Nel Nagorno-Karabakh assediato dall’Azerbaijan: “Invaderanno l’Armenia e Mosca non si oppone” (La Repubblica 24.03.23)

EREVAN – L’ufficiale russo che chiede i documenti al check point all’ingresso del villaggio ha un kalashnikov appeso alla spalla e il volto celato da un passamontagna. Intorno a lui tutto è avvolto da una fitta nebbia, che lascia a malapena intravedere ciò che lo circonda: qualche metro più indietro si scorgono i movimenti di altri soldati, sempre russi, e un mezzo militare corazzato; sul lato destro della strada inizia una discesa che termina in una radura con una decina di case diroccate.

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Armenia: “L’Azerbaijan vuole attaccarci”/ “Rischia di diventare una pulizia etnica” (Il Sussidiario 24.03.23)

presidente dell’Armenia, l’economista Vahagn Khachaturyan, ha parlato con Repubblica del rischio che il suo paese corre di entrare in guerra contro l’Azerbaijan. Non sarebbe una situazione, d’altronde nuova, e l’ultimo attacco è stato subito nel 2020, periodo in cui il presidente (eletto con il favore del governo filo occidentale armeno) chiese la protezione da parte della Russia. Quest’ultima, tuttavia, è impegnata da oltre un anno in un’altra guerra, con la quel si sarebbe garantita anche il favore dell’Azerbaijan, venendo sempre meno agli impegni presi con l’Armenia.

L’Armenia e la guerra con l’Azerbaijan

Il tono del presidente dell’Armenia sembra essere preoccupato, soprattutto quando sottolinea che “la guerra può scoppiare in ogni momento“. Il problema, spiega, è che “l’Azerbaijan vuole svuotare il Nagorno Karabakh (una regione armena, al centro della contesa, ndr.) degli armeni che Baku sostiene debbano vivere sotto la legge azera oppure andarsene“. Leggi che, tuttavia, imporrebbero agli armeni una vita “senza diritti umani, democrazia e in costante pericolo”.

Il presidente racconta che recentemente il contendente “ha inviato un manipolo di finti attivisti per il clima a bloccare l’unico collegamento tra l’Armenia e il Nagorno Karabakh” bloccando di fatto 120mila armeni “in una situazione umanitaria disastrosa, con scarsità di cibo, medicinali, elettricità e gas”. Una situazione architettata a tavolino per “porli di fronte ad una scelta: vivere come ora o vivere sotto le leggi azere”, alternative impraticabili con l’esito di spingerli “ad andarsene. Così gli azeri stanno realizzando il loro sogno di svuotare Nagorno-Karabakh della presenza degli Armeni. È una pulizia etnica“.

La posizione della Russia

In questa già delicata situazione in Armenia, inoltre, è venuto anche meno il supporto della Russia, che “vive oggi una situazione difficile. L’Azerbaijan se ne rende conto e se ne approfitta. Baku è diventata più forte perché l’Europa sta aumentando il suo import energetico dall’Azerbaijan per compensare la mancanza di idrocarburi russi”. Chiude ponendo una domanda all’UE: “volete proteggere una democrazia come l’Armenia o sostenere un Paese non democratico come l’Azerbaijan? È possibile che venga perdonato tutto all’Azerbaijan, incluse le violazioni della legge internazionale e dei diritti umani?”

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Da oltre 100 giorni l’Azerbaigian isola gli armeni dell’Artsakh (Tempi 24.03.23)

I 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh sono tagliati fuori dal mondo dal regime azero dal 12 dicembre. Tutti i dati della catastrofe umanitaria: dai 2.000 bambini costretti a vivere senza un genitore allo spaventoso numero dei disoccupati

Arshak avrebbe voluto abbracciare sua madre Lida un’ultima volta, ma gli “eco-attivisti” dell’Azerbaigian che da oltre 100 giorni bloccano il corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh al resto del mondo, gliel’hanno impedito. Le condizioni della donna di 80 anni, malata di cancro, si sono improvvisamente aggravate durante il ricovero in un ospedale della capitale dell’Armenia, Erevan. Arshak era rientrato a casa, nel Nagorno-Karabakh, il 12 dicembre quando il blocco è iniziato. Da allora non gli è stato più permesso di uscire né di vedere sua madre l’ultima volta né di darle degna sepoltura nella sua terra.
Armeni dell’Artsakh isolati da oltre 100 giorni
Quella di Lida e Arshak è solo una delle tantissime storie di dolore e sofferenza causate dal blocco del corridoio di Lachin, che ha tagliato fuori dal mondo 120 mila persone, tra cui 30 mila bambini e novemila disabili. Intere famiglie sono separate da tre mesi: genitori lontani dai figli, mariti divisi dalle mog…

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Centotreesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Riconoscere il diritto all’auto-determinazione e all’indipendenza dell’Artsakh. Sanzionare Aliyev e Azerbajgian (Korazym 24.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi segna il 103° giorni da quando l’Azerbaigian ha iniziato il blocco dell’Artsakh. Ogni mattina penso: non so più cosa dire sul blocco del Corridoio di Lachin. Poi, mi ricordo che è necessario prendere posizione. La neutralità aiuta l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio incoraggia il carnefice, mai la vittima. È necessario interferire. Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in pericolo, i confini e le sensibilità nazionali diventano irrilevanti. La comunità intenzionale deve riconoscere la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e contemporaneamente sanzionare l’autocrate Aliyev e il regime autocratico del’Azerbaigian, in modo da porre fine alle politiche di genocidio contro la popolazione armena dell’Artsakh e dell’Armenia.

Il Ministero degli Interni della Repubblica di Artsakh informa che le forze armate dell’Azerbajgian il 23 e 24 marzo hanno nuovamente aperto il fuoco su un gruppo di contadini che svolgevano lavori di potatura nei vigneti della comunità di Machkalashen della regione di Martuni dell’Artsakh. Nel comunicato diffuso oggi, il Ministero degli Interni nega anche le accuse azere di aver utilizzato la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor per il trasporto di rifornimenti militari: «Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere disinformazione secondo cui la parte armena starebbe utilizzando la strada Stepanakert-Ghaibalishen-Lisagor per trasportare rifornimenti militari. Portando avanti questa [narrazione], la parte azera sta fuorviando la comunità internazionale, preparando il terreno per un’altra provocazione contro la popolazione civile dell’Artsakh. Il Ministero degli Interni ritiene necessario sottolineare ancora una volta che il movimento dei civili e il trasporto di beni umanitari vengono effettuati lungo la strada forestale e di montagna che aggira Shushi, accompagnato dalle forze di pace russe. Tenendo conto della posizione geografica di quella strada, il traffico è organizzato da veicoli grandi e [ad alto ingombro], che la parte azera travisa come trasporto militare».

Oggi ricorre il primo anno dall’occupazione di Parukh e Karaglukh nella regione di Askeran della Repubblica di Artsakh da parte delle forze armate dell’Azerbajgian in grave violazione della Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. L’impunità dell’Azerbajgian per questo crimine ha portato a un nuovo flagrante crimine contro l’umanità: il blocco dell’#Artsakh con disastrose conseguenze umanitarie. Il 3 aprile 2022 abbiamo scritto: L’Azerbajgian distrugge a Parukh e Karaglukh altro patrimonio culturale armeno dell’Artsakh. Le falsificazioni azeri con degli scheletri armeni.

Ricordiamo anche che il 3 agosto 2022, le forze armate dell’Azerbajgian, in violazione della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020 sulla cessazione delle ostilità nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh, hanno lanciato un’aggressione provocando vittime e feriti. Nonostante i passi intrapresi dalla parte armena per raggiungere la stabilità e la pace nella regione, l’Azerbajgian da sempre continua la sua politica pre-programmata di terrorizzare la popolazione dell’Artsakh, sottoponendola alla pulizia etnica e all’occupazione strisciante del’Artsakh. Inoltre, ricordiamo gli attacchi delle forze armate azere ai villaggi di Khtsaberd e Hin Tagher dell’11 dicembre 2020. Sono inaccettabili le dichiarazioni e le azioni dell’Azerbajgian per modificare unilateralmente con la forza il regime giuridico nel Corridoio di Lachin definito dalla disposizione 6 della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020.

«Ora l’Armenia sta costruendo illegalmente un percorso alternativo alla strada di Lachin sul territorio sovrano dell’Azerbajgian per rifornire le sue 10.000 truppe illegali in Karabakh. È un’escalation mirata. L’Armenia non è interessata alla pace» (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania). Ormai, nella sua follia armenofoba, il diplomatico di Aliyev si è annegato nel caviale del Caspio. La “costruzione illegale” di questa strada è letteralmente stipulata al numero 6 nella dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020. C’è di più: l’Azerbajgian inizialmente si era impegnato a costruire quella strada. Tuttavia, si è rifiutato di farlo dopo aver terminato la costruzione della strada che aggira Berdzor (Lachin) , città che le forze armate azere hanno occupato. Inoltre, “la strada di Lachin” si chiama Corridoio di Lachin, che collega l’Artsakh con l’Armenia, internazionalmente riconosciuto, dove l’Azerbajgian non ha diritti sovrani da esercitare, ma da garantire il movimento senza ostacoli. Cosa che non fa, anzi, illegalmente impedisce.

Dichiarazione della Commissione per gli affari giuridici e i diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, 22 marzo 2023

La Commissione per gli affari giuridici e i diritti dell’uomo dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è fortemente preoccupata per la crisi umanitaria in corso a causa della continua ostruzione del Corridoio di Lachin e a pieno titolo sostiene la dichiarazione pubblica resa dai correlatori dell’Assemblea parlamentare per il monitoraggio di Armenia del 24 febbraio 2023, chiedendo “un’azione immediata” e “l’immediata cessazione della illecita e illegittima ostruzione del Corridoio i Lachin”.
Il Comitato invita inoltre le autorità azere ad attuare senza indugio le misure ad essa indirizzata dalla Corte Internazionale di Giustizia del 22 febbraio 2023 e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo del 21 dicembre 2022 le cui decisioni hanno preso atto dell’obbligo per l’Azerbajgian ai sensi della Dichiarazione Trilaterale, firmata il 9 novembre 2020, per “garantire la sicurezza di persone, veicoli e merci che si muovono lungo il Corridoio Lachin in entrambe le direzioni” (Articolo 6 della Dichiarazione Trilaterale).
Il Comitato fa inoltre riferimento ad altre dichiarazioni internazionali rivolte alle autorità di Azerbajgian sullo stesso problema, incluso
– la dichiarazione congiunta dei quattro correlatori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa per il monitoraggio dell’Azerbajgian e dell’Armenia del 16 dicembre 2022, in cui si afferma che “la libertà e la sicurezza di circolazione delle persone e delle merci devono essere urgentemente ripristinate lungo il corridoio. Chiediamo a tutte le parti della Dichiarazione trilaterale del 9-10 novembre 2020 di adottare immediatamente le misure necessarie”, e
– la risoluzione del Parlamento Europeo del 19 gennaio 2023 sulle conseguenze umanitarie del blocco nel Nagorno-Karabakh.

L’Armenia sta lavorando per sollevare la questione del mancato rispetto da parte dell’Azerbajgian dell’ordinanza del 22 febbraio 2023 del Tribunale Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite sullo sblocco del Corridoio di Lachin al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ha detto il Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali, Yeghishe Kirakosyan.

“Sfortunatamente, ci troviamo di fronte alla realtà che l’Azerbajgian sta semplicemente ignorando la sentenza, non solo ignorando, ma anche cercando di distorcere il contenuto della sentenza a tutti i livelli ufficiali. Lo si è visto di recente nella lettera del Ministero degli Esteri dell’Azerbajgian rivolta all’ONU, al quale ha risposto la lettera del nostro Ministero degli Esteri”, ha detto Kirakosyan. Ha aggiunto che l’articolo 94 della Carta delle Nazioni Unite prevede una certa descrizione ristretta relativa alle sentenze. Ma i tentativi in passato di portare sentenze su misure provvisorie davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sono falliti. Nel caso relativo a un membro permanente, che ha esercitato il diritto di veto, la questione non è arrivata ai dibattiti finali. “Ma nel nostro caso penso che dovremmo lavorare in quella direzione. So che i nostri colleghi della Farnesina stanno lavorando in quella direzione”, ha detto Kirakosyan.

“È molto importante che la questione entri nell’agenda del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E dobbiamo utilizzare al massimo tutti i canali diplomatici per garantire una discussione favorevole sulla questione. Portare la questione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha due prospettive”, ha aggiunto Kirakosyan.

Il primo è il punto di vista formale, c’è l’articolo 94 della carta che conferisce tale autorità al Consiglio di Sicurezza. La seconda logica è il capitolo 7 della Carta delle Nazioni Unite – il suo mandato per garantire la pace e la sicurezza internazionale.

“L’idea è che il mancato rispetto di questa sentenza crei rischi per la pace e la sicurezza internazionale. Quindi abbiamo la possibilità di sollevare la questione al Consiglio di Sicurezza almeno secondo due logiche. È ovvio che il mancato rispetto della decisione della corte, cioè la prosecuzione del blocco, crea rischi molto seri per la sicurezza internazionale”, ha detto Kirakosyan.

La Russia ha paura dell’Azerbajgian? Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri della Russia, che spesso critica l’Armenia durante i suoi briefing per aver portato gli osservatori dell’Unione Europea nella zona di influenza della Russia – il Caucaso, ieri non ha criticato l’Azerbajgian, i cui militari hanno sparato ai militari della Russia in Armenia. Zakharova ha affermato che la questione della sparatoria contro le forze di mantenimento della pace russe è di competenza del Ministero della Difesa della Russia e che è in corso un’indagine. “Se non c’è alcuna reazione ad alta voce, non significa che non esiste”, ha detto Zakharova. Il problema è che il Ministero degli Esteri russo preferisce non parlare pubblicamente del fatto che l’Azerbajgian ha sparato a forze di mantenimento della pace russe, ma ad ogni briefing Zakharova minaccia contro Armenia, così come contro Ucraina, Moldavia, in una lotta contro demoni invisibili. Questo fatto dimostra quale Stato è l’alleato della Russia nel Caucaso: l’Armenia contro il quale è aggressivo, o l’Azerbajgian con cui ha interessi comuni e sacrifica anche i propri soldati? La reputazione della diplomazia russa non è mai stata così screditata. Ha paura di perdere i soldi del petrolio e del gas che ottiene attraverso l’Azerbajgian. La Russia pianificava da anni l’invasione dell’Ucraina e si preparava all’inevitabile imposizione di sanzioni. Aveva bisogno dell’aiuto dell’Azerbajgian per evitarli. Questo spiega cosa è successo nel 2020, negli anni precedenti e da allora.

La compagnia di trasporti britannica Transglobal Express Ltd non ha consegnato un pacco spedito da Londra a Tbilisi, poiché il trasporto è avvenuto attraverso l’Azerbajgian: “Temiamo che questo verrà restituito a vostre spese poiché il destinatario non è in grado di ricevere merci a destinazione a causa del blocco del destinatario a Baku GYD. (…) Finora hanno indicato ulteriormente che il motivo è dovuto al nome o all’indirizzo armeni e che Azerbaigian e Armenia sono in guerra”.

Da notare la compagnia aerea, la Silk Way West Airlines degli Aliyev, con cui è avvenuto il trasporto. Della Silk Way abbiamo parlato in riferimento all’indagine di Haaretz che rivela dozzine di voli cargo da Baku alla pista di atterraggio israeliana utilizzati per l’esportazione di esplosivi: Israele vende armi per miliardi all’Azerbajgian e, secondo le fonti, riceve petrolio e accesso all’Iran. Silk Way è una delle più grandi compagnie aeree cargo in Asia e, secondo i documenti ufficiali, funge da subappaltatore per vari ministeri della difesa in tutto il mondo. La compagnia opera tre voli settimanali tra Baku e l’aeroporto internazionale Ben-Gurion con Boeing 747 cargo, e l’anno scorso è stata la terza più grande compagnia aerea cargo straniera in termini di volume a Ben-Gurion. Ma dal 2016 gli aerei IL-76 della compagnia sono atterrati almeno 92 volte all’aeroporto di Ovda, destinazione insolita per gli aerei cargo civili. Silk Way è una delle pochissime compagnie aeree che atterra a Ovda; nel corso degli anni solo una manciata di compagnie aeree dell’Europa orientale che hanno trasportato esplosivi sono atterrate e decollate da lì. Silk Way è stata persino al centro di un rapporto investigativo sui media cechi nel 2018, in cui si affermava che le armi vietate per la vendita in Azerbajgian erano state trasportate lì nonostante l’embargo sulle armi – in un accordo circolare attraverso Israele. La legge israeliana sull’aviazione vieta il trasporto di routine di esplosivi dall’aeroporto Ben-Gurion, perché si trova nel cuore di un’area densamente popolata, hanno affermato fonti dell’industria aeronautica. L’unico aeroporto da cui è consentito importare ed esportare esplosivi è la base dell’aeronautica israeliana di Ovda [QUI].

«Grazie Ambasciatore Anna Aghadjanian [Ambasciatore dell’Armenia in Belgio e Capo della Missione dell’Armenia presso l’Unione Europea] per aver ospitato la celebrazione del secondo anniversario dell’European Union-Armenia Comprehensive and Enhanced Partnership Agreement (CEPA). L’Unione Europea si impegna a collaborare con l’Armenia e a costruire un Caucaso meridionale pacifico e prospero. Sosteniamo l’Armenia e l’Azerbajgian nel raggiungimento di una pace duratura, completa ed equa» (Toivo Klaar, Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia – Twitter, 23 marzo 2023).

Quando Toivo Klaar riemerge sporadicamente dall’ibernazione, si fa “vivo” su Twitter, è sempre più evidente che è fuori assetto e disconnesso dalla realtà. Mai condannato l’Azerbajgian per nessuno degli innumerevoli crimini contro l’umanità che commette non solo da 103 giorni, ma da 103 anni. Un uomo sbagliato al momento sbagliato nel posto che occupa. Delirante.

Come minimo, l’Azerbajgian prima sblocca il Corridoio di Lachin e restituisca tutti i prigionieri di guerra. Poi. costringi anche l’Azerbajgian a rispettare i punti della famigerata Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Solo allora invita entrambe le parti a “normalizzare” le relazioni.

«Non appena l’Armenia riconoscerà il Karabakh come parte dell’Azerbajgian, rinuncerà alle sue rivendicazioni territoriali e comincerà a rispettare il diritto internazionale, ci sarà la pace nella regione» (Nasimi Aghayev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania). Questo diplomatico armenofoba è così ossessionato dall’idea della pulizia etnica dell’Artsakh, che blocca anche gli Armeni su Twitter. Per il resto i suoi post su Twitter lo definiscono.

Una rara voce della ragione dall’Azerbajgian. Sfortunatamente, molto raro in mezzo a retorica militaristica aggressiva e ricatto: «Lo Stato dell’Azerbajgian dovrebbe interrompere i preparativi per la guerra e discutere il modello di pace e convivenza. NO alla guerra!» (Ahmad_Mammadli, Presidente del Movimento Democrazia 1918 antimilitarista – Twitter, 22 marzo 2023).

L’Azerbajgian ha bisogno di un’alternativa al militarismo nazionalista
di Bahruz Samadov
Oc-media.org, 24 marzo 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Mentre l’Azerbajgian diventa sempre più aggressivo nei confronti dell’Armenia e del Nagorno-Karabakh, la società civile deve intensificare e proporre un’alternativa progressista al dominio di Baku, che metta in discussione il nazionalismo militarista al suo interno.

Il regime al potere dell’Azerbajgian è stato descritto in vari modi, spesso fortemente contraddittori. La sua svolta verso l’autoritarismo negli anni 2010 è stata accompagnata da un feroce nazionalismo e da un crescente odio nei confronti degli Armeni, che alcuni potrebbero sostenere sia stata una mossa populista per ottenere legittimità.

Di conseguenza, e dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, il regime sembra essere determinato a raggiungere i suoi obiettivi attraverso la violenza militare e l’esclusione degli Armeni e degli attivisti politici all’interno dell’Azerbajgian.

Insieme alla violenza militare, l’Azerbajgian ha adottato una nuova campagna irredentista per avanzare rivendicazioni sui territori armeni che “storicamente appartenevano all’Azerbajgian”.

Scontri, combattimenti e accuse reciproche di violazioni del cessate il fuoco sono diventate una routine tra Armenia e Azerbajgian, la più importante delle quali è stata la guerra di due giorni del settembre 2022, che è costata centinaia di vite.

Gli scontri di settembre hanno portato a una diffusa condanna internazionale, costringendo l’Azerbajgian a optare invece per l’armamento di corpi di “eco-attivisti” sul Corridoio di Lachin, bloccandolo di fatto dal dicembre 2022. Questi attivisti affermano di protestare contro l’estrazione illegale nella regione, nonostante Baku sia ovviamente quello che tira i fili dietro la protesta.

Il Corridoio di Lachin è l’unica strada che porta dentro e fuori il Nagorno-Karabakh per la sua popolazione armena.

Questa strategia è simile a quella impiegata da Minsk nella crisi dei migranti Bielorussia-Unione Europea del 2021, in cui la Bielorussia ha utilizzato i corpi dei migranti sui suoi confini condivisi con i Paesi europei per portare avanti la sua agenda. In entrambi i casi, questi spettacoli autoritari performativi sono schierati per la necessità politica di evitare e negare legalmente l’ingerenza dello Stato.

In Azerbajgian, dove ogni manifestazione pubblica è vietata, e l’eco-attivismo quasi non esiste, lo spettacolo delle “preoccupazioni ecologiche” spinge verso la logica statalista autoritaria del controllo territoriale invece di una più ampia democratizzazione e di una diplomazia di secondo piano.

Molti in Azerbajgian hanno criticato queste “proteste ecologiche”, non per le loro conseguenze potenzialmente disastrose sulla popolazione armena del Nagorno-Karabakh, ma per il loro effetto dannoso sullo Stato azero. Coloro che si sono espressi contro le “proteste ecologiche” hanno espresso preoccupazione per il danno che potrebbero arrecare alla reputazione internazionale dell’Azerbajgian. Temevano anche che la protesta potesse aumentare la legittimità della missione di mantenimento della pace russa, che sovrintende al corridoio secondo l’accordo di cessate il fuoco del 2020. Tuttavia, coloro che si sono espressi contro il blocco credevano che il Corridoio di Lachin dovesse invece essere gestito dall’Azerbajgian.

Pochi di coloro che difendono la democrazia e i diritti umani in Azerbaigian hanno tentato di sfidare e cambiare l’approccio disumanizzante e quasi fascista dominante in Azerbajgian nei confronti degli Armeni. Natig Jafarli del Partito Alternativo Repubblicano (ReAl) è andato anche oltre, negando la chiusura del corridoio e giustificando la recente escalation in Nagorno-Karabakh. L’approccio di integrità territoriale al blocco fa loro “dimenticare” lo stato dei diritti umani in Azerbajgian.

Alcuni attivisti sostenuti dall’Occidente, come Erkin Gadirli e Khadija Ismayil, sembrano sorvolare sull’agenda dei diritti umani del conflitto del Nagorno-Karabakh. Ad esempio, Ismayil sostiene che gli Armeni della regione avrebbero dovuto accettare la sovranità dell’Azerbaigian nel 1992, quando era un Paese democratico, ignorando il fatto che l’Azerbajgian di Elchibay era responsabile dello sfollamento di molti Armeni da Martakert (Aghdara) lo stesso anno.

L’attuale regime adotta i peggiori elementi dei passati governi azeri; esige sottomissione e punisce il rifiuto di sottomettersi, come si può vedere nel blocco del Corridoio di Lachin.

In questo contesto, la dichiarazione del Collettivo di Pace Femminista descrive gli eventi come violenza di stato neocoloniale. Il governo dell’Azerbajgian ha perseguito la rigida politica di rendere la costante insicurezza ontologica nel Nagorno-Karabakh dalla fine della guerra. Ma lo stato di insicurezza è condiviso anche dai nemici interni del regime.

La seconda questione che richiama l’attenzione sull’esclusione autoritaria in Azerbajgian è l’incarcerazione di Bakhityar Hajiyev. Questo attivista politico di lunga data è in custodia cautelare da dicembre. Hajiyev ha fatto uno sciopero della fame per 50 giorni per protestare contro la sua detenzione.

Come la maggior parte dello spettro politico azero, ha celebrato con tutto il cuore la vittoria dell’Azerbajgian nella guerra del 2020. È stato un netto cambiamento di opinione da quando è stato imprigionato all’inizio degli anni 2010 per aver eluso la coscrizione. Tuttavia, nella guerra del 2020, ha partecipato attivamente alla celebrazione della guerra come patriota.

Dopo la guerra, Hajiyev ha criticato i risultati del cessate il fuoco; ha sostenuto che si trattava di una “vittoria parziale” e che la Russia potrebbe spazzare via il Nagorno-Karabakh come ha fatto con l’Abkhazia e l’Ossezia meridionale in Georgia. L’attivista ha criticato il Presidente Ilham Aliyev per non essere stato abbastanza duro nei confronti della Russia per l’uso di toponimi armeni nelle sue comunicazioni sul Nagorno-Karabakh.

Invece di condannare la violenza militare, Hajiyev si è trasformato in un diverso tipo di nazionalista; un sincero nazionalista filo-occidentale che rifiuta l’unica pretesa di Aliyev sulla nazione azera – sottoscrive anche l’approccio disumanizzante del nazionalismo azero.

Nell’ambiente nazionalista dell’Azerbajgian, sono questi tipi di figure nazionaliste a essere oggetto di punizioni sistemiche. A differenza di una manciata di attivisti antimilitaristi, tali figure cercano di contestare gli aspetti legati al regime del nazionalismo dominante senza sfidare la sua logica di esclusione.

Per questo e per molti altri motivi, di fronte al suo lungo sciopero della fame, Baku ha deciso di screditare Hajiyev facendo trapelare i suoi messaggi intimi, foto e video sui canali Telegram.

Il regime ha spesso usato il ricatto sessuale per demoralizzare i suoi oppositori, e Hajiyev non è stato il primo ad essere preso di mira in questo modo.

Ironia della sorte, Hajiyev è attivamente difeso da coloro che si oppongono al militarismo e non condividono i suoi valori nazionalisti.

Due partecipanti a una piccola protesta davanti all’edificio della Corte d’appello di Baku, Samir Sultan e Afiyaddin Mammadov del Movimento Democrazia 1918 antimilitarista, sono stati detenuti per 30 giorni per aver chiesto il rilascio di Hajiyev.

Supponiamo di voler affrontare la violenza nazionalista e le fantasie di distruzione. In tal caso, dovremmo accettare il passato e afferrare la logica del progetto di autoritarismo escludente dell’Azerbajgian, che giustifica la sua presenza attraverso l’armamento unilaterale e l’interpretazione della sua storia. Anche dopo anni di sofferenze, la principale opposizione e la società civile dell’Azerbajgian continuano a non capirlo. Non propongono un’alternativa progressista alla pace autoritaria, basata sulla visione democratica dell’unione, sulla critica della narrazione della “nazione vittoriosa” e sulla violenza di Stato e, cosa più importante, sull’instaurazione di una comunicazione diretta e trasparente con la società civile e spettro politico armeno.

Senza alternative, la società azerbaigiana è destinata a un’altra spirale di violenza nel Caucaso meridionale.

Il Ministro degli Esteri armeno rivela le proposte di trattato di pace fatte all’Azerbajgian e parla del blocco del Corridoio di Lachin

Il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, in un’intervista con l’agenzia di stampa egiziana Al Qahera, ha rivelato le proposte di trattato di pace fatte da Yerevan a Baku, nello scambio di proposte dal dicembre 2022, nel tentativo di far avanzare il processo e trovare soluzioni eque alle questioni fondamentali. I suggerimenti dell’Armenia includono il chiarimento dei parametri per la delimitazione del confine di Stato, l’allontanamento delle forze armate dal confine di Stato e la creazione di una zona smilitarizzata lungo la linea di confine come misura di rafforzamento della fiducia e meccanismo di sicurezza, stabilendo un meccanismo di garanzie, che assicurerà l’attuazione degli obblighi e un meccanismo internazionale per affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh. Ci sono piste separate di negoziato, ha spiegato il Ministro degli Esteri armeno. Il primo è l’apertura di tutte le comunicazioni di trasporto nella regione, il secondo, la delimitazione e la sicurezza delle frontiere e il terzo, il trattato sull’instaurazione di relazioni pacifiche tra Armenia e Azerbajgian. L’Armenia è pronta ad aprire tutte le comunicazioni nel momento in cui l’Azerbajgian accetterà che le strade debbano operare sotto la sovranità e la giurisdizione degli Stati che stanno attraversando.

Il Ministro degli Esteri armeno ha osservato: «Sfortunatamente, in risposta ai nostri sforzi ci troviamo di fronte non solo all’approccio sprezzante e massimalista dell’Azerbajgian durante i negoziati, ma anche ad azioni aggressive sul campo nonostante i negoziati in corso. Più di recente, in seguito alle violazioni del cessate il fuoco del 2 e 3 marzo, tre militari della polizia del Nagorno-Karabakh sono stati uccisi nel Corridoio di Lachin il 5 marzo a seguito di un’imboscata pianificata dall’Azerbajgian. Queste azioni dimostrano ancora una volta la mancanza di sincerità nell’approccio di Baku al processo di normalizzazione così come il continuo ricorso all’uso della forza. Parallelamente a queste azioni, l’Azerbajgian si ritira regolarmente dagli accordi, continua il suo discorso di odio e la sua retorica xenofoba, nonché rifiuta di risolvere questioni umanitarie come il rilascio di 33 prigionieri di guerra armeni confermati che sono ancora tenuti in ostaggio in Azerbajgian. Il destino di molti altri Armeni è ancora sconosciuto e abbiamo sottoposto alle nostre organizzazioni partner casi di sparizioni forzate. Il patrimonio religioso e culturale armeno, caduto sotto il controllo azero nel 2020, sta affrontando un’imminente minaccia di cancellazione totale. Tutto ciò sta sfidando gli sforzi per stabilire pace e stabilità durature nell’intera regione».

Di seguito alcuni parti dell’intervista.

Qual è l’impatto della guerra russo-ucraina sull’Armenia?
La situazione in Ucraina mostra chiaramente il deterioramento dell’architettura di sicurezza in Europa. E credo che sia diventato chiaro per la prima volta nel 2020, quando molti sono rimasti indifferenti al fatto che l’Azerbajgian ha scatenato una guerra su larga scala contro il popolo del Nagorno-Karabakh cercando di risolvere il conflitto con l’uso della forza. L’assenza di una condanna equivoca da parte della comunità internazionale dell’uso della forza ci ha portato alla situazione che il mondo intero sta affrontando ora. Inoltre, dal febbraio 2022, poiché tutta l’attenzione era concentrata sugli sviluppi intorno all’Ucraina, l’Azerbaigian ha usato frequentemente la forza. L’esempio più lampante di ciò è stato nel settembre dello scorso anno, quando le forze armate azere hanno condotto un’aggressione non provocata contro la Repubblica di Armenia, violando l’integrità territoriale e occupando circa 150 km quadrati del territorio sovrano del mio paese. Credo che alcune regole, in particolare l’astensione dall’uso della forza o dalla minaccia dell’uso della forza, il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale debbano essere seguite da tutti.

Qual è secondo lei la soluzione al blocco del Corridoio di Lachin?
Innanzitutto, il blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian è una palese violazione della Dichiarazione Trilaterale del 9 novembre 2020 che prevede che l’Azerbaigian “garantisca la circolazione sicura di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin”.
Si potrebbe pensare che una decisione giuridicamente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia, adottata il 22 febbraio, avrebbe potuto risolvere la situazione, poiché la Corte ha ordinato all’Azerbajgian di prendere tutte le misure necessarie per garantire il movimento senza ostacoli lungo il Corridoio di Lachin. È deplorevole che finora la decisione non sia stata attuata.
Inoltre, vorrei sottolineare che il Corridoio di Lachin non è solo una strada, ma una zona di sicurezza di 5 km. Pertanto, l’attacco di sabotaggio del 5 marzo nel Corridoio di Lachin, di cui ho parlato prima, ha violato non solo l’accordo di cessate il fuoco, ma anche la linea di contatto e la zona di sicurezza del corridoio.
Nelle circostanze attuali, vorrei sottolineare l’imperativo di un forte impegno internazionale e pressioni sull’Azerbajgian per attuare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia e revocare il blocco. L’Armenia ha chiesto l’invio urgente di una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno-Karabakh e nel Corridoio di Lachin per valutare la situazione sul campo. Inoltre, non è un segreto che la proposta di tale missione sia stata ripetutamente respinta dalla parte azera, mostrando chiaramente l’assenza di volontà della leadership azera di essere trasparente e responsabile nei confronti della comunità internazionale.

C’è un dialogo o un’azione internazionale recente riguardo alla questione del Nagorno-Karabakh?
Parallelamente al blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega il Nagorno-Karabakh con l’Armenia, per più di tre mesi e creando una crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh, l’Azerbajgian continua a terrorizzare gli armeni del Nagorno-Karabakh creando condizioni insopportabili per vivere nella loro patria con l’obiettivo finale della pulizia etnica. Insieme alla crisi umanitaria, l’Azerbajgian ha provocato anche una crisi energetica nel Nagorno-Karabakh. Nelle fredde condizioni invernali, le autorità dell’Azerbajgian hanno ripetutamente interrotto e continuano a interrompere la fornitura di gas ed elettricità.
Le azioni dell’Azerbajgian così come la retorica aggressiva e massimalista hanno dimostrato l’assoluta necessità di un impegno internazionale per affrontare le questioni dei diritti e della sicurezza del popolo del Nagorno-Karabakh nonché per prevenire i palesi tentativi dell’Azerbajgian volti alla pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh. La posizione della comunità internazionale, inclusi i nostri partner e amici nel mondo arabo, dovrebbe essere chiara contro qualsiasi narrazione e azione che perpetra un altro genocidio, il sistema internazionale non può permettersi di sostenere un altro simile fallimento.
Per concludere, nonostante tutti i rischi e la fragilità della situazione intorno al mio Paese, l’Armenia rimane determinata a dare il proprio contributo alla creazione di una regione stabile dove le nostre generazioni non si limiteranno a sognare di vivere in pace.

Il Presidente dell’Armenia: “Noi vittime collaterali del conflitto in Ucraina. Nel Nagorno-Karabakh l’Azerbaigian vuole la pulizia etnica”
di Luca Steinmann
Repubblica.it, 23 marzo 2023

Parla il Presidente Vahagn Khachaturyan: “I peacekeepers russi dovrebbero proteggerci, ma Baku approfitta delle difficoltà russe”. E rompe il tabù dei rapporti con la Turchia, che pure non ha ancora riconosciuto il genocidio armeno: “Dobbiamo costruire un equilibrio di pace nella regione, per i nostri figli”. Sulla Cina: “Sull’Ucraina può mediare, il suo è un documento da cui partire”.

L’Azerbajgian controlla gran parte del Nagorno-Karabakh e alcuni territori dell’Armenia, che ha conquistato militarmente negli ultimi due anni e mezzo. Oggi il governo azero sta alzando i toni, rivendicando addirittura parte dell’Armenia, tra cui la capitale Erevan, come propria. Quanto siamo vicino ad una guerra di aggressione contro di voi? “La guerra può scoppiare in ogni momento e i toni che l’Azerbaijan sta utilizzando sono molto preoccupanti”.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Centoduesimo giorno del #ArtsakhBlockade. L’Azerbajgian sta fuorviando la comunità internazionale con la narrazione dell’integrazione degli Armeni di Artsakh (Korazym 23.03.23)

Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.03.2023 – Vik van Brantegem] –.Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha scritto oggi in un post su Twitter: «Ci sarà un trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian e si baserà sulle dichiarazioni ufficiali congiunte adottate al più alto livello. Non ci sarà una nuova escalation! La comunità internazionale deve sostenere con forza questa narrazione».

Città di Jardar nella regione di Martuni della Repubblica di Artsakh. Popolazione 5.000. La città ha 4 scuole, 2 asili, 3 chiese. 1.000 soldati di Jardar hanno partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, 450 non sono mai tornati. I cittadini di Jardar hanno diritto alla nostra solidarietà. Il silenzio, la neutralità, l’equidistanza tra aggressore e aggredito uccide gli Armeni. Puoi gli Azeri piangono perché muoiono anche loro soldati, mandati ad aggredire l’Armenia e l’Artsakh.

Come abbiamo riferito, ieri pomeriggio alle ore 16.20, un militare armeno, Arshak Sargsyan (nella foto sopra), è stato ucciso a seguito di un’aggressione azerbajgiana vicino a Yeraskh, in Armenia, in una grave violazione del cessate il fuoco. Il Ministero della Difesa armeno ha confermato la notizia: «Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia condivide il forte dolore per la perdita ed esprime cordoglio ai familiari, parenti e co-militari del soldato caduto». Aveva solo 18 anni. Il Signore benedica la sua anima. Che egli riposi in pace.

Il soldato armeno è stato ucciso dal fuoco di un cecchino azero vicino a Yeraskh, nel territorio sovrano dell’Armenia, dopo che il Coordinatore per le comunicazioni strategiche del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha chiesto l’allentamento e la fine della violenza tra Armenia e Azerbajgian. Ieri 22 marzo in una conferenza stampa, quando gli è stato chiesto della posizione del governo Biden sul conflitto del Nagorno-Karabakh, Kirby ha detto: “Non vogliamo vedere nessuna di queste violenze e vogliamo che tutte le parti prendano le misure appropriate per ridurre la tensione e fermare la violenza”. Kirby ha rifiutato di dare una risposta quando gli è stato chiesto se gli Stati Uniti considerino o meno motivo di preoccupazione la presenza delle forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno Karabakh. “In generale, quello che abbiamo detto prima è che esortiamo tutte le parti qui a ridurre l’escalation”, ha detto Kirby. Poi, la giustificazione del Segretario di Stato Blinken per gli Stati Uniti che forniscono aiuti e addestramento militari all’Azerbajgian, uno stato aggressore che attacca i suoi vicini e viola i diritti dei suoi cittadini, sembra essere che l’Azerbajgian è vicino all’Iran.

Equiparare l’aggressore e l’aggredito incoraggia ulteriormente l’aggressore. Le sanzioni parlano più delle parole. Sanzioni per Aliyev, sanzioni per l’Azerbajgian.

L’Ambasciatore dell’Azerbajgian nei Paesi Bassi è stato convocato al Ministero degli Esteri dei Paesi Bassi per comunicare la necessità di attuare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite e sbloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin). 13 gruppi parlamentari dei Paesi Bassi hanno inviato interrogazioni scritte al Ministro degli Esteri, Wobke Hoekstra, in relazione all’ordine della Corte Mondiale del 22 febbraio scorso all’Azerbajgian di sbloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin). Il Ministro degli Esteri dei Paesi Bassi ha sottolineato che le decisioni della Corte internazionale di giustizia sono giuridicamente vincolanti, pertanto i Paesi Bassi hanno pubblicamente invitato le autorità azere ad attuare questa decisione.

Nel frattempo, i virtuosi Paesi Bassi continuano a investire in Azerbajgian. Poi, questo passo diplomatico non ha alcun significato fino a quando non viene eseguita un’azione vera e visibile per fermare l’Azerbajgian. Parole vuote mentre comprano gas azero (che è pur sempre russo). Altro Paese da aggiungere alle illusioni degli Armeni di essere salvati da qualcuno.

Penny Wong, Senatore per l’Australia Meridionale, Capo della maggioranza governativa al Senato, Ministro degli Esteri australiano, ha scritto in un post su Twitter oggi: «Mesi fa ho chiesto una telefonata con il Ministro degli Esteri iraniano. Oggi abbiamo parlato. Ho espresso direttamente la condanna dell’Australia per la brutale repressione delle proteste da parte dell’Iran, l’esecuzione di manifestanti e l’oppressione delle donne e delle minoranze. L’Australia sta dalla parte del popolo iraniano».

Perché Wong non fa la stessa cosa con l’Azerbajgian e per il popolo armeno? Gli Armeni possono aggiungere l’Australia alle illusioni di essere salvati da qualcuno.

Equidistanza, evitando di distinguere aggressore e l’aggredito anche nella posizione della Russia, che chiede la ripresa dei colloqui armeno-azerbaigiani

Oggi, la Russia ha espresso preoccupazione per il numero crescente di incidenti che si verificano nel Nagorno-Karabakh, dove ha circa 2000 forze di mantenimento della pace: «Siamo davvero preoccupati per la crescente retorica ostile e il crescente numero di incidenti nel Nagorno-Karabakh, nonché per la riluttanza delle parti a raggiungere un accordo per risolvere la situazione attorno al Corridoio di Lachin», ha detto in una conferenza stampa Maria Zakharova, Portavoce del Ministero degli Esteri russo, aggiungendo che non esiste alternativa al processo di pace. «Siamo risoluti in questa materia e riaffermiamo la nostra posizione», ha aggiunto.
Zakharova ha chiesto la ripresa dei negoziati armeno-azerbajgiano: «Invitiamo le parti a mostrare moderazione nelle loro dichiarazioni e azioni, a riprendere i negoziati in tutte le direzioni dell’accordo armeno-azerbajgiano, compreso lo sblocco dei collegamenti di trasporto, la delimitazione dei confini, la preparazione del trattato di pace, lo svolgimento di incontri tra personaggi pubblici e parlamentari e altro», ha detto.

Zakharova ha anche commentato la posizione della Russia nei confronti del coinvolgimento dell’Occidente in questa vicenda: «I problemi principali sono emersi non appena si è presentato. Dietro il discorso sul desiderio di pace e di aiuto, vediamo cose nel processo reale che contraddicono completamente le dichiarazioni dell’Occidente», ha detto Zakharova.

Il Viceministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Bagheri Kani, riferisce quanto segue dopo un viaggio ufficiale in Armenia alla presenza serie speculazioni che l’Azerbajgian stia preparando un’altra offensiva militare: «In un incontro con i funzionari del nostro vicino, Armenia, è stato sottolineato che la “politica di vicinato” significa “l’Iran è l’elemento permanente di pace e stabilità nella regione”. Teheran continua il suo movimento costruttivo per la stabilità nel Caucaso con un impegno maggiore».

Media armeni avevano riferito: «La visita in Armenia del Viceministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani, ha lo scopo di prevenire una possibile guerra».

Il Comandante delle forze di terra del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica dell’Iran, Mohammad Pakpour, visita il confine con l’Armenia e l’Azerbajgian, verifica le capacità di difesa delle truppe di stanza nell’area tra le speculazioni sullo scoppio di una nuova guerra (Fonte: media iraniane).

Il Comandante della Guardia di frontiera dell’Iran, Ahmad Ali Godarzi, visita il confine settentrionale del Paese con l’Azerbajgian, vicino al ponte Khoda Afarin, esprimendo il “bisogno di pace e stabilità lungo i confini” e visitando le truppe (Fonte: media iraniane).

Violazioni impunite degli accordi internazionali da parte dell’Azerbajgian lo incoraggiano a ricorrere a nuove provocazioni, ha avvertito oggi 23 marzo alla riunione del governo il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan: «Una di queste orrende provocazioni è avvenuta ieri, quando l’esercito azero ha ucciso il militare delle forze armate dell’Armenia, Arshak Sargsyan, con colpi di cecchino mirati. Trasmetto le condoglianze alla famiglia e agli amici del militare di leva e attiro l’attenzione della comunità internazionale sul fatto ovvio che l’Azerbajgian sta sviluppando la situazione verso una nuova escalation».

Inoltre, l’assurda narrativa dell’Azerbajgian sull’“Azerbajgian occidentale” è un esplicito atto di invasione del territorio sovrano dell’Armenia, ha avvertito Pashinyan: «Nel complesso, devo sottolineare che questa narrazione mostra ancora una volta, che fin dall’inizio il nostro governo ha interpretato correttamente i messaggi dell’Azerbajgian, e la ragione per cui il conflitto del Nagorno-Karabakh è irrisolto è la politica e la narrativa dell’Azerbajgian di dubitare del diritto all’esistenza della Repubblica di Armenia».

Pashinyan ha affermato che l’ultimo famigerato discorso del leader azero Ilham Aliyev a Talish, costituisce un atto di aggressione contro l’Armenia e una grave violazione degli accordi. Il leader azero ha detto il 18 marzo che l’Armenia deve accettare i termini dell’Azerbajgian, altrimenti “non ci sarà un trattato di pace”: «Questo non può essere definito altro che un atto di aggressione contro la Repubblica di Armenia e una grave violazione degli accordi raggiunti al più alto livello. Perché? Perché la dichiarazione adottata nella riunione del quadrilatero del 6 ottobre 2022 afferma: Armenia e Azerbajgian hanno confermato il loro impegno nei confronti della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione di Alma Ata del 1991 attraverso la quale entrambi riconoscono reciprocamente l’integrità territoriale e la sovranità. Hanno confermato che sarebbe stata una base per il lavoro delle commissioni di delimitazione delle frontiere. Questa è una dichiarazione adottata dallo stesso leader azero. Una dichiarazione simile è stata adottata il 31 ottobre a Sochi da me, dal Presidente russo e dal leader azero. Abbiamo concordato di astenerci dall’uso della forza o dalla minaccia della forza nelle Dichiarazioni di Praga e di Sochi».

Il Primo Ministro armeno ha aggiunto che dopo queste dichiarazioni, che stabiliscono direttamente che i confini delle repubbliche sovietiche si trasformino in confini nazionali, l’Azerbajgian continua a parlare di realizzare una delimitazione basata su alcune “mappe storiche”, il che è del tutto inaccettabile perché contraddice gli accordi. Pashinyan ha aggiunto che le violazioni degli accordi da parte dell’Azerbajgian sono la ragione per cui l’Armenia insiste per disporre di affidabili meccanismi internazionali di negoziazione per l’attuazione degli accordi raggiunti sul trattato di pace tra Armenia e Azerbajgian, o per i diritti e la sicurezza del popolo del Nagorno Karabakh nello formato Stepanakert-Baku.

L’Azerbajgian ha celebrato il centesimo giorno del suo blocco del Corridoio di Lachin interrompendo la fornitura di gas al Nagorno Karabakh, ha detto Pashinyan alla riunione del governo: «Questo è accaduto dopo il discorso del leader azero – che non si può definire altro che aggressivo – nel villaggio di Talish nel Nagorno-Karabakh, sottoposto a pulizia etnica. Quello che è successo nel villaggio di Talish è una prova sostanziale, fondamentale, della politica di pulizia etnica e di genocidio dell’Azerbajgian. In questo villaggio – spopolato dagli Armeni a seguito della guerra dei 44 giorni, l’Azerbajgian sta demolendo le case appartenenti agli Armeni per diritto di proprietà e sta invece costruendo case destinate agli Azeri. Ciò di cui ci allarmavamo da così tanto tempo ora è realtà».

Pasanyan ha affermato che distruggendo le proprietà degli Armeni a Talish, rimuovendo le iscrizioni armene dagli antichi monumenti armeni, l’Azerbajgian sta mostrando il suo modello di integrazione o garanzia dei diritti e della sicurezza degli Armeni nel Nagorno-Karabakh: «Queste azioni sono illegali e contraddicono esplicitamente la clausola 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che afferma che gli sfollati interni e i rifugiati devono tornare nel territorio del Nagorno-Karabakh e nelle aree adiacenti sotto la supervisione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Ciò significa che il 18 marzo doveva essere segnato dal ritorno della popolazione armena a Talish, invece che dall’atto di vandalismo di distruggere le loro case».

Il Primo Ministro armeno ha osservato che queste azioni della leadership azera sono state seguite dalla dichiarazione rilasciata dagli sfollati armeni del Nagorno Karabakh e delle regioni adiacenti [*]: «In qualità di uno dei destinatari di questa dichiarazione, desidero sottolineare chiaramente che ritengo giustificata la loro richiesta e che il governo della Repubblica di Armenia deve adottare tutte le misure politiche e diplomatiche per proteggere i diritti degli autori e dei beneficiari della dichiarazione».

[*] I rappresentanti della popolazione armena sfollata con la forza del Nagorno-Karabakh e delle regioni limitrofe, il 20 marzo 2023 hanno rilasciato una dichiarazione, osservando che decine di migliaia di armeni oggi sono privati del diritto di vivere nella loro patria a causa della guerra dei 44 giorni del 2020 e degli sfollamenti forzati effettuato dall’Azerbajgian, chiedendo all’UNHCR, al Primo Ministro armeno Pashinyan, al Presidente russo Putin e al Presidente azero Aliyev di organizzare il loro ritorno:

«Anche la popolazione di decine di migliaia di Armeni della regione di Shahumyan e della sotto-regione di Getashen è stata sfollata con la forza dall’Azerbajgian negli anni ’90. Considerato che, ai sensi della clausola 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, i leader della Repubblica di Armenia, della Repubblica dell’Azerbajgian e della Federazione Russa hanno assunto l’obbligo di garantire il ritorno degli sfollati interni e dei rifugiati nel Nagorno-Karabakh e nelle regioni adiacenti sotto la supervisione del Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che fino ad oggi non ha avuto luogo.
Tenendo conto della necessità di ripristinare i diritti della popolazione sfollata con la forza del Nagorno-Karabakh, nonché degli obblighi assunti dall’Azerbajgian ai sensi della clausola 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, chiediamo con questa lettera al Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian Ilham Aliyev riconoscere l’urgente imperativo di ripristinare i diritti violati dei rifugiati armeni, garantire il loro ritorno sicuro e dignitoso nelle loro terre storiche e negli ex insediamenti in conformità con gli obblighi assunti, i diritti umani e il diritto umanitario.
Invitiamo il Primo Ministro della Repubblica di Armenia, Nikol Pashinyan, in qualità di firmatario della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, a mostrare un approccio coerente nella questione dell’avvio di tutti i meccanismi legali e politici internazionali che mireranno a garantire l’attuazione del diritto internazionale obblighi dell’Azerbajgian. Allo stesso tempo, chiediamo la creazione di ulteriori meccanismi per la protezione più efficace dei diritti e degli interessi dei rifugiati, sollevando e avanzando le loro legittime richieste.
Chiediamo al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin di garantire l’attuazione dei termini della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 attraverso i meccanismi previsti dal diritto internazionale e tutte le possibili leve politiche, tenendo conto del fatto che è un Capo di Stato dello Stato firmatario della dichiarazione, e quindi garante dell’attuazione dei termini della dichiarazione.
Ci rivolgiamo all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, con lo scopo di organizzare, supervisionare e garantire il ritorno della popolazione armena sfollata dei territori sotto il controllo dell’Azerbajgian, nonché sostenere garanzie internazionali efficaci e applicabili per garantire la sicurezza delle persone di ritorno , compreso il dispiegamento di forze di mantenimento della pace.
Allo stesso tempo, richiamiamo l’attenzione dell’Alto Commissario sul fatto che le autorità azere stanno attualmente attuando programmi di ripopolamento illegale di Azeri nei nostri insediamenti, impedendo il nostro ritorno e appropriandosi illegalmente delle nostre proprietà.
Presentiamo questa lettera come organizzazioni che rappresentano gli interessi e agiscono per conto dei rifugiati e degli sfollati forzati della Guerra dei 44 giorni del 2020 nel Nagorno Karabakh e della Prima Guerra del Nagorno Karabakh.
NKR Unione di rifugiati ONG – Saro Saryan
Maternità ONG – Hasmik Mikayelyan
Centro scientifico Kajar Center ONG – Mher Harutyunyan
Centro per il sostegno e lo sviluppo delle donne e dei bambini ONG – Inessa Asryan
Unione dei rifugiati per la giustizia ONG – Angela Tamrazyan
Associazione delle donne rifugiate ONG – Ruzanna Avagyan
La nostra casa ONG – Anahit Tovmasyan
Disoccupazione di Hadrut ONG – Meri Davtyan
Centro creativo per bambini di Hadrut ONG – Ira Tamrazyan

In risposta alla domanda dei media, l’amministrazione regionale di Syunik ha informato ieri mattina, che la sera del 21 marzo due soldati russi con lievi ferite alla testa (non armi da fuoco) sono stato curati al pronto soccorso del centro medico di Goris e sono stati immediatamente dimessi.

«Numerosi rapporti non ufficiali, in particolare sui social media e sui portali di notizie armeni (alcuni generalmente affidabili), hanno riferito che le forze armate dell’Azerbajgian hanno aperto il fuoco su un veicolo delle forze di mantenimento della pace russe, che a quanto riferito, stavano prendendo parte agli sforzi di ricerca per i militare armeno che si era perso in territorio sotto controllo azero [come abbiamo riferito ieri [QUI]]. Alcuni fonti affermano che sono stati leggermente feriti da danni collaterali causati dai proiettili, non dai proiettili stessi, altri hanno affermato che uno era morto in ospedale per le ferite.
Poi sono arrivate altre notizie: i media controllati dal governo armeno hanno pubblicato immagini [QUI] (abbastanza credibili) del veicolo russo a cui è stato sparato, affermando che stavano cercando di mediare per riportare indietro il militare disperso, con una bandiera russa sul loro veicolo, come concordato con la parte azera. Due militari russi sono stati portati in ospedale in Armenia. Nessun dettaglio sulle ferite dei due militari, che sono state ufficialmente segnalate come non in pericolo di vita.
In una foto si vede qualcosa che assomiglia a sangue sulla neve appena dietro il sedile del conducente in una delle immagini, ma non si è sicuri del motivo per cui ci dovrebbe essere la neve nella macchina per cominciare. Forse è scoppiata una colluttazione o qualche altra cosa che li ha costretti ad aprire le finestre. Mancanza di dettagli qui.
Un’altra foto mostra quelli che sembrano essere due soldati armeni (modello mimetico sui caschi nel riflesso del finestrino dell’auto), che molto probabilmente hanno risposto all’evento per evacuare i due militari russi feriti.
Qualunque cosa sia, nessun serio canale mediatico russo ne ha parlato, solo alcuni minori che hanno citato solo fonti armene. Non ci sono molte informazioni disponibili su questo incidente.
Ma se fosse vero, potrebbe essere una leva importante per la Russia contro l’Azerbajgian, simile alle forze azere che hanno abbattuto il Mi-24 russo vicino al confine Nakhichevan-Armenia l’8 novembre 2020, che molto probabilmente ha posto fine alla guerra del Nagorno Karabakh il giorno successivo.
Un possibile modo per valutarlo potrebbe essere se si assistesse per un po’ a una diminuzione della violenza da parte delle forze azere lungo la linea di contatto del Nagorno Karabakh o al confine armeno.
Per ora, senza molti altri dettagli, rimangono solo speculazioni su cosa sia realmente accaduto.
Alla fine, il Ministero della Difesa armeno ha riferito che il giorno dopo essersi perso, il militare è stato ritrovato a seguito delle operazioni di ricerca e soccorso. Nessun dettaglio fornito» (Nagorno Karabakh Observer).

Combinati in una foto tre esempi come nelle ultime 24 ore, le forze armate dell’autocrate azero Ilham Aliyev hanno portato la pace nel Caucaso meridionale, aprendo il fuoco il tre diversi direzioni:
1: Un militare armeno si è perso nella nebbia ed è stato inseguito dai militari azeri, ha ritrovato la strada oggi ma secondo alcune fonti, mentre lo cercavano 2 militari russi sono rimasti feriti sotto il fuoco azero.
2: L’esercito azero ha aperto il fuoco contro i civili dell’Artsakh vicino alla città di Charter, nella regione di Martuni dell’Artsakh.
3: Un militare armeno è stato ucciso vicino al villaggio di Yeraskh dal fuoco dell’Azerbajgian proveniente da Nakhijevan.
X: L’area del blocco in corso del Corridoio di Lachin

«Video che mostra gruppi militari azerbajgiani che indossano l’uniforme militare dell’esercito armeno. Questa è un’altra prova delle possibili provocazioni azere in corso al momento».

Il Ministro degli Esteri dell’Artsakh non esclude il dispiegamento di forze di mantenimento della pace internazionali

In una conferenza stampa svolta oggi, al Ministro degli Esteri della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Sergey Ghazaryan, è stato chiesto di commentare le osservazioni del Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, sulle forze di pace russe del 16 marzo scorso. Ghazaryan ha dichiarato di non escludere il possibile dispiegamento di forze di mantenimento della pace internazionali in Nagorno-Karabakh, ma ha sottolineato che una questione del genere richiederebbe decisioni difficili e un lavoro massiccio per avviare tali meccanismi: «Una cosa è ovvia, la componente di sicurezza è della massima importanza per l’Artsakh, ed è quasi impossibile senza la presenza delle forze di mantenimento della pace. Più quel meccanismo è perfezionato, meglio è».
Ha detto che la soluzione di questi problemi dipenderà dall’entità dello sviluppo del meccanismo. Ad esempio, ha detto, se il numero delle forze di mantenimento della pace russe dovesse essere dieci volte superiore, forse ci sarebbero altre possibilità: «E lei sa che la questione del dispiegamento di forze di mantenimento della pace internazionali è sempre stata discussa all’interno del processo del gruppo di Minsk dell’OSCE, e non escludiamo anche un tale formato, forse coinvolgendo altri Paesi, organizzazioni internazionali, ma non è una questione che può essere risolto con decisioni facili».

Per il Ministro degli Esteri dell’Artsakh colloqui diretti con l’Azerbajgian sono possibili solo in formato internazionale con garanzie

Ghazaryan ha dichiarato che un processo negoziale diretto con l’Azerbajgian è possibile solo in un formato internazionale e in condizioni di garanzie per l’adempimento degli obblighi. Ha ricordato che si sono svolti incontri mediati dalla Russia tra l’Artsakh e l’Azerbajgian relativi a varie questioni umanitarie e tecniche. Ha sottolineato che l’Azerbajgian ha tentato di stravolgere l’ordine del giorno dell’ultimo incontro. L’obiettivo di quell’incontro era discutere questioni relative alle interruzioni delle forniture di elettricità e gas, ha affermato.
Quando gli è stato chiesto in quale caso gli incontri potrebbero diventare negoziati Ghazaryan ha risposto: «I tentativi dell’Azerbajgian di stravolgere l’ordine del giorno della riunione sono inaccettabili. Ma allo stesso tempo, siamo pronti ad avere incontri nello stesso formato, con la mediazione delle forze di mantenimento della pace russe, per la soluzione delle questioni di cui sopra».
Parlando di un processo negoziale completo, Ghazaryan ha affermato: «Abbiamo ripetutamente affermato che tali incontri possono aver luogo solo in un formato internazionale. Le motivazioni sono piuttosto chiare».
Ghazaryan ha osservato che se l’Azerbajgian viola gli accordi raggiunti nei colloqui del gruppo di Minsk dell’OSCE, allora violerebbe sicuramente anche gli accordi bilaterali: «Solo in un formato internazionale, e le garanzie di adempimento degli obblighi devono essere la componente più importante di tale processo».

Il Ministro degli Esteri dell’Artsakh avverte di insediamenti illegali azeri nei territori occupati

L’Azerbajgian sta popolando illegalmente gli insediamenti armeni dell’Artsakh sotto la sua occupazione dalla guerra del 2020, ha avvertito il Ministro degli Esteri dell’Artsakh, Sergey Ghazaryan: «La dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020 contiene una clausola in base alla quale le parti si sono assunte l’obbligo di creare tutte le condizioni sotto la supervisione dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati per garantire il ritorno dignitoso dei nostri connazionali. Tuttavia, in questa situazione, quando ogni giorno l’Azerbajgian rilascia dichiarazioni sull’uso della forza o con minaccia della forza, ciò è escluso. Stiamo dicendo che le parti devono adempiere ai loro obblighi, prima di tutto la parte azera, che sta violando i termini della dichiarazione».

Il leader dell’Artsakh escludono l’”integrazione” con l’Azerbajgian

Armeni e Azeri hanno vissuto nel Nagorno-Karabakh per un certo periodo di tempo in passato, ma non si sono mai integrati l’uno con l’altro e la narrazione dell’integrazione generata dall’Azerbaigian non è mai stata realtà, hanno detto oggi il Ministro degli Esteri dell’Artsakh, Sergey Ghazaryan, in conferenza stampa. Ha escluso l’incorporazione degli Armeni del Nagorno Karabakh in Azerbajgian.
Ghazaryan ha affermato che la posizione ufficiale del governo dell’Artsakh riguardo alla narrativa dell’integrazione azera rimane la stessa: «L’Artsakh continuerà la sua lotta per il riconoscimento internazionale di esercitare il suo diritto all’auto-determinazione», ha affermato, aggiungendo che la Russia, gli Stati Uniti e la Francia – i co-Presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE – sono responsabili della situazione attuale, dato che i negoziati sono in corso da molti anni all’interno del Gruppo di Minsk dell’OSCE.
Ghazaryan ha menzionato le ultime molteplici provocazioni dell’Azerbajgian: «Le prove della parte armena sono così tante che è molto chiaro, visibile e comprensibile per tutti, compresi i partner internazionali, che non può esserci una convivenza degli Armeni dell’Artsakh e dell’Azerbajgian, questo è semplicemente escluso».
Nonostante le difficoltà derivanti dal blocco, il popolo dell’Artsakh rimane impegnato nel percorso che ha scelto e farà tutti gli sforzi necessari, aspettandosi la partecipazione attiva di tutti i partner, compresa la diaspora armena.

Nel frattempo, il Ministro di Stato dell’Artsakh, Gurgen Nersisyan, ha affermato che lavoreranno per presentare in modo completo e chiaro le origini e l’essenza del conflitto alla comunità internazionale.
Parlando della narrativa sull’integrazione dell’Azerbaigian, Nersisyan ha detto: «In effetti, gli Armeni dell’Artsakh e gli Azeri hanno vissuto nell’Artsakh per un certo periodo di tempo, ma non si sono mai integrati tra loro. Durante l’intero periodo di tempo, numerosi crimini d’odio sono stati perpetrati dall’Azerbajgian contro gli Armeni dell’Artsakh a causa della loro etnia. E la narrazione generata dall’Azerbaigian, la cosiddetta integrazione, non è mai stata realtà dal XX secolo». L’Azerbajgian sta cercando di fuorviare la comunità internazionale avanzando questa narrazione, ha aggiunto.

La costruzione del tratto Tegh-Kornidzor dell’autostrada interstatale Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert nella regione di Syunik dell’Armenia, che aggiunge il ponte sul fiume Khakari (Aghavno) (visto nella foto), fino a dove inizia il Corridoio di Lachin (foto di David Galstyan, giornalista dell’Armenia).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Il presidente dell’Armenia: “Noi vittime collaterali del conflitto in Ucraina. Nel Nagorno-Karabakh l’Azerbaijan vuole la pulizia etnica” (Repubblica 23.03.23)

Parla il presidente Vahagn Khachaturyan: “I peacekeepers russi dovrebbero proteggerci, ma Baku approfitta delle difficoltà russe”. E rompe il tabù dei rapporti con la Turchia, che pure non ha ancora riconosciuto il genocidio armeno: “Dobbiamo costruire un equilibrio di pace nella regione, per i nostri figli”. Sulla Cina: “Sull’Ucraina può mediare, il suo è un documento da cui partire”
L’Azerbaijan controlla gran parte del Nagorno-Karabakh e alcuni territori dell’Armenia, che ha conquistato militarmente negli ultimi due anni e mezzo. Oggi il governo azero sta alzando i toni, rivendicando addirittura parte dell’Armenia, tra cui la capitale Erevan, come propria. Quanto siamo vicino ad una guerra di aggressione contro di voi?
“La guerra può scoppiare in ogni momento e i toni che l’Azerbaijan sta utilizzando sono molto preoccupanti. Già il 12 e 13 settembre 2022 i loro soldati hanno attaccato l’Armenia, prendendo il controllo di diversi nostri territori che ora controllano. Se osserviamo la situazione vediamo che siamo già in guerra. Ci siamo sempre stati negli ultimi 30 anni, quando iniziò il primo conflitto del Nagorno-Karabakh. Trent’anni fa la situazione era la stessa di oggi, ieri come ora era in gioco la sopravvivenza degli armeni. Non ci sarebbe stata la guerra se non ci fossero stati i massacri di Sumgait nel 1988 e di Baku nel 1990, che non erano spontanei ma organizzati dalle autorità azere. Il risultato è stato che né a Sumgait né a Baku vive oggi più alcun armeno. Oggi la politica dell’Azerbaijan è la stessa. Vuole svuotare il Nagorno-Karabakh degli armeni. Il loro governo ha detto chiaramente che per loro la questione del Nagorno-Karabakh non esiste più perché è stata risolta nella guerra dei 44 giorni del 2020, nonostante in quella regione vivano oggi ancora 120mila nostri connazionali. Baku sostiene che loro devono vivere sotto la legge azera oppure se ne devono andare. Sanno benissimo che nessun armeno vorrebbe mai vivere sotto le sue leggi, senza diritti umani, democrazia e in costante pericolo. Nonostante la nostra disponibilità a stipulare un trattato di pace e a riconoscere la sua sovranità territoriale l’Azerbaijan continua ad avere un atteggiamento aggressivo. Il 12 dicembre 2022 ha inviato un manipolo di finti attivisti per il clima a bloccare il corridoio di Lachin, che è l’unico collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh. 120mila nostri compatrioti sono rimasti bloccati al suo interno in una situazione umanitaria disastrosa, con scarsità di cibo, medicinali, elettricità e gas. Lo sta facendo apposta per metterli in una situazione insostenibile e porli di fronte ad una scelta: vivere come ora o vivere sotto le leggi azere? Entrambe queste possibilità sono insostenibili e ai nostri connazionali non resterebbe che andarsene. Così gli azeri stanno realizzando il loro sogno di svuotare Nagorno-Karabakh della presenza armena. È una pulizia etnica”.
Come reagireste in caso l’Azerbaijan vi attaccasse?
“I peacekeepers russi che pattugliano le zone di confine tra l’Armenia e l’Azerbaijan hanno il compito di prevenire l’attacco. Si sono presi questo impegno nel 2020 e sono i garanti della viabilità lungo il corridoio di Lachin e della sicurezza dei nostri compatrioti del Nagorno-Karabakh”.
I peacekeepers russi non sgomberano un manipolo di finti attivisti climatici nel corridoio di Lachin. Pensa davvero che con la guerra ucraina in corso Putin manderebbe i suoi soldati a combattere in Armenia contro un suo alleato strategico quale è l’Azerbaijan?
“I peacekeepers provano a risolvere la situazione, ma la Russia vive oggi una situazione difficile per via del conflitto in Ucraina. L’Azerbaijan se ne rende conto e per questo se ne approfitta. Non è un caso che abbia deciso di bloccare il corridoio di Lachin proprio in questo periodo. Dal 24 febbraio 2022 il ruolo di Baku è cresciuto di importanza, soprattutto in relazione all’Europa che per compensare la mancanza di idrocarburi che non compra più dalla Russia sta aumentando notevolmente le proprie importazioni dall’Azerbaijan. In questa posizione Baku pensa di potere fare ciò che vuole e che tutto gli venga perdonato. Noi abbiamo una domanda per l’Unione Europea: volete proteggere una democrazia come l’Armenia o sostenere un Paese non democratico come l’Azerbaijan? Mi rendo conto che il pragmatismo viene a volte considerato più importante dei valori ma è possibile che venga perdonato tutto all’Azerbaijan, incluse le violazioni della legge internazionale e dei diritti umani?”.
Diversi report indicano che nel 2022 la Russia ha aumentato notevolmente le proprie esportazioni di gas verso l’Azerbaijan. Non le sembra che per Mosca l’alleanza con l’Azerbaijan sia diventata strategicamente ben più importante di quella con l’Armenia?
“Se guardiamo all’esportazione della mole di gas azero ci rendiamo conto che la quantità di ciò che esporta è maggiore di quella che produce e che serve per il suo fabbisogno interno. Da dove viene dunque il resto del gas? Dalla Russia? L’Armenia è legata alla Russia da un accordo di mutua sicurezza. Tuttavia, quando il 12 settembre 2022 siamo stati aggrediti dall’Azerbaijan e Mosca sarebbe dovuta intervenire in nostra difesa non lo ha fatto. Non ha nemmeno condannato l’Azerbaijan né gli ha chiesto di lasciare i nostri territori che aveva conquistato. Questo permette all’Azerbaijan di alzare i toni e di rivendicare il controllo non solo del Nagorno-Karabakh ma anche dell’Armenia, addirittura rivendicando che Erevan sia una città azera. Ma allora cosa serve avere un’alleanza militare con la Russia?”.
Alla luce della posizione di forza dell’Azerbaijan sareste pronti a fare delle concessioni territoriali per evitare un’escalation bellica?
“Innanzitutto, va chiarito che non stiamo aspettando l’aggressione con le mani in mano. Abbiamo aumentato le spese militari e l’acquisto di armamenti per difenderci. Non accetteremo privazioni del nostro territorio nazionale, ma anzi vogliamo indietro quelle parti che sono occupate dall’Azerbaijan. Gli accordi di pace del 2020 prevedevano che l’Armenia concedesse all’Azerbaijan di fare circolare le proprie merci e i proprie uomini lungo una strada che parte da Baku, attraversa il nostro Paese e arriva fino alla Turchia, passando per la regione del Nakhchivan. Oggi però Baku ha alzato il tiro e rivendica non solo una strada, ma addirittura un intero corridoio che tagli in due Sarebbe meglio arrivare ad una soluzione di lungo periodo che in futuro preveda l’apertura dei confini tra i Paesi di questa regione e permetta ai cittadini di muoversi senza ostacoli. È anche in quest’ottica che stiamo prendendo in considerazione di fare passi verso la normalizzazione dei nostri rapporti con la Turchia. La nostra proposta è di arrivare a una apertura dei confini così da permettere i movimenti tra i due Paesi”.
Siete disposti a normalizzare le vostre relazioni con la Turchia anche se Ankara continua e non riconoscere il genocidio degli armeni?
“Si tratta di due questioni separate, noi non abbiamo messo delle precondizioni. Vogliamo avere rapporti di buon vicinato con i nostri vicini, per questo il nostro governo ha preso la strada della normalizzazione dei rapporti con la Turchia. Sono lieto che, dopo tanti anni, abbiamo ripreso i negoziati con Ankara. Dobbiamo ambire ad un equilibrio regionale che sia di pace, non di guerra. Dobbiamo guardare al mondo che vogliamo lasciare ai nostri figli”.
Putin e Xi Jinping si sono incontrati per provare a disegnare un nuovo ordine internazionale che risponda ai loro interessi condivisi dopo il disastro della guerra in Ucraina. Cosa può cambiare per l’Armenia?
“Noi armeni siamo i primi a volere la fine al conflitto in Ucraina che sta permettendo al nostro vicino di utilizzare questa situazione ai danni del nostro Paese e dei nostri cittadini. Oggi purtroppo sembra essere entrato in un vicolo cieco in cui non si vedono soluzioni. In questo contesto dobbiamo trovare dei mediatori che abbiano la fiducia di tutte le parti. Un mediatore potrebbe essere la Cina. Ciò che propone non è accettato da tutti, ma almeno è documento da cui partire per provare ad arrivare a un negoziato. L’Italia potrebbe avere un ruolo importante sullo scacchiere internazionale, anche per fermare l’aggressività dell’Azerbaijan perché ha legami economici molto stretti con Baku. L’Armenia non ha gas, ma ha delle persone che vivono sul suo territorio che vogliono vivere e sopravvivere. Durante tutta la nostra storia abbiamo combattuto per la libertà, per la sovranità e per avere uno Stato che tante volte abbiamo perso. Vogliamo realizzare tutto questo attraverso la democrazia, che è espressione del nostro credo, il cristianesimo, che significa libertà e democrazia

Armenia e Turchia tentano un difficile riavvicinamento (Euronews 22.03.23)

Nel 2009, in occasione di una partita di calcio, i dirigenti di Armenia e Turchia si incontrarono. L’evento permise un riavvicinamento tra le due nazioni, unito a dichiarazioni ottimiste sul futuro delle relazioni istituzionali. Ma quattordici anni più tardi i due Paesi ancora non hanno ristabilito ufficialmente dei rapporti diplomatici.

Sabato è previsto un nuovo incontro di calcio: l’occasione per tentare di compiere dei passi in avanti tra due nazioni sulle quali pesano la storia del popolo armeno.

L’alleanza tra Turchia e Azerbaigian mina le relazioni di Ankara con l’Armenia

Proprio l’Azerbaigian è infatti centrale nella questione. Il Paese chiede che l’Armenia ne riconosca la sovranità sul territorio del Nagorno-Karabakh. Posizione totalmente condivisa da Ankara: difficile pertanto immaginare che la Turchia possa riaprire la frontiera con l’Armenia. Anche qualora le elezioni presidenziali fossero vinte dall’opposizione, che ha presentato un candidato unico, poiché a sostenerlo sono anche movimenti nazionalisti come il Buon Partito, noto con la sigla II.

Nonostante il contesto, qualche riavvicinamento simbolico c’è stato. Dopo il devastante terremoto del 6 febbraio, l’Armenia ha inviato aiuti in Turchia.

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Centunesimo giorno del #ArtsakhBlockade. «Il male non si fermerà, finché non sarà fermato». Riconoscere l’Artsakh (Korazym 22.02.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.03.2023 – Vik van Brantegem] – Oggi è il 101° giorno dell’illegale e sadico #ArtsakhBlockade del regime autocratico di Aliyev. La tensione rimane altissima tra Armenia e Azerbajgian. La polizia dell’Artsakh informa che l’Azerbajgian questa mattina alle ore 09.30 ha aperto il fuoco in modo indiscriminato con vari tipi di armi leggere contro 7 agricoltori che svolgevano lavori agricoli nei vigneti vicino a Chartar nella regione di Martuni in Artsakh.
Questo pomeriggio alle ore 16.20, un militare armeno, Arshak Sargsyan, è stato ucciso a seguito di un’aggressione azerbajgiana vicino a Yeraskh, in Armenia, in una grave violazione del cessate il fuoco. Il Ministero della Difesa armeno ha confermato la notizia: «Il Ministero della Difesa della Repubblica di Armenia condivide il forte dolore per la perdita ed esprime cordoglio ai familiari, parenti e co-militari del soldato caduto». Il Signore benedica la sua anima. Che egli riposi in pace.

La scorsa notte l’Azerbajgian ha nuovamente interrotto completamente l’unica fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh. Aliyev ha deciso di “celebrare” il centesimo giorno del #ArtsakhBlockade e anche il primo “anniversario” dell’interruzione del gas avvenuto il 21 marzo 2022, con la loro tradizionale attività criminale ad intermittenza per aggiungere un altro pericolo di fughe di gas al momento del ripristino, come successo in altre occasioni. La buona notizia è che il tempo si è riscaldato. C’è sempre un lato positivo, dicono nell’Artsakh resiliente.

La maggior parte delle notizie sui social media nel Caucaso riguarda il #ArtsakhBlockade e una potenziale aggressione azera contro Armenia e Artsakh. È tempo di fermare Aliyev prima che la regione venga travolta da una nuova guerra e sarà troppo tardi.

Finalmente qualcuno a Fox News, dopo 100 giorni di blocco ha notato qualcosa, ma nessun reportage (attende probabilmente che la tensione esplode finalmente): «Tieni d’occhio la regione del Nagorno-Karabakh. La tensione è altissima tra Armenia e Azerbajgian» (Trey Yingst, Foreign Correspondent Fox News).

«Giorno 101 dell’illegale e sadico #ArtsakhBlockade da parte del regime genocida di Aliyev, che ignora la decisione legalmente vincolante della Corte Internazionale di Giustizia di aprire il Corridoio di Lachin e usa Nowruz per minacciare di guerra, promuovere il razzismo e l’odio. Il male non si fermerà, finché non sarà fermato» (Tigran Balayan, Ambasciatore dell’Armenia nei Paesi Bassi).

«Condanniamo l’Azerbajgian per aggressione militare + persecuzione di attivisti politici + società civile. Tuttavia, l’Azerbaigian è un nostro stretto partner – Abbiamo appena firmato un Memorandum d’intesa con loro per raddoppiare le importazioni del loro gas naturale entro il 2027. Non abbiamo “valori europei” – abbiamo interessi europei» (Mick Wallace – Europarlamentare, 21 marzo 2023).

Aliyev respinge l’invito di Blinken a revocare il blocco dell’Artsakh

In un colloquio telefonico con il Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev, il Segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, lo ha invitato a trovare soluzioni pacifiche e espresso la sua contrarietà ad attacchi militari contro l’Armenia e l’Artsakh.

L’autocrate azero ha respinto con aria di sfida le richieste del Segretario di Stato Antony Blinken e degli Stati Uniti di revocare il blocco dell’Artsakh. In una telefonata con Blinken, Aliyev ha respinto le richieste dei massimi diplomatici statunitensi per porre fine alla chiusura del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh al mondo esterno, insistendo sul fatto che la strada è operativa seconda la sua narrazione. “Il Segretario Blinken ha incoraggiato a trovare soluzioni a questioni in sospeso e ha sottolineato che non esiste una soluzione militare”, ha detto il Portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant Patel, dopo la telefonata. “Ha ribadito l’importanza di riaprire il Corridoio di Lachin per i veicoli commerciali e privati.

In una lettura dell’appello di Blinken emesso dal governo azero, Aliyev ha definito il blocco “falsa propaganda armena”, affermando che le forze di mantenimento della pace russe e il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno viaggiato da e verso l’Armenia su quella strada. Visto che i trasporti militari e umanitari russi e i trasporti umanitari della Croce Rosse sono gli unici che avvengono lungo il Corridoio di Lachin, con la sua consueta narrazione conferma direttamente che il #ArtsakhBlockade c’è.

Inoltre, Aliyev ha nuovamente accusato (senza alcuna prova, perché nei filmati non si vedono quanto affermato) l’Armenia di aver inviato personale militare e armi ad Artsakh e ha ripetuto la sua richiesta di istituire un checkpoint azero nel Corridoio di Lachin.

Dall’inizio del blocco dell’Artsakh il 12 dicembre, gli Stati Uniti, attraverso il Segretario di Stato Blinken, il Dipartimento di Stato, l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (USAID) e diversi membri del Congresso hanno chiesto a Baku di revocare il blocco. Appelli simili sono state fatte anche dall’Unione Europea e da altri Stati membri e agenzie dell’Unione Europea.

A febbraio, la Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite ha o6rdinato all’Azerbaigian di garantire il “movimento senza ostacoli” lungo il Corridoio di Lachin “in ambedue le direzioni”.

La conversazione telefonica di Blinken con Aliyev è arrivata il giorno dopo una conversazione simile tra il massimo diplomatico statunitense e il Primo Ministro armeno, Nikol Pashinyan, che ha espresso la sua preoccupazione per la retorica sempre più aggressiva dell’Azerbajgian contro l’Armenia e l’Artsakh.

Blinken ha mediato i colloqui tra Aliyev e Pashinyan il 18 febbraio scorso a margine della Conferenza sulla Sicurezza di München.

Nonostante il rifiuto personale di Aliyev delle richieste statunitensi di porre fine al blocco, gli Stati Uniti hanno affermato che non imporranno sanzioni. In un’intervista con Azatutyun.am (il programma armeno di Radio Liberty) il 7 marzo scorso, anche Louis Bono, co-Presidente statunitense del gruppo di Minsk dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), ha dichiarato che non ci saranno sanzioni contro Baku a causa del blocco.

Quindi, gli appelli statunitensi sono scatole vuote. Non servono a calmare gli istinti anti-armeni, guerrafondai e genocida del regime autocratico dell’Azerbajgian

Il Deputato Adam Schiff ha inviato una lettera del Congresso a Bono, mettendo in discussione la politica degli Stati Uniti e il rifiuto di applicare sanzioni all’Azerbajgian.

Le dichiarazione del Ministro degli Esteri dell’Armenia oggi in Parlamento

L’Armenia non negozia sulla questione dell’installazione di un posto di blocco nel Corridoio di Lachin, ha detto il Ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, durante la sessione di domande e risposte del Parlamento oggi: «L’Armenia ritiene che i negoziati sul Corridoio di Lachin e il suo regime siano stati completati da tempo e che i regolamenti siano stati inclusi nel documento firmato dai leader di Armenia, Azerbajgian e Russia il 9 novembre 2020. Dice che il Corridoio di Lachin rimane sotto il controllo delle forze di mantenimento della pace russe e che l’Azerbajgian garantisce un traffico bidirezionale senza ostacoli». Secondo Mirzoyan si tratta di un accordo documentato e l’Armenia dovrebbe già nutrire dubbi sull’opportunità di ulteriori negoziati: «In altre parole, che senso ha raggiungere accordi su altre questioni se dopo qualche tempo saranno sicuramente violate dall’Azerbajgian? No, non stiamo negoziando per stabilire un posto di blocco azero nel Corridoio di Lachin».

Mirzoyan vede il pericolo di una nuova aggressione da parte dell’Azerbajgian contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, nonostante i negoziati, riferendosi alla questione di unapossibile escalation, durante la sessione di domande e risposte al parlamento: «Certo che c’è. C’è sempre un pericolo di aggressione, indipendentemente dai negoziati, indipendentemente dall’approccio costruttivo mostrato dalla Repubblica di Armenia in quei negoziati. E in questi giorni, quando assistiamo a retorica e minacce così taglienti, dobbiamo affermare che esiste davvero il pericolo di una nuova aggressione, sia contro la Repubblica di Armenia, sia nel caso del Nagorno-Karabakh, anche sotto forma di pulizia etnica e manifestazioni di politica genocida.

L’Armenia risponderà presto alle proposte del trattato di pace dell’Azerbajgian con le proprie proposte, ha detto Mirzoyan, in risposta alla domanda di commentare le recenti minacce del Presidente dell’Azerbajgian, Ilham Aliyev: «Quello di cui parli non è una novità. Da un lato abbiamo il processo negoziale come il processo in corso attorno a un trattato di pace, e dall’altro vediamo il peggioramento della retorica da parte dell’Azerbajgian, le sue minacce e le sue azioni aggressive sul campo. Ne siamo stati testimoni il 13 settembre, quando l’Azerbajgian ha invaso il territorio sovrano dell’Armenia. Lo abbiamo visto con la chiusura del Corridoio di Lachin il 12 dicembre 2022. E purtroppo questo fenomeno continua. Inoltre, recentemente sia la promozione dell’armenofobia che le minacce dirette sono peggiorate. Ricordi che il Presidente dell’Azerbajgian ha persino detto che non ci sarà alcun trattato di pace, che gli Armeni non vivranno tranquillamente in Armenia sui loro 29.000 chilometri quadrati se non accettano i termini dell’Azerbajgian. Questa posizione di ultimatum e retorica esiste. Allo stesso tempo, i negoziati per un trattato di pace sono in corso. Abbiamo nuovamente ricevuto proposte dall’Azerbajgian, ci stiamo lavorando e naturalmente le nostre proposte e risposte avranno presto luogo. Certamente, inutile dire che la retorica e l’atteggiamento aggressivo di cui sopra non solo non contribuiscono al processo di pace, ma creano anche nuovi ostacoli sul percorso di questo processo». Ha aggiunto che l’Armenia è determinata al suo obiettivo di stabilire la pace nella regione e continuerà a negoziare per stabilire una pace duratura e sostenibile.

Mirzoyan ha anche accolto con favore la dichiarazione adottata dalla Commissione APCE in merito al blocco illegale da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin. Tuttavia, ha anche ricordato la pertinente decisione della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite secondo cui l’Azerbajgian dovrebbe garantire il movimento ininterrotto attraverso il Corridoio di Lachin, come previsto dalla dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020: «Prima di questa decisione e anche dopo questa decisione, ci sono molti Stati partner che fanno lo stesso appello. Penso che la comunità internazionale abbia davvero qualcosa da fare qui, dovrebbe continuare questa politica e applicare misure più efficaci».

Mirzoyan ha sottolineato che le decisioni della Corte Internazionale delle Nazioni Unite sono soggette ad attuazione obbligatoria. E in caso di inosservanza dovrebbero esserci delle conseguenze, altrimenti il sistema delle relazioni internazionali non funzionerà affatto.

I correlatori dell’APCE chiedono a Baku di autorizzare l’invio di una squadra conoscitiva ad Artsakh

In una nota informativa declassificata, i correlatori per il monitoraggio dell’Armenia, Kimmo Kiljunen (Finlandia, SOC) e Boriana Åberg (Svezia, PPE/DC), hanno condiviso oggi le loro conclusioni con il Comitato di monitoraggio dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE) a seguito della loro visita in Armenia il 17-19 febbraio 2022, informa dal sito dell’APCE.

Lo scopo della loro visita era valutare la situazione al confine con l’Azerbajgian e all’ingresso del Corridoio di Lachin. Durante il loro soggiorno, hanno visitato le città di Jermuk, Goris e Vardenis, i loro dintorni, e hanno incontrato funzionari locali e residenti del Nagorno-Karabakh, bloccati a Goris a causa del continuo blocco del Corridoio di Lachin. Sulla base delle loro osservazioni, il movimento lungo il corridoio è “gravemente ostacolato”, rendendo impossibile il trasporto di alcuni rifornimenti essenziali. Questa situazione potrebbe presto sfociare in una crisi umanitaria. Facendo riferimento alla dichiarazione trilaterale firmata il 9 novembre 2020, i relatori hanno invitato l’Azerbajgian a consentire una valutazione indipendente della situazione. “Esortiamo le autorità azere di autorizzare una visita conoscitiva indipendente e a consentire ai giornalisti indipendenti di operare liberamente in tutta l’area”.

Aggiornamento del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Armenia sulle operazioni lungo il Corridoio di Lachin: «Il CICR questo mese ha rifornito il suo magazzino con 5.000 pacchi alimentari e igienici trasportati attraverso il Corridoio di Lachin che saranno distribuiti alle persone bisognose. Ciò si aggiunge ai 3.500 pacchi alimentari e igienici che il CICR ha distribuito quest’anno a un centro di riabilitazione fisica, un istituto per anziani indigenti, un centro di assistenza a bambini e donne incinte e strutture sanitarie, che hanno ricevuto anche medicinali e latte artificiale. Il CICR ha trasportato 196 pazienti attraverso il Corridoio da Lachin da metà dicembre, effettuando più di 30 evacuazioni mediche nel suo ruolo di intermediario umanitario neutrale e in accordo con le parti. Al fine di riunire le famiglie separate, dall’inizio di gennaio il CICR ha anche facilitato il trasferimento di 422 persone attraverso il Corridoio di Lachin, in accordo con le parti e sulla base dei desideri dei familiari interessati».

«Interessante volo rilevato: il cargo C-130 dell’aeronautica algerina (reg. 7T-WHB; ICAO 0A401E) vola da Ankara in Turchia, poi dopo una fermata di due ore, visto tornare da Baku in Azerbajjan a ovest. Andata e ritorno attraversando lo spazio aereo dell’Armenia» (Nagorno Karabakh Observer).

«Altri video riportati sui social media. Questo video, condiviso ieri sui social media, registrato da qualcuno che parla farsi, mostra una piccola colonna militare in Armenia. Data di registrazione indeterminata. Importanza, indeterminata. Potrebbe essere un semplice trasporto, ma la tempistica della sua condivisione si aggiunge alla speculazione» (Nagorno Karabakh Observer).

«L’Armenia sta preparando nuove provocazioni, spostando forze nella regione di Syunik al confine con l’Azerbajgian» (Mike @Doranimated – Siede in una vasca e pensa – Twitter, 21 marzo 2023).
Veramente imbarazzante. È il Presidente dell’Azerbajgian che minaccia l’Armenia, non viceversa.
Sarà che siede in una vasca perché puzza, senno non si schiererebbe con un cleptocrate, autocrate, razzista e genocida. Sedersi nella vasca non aiuta a pensare, sembra. Se esce e pensa, allora potrebbe forse vedere le cose come sono nella realtà e l’odore del caviale non offuscherebbe il suo giudizio. Davvero crede a quello che scrive? Provocatore troll davvero.
Gli Armeni non hanno il diritto di muoversi all’interno del loro territorio sovrano? Gli Armeni non hanno diritto all’autodifesa? Si muovono sul territorio armeno di Syunik e l’autocrate azero minaccia l’Armenia di prendersi Syunik (che chiama Zangezur occidentale). Cos’altro l’Armenia dovrebbere fare? Aprire tutte le porte e dare benvenuto ai carri armati di Aliyev? Gli Armeni dell’Artsakh non hanno diritto all’autodeterminazione? Gli Armeni hanno il diritto di vivere? Dove è la provocazione?

«Questo video mostra camion militari e artiglieria trainata dalle forze armate dell’Azerbajgian. La data di registrazione rimane indeterminata» (Nagorno Karabakh Observer).

La visita del Viceministro degli Esteri dell’Iran in Armenia

Il Viceministro degli Esteri dell’Iran, Ali Bagheri Kani, ieri ha compiuto un breve viaggio in Armenia alla presenza della possibilità di una nuova guerra dell’Azerbajgian.

«Poche ore dopo l’inizio del nuovo anno, è iniziato il rapido movimento dell’apparato diplomatico incentrato sul rafforzamento della politica di vicinato e sulla priorità del Caucaso. Sono andato a Yerevan per una visita di lavoro di due giorni su invito del mio omologo armeno» (Bagheri Kani).

Media armeni: «La visita in Armenia del Viceministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani, ha lo scopo di prevenire una possibile guerra».

Oggi 22 marzo 2023 a Yerevan, si sono svolte regolari consultazioni politiche tra i Ministeri degli Esteri della Repubblica di Armenia e della Repubblica Islamica dell’Iran guidate dal Viceministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Vahan Kostanyan, e dal Viceministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Bagheri Kani.

Gli interlocutori hanno discusso un’ampia gamma di questioni dell’agenda politica bilaterale armeno-iraniana, hanno elogiato l’alto livello del dialogo politico, hanno toccato la cooperazione Armenia-Iran nelle sfere politica, commerciale-economica e della sicurezza regionale, nonché sulle piattaforme multilaterali. Sono stati scambiati punti di vista su una serie di questioni dell’agenda regionale e internazionale di reciproco interesse.

Vahan Kostanyan ha informato sulla situazione che si è verificata nella regione a seguito dell’aggressione dell’Azerbajgian contro l’Armenia e il Nagorno-Karabakh, nonché sui dettagli della crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh derivante dal blocco del Corridoio di Lachin dal 12 dicembre 2022. Ha anche sottolineato che le azioni illegali, la retorica guerrafondaia e la posizione massimalista della leadership azera stanno seriamente minando gli sforzi per raggiungere la pace e la stabilità nel Caucaso meridionale.

Entrambe le parti hanno sottolineato l’importanza di approfondire e rafforzare i legami spirituale-culturali tra i due Paesi. A questo proposito, Kostanyan ha informato la sua controparte iraniana sui tentativi infondati dell’Azerbajgian di manipolare artificialmente il fattore religioso su varie piattaforme.

Al termine delle consultazioni, Ali Bagheri Kani è stato ricevuto dal Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan. Entrambe le parti hanno elogiato l’elevato livello del dialogo politico tra Armenia e Iran, sottolineando l’importanza di regolari consultazioni politiche in tale contesto. Sono state discusse una serie di questioni dell’agenda bilaterale e gli ultimi sviluppi della situazione della sicurezza nella regione.

«Riteniamo che la possibilità di un altro conflitto militare tra l’Azerbajgian e l’Armenia sia al suo punto più alto in questo momento rispetto ai mesi precedenti. Anche se lo stesso Nagorno-Karabakh potrebbe essere preso di mira, riteniamo che la probabilità di un conflitto su larga scala sia inferiore.
Riteniamo che il principale fattore di deterrenza contro i conflitti su larga scala (stivali azeri sul terreno) nel Nagorno-Karabakh sia la presenza delle forze di mantenimento pace della Russia, che, tuttavia, non sono necessariamente un deterrente per attacchi specifici contro le forze di autodifesa del Karabakh.
La deterrenza contro specifici piccoli attacchi nel Nagorno-Karabakh (violazione del cessate il fuoco, obiettivi aerei, ecc.) passa principalmente attraverso canali politici, gli accordi politici possono ridurre gli attacchi su piccola scala, mentre la presenza delle forze di mantenimento della pace della Russia scoraggia i conflitti su larga scala nel territorio.
Quindi diversi post di un presunto canale Telegram Iran affiliato al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica sugli sviluppi militari e possibili sviluppi lungo il loro confine settentrionale, in particolare diretti all’Azerbajgian che credono possa iniziare presto una nuova guerra in Armenia.
“Con la tensione ai confini nord-occidentali del Paese [Iran], il livello di prontezza delle unità militari di difesa aerea e missilistica e del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica è aumentato. L’aviazione della seconda base aerea [tattica] di Tabriz è pronta a rispondere con decisione a qualsiasi minaccia. Fu dato l’ordine di imbiancare il cielo dal confine nordoccidentale di Tabriz a Parsabad”, lungo il confine con l’#Azerbaigian. Il post affermava anche che Tabriz è “base di caccia pronta al 100%”. Inoltre, la base aerea di Dezful nel sud-ovest dell’Iran è stata messa in modalità operativa.
L’Iran si oppone da tempo ai piani dell’Azerbaigian di creare con la forza un corridoio attraverso l’Armenia fino alla sua exclave di Nakhichevan [il cosiddetto “Corridoio di Zangezur”], affermando che ciò sarebbe a scapito del proprio confine con l’Armenia.
Con l’Armenia forse al suo punto più debole negli ultimi 30 anni, e seri cambiamenti geopolitici con il mondo focalizzato sulla crisi ucraina, il confronto Cina-USA, il confronto Russia-USA e tutti i loro derivati, la leadership dell’Azerbajgian ha aumentato la retorica bellicosa nelle ultime settimane, forse cercando un’opportunità per colpire.
Una fonte in sé non è sufficiente per difendere un’ipotesi, ma l’analisi di fonti diverse, provenienti da diversi Paesi, fonti ufficiali e non ufficiali e precedenti sviluppi simili può fornire informazioni sufficienti per dedurre in modo credibile un possibile risultato» (Nagorno Karabakh Observer).

Il Ministero della Difesa dell’Armenia riferisce, che intorno alle ore 12.20 di ieri 21 marzo, un militare delle forze armate dell’Armeia, che consegnava cibo a un non meglio specificato avamposto di frontiera, si è perso a causa della scarsa visibilità per la nebbia, finendo in un’area controllata dall’Azerbajgian. Immediate sono state avviate le operazioni di ricerca e soccorso, si sta provvedendo a confermare la presenza del militare nel territorio sotto controllo azero e a restituirlo. Nessun ulteriore dettaglio.

Ministero della Difesa dell’Azerbajgian: «Il contingente di mantenimento della pace russo scorta spedizioni illegali» – VIDEO 21 marzo 2023

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua ad accusare il Contingente di mantenimento della pace della Russia nel Nagorno-Karabakh di aiutare l’Armenia a “trasportare armi illegali, violando l’accordo trilaterale di cessate il fuoco” [nell’accordo non c’è traccia di questo]: «Ancora una volta è stata osservata la scorta di veicoli di sicurezza appartenenti a gruppi armati armeni illegali da parte di unità del contingente di mantenimento della pace russo temporaneamente di stanza nella regione economica del Karabakh in Azerbajgian [la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh]. Il movimento di un veicolo da combattimento ZTR-82A appartenente al contingente di mantenimento della pace russo, tre URAL appartenenti agli Armeni e un’auto KamAZ con serbatoio di carburante, cinque veicoli militari in totale, sulla strada sterrata Khankendi-Khalfali-Turssu [Stepanakert-Ghaybalishen-Lisagor], sono stati registrati dai nostri strumenti di sorveglianza tecnica. Ribadiamo che effettuare trasporti militari accompagnati dal contingente di mantenimento della pace russo è una grave violazione delle disposizioni della Dichiarazione tripartita ed è inaccettabile. Tali attività illegali, che si verificano regolarmente, rendono necessario stabilire un valico di frontiera e un punto di controllo dell’Azerbajgian all’ultimo punto del confine tra Azerbajgian e Armenia della strada di Lachin [Berdzor]».

Ministero della Difesa dell’Azerbajgian: «Continua il trasporto di merci militari illegali dall’Armenia al territorio dell’Azerbajgian» – VIDEO 21 marzo 2023

Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua ad accusare l’Armenia di trasportare truppe e armamenti nel Nagorno-Karabakh: «I gruppi armati armeni illegali nei territori dell’Azerbajgian [l’esercito di difesa dell’Artsakh sul territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh non occupata dalle forze armate dell’Azerbajgian], dove è temporaneamente di stanza il contingente di mantenimento della pace russo, continuano a trasportare merci militari dall’Armenia utilizzando strade sterrate alternative alla strada Shusha-Lachin [il tratto Shushi-Berdzor dell’autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris, bloccato dall’Azerbajgian]. I gruppi armati armeni illegali trasportano personale, munizioni, mine, nonché carburante, acqua, cibo e altro materiale e mezzi di supporto tecnico per posizioni di combattimento attraverso la strada Khankendi-Khalfali-Turssu [la strada sterrata Stepanakert-Ghaybalishen-Lisagor, che bypassa il blocco dell’autostrada interstatale Stepanakert-Berdzor (Lachin)-Goris all’altezza di Shushi] di notte e in condizioni di tempo nebbioso. La parte azera ha ripetutamente informato la comunità internazionale del trasporto di merci militari lungo la suddetta rotta. Inoltre, è stato stabilito che la parte armena utilizza anche veicoli civili per il trasporto militare di merci. Pertanto, i veicoli civili che si spostano dall’Armenia consegnano personale per servizi a contratto e merci militari a un punto specifico vicino al villaggio di Turshsu [Lisagor] nella regione di Shusha [Shushi]. Successivamente, abbiamo osservato il trasporto di personale militare e merci militari a Khankendi [Stepanakert] con veicoli militari ad alta velocità. Informiamo che l’intera responsabilità per le tensioni che possono sorgere nella regione ricade sulla leadership militare e politica dell’Armenia».

Il Bollettino informativo del Ministero della Difesa della Federazione Russa sulle attività del contingente di mantenimento della pace russo nella zona del conflitto del Nagorno-Karabakh (al 21 marzo 2023) riporta che il contingente di mantenimento della pace della Russia ha scortato una colonna con carico umanitario lungo la rotta Goris-Stepanakert, contrariamente a quanto riportato in precedenza dal Ministero della Difesa dell’Azerbajgian.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Centesimo giorno del #ArtsakhBlockade. Sono stanco a contare i giorni. Un’altra guerra nel Caucaso meridionale non è ciò di cui il mondo ha bisogno adesso (Korazym 21.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.03.2023 – Vik van Brantegem] – Da 100 giorni l’Azerbajgian sta bloccando – impunito – la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, con 120.000 Armeni senza possibilità di contatto con l’Armenia, con l’unico mezzo di rifornimento di bene di prima necessità, di carburante, di elettricità, di gas, di cibo e di medicine. Siamo alla presenza di una crisi umanitaria in atto nel silenzio complice delle istituzioni europee (e italiane…). Solo grazie all’intervento umanitario del Comitato Internazionale della Croce Rossa e del Contingenti di mantenimento della pace russo in Artsakh non è stato raggiunto il disastro che l’autocrate Aliyev e i suoi “eco-attivisti” sostenuti dalle forze speciali dell’esercito e dalla polizia dell’Azerbajgian hanno in mente.

«Il #ArtsakhBlockade è FALLITO! Oggi è il centesimo giorno della politica dell’Azerbajgian per lo sfollamento forzato degli storici Armeni Cristiani dall’Artsakh/Nagorno-Karabakh. Gli Artsakhi assediati sono qui per restare e non accetteranno un destino di pulizia etnica e genocidio! Aprite la strada!» (Lynn Zovighian).

«Oggi è il centesimo giorno del #ArtsakhBlockade. 100 giorni di privazione, dolore, perdite, ansia, paura, disperazione, abbandono, ingiustizia, oscurità, incertezza, lotta, ma anche resistenza, cura, condivisione, luce e fede. Siamo destinati a vincere. Siamo le nostre montagne» (Siranush Sargsyan, giornalista freelance a Stepanakert).

«100 giorni di genocida #ArtsakhBlockade da parte della dittatura dell’Azerbajgian e una crescente minaccia di una nuova guerra contro l’Armenia. Copertura televisiva ZERO di CNN e BBC. Il denaro pubblicitario azero sta comprando la CNN e la BBC. Silenzio complice» (Nara Matini).

«Non siamo Ucraini ma il mondo deve sapere che il popolo armeno è in pericolo di morte in Artsakh! Il mondo deve AGIRE e sanzionare URGENTEMENTE l’Azerbajgian!» (Nanou Likjan).

«Il blocco dell’Artsakh è un crimine contro la dignità umana e il diritto internazionale» (Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia della Chiesa Apostolica Armena).

«L’Azerbajgian sta bloccando la pacifica popolazione dell’Artsakh da 100 giorni, cercando di costringere le persone a lasciare la loro patria con l’aiuto di pressioni, provocazioni, privazione di cibo, medicine, gas ed elettricità. Evidente pulizia etnica» (David Galstyan, giornalista in Armenia).

«Chiunque sia interessato alle conseguenze sui diritti umani del #ArtsakhBlockade da 100 giorni, dovrebbe leggere questo rapporto del Difensore dei Diritti Umani dell’Artsakh pubblicato oggi, 21 marzo 2023, in armeno, russo e inglese [QUI]. Vengono presentati numeri, foto, storie su 7 diritti individuali, 4 collettivi e di 5 gruppi vulnerabili» (Artak Beglaryan, Consigliere del Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh).

La traduzione italiana a cura di Iniziativa italiana per l’Artsakh [QUI]

100° giorno del #ArtsakhBlockade. 100 giorni di violenza e indifferenza. 100 giorni di perseveranza e speranza. 100 giorni di resistenza e resilienza.

I valori democratici sono posti a un’estremità della scala, petrolio e gas all’altra. Qui il mondo civilizzato deve fare una scelta. Lo ha detto il Presidente dell’Assemblea Nazionale della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Artur Tovmasyan, in una dichiarazione nell’occasione del centesimo giorno del #ArtsakhBlockade:

«Da 100 giorni il mondo civilizzato segue silenziosamente gli sviluppi attorno al minuscolo Artsakh. Ignorando e disattendendo le numerose dichiarazioni e risoluzioni adottate dalla comunità internazionale, nonché gli appelli di singole autorità e soprattutto nelle Decisione della Corte Internazionale di Giustizia di Den Haag, la leadership militare e politica dell’Azerbajgian continua a tenere chiusa la strada.
A causa del blocco, il clima di sfiducia tra le due nazioni si sta aggravando. La volontà del popolo dell’Artsakh è indistruttibile. C’è qualche opzione per sbloccare la strada? Penso di sì, c’è.
Studiando l’esperienza mondiale, possiamo fare riferimento all’uso delle sanzioni.
I valori democratici sono posti a un’estremità della scala, petrolio e gas all’altra. Qui il mondo civilizzato deve fare una scelta.
E se i valori democratici fossero davvero più importanti per i grandi giocatori, il blocco sarebbe stato fermato molto tempo fa.
I residenti dell’Artsakh guadagnano il loro pane quotidiano. Forse l’opera più grande, dal bambino all’anziano, è la conservazione della dignità della nazione armena, cosa che facciamo con la benedizione di Dio e grazie alla nostra perseveranza.
Che Dio protegga le due repubbliche armene».

Artsakh NON è solo. La gioventù della Federazione Rivoluzionaria in tutto il mondo sta insieme ad Artsakh.

«I nostri amici della gioventù siriana dell’ARF, dei sindacati giovanili e studenteschi, indipendentemente dalle difficili condizioni che stanno affrontando, sono dietro gli armeni dell’Artsakh con le parole e con i fatti. Lo spirito della lotta armena batte dall’Artsakh e la sua eco si sente ovunque» (Ufficio della gioventù del Bureau della Federazione Rivoluzionaria Armena)[QUI].

«Le autorità dell’Azerbajgian non nascondono la preparazione della società azera a una nuova guerra. Il titolo sul sito ultra filo-governativo Haqqin: “L’Armenia sta iniziando una nuova guerra contro l’Azerbajgian” [dove è la logica non si sa]. “C’è odore di polvere da sparo al confine dell’Azerbajgian con l’Armenia. L’esercito armeno ha aperto il fuoco a tradimento sulle posizioni dell’esercito azero durante la festa di Nawruz, sacra per gli azeri” [e questa è una classica menzogna azera]. È necessario valutare lo “stile”: “Il soldato armeno ha premuto il grilletto. Perché l’europeo gli ha dato una pacca sulla spalla”» (David Galstyan).

«Due canali Telegram [QUI e QUI], uno con oltre 1 milione di follower e uno presunto affiliato al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica iraniano, hanno postato filmati geolocalizzati di camion militari dell’Azerbajgian che si spostano verso ovest, “verso il confine armeno”, come ha detto uno.
L’area del filmato che è stata mostrata si trova appena a sud di Ganja, Azerbajgian. Il Nagorno Karabakh Observer ha verificato la geolocalizzazione e ha determinato la posizione altamente probabile.
Sebbene non si sappia cosa venga effettivamente trasportato dai camion, l’area è nota come crocevia di diverse importanti basi militari della zona e potrebbe semplicemente essere il trasporto di camion da una base all’altra.
Tuttavia, dato il contesto delle ultime due settimane, con forti dichiarazioni bellicose della leadership dell’Azerbajgian, la leadership dell’Armenia che accennava a un possibile abbandono dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva nel prossimo futuro e critiche al suo principale fornitore di armi, la Russia, diversi messaggi da presunti account di social media affiliati al governo iraniano diretti contro l’Azerbajgian che cercano di modificare i confini meridionali dell’Armenia formando un corridoio verso la sua exclave di Nakhichevan, un altro conflitto armato non può essere escluso e può dipendere solo da poteri esterni.
La capacità di deterrenza (dall’Iran e dalla Russia in particolare), in quanto l’attuale leadership dell’Armenia non sembra più avere alcun mezzo di seria deterrenza (militare o diplomatica) contro gli obiettivi a breve e medio termine dell’attuale leadership di Baku» (Nagorno Karabakh Observer).

«Nuove riprese amatoriali che mostrano quella che sembra essere una colonna militare in Azerbajgian che attraversa strade civili. In azero si sente: “Dove vanno questi?” “Tre colonne di queste dimensioni sono [appena] passate”. “Stiamo ricominciando un’altra guerra?” [QUI].

Non siamo stati in grado di determinare l’ora della registrazione né una posizione precisa. Il canale Telegram che ha pubblicato questo ha affermato che era vicino alla città di Kurdemir, nel centro dell’Azerbajgian. Mappa qui sotto da fonte Telegram:

Questa è un’altra importante strada nota per essere utilizzata dall’esercito azero, che collega le principali basi militari nell’est e nell’ovest del Paese.
Anche se di per sé questo potrebbe non essere così importante, c’erano numerosi video e rapporti amatoriali come questo appena prima della guerra nel Nagorno-Karabakh del 2020, che suggerivano che fosse in preparazione un’operazione militare.
Dato il contesto delle ultime settimane, il crescente discorso bellicoso dell’Azerbajgian, i video pubblicati da presunti canali affiliati al Corpo delle guardie della rivoluzione islamica iraniano contro qualsiasi nuova operazione militare dell’Azerbajgian e altri sviluppi militari e politici, questo potrebbe benissimo essere la preparazione per un altro conflitto militare contro l’Armenia o il Nagorno-Karabakh. Gli attori statali nella regione potrebbero avere informazioni da fonti chiuse su ciò che sta accadendo. Finora qui, si tratta solo di informazioni open source» (Nagorno Karabakh Observer).

«Gli Stati Uniti rimangono impegnati e impegnati nei negoziati di pace tra Armenia e Azerbajgian» (Kristina A. Kvien, Ambasciatore degli Stati Uniti in Armenia).

«Oggi ho parlato con il Primo Ministro armeno NikolPashinyan per ribadire l’impegno degli Stati Uniti ad aiutare l’Armenia e l’Azerbajgian a raggiungere una pace sostenibile. La diplomazia è l’unica via per la pace nel Caucaso meridionale» (Antony Blinken. Segretario di Stato degli Stati Uniti).

Durante la conferenza stampa di ieri con il Ministro degli Esteri dell’Armenia, il Ministro degli Esteri della Russia ha evidenziato la necessità della lingua, della cultura e dell’autogoverno locali come mezzo per risolvere i conflitti, riferendosi alle popolazioni locali del Kosovo, del Donbas e del Nagorno-Karabakh.

L’analista valuta le “tattiche del salame” azere contro l’Armenia e perché la Russia non sta rompendo il blocco del Nagorno-Karabakh
Armenpress, 21 marzo 2023

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il 21 marzo segna il centesimo giorno da quando l’Azerbajgian ha iniziato il suo blocco illegale del Nagorno-Karabakh chiudendo il Corridoio di Lachin. L’Azerbajgian ha finora ignorato gli appelli e le richieste della comunità internazionale, così come l’ordine della Corte Mondiale di aprire il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh (Nagorno Karabakh) con l’Armenia e il resto del mondo. Inoltre, l’Azerbajgian continua la sua politica aggressiva e aggrava la situazione lungo il confine con l’Armenia e intorno al Nagorno-Karabakh.

Il 22 febbraio la più alta Corte delle Nazioni Unite – la Corte Internazionale di Giustizia – ha ordinato all’Azerbajgian di “prendere tutte le misure a sua disposizione” per garantire il movimento senza ostacoli di persone, veicoli e merci lungo il Corridoio di Lachin in entrambe le direzioni.
Armenpress ha parlato con il Dott. Alexander Krylov, ricercatore capo presso l’Istituto di economia mondiale e relazioni internazionali dell’Accademia delle scienze russa (IMEMO).

Krylov ha affermato che sebbene la comunità internazionale stia “condannando moralmente” la chiusura del Corridoio di Lachin, non è ancora chiaro quale tipo di meccanismo potrebbe essere utilizzato per aprirlo.

Ha affermato che le forze di mantenimento della pace russe dispiegate nel Nagorno-Karabakh non hanno un mandato di polizia, il che ha portato a una situazione complicata che colpisce la popolazione pacifica.

Krylov ha previsto che una situazione di “teso stabile” persisterà e potrebbe intensificarsi periodicamente non solo nel Nagorno-Karabakh ma anche lungo il confine internazionale con l’Armenia, ma non porterà a una guerra totale.

L’analista ha affermato che l’Azerbajgian sta applicando con successo la tattica del taglio del salame.

Sig. Krylov, sono passati ormai 100 giorni da quando l’Azerbajgian ha iniziato il blocco del Corridoio di Lachin, che ha portato a una crisi umanitaria nel Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian sta ignorando le richieste della comunità internazionale, così come l’ordine della Corte Internazionale di Giustizia sull’apertura del Corridoio, e inoltre continua la sua politica aggressiva. Come commenteresti questo? Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per l’apertura del Corridoio di Lachin?
È chiaro che è in atto una condanna morale da parte della comunità internazionale, ma non è chiaro quale potrebbe essere il meccanismo per sbloccare il Corridoio di Lachin, perché i colleghi occidentali si limitano a condannare. La Russia mantiene un contingente di mantenimento della pace nella zona del conflitto, tuttavia il mandato del contingente non prevede funzioni di polizia. E qui la leadership azera non sta usando i suoi militari, ma piuttosto la possibilità di attuare azioni attraverso i suoi attivisti civili organizzati. Tutti capiscono che gli attivisti civili sono messi in scena, ma le forze di mantenimento della pace russe non hanno un mandato di polizia, un mandato per disperdere manifestazioni, proteste e così via. D’altra parte, secondo il mandato delle forze di mantenimento della pace russe, la loro funzione è quella di separare le parti in conflitto, ma in base alla dichiarazione trilaterale l’Azerbajgian deve garantire la sicurezza del Corridoio di Lachin e garantire le attività di trasporto. Inizialmente tutto questo era scritto in modo vago, ma se ricordiamo il 9 novembre [2020], quando in condizioni di operazioni militari era necessario raggiungere e porre fine rapidamente alle ostilità, è comprensibile che non ci fosse tempo per svilupparlo in quel momento. Ecco perché la parte armena, naturalmente, è scontenta del contingente russo, che sostanzialmente controlla il Corridoio di Lachin, ma controllare significa non consentire la ripresa delle ostilità, ma allo stesso tempo non può ostacolare le azioni civili inscenate.
Ma allo stesso tempo anche l’Azerbajgian è malcontento, perché la dichiarazione trilaterale prevede il ritiro delle forze armate armene dal territorio del Nagorno-Karabakh, ma l’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh continua ad esistere. E l’Azerbajgian annuncia che le forze di pace russe dovrebbero disarmarle o espellerle, trasferirsi in Armenia. Ma anche qui il problema è che le forze di mantenimento pace russe non hanno funzioni di polizia. Quindi, questa è una situazione molto complicata, la popolazione pacifica ne è maggiormente colpita e ora si trova in una condizione molto difficile.

Il 16 marzo il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato che l’Armenia spera che le forze di mantenimento della pace russe eseguano pienamente le loro funzioni nel Nagorno-Karabakh, ma se non sono in grado di farlo, Mosca dovrebbe rivolgersi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e avvertire della minaccia di uccisioni di massa della popolazione civile del Nagorno-Karabakh. Pensi che la Russia dovrebbe chiedere l’intervento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite?
Immagina se la leadership russa si esprimesse con lo stesso spirito della leadership armena. È un po’ strano qui. In ogni caso, forse dovremmo pensare di più a cosa può fare la leadership armena.
La leadership armena ha recentemente affermato di non interferire nelle questioni interne del Karabakh perché non sono affari suoi. E così, il tema del Karabakh non viene sollevato durante i colloqui per la normalizzazione delle relazioni con l’Azerbajgian. C’era una posizione diversa in passato dopo la guerra. Tuttavia la leadership armena ha affermato che il trattato di pace deve includere una clausola sullo status del Nagorno-Karabakh. La cattura delle regioni confinanti, importanti altezze strategiche, il blocco del Nagorno-Karabakh e il mantenimento delle tensioni ai confini fanno tutti parte della politica intenzionale dell’Azerbajgian, e la nuova divisione amministrativa del Karabakh ne è diventata una manifestazione molto interessante. Come ha annunciato Aliyev, il nome Nagorno-Karabakh non dovrebbe essere usato, non esiste più, mentre il confine viene tracciato mentre l’Azerbajgian dichiara la “regione economica del Karabakh”. Non esiste una regione di Aghdam, ma nel Paese si aggiungono due regioni con popolazione azera. Comprensibilmente ora si farà di tutto per rompere i legami economici tra il Nagorno-Karabakh e l’Armenia. Ed è quello che si sta facendo.
Il compito della leadership armena è quello di internazionalizzare al massimo la questione, coinvolgere qui nuovi attori, attivare i vecchi attori – gli Stati Uniti e l’Unione Europea. E qui vediamo che l’occidente collettivo ha sostanzialmente presentato numerose iniziative di mantenimento della pace ma non hanno portato a nessun risultato. Ad esempio, l’ultimo viaggio di Rasmussen. È l’ex Segretario Generale della NATO. È venuto, ha guardato e poi cosa? Niente. Questa è un’azione dimostrativa senza un contenuto reale. In realtà, fin dall’inizio del conflitto del Karabakh, la politica occidentale è stata volta a limitare l’influenza della Russia nel Caucaso meridionale e a spingerla fuori dal Caucaso meridionale, piuttosto che risolvere il conflitto e tenere conto degli interessi delle parti. E ora vediamo che la politica occidentale persegue gli stessi obiettivi, perché se è stata raggiunta una soluzione pacifica sulla base della dichiarazione trilaterale, allora la Russia rimane nel Caucaso meridionale, cosa che i nostri colleghi occidentali non amano molto, quindi stanno facendo di tutto per far deragliare il processo di pace. Vediamo che è per questo che si sta verificando un’escalation.

Che tipo di soluzione vede per il conflitto del Nagorno-Karabakh?
Ci sono due modi: una soluzione militare e una soluzione pacifica, praticamente come è stato fin dall’inizio. Ora, se le parti non riescono a mettersi d’accordo, risolvono la questione sul campo di battaglia o trovano una sorta di soluzione pacifica. C’è un terzo modo, che gli attori stranieri impongono la loro volontà e dettano la loro volontà alle parti in conflitto. Ora è difficile immaginare qualcuno – che sia la Russia o l’Occidente collettivo – a dettare i termini all’Azerbajgian che ha vinto la guerra, e alla Turchia, perché in realtà stanno agendo come un fronte unito. E non immagino lo sviluppo degli eventi in questo modo. Pertanto, possiamo aspettarci che le tensioni stabili continuino con tendenze di ulteriore escalation non solo in Karabakh ma anche lungo i confini dell’Armenia.

Ora ci sono già rapporti sull’accumulo di truppe in Azerbajgian. C’è la possibilità di una guerra totale?
È meno probabile che accada una guerra a tutto campo perché se dovesse svolgersi in Karabakh come nel 2020 sarebbe inavvertitamente uno scontro con le forze di mantenimento della pace russe e successivamente una guerra con la Russia, quindi possiamo aspettarci che tutta questa tensione continuerà all’interno del quadro degli scontri di confine orchestrati, che l’Azerbajgian sta realizzando con grande successo. Questa è chiamata tattica del taglio del salame. Ci riescono, mentre l’Armenia può ancora rispondere con contromisure efficaci contro questa strategia, ma ciò richiede le forze armate competenti. E se analizziamo l’ultima dichiarazione del Primo Ministro Pashinyan, vediamo che non considera il livello di prontezza militare dell’Armenia abbastanza alto per poter resistere a tali provocazioni. Ha detto che una “quinta colonna” all’interno dell’esercito armeno ha contribuito alla perdita nella seconda guerra del Karabakh, e quella quinta colonna è probabilmente ancora funzionante a giudicare dai continui arresti di militari. Pertanto, la situazione è estremamente sfavorevole e richiede grande attenzione.

Quali azioni dovrebbe intraprendere la Russia? Le azioni della Russia sono abbastanza efficaci per stabilire la pace nel Caucaso meridionale?
Le possibilità potenziali della Russia non dovrebbero essere sopravvalutate. Voglio dire, la diplomazia russa sta facendo tutto il possibile con mezzi pacifici. Sfortunatamente, in questa situazione, nel contesto ucraino e sullo sfondo del conflitto con l’Occidente collettivo, è estremamente difficile per la Russia, ed è molto importante che la Russia non aggiunga nuovi fronti, anche nel Caucaso meridionale. Quindi, è chiaro che Mosca sta agendo con molta cautela, e forse sarebbe stata meno vincolata e avrebbe mostrato più risolutezza in qualche altra condizione, ma ora il compito principale è evitare un secondo fronte nel Caucaso. Quindi, la diplomazia russa sta facendo tutto il possibile. Può negoziare e convincere personalmente Recep Tayyip Erdoğan o Ilham Aliyev. Ma come vedi, finora tali metodi non sono riusciti a sbloccare il Corridoio di Lachin. Ci auguriamo che ciononostante vengano esercitate pressioni non solo da Mosca ma anche dai Paesi occidentali. La diplomazia armena deve essere più attiva qui affinché gli alleati occidentali dell’Armenia, che annunciano di avere a cuore la nazione armena e lo Stato armeno, mostrino maggiore determinazione nel fare pressioni su Baku e Ankara. Ma vedi che ora le risorse energetiche azere sono molto importanti per l’Unione Europea, ognuno ha i suoi limiti, i suoi interessi nell’arena internazionale. Quindi, in questo senso l’Armenia è ora in una situazione molto difficile.

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Novantanovesimo giorno del #ArtsakhBlockade. La questione prioritaria è la risoluzione della situazione del Corridoio di Lachin e del Nagorno-Karabakh in generale (Korazym 20.03.23)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 20.03.2023 – Vik van Brantegem] – Giorno 99 dell’illegale e sadico #ArtsakhBlockade da parte del regime autocratico di Ilham Aliyev. Non stare in silenzio. Non essere indifferente. Non lasciare Artsakh da solo. Non lasciare soli i bambini di Artsakh. Alzare la voce. Fare sentire la voce. Sostenere Artsakh.

«Non fatevi ingannare dalla propaganda. Nonostante il costante insistere sull’Unione Europea che resiste ai regimi autoritari con i nostri “valori” esaltati, abbiamo rinunciato ai combustibili fossili russi solo per firmare un accordo sul petrolio e sul gas con l’Azerbajgian, uno stato che spunta ogni casella sulla carta del bingo dell’autocrate» (Clare Daly, Membro del Parlamento Europeo. Indipendente. Socialista).

Dopo il recente discorso dell’autocrate Ilham Aliyev a Talish, pieno di aggressione e minaccia di guerra, il canale televisivo statale dell’Azerbajgian AZ TV ha realizzato un programma in cui si dice che questa è l’ultima possibilità per l’Armenia, altrimenti c’è molto spazio nel “Parco dei trofei”, di vengono mostrate anche le immagini degradanti di soldati armeni morti. È così che l’Azerbajgian prepara la sua nazione alla pace.

Il monte Ararat e Khor Virap, uno dei più importanti monasteri armeni, nei pressi del confine con la Turchia. Questo monastero ha un significato speciale per gli Armeni. Gli eventi dell’inizio del XX secolo hanno rafforzato questo concetto quando il confine definitivo tra la Turchia e l’Unione Sovietica è stato tracciato non lontano dal monastero. Così, Khor Virap è diventato il punto del territorio armeno oggi più vicino all’Ararat, il simbolo nazionale degli Armeni, dopo che la montagna è stata annessa alla Turchia. Se il tempo lo permette, il monastero offre una delle più belle viste sulla montagna a 31 km di distanza.

«Gli Armeni hanno lo spirito di Khor Virap a guidarli. Si rendono conto che la fede, soprattutto negli abissi più profondi, non è un lusso, è una necessità, uno spirito essenziale come il respiro della vita stesso» (Liel Leibovitz).

«Situazione pericolosa oggi al confine tra Armenia e Azerbaigian. Le autorità azere riferiscono di una guardia di frontiera ferita in un incendio transfrontaliero, le autorità armene smentiscono la notizia [*]. Indipendentemente dalla veridicità, la semplice notizia ufficiale di ciò può avere gravi conseguenze politiche in un momento in cui le autorità azere a Baku hanno recentemente intensificato il discorso contro l’Armenia. Si trova lungo il corridoio che Baku cerca verso la sua exclave di Nakhichevan» (Nagorno Karabakh Observer).

[*] II Ministero della Difesa dell’Armenia informa: «Il comunicato diffuso dal servizio di guardia di frontiera statale dell’Azerbajgian secondo cui presumibilmente il 20 marzo, alle ore 02.50, le unità delle forze armate della Repubblica di Armenia hanno aperto il fuoco in direzione delle posizioni azere situate nella parte sud-orientale della zona di confine armeno-azera , non corrisponde alla realtà».

«Nascosta dietro la missione dell’Unione Europea, l’Armenia ha nuovamente violato il cessate il fuoco e oggi ha ferito un soldato azero al confine» (Nasimi Aghaev, Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania).

Secondo l’Ambasciatore dell’Azerbajgian in Germania, la missione dell’Unione Europea è in Armenia per proteggere un’offensiva armena e secondo i suoi post quotidiani, le auto del Comitato Internazionale della Croce Rosse sono la prova dell’assenza del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin. Sì, è esilarante, molto probabilmente è l’ennesimo episodio di dissonanza cognitiva gentilmente fornito dal corpo diplomatico azero.

Un altro esempio di dissonanza cognitiva, ma in stato da ricovero immediato, quanto twitta oggi Adnan Huseyn (autoproclamato portavoce officioso del #ArtsakhBlockade, che il 15 marzo alla seconda sessione OSCE a Vienne sbraitava degli «attacchi infondati, degli insulti e delle false accuse dell’Armenia»): «L’Azerbajgian sta cercando di firmare un trattato di pace e avviare il processo di normalizzazione delle relazioni, ma l’Armenia rifiuta. L’Azerbajgian propone la delimitazione e la demarcazione dei confini, ma l’Armenia continua a rifiutare. L’Azerbaigian sollecita l’apertura delle comunicazioni, ma l’Armenia rimane poco collaborativa. Nonostante l’appello dell’Azerbajgian a fermare il contrabbando illegale di armi, l’Armenia persiste. Dopo quasi tre anni di tale comportamento, l’Azerbaigian avverte che non può tollerarlo a tempo indeterminato e potrebbe ricorrere alla forza se necessario. In risposta, l’Armenia solleva il suo tipico grido di genocidio e pulizia etnica, accusando l’Azerbaigian di cercare un’altra guerra. Questa affermazione è, per lo meno, altamente irrazionale».

Basta crederci e anche i sogni diventano realtà. Rilevante è la minaccia ricorrente, che l’Azerbajgian «potrebbe ricorrere alla forza se necessario», ovvero, quando non ottiene quello che vuole.

Il filmato del posto di blocco dell’Azerbajgian lungo l’autostrada Goris-Berdzor (Lachin)-Stepanakert che collega l’Artsakh all’Armenia, pubblicato oggi [QUI], mostra i manifestanti organizzati dal governo azero che ballano al ritmo di musica patriottica con le forze speciale azere allineate lungo la strada. Il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane bloccato, nessun cambiamento nella situazione.

I facilitatori del genocidio sottoposti al lavaggio del cervello stanno celebrano Nowruz, festa simbolo della pace e della vita, mentre fanno del loro meglio per strangolare a morte 120.000 Armeni nell’Artsakh. La danza di questi sempliciotti è una delle sfide più visibili all’autorità della Corte Internazionale Giustizia delle Nazioni Unite e la comunità internazionale che ha espresso gravi preoccupazioni per l’#ArtsakhBlockade. Ancora oggi, il Ministro degli Esteri della Russia, Sergey Lavrov, durante l’incontro con il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan a Mosca, ha affermato che la questione prioritaria è la risoluzione della situazione attorno al Corridoio di Lachin e al Nagorno Karabakh in generale.

«Questo individuo è tra quegli Azeri che tengono 120.000 Armeni nel blocco da 100 giorni chiudendo il Corridoio di Lachin. Promette di “uccidere tutti gli Armeni in occasione del Nowruz e aggiungere il loro sangue al kebab che fanno”. Follia sovraccarica, davvero» (Tatevik Hayrapetyan) [QUI].

«Dall’inizio del 2023, il personale militare del contingente di mantenimento della pace russo ha consegnato 105 tonnellate di aiuti umanitari agli abitanti del Nagorno-Karabakh. Gli specialisti del Centro di risposta umanitaria consegnano pacchi alimentari, che includono: farina, olio di semi di girasole, verdure in scatola, cereali, zucchero, biscotti, latte condensato, marmellata, succhi. Il carico umanitario raccolto dai volontari del progetto multinazionale “Noi siamo uniti” viene consegnato da Mosca a Yerevan con aerei da trasporto militari russi. La sicurezza della consegna del carico attraverso il Corridoio di Lachin è assicurata dai militari del contingente di mantenimento della pace russo. Le azioni umanitarie vengono condotte in tutte le regioni del Nagorno-Karabakh, compresi i villaggi di montagna più remoti. Aiutare le famiglie con molti bambini, così come le famiglie in una situazione sociale difficile, è diventata una buona tradizione per le forze di mantenimento della pace russe nel Nagorno-Karabakh» (Canale Telegram del Contingendo di mantenimento della pace russo [QUI]).

«I media statali dell’Azerbajgian riferiscono di una possibile crisi energetica nell’exclave di Nakhichevan. Nessun camion ha lasciato l’exclave di Nakhichevan per l’Azerbajgian continentale (e viceversa) dall’8 marzo, a causa dell’Iran che ora richiede pedaggi e tasse di transito più elevate. Alcuni conducenti in Azerbajgian affermano che la dogana iraniana richiede loro di pagare tangenti ogni volta che attraversano il confine, mentre l’Iran ha aumentato le tariffe per le strade a pedaggio e ridotto i sussidi per il carburante per i conducenti che percorrono la rotta dell’enclave continentale dell’Azerbajgian-Nakhichevan, possibilmente in risposta a 1) aumento della presenza politica (e presunta militare) israeliana in Azerbajgian mirata all’Iran, e 2) l’Azerbajgian che richiede pedaggi e tasse doganali per i conducenti iraniani che vanno all’Armenia percorrendo strade precedentemente sotto il controllo armeno» (Nagorno Karabakh Observer).

Indice – #ArtsakhBlockade [QUI]

Foto di copertina: segnando i 99 giorni di #ArtsakhBlockade con un immagine enigmatico di Stepanakert: la scultura “Le Tre Fonti” vicina al Teatro d’arte drammatica statale, che raffigura tristezza, sogni e felicità.