra. La prova? Beviamo latte, tutto lì. Siamo stati ritenuti eretici dai capi dell’ortodossia russa cinque secoli fa per questo. Secondo una dottrina che fa prevalere la legge sull’imitazione di Cristo, il latte non andrebbe consumato in quaresima e nei periodi di penitenza. Nella Sacra Famiglia il latte non era tabù mai. La Madonna non ha smesso di allattare il Bambin Gesù. Il sabato è per l’uomo, non il contrario. E così il latte.
Insomma, siamo gente raziocinante, amiamo il latte non il sangue. Dunque siamo felici che continuino i negoziati perché si raggiunga la pace tra Armenia e Azerbajgian, ma resta nel fondo della nostra coscienza il presentimento dell’inganno. Non ci riferiamo a Machiavelli ma alla Bibbia e alle trattative tra Mosè e il faraone Ramses. Visto che il capo dell’Egitto non cedeva e non lasciava partire gli Ebrei, Dio mandò le prime piaghe. Ramses resistette a cavallette e zanzare, ma quando ci fu l’invasione delle rane – la quinta piaga – cedette. Disse a Mosè: fa’ cessare questo flagello e il tuo popolo sarà liberato. Mosè accettò felice. Avrebbe dovuto chiedere di “vedere cammello”, come si dice da quelle parti. Avere un pegno solido, che renda non conveniente la rottura del patto.
Il faraone mentì, non mantenne la parola. Bloccò gli Israeliti ed anzi rese più dura la loro schiavitù suscitando le proteste dei medesimi contro Mosè. Il quale imparò la lezione, e alla decima piaga condusse prima il popolo fuori dalla prigionia e solo poi chiese a Dio di interrompere la moria di Egizi.
La storia dell’Esodo, e delle trattative per conseguirlo, credo siano una buona scuola. Negli ultimi giorni del mese di maggio ci sono stati ancora incontri.
“Ormai secche le rose e le violette armene… l’Armenia è diventata la casa del dolore” (Ghevond). Noi non ci rassegniamo a perdere l’Artsakh.
Il Molokano
Questo articolo è stato pubblicato oggi su Tempo.it [QUI].
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