Il Papa preoccupato per il Caucaso: trovare soluzioni di pace per il bene della gente (Vaticanews 18.12.22)

Al termine dell’Angelus, Francesco esprime preoccupazione per la situazione umanitaria nel Nagorno-Karabakh, dove dal 12 dicembre gli azeri hanno bloccato il Corridoio di Lachin, unico collegamento con l’Armenia, isolando migliaia di persone e impedendo la fornitura di cibo e medicine. Un pensiero anche per l’Ucraina: “La Vergine Maria tocchi i cuori di chi può fermare la guerra. Non dimentichiamo la sofferenza di quel popolo”

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

È rivolta ai 120 mila armeni del Nagorno-Karabakh, tra i quali 30 mila bambini, attualmente isolati e privi di cibo, medicine e generi di prima necessità, la preoccupazione di Papa Francesco per il blocco del Corridoio di Lachin. Al termine dell’Angelus in Piazza San Pietro, il Papa esprime la sua apprensione per la situazione umanitaria nella Repubblica dell’Artsakh, dove, dal 12 dicembre scorso, gli azeri per presunte “ragioni ambientali” hanno bloccato la porzione di terra di circa nove chilometri di larghezza che rappresenta l’unico collegamento tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.

Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso meridionale. In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale.

Soluzioni pacifiche per il bene delle persone

Il Papa si appella “a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone”.

Oltre all’isolamento e all’impossibilità di garantire approvvigionamenti, molte famiglie sono infatti separate e numerosi malati non possono raggiungere l’Armenia per adeguare cure mediche. Insieme a questo, è stato chiuso nei giorni scorsi il gasdotto dall’Armenia all’Artsakh che passa attraversa il territorio sotto il controllo dell’Azerbaigian. Un duro colpo viste le condizioni metereologiche avverse. Da subito l’Unione Europea ha invitato le autorità azere a garantire libertà e sicurezza di movimento lungo il Corridoio, in linea con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020 firmata da Russia, Armenia e Azerbaigian. Il blocco del Corridoio causa notevoli disagi alla popolazione locale – ha avvertito l’Ue – creando gravi preoccupazioni umanitarie.

La sofferenza dell’Ucraina

Oggi quindi l’appello mondiale del Papa dalla finestra del Palazzo Apostolico, da dove non ha mancato – come in ogni Angelus dal 24 febbraio – di esprimere un pensiero per l’Ucraina piagata dal conflitto. Il Pontefice si affida alla Vergine Maria: a Lei, dice, “chiediamo di toccare i cuori di quanti possono fermare la guerra in Ucraina”.

Non dimentichiamo la sofferenza di quel popolo, specialmente dei bambini, degli anziani, delle persone malate. Preghiamo, preghiamo!

Nel Paese ripristinata l’energia elettrica

Dal Paese giunge la notizia – comunicata dallo stesso presidente, Volodymyr Zelensky – che nelle ultime 24 ore è stata ripristinata l’energia elettrica per quasi 6 milioni di abitanti, dopo la serie di attacchi missilistici russi che venerdì ha preso di mira diverse infrastrutture energetiche. “I lavori di riparazione continuano senza sosta dopo l’attacco terroristico di ieri”, ha dichiarato il capo di Stato. Tuttavia rimangono problemi con il riscaldamento e “grandi problemi con la fornitura di acqua” in alcune parti dell’Ucraina. Le aree che stanno affrontando “la situazione più difficile”, ha detto sempre Zelensky, includono Kyiv, Leopoli e Vinnytsia. Ma ci sono altre aree ancora alle prese con “interruzioni su larga scala”, tra cui la città di Dnipro e le regioni di Dnipropetrovsk, Volyn, Zhytomyr, Zakarpattia, Ivano-Frankivsk, Odessa, Poltava, Ternopil e Chernihiv.

Intanto il consigliere dell’Ufficio del Presidente dell’Ucraina, Oleksiy Arestovych, intervenuto in una trasmissione, ha detto che la guerra non finirà prima della prossima estate. “Può essere qualificato come un conflitto prolungato – ha affermato – ovvero che dura da uno e mezzo a due anni. Un conflitto prolungato non piace a nessuno ed è parzialmente pericoloso”.

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Ultimo Angelus di Avvento, il Papa lancia un doloroso appello (Notizie. com)

Appelli per il Nagorno Karabakh e l’Ucraina. Prevalgano le ragioni umanitarie e si allevino sofferenze delle popolazioni (Faro di Roma)

Papa Francesco: all’Angelus, “preoccupato per il Caucaso”. “Preghiamo per la pace in Perù e in Ucraina” (SIR)

Soluzioni di pace per il bene delle persone (Ossrevtore Romano)

 

Sesto giorno del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) ad opera di Baku. L’Artsakh isolato dall’Armenia e dal resto del mondo (Korazym 17.12.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 17.12.2022 – Vik van Brantegem] – Azernews riferisce alle ore 12.00 locali (ore 09.00 di Roma) che “una protesta pacifica vicino a Shusha da parte di eco-attivisti azeri, rappresentanti di ONG è entrata nel sesto giorno”.

Tradotto: il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) vicino alla città di Sushi (nel territorio di Artsakh occupata dall’8 novembre 2022 dalle forze armate dell’Azerbajgian), promosso dal regime di Baku dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022, prosegue per il sesto giorno consecutivo, isolando gli Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo. “I partecipanti al raduno chiedono l’arrivo del generale Volkov del contingente di mantenimento della pace russo, la creazione di condizioni per monitorare lo sfruttamento illecito delle risorse minerarie del Paese e la cessazione del terrorismo ambientale dell’Armenia sulle terre dell’Azerbajgian [le attività minerarie legali sul territorio sovrano di Artsakh , non ancora occupato dalle forze armate azere]”, prosegue Azernews. Inoltre, “i manifestanti chiedono anche l’istituzione della frontiera e della dogana in direzione Lachin [Berdzor] del confine [dell’Artsakh] con l’Armenia” (di cui abbiamo riferito già nei giorni precedenti).

La frutta e le verdure mancano a Stepanakert.

Alle ore 21.30 (ora di Stepanakert, 18.30 ora di Roma) nessuna novità dall’Artsakh. In violazione delle disposizioni della dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, l’Azerbajgian già da sei giorni mantiene bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin). Prosegue quindi il blocco di sedicenti eco-attivisti azeri (secondo loro ad oltranza) all’altezza di Sushi sull’autostrada Stepanakert-Goris, l’unica strada di collegamento dell’Artsakh con l’Armenia e il resto del mondo. Cominciano a scarseggiare alcuni beni sul mercato di Stepanakert, come verdure e prodotti che al 90% sono importati dall’Armenia. Alcuni camion della forza di pace russa sono riusciti con fatica a oltrepassare il blocco azero per portare aiuti umanitari alla popolazione dell’Artsakh isolata da sei giorni. Nonostante la situazione attuale, la vita continua ad Artsakh. L’Artsakh resiste.

L’Artsakh non si arrende. Questa sera flash mob di giovani in Artsakh che chiedono la fine del blocco azero e l’attenzione del mondo.

Nel frattempo proseguono le iniziative diplomatiche per far riaprire la strada e far cessare questa farsa del regime di Aliyev che con ridicoli pretesti tiene in ostaggio 120.000 persone fra le quali malati, anziani e bambini. Si moltiplicano anche le dichiarazioni internazionali di condanna. All’elenco dei Paesi si è aggiunto la Lithuania, con una dichiarazione del Ministero degli Esteri che in un post su Twitter ha dichiarato: «Profondamente preoccupato per il continuo blocco del Corridoio di Lachin, con gravi conseguenze umanitarie per il Nagorno Karabakh. Tali sviluppi non solo ostacolano la libera circolazione, ma fanno deragliare anche l’intero processo di pace nel Caucaso meridionale”. L’Italia non pervenuto.

Foto profilo Facebook di Toivo Klaar.

Toivo Klaar, il Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia, che dal 10 dicembre 2022 non ha più twittato e su Facebook da tempo è inattivo (qui sopra l’immagine del suo profilo Facebook, che dice tutto: per l’Ucraina tutto, per l’Artsakh niente), ieri sera alle ore 19.10 si è materializzato con un tweet per denunciare – come riferiscono i media azeri – una “fake news” dell’Armenia. Nel frattempo neanche una parola per invitare l’Azerbajgian a togliere il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin). Ecco il post su Twitter di Toivo Klaar (nostra traduzione italiana dall’inglese): «Circola un video su una pattuglia dell’EUMCAP [EU Monitoring Capacity to Armenia] che osserva la strada che conduce al Corridoio di Lachin. La pattuglia si trovava quindi a un posto di blocco a circa 1,2 km dal confine Armenia-Azerbajgian [in realtà il confine Armenia-Artsakh all’inizio del Corridoio di Berdzor (Lachin)]. L’EUMCAP, in linea con il suo mandato, opera esclusivamente sul territorio armeno e non è entrata nel Corridoio».

Chi non vuole la pace
Fine novembre 2022, parlando con i giornalisti stranieri prima di incontrare il suo amichetto Toivo Klaar, il Presidente dell’Azerbajgian Aliyev ha definito l’Armenia “sottosviluppata, dipendente dalla Russia e schiava della Russia”, affermando che gli Armeni hanno bisogno di assistenza psicologica e che la storia armena è falsa e inventata. Ha anche definito l’ex Presidente dell’Armenia, Serzh Sarkisian, un “criminale di guerra”. Ha affermato ancora una volta che il cosiddetto “Corridoio di Zangezur” [cioè, la cessione di una striscia di territorio sovrano che l’Armenia dovrebbe cedere all’Azerbajgian, con tutte le conseguenze del caso], diventerà una realtà nonostante le affermazioni di Yerevan che un tale piano non è stato discusso [e, quindi, certamente non concordato]. Ha aggiunto inoltre che Yerevan non può bloccare le sue richieste il che tradotto in parole semplici vuol dire che si prenderà ciò che vuole con le buone o con le cattive, quindi, con la forza, come ha sempre fatto.

Un avvertimento per i vicini dell’Armenia.

«Eravamo tranquilli come le nostre montagne,
Ci avete invaso come venti feroci,
Vi abbiamo affrontato come le nostre montagne,
Ringhiavate selvaggiamente come venti feroci,
Ma noi siamo eterni come le nostre montagne,
Perirete come venti feroci»
(Hovhannes Shiraz)
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Le lezioni nelle strutture educativa dell’Artsakh riprenderanno dal 19 dicembre, ha comunicato il Ministero dell’Istruzione, della scienza, della cultura e dello sport della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Le lezioni erano state sospese a causa del taglio della fornitura di gas all’Artsakh da parte dell’Azerbajgian, poi ripristinato ieri. “Le lezioni perse dal 14 al 17 dicembre si terranno tra il 26 e il 28 dicembre”, ha affermato il Ministero.

Il Consigliere del Ministro di Stato dell’Artsakh, Artak Beglaryan, che sta conducendo una protesta davanti alle ambasciate a Yerevan.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite discuterà della situazione in Nagorno Karabakh derivante dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian, ha comunicato il Consiglio di Sicurezza ieri sui social media. La questione viene discussa su richiesta della Missione francese presso le Nazioni Unite. “Questa mattina (16 dicembre), a seguito delle consultazioni sulla Libia, i membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU discuteranno della situazione in Nagorno-Karabakh (Armenia-Azerbajgian) sotto ‘Varie’, su richiesta della Missione francese presso l’ONU. Non è previsto alcun briefing”, ha twittato il Consiglio di Scurezza. Commentando questa notizia, il Consigliere del Ministro di Stato dell’Artsakh, Artak Beglaryan, che sta conducendo una protesta davanti alle ambasciate a Yerevan, ha dichiarato: “È gratificante che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite discuterà oggi la questione dell’Artsakh. La discussione si svolgerà a porte chiuse, ma significa già l’internazionalizzazione della questione. Mi auguro che le Nazioni Unite prestino maggiore attenzione alla soluzione delle questioni sia a breve che a lungo termine, rispettando i propri impegni e utilizzando tutti i meccanismi possibili”.

Oggi, alle 19.00 ore locali (ore 16.00 di Roma), dei medici organizzeranno una protesta davanti all’Ufficio delle Nazioni Unite in Armenia a sostegno dell’Artsakh, che è stato bloccato dall’Azerbaigian, a causa del quale i pazienti dell’Artsakh sono privati della fornitura di medicinali e del diritto universale alla libera circolazione di medici e pazienti, ha dichiarato sui social media Beglaryan.

Armenofobia

Contesto 1
La traduzione del post su Twitter di Dr. Fariz Ismailzade che segue: «Viviamo in un periodo di tempo in cui gli Armeni mettono le facce più disperate, gridano alla comunità internazionale, chiedono aiuto e poi torniamo al punto zero senza pace e stabilità. Non staresti meglio con un accordo di pace? Foto di “Ministro di Stato”».
Gli Armeni di tutto il mondo sono destinatari di un’ondata di violenti crimini d’odio, persino minacce di morte e aggressioni personali. Lo screenshot che segue del post lasciato ieri su Twitter (di cui sopra la traduzione) è uno dei tanti casi di armenofobia che ogni Armeno subisce in questi giorni. Un accademico azero fa il prepotente ad Artak Beglaryan, che ha perso il padre nella prima guerra del Nagorno-Karabakh e ha perso la vista da bambino a causa delle bombe a grappolo sganciate dagli Azeri. È un eccezionale difensore dei diritti umani in Artsakh. Da sei giorni è bloccato a Yerevan dall’Azerbaigian, impedendolo dal 12 dicembre 2022 di tornare dalla sua famiglia a Stepanakert.

Contesto 2
La traduzione del post su Twitter di @Ghbvvcccyevlax1 che segue: «Forse un giorno Ani sarai degna della merda di Fariz. Sono così felice che tu sia bloccata brutta puttana armena. Sono in Uzbekistan in questo momento e violenterò te e il tuo piccolo brutto bambino. Ormai sono giorni che osservo la tua inutile famiglia e conosco la tua routine. Ti violenterò e ti ucciderò».
Niente di insolito per il costume azero, solo una minaccia di stupro e morte nei confronti di una donna armena da parte di un utente anonimo. Che si è scagliato contro di lei, perché aveva osato sottolineare l’armenofobia di un accademico azero. Obbligarli di vivere insieme “in pace” è la sicura condanna al completamento del genocidio armeno.

PS 1 Si noti anche l’elogio di @Ghbvvcccyevlax1 per il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) il cui scopo è la pulizia etnica.
PS 2 L’utente @Ghbvvcccyevlax1 è stato bloccato da Twitter e quindi il post rimosso.

Questi contesti servono per comprendere in pieno il valore di comunicazioni ufficiali dell’Azerbajgian, come quella che segue, diffusa oggi dall’agenzia di stampa Azernews, che riportiamo nella nostra traduzione italiana dall’inglese: «L’Azerbaigian ha lanciato una hotline confidenziale per gli Armeni in Karabakh, ha detto Dilara Afandiyeva, Capo del Centro per la pace e la sicurezza della donna sotto la Dilara Aliyeva Società azera per la protezione dei diritti delle donne. “Nonostante tutti i tentativi dei separatisti e in particolare del cosiddetto “Ministro di Stato” del regime separatista del Karabakh, Ruben Vardanyan, di esercitare pressioni sui pacifici Armeni che vivono in Karabakh, ho ricevuto molte chiamate di vario genere e ho deciso di lanciare la hotline riservata”, ha affermato. A suo avviso, il call center è pronto a rispondere prontamente alle richieste degli Armeni in Karabakh in caso di problemi umanitari e a compiere ogni sforzo per risolverli. Il numero della hotline è +99470XXXXX11. “Garantiamo la piena riservatezza a tutti i residenti della regione del Karabakh che si rivolgeranno a noi”, ha osservato».

Ormai non serve più commentare cose del genere per i nostri attenti lettori. Sarebbe esilarante se non si conoscessi la situazione drammatica per i 120.000 Armeni dell’Artsakh, tenuto prigionieri con il blocco dell’unica strada di collegamento con l’Armenia e il resto del mondo, in quello che resta ancora libero delle loro terre ancestrali, come ostaggi del regime dittatoriale dell’Azerbajgian. Intanto, il lapsus dell’uso della parola “separatisti/a” evidenzia la realtà dell’autoproclamata indipendenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Qui si sente tutt’altro che volontà di pace da parte dell’Azerbajgian, che prosegue con le provocazioni, preparando il terreno per poter completare l’occupazione con la forza di quanto rimane ancora libero dell’Artsakh.
Prosegue la diffusione di fakenews da parte di Baku, ripetitivo ogni giorno, mentre sono le forze armate dell’Azerbajgian che continuano ad attaccare le postazioni degli eserciti di difesa dell’Armenia e dell’Artsakh, puntualmente denunciato dai Ministeri della Difesa dell’Armenia e dell’Artsakh: «Il 16 dicembre, alle 23.35, le unità delle forze armate armene dalle posizioni in direzione dell’insediamento di Yukhari Shorzha della regione di Basarkechar utilizzando armi leggere hanno sottoposto al fuoco le posizioni dell’esercito dell’Azerbajgian di stanza in direzione dell’insediamento di Zaylik della regione di Kalbajar, ha comunicato il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian.
Inoltre, il 17 dicembre, alle 09.05, i membri di un distaccamento armato illegale armeno nel territorio dell’Azerbaigian [la Repubblica di Artsakh], dove è temporaneamente dispiegato il contingente di pace russo, utilizzando armi di piccolo calibro hanno sottoposto a fuoco le postazioni dell’esercito dell’Azerbajgian di stanza in direzione dell’insediamento di Naghdali della regione di Lachin (in armeno Berdzor, occupato dalle forze armate dell’Azerbajgian). Le unità dell’esercito dell’Azerbajgian di stanza in queste direzioni hanno adottato adeguate misure di ritorsione».

La dichiarazione del Ministero della difesa dell’Azerbajgian secondo cui le unità dell’esercito di difesa dell’Artsakh hanno aperto il fuoco contro le postazioni azere il 17 dicembre, intorno alle 09.05, è disinformazione, ha affermato il Ministero della Difesa dell’Artsakh in una dichiarazione.

Kalbajar (in armeno Karvachar) è una cittadina della Repubblica di Artsakh, capoluogo della regione di Šahowmyan. La cittadina venne conquistata nella prima guerra del Nagorno-Karabakh dall’esercito di difesa del Nagorno-Karabakh il 4 aprile 1993 al termine di una lunga e violenta battaglia. È un piccolo paese abitato da pastori e contadini in una zona a scarsissima densità abitativa. L’unica via di accesso è la strada che porta a Martakert lungo la stretta valle del Tartar fino al bacino del Sarsang. L’apertura di una nuova strada di collegamento con l’Armenia, nel settembre 2017, attraverso il passo di Sodk, avrebbe dovuto ridare vigore alla depressa economia locale. Ma poi, dalla guerra dei 44 giorni di fine 2020 è occupato dalle forze armate dell’Azerbajgian.

Articoli precedenti

– L’Azerbajgian alza il livello dello scontro per portare a termine la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh armeno – 12 dicembre 2022
– Provocatori azeri, inneggiando ai lupi grigi mentre bloccano l’unica strada tra Artsakh e Armenia, tengono in ostaggio 120.000 Armeni – 13 dicembre 2022
– Dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha tagliato anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh- 13 dicembre 2022
– L’Azerbajgian da più di due giorni tiene l’Artsakh sotto blocco. Il Presidente dell’Arsakh decreta la legge marziale per far fronte all’emergenza umanitaria – 14 dicembre 2022
– Crisi umanitaria in Artsakh. Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian. Discorsi del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri dell’Armenia – 15 dicembre 2022
– Il blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh con il mondo esterno condanna la sua popolazione armena ad una morte lenta. E Baku nega l’evidenza – 15 dicembre 2022
– È stata ripristinata la fornitura di gas all’Artsakh. Al momento il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane ancora bloccato – 16 dicembre 2022

«L’Azerbaigian ci isola dal mondo: è una catastrofe umanitaria» (Tempi 17.12.22)

Il ministro degli Esteri dell’Artsakh, Davit Babayan, spiega a Tempi le drammatiche conseguenze della chiusura forzata del Corridoio di Lachin da parte di “ambientalisti” azeri. «In realtà sono soldati in borghese. È una forma di tortura. Siamo senza cibo, medicine e benzina»

C’è una sola strada che collega i 120 mila residenti della Repubblica dell’Artsakh al resto del mondo. Una sola via che unisce la popolazione armena del Nagorno-Karabakh a Erevan, da dove arrivano medicine, cibo, benzina e tutti gli altri beni di prima necessità. Si tratta dell’arteria di cinque chilometri conosciuta come Corridoio di Lachin, che dal 12 dicembre centinaia di manifestanti inviati dall’Azerbaigian stanno bloccando per ragioni “ambientali”, «causando una catastrofe umanitaria per la nostra gente».

Non usa mezzi termini Davit Babayan, ministro degli Esteri dell’Artsakh, per denunciare a Tempi la violazione da parte del regime azero del diritto internazionale e della tregua (Dichiarazione trilaterale) che ha posto fine alla guerra del 2020. Due anni fa, durante i 44 giorni di guerra tra Armenia e Azerbaigian, l’esercito di Baku con l’aiuto della Turchia ha conquistato i tre quarti del Nagorno-Karabakh, costringendo 40 mila armeni a scappare dalle loro case. Ciò che è…

L’Azerbaigian, con avallo turco, provoca l’Armenia (Il Manifesto 16.12.22)

Questa settimana si è aperto un nuovo round del braccio di ferro fra Azerbaigian ed Armenia per il controllo dell’enclave del Nagorno-Karabakh. Con l’ovvio supporto del governo di Baku, centinaia di attivisti di sedicenti organizzazioni ambientaliste azerbaigiane hanno bloccato i collegamenti fra Erevan e le comunità armene in territorio azero. Inoltre, gli azeri hanno bloccato le forniture di gas i cui condotti passano attraverso aree da loro controllate.

Dopo il crollo dell’Urss, la regione è rimasta per 26 anni separata de facto da Baku. Nel frattempo l’Azerbaigian è divenuto una potenza petrolifera in grado di esercitare una crescente pressione militare sui vicini, fino a debellarli decisamente a seguito di una guerra durata 44 giorni nell’autunno 2020.

LA PULIZIA ETNICA degli armeni del Karabakh è stata evitata dall’intervento della Russia che ha dispiegato in Karabakh una forza d’interposizione di 2000 uomini. Per trent’anni Mosca ha approfittato del conflitto armeno-azero per fare dell’Armenia la propria principale base in direzione del Medio Oriente. Dopo il dispiegamento del 2020, le posizioni russe sembravano destinate a rafforzarsi. Il conflitto in Ucraina ha però rimescolato le carte.

Con la Russia in difficoltà, l’Azerbaigian ha ripreso l’iniziativa. Dopo uno stillicidio di scontri, a metà settembre gli azeri hanno scatenato un’offensiva che li ha portati a conquistare parti del territorio armeno falciando oltre 200 militari nemici. Questa settimana si è aggiunta la nuova tattica delle «proteste civili» ad ostruire il cordone ombelicale che connette gli armeni del Karabakh alla madrepatria, il cosiddetto Corridoio di Lachin.

Con ogni evidenza, Baku vuole chiudere la partita del Karabakh forzando gli armeni a sottoscrivere un accordo di pace che sancisca la definitiva rinuncia ad ogni pretesa sulle terre riconquistate. In secondo luogo, l’Azerbaigian vuole che l’Armenia acconsenta all’apertura sul proprio territorio di un secondo corridoio che lo colleghi all’exclave del Nakichevan e tramite questa alla Turchia, alleata e nume tutelare del regime azero della famiglia Aliev.

IL TUTTO CREA una situazione estremamente pericolosa per gli interessi strategici russi nel Caucaso. Qui, come nelle altre marche di confine del defunto impero sovietico, la Russia veda la propria potenza erodersi in seguito all’avventata invasione dell’Ucraina.

La presenza della Turchia di Erdogan dietro gli azeri costringe i russi a subire le mosse del tandem dei due paesi turcofoni. Il comportamento del contingente russo in Karabakh, privo di regole d’ingaggio precise e quindi finora incapace a reagire ai gruppi civili azeri e a rimuovere il blocco, esemplifica l’impasse in cui Mosca si è venuta a trovare nella regione.

Priva di garanzie e con l’acqua alla gola (la popolazione armena è meno di un terzo di quella azera, il suo Pil, un decimo), Erevan è impegnata in una frenetica ricerca di alternative ai russi. In tale situazione cercano d’inserirsi statunitensi ed europei, il cui braccio di ferro con Mosca si allarga a tutte le repubbliche ex-sovietiche.

Bruxelles, che aveva vissuto come uno smacco l’adesione di Erevan all’Unione eurasiatica di Mosca nel 2013, moltiplica le iniziative di dialogo fra i due belligeranti ed ha dispiegato una missione di 40 osservatori dal lato armeno della linea del fronte. Tuttavia l’Europa è anche più che mai interessata al gas ed al petrolio dell’Azerbaigian e dunque è difficile che possa fare la differenza su questo teatro, al pari di tutte le altre iniziative Ue nello spazio post-sovietico.

ANCHE GLI IRANIANI, preoccupati come i russi dal consolidamento dell’asse turcco fra Turchia ed Azerbaigian, stanno cercando di rafforzare le proprie posizioni sulle incertezze armene. Al vertice dei paesi turcofoni di Samarcanda di novembre, il presidente Aliev ha accusato l’Iran di opprimere la sua popolazione azera (il 20% dei cittadini iraniani).

Dal canto suo, Baku persegue il clero pro-iraniano sciita, confessione a cui fa riferimento l’85% della popolazione dell’Azerbaigian. Un ulteriore elemento di tensione deriva dal fatto che, oltre che ai turchi, l’Azerbaigian ha permesso anche agli israeliani di dislocare infrastrutture militari sul proprio territorio.

La molteplicità delle linee d’attrito continua a fare del Caucaso un campo minato geopolitico.

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ARTE Reportage Armenia: il rifugio russo (Arte.tv 16.12.22)

Un paradosso dei nostri tempi: i russi, per lungo tempo, hanno considerato l’Armenia un’insignificante Stato-vassallo, instabile e talmente debole da poter essere facilmente messo alle strette. Ora, molti di loro – soprattutto pacifisti e giovani spaventati dalla mobilitazione militare di Putin –  contano su questo piccolo paese per ottenere asilo.

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È stata ripristinata la fornitura di gas all’Artsakh. Al momento il Corridoio di Berdzor (Lachin) rimane ancora bloccato (Korazym 16.12.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 16.12.2022 – Vik van Brantegem] – La fornitura di gas alla Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh in precedenza tagliata dall’Azerbajgian è stata ripristinata. Gli Azeri avevano interrotto la fornitura di gas agli Armeni dell’Artsakh il 13 dicembre 2022, un giorno dopo aver bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin). Al momento è confermato ancora il blocco dell’autostrada Stepanakert-Goris e l’Artsakh rimane isolato dall’Armenia e dal resto del mondo. Si attendono sviluppi in giornata.

Alle ore 03.00 del 17 dicembre 2022 (ora di Stepanakert, 00.00 ora di Roma) l’autostrada Stepanakert-Goris continua a essere bloccata dall’Azerbajgian, secondo i media azeri.

Alle ore 16.30 (ora di Stepanakert, 13.30 ora di Roma) l’autostrada Stepanakert-Goris continua a essere bloccata dall’Azerbajgian, riferisce l’InfoCenter dell’Artsakh.

I Ministeri della Difesa dell’Armenia e dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh respingono le accuse dell’Azerbajgian di aver aperto il fuoco. “Il Ministero della Difesa dell’Azerbajgian continua a diffondere disinformazione. Le unità delle forze armate dell’Armenia non hanno aperto il fuoco contro le posizioni azere dispiegate nelle direzioni est e nord-est del confine armeno-azerbajgiano alle ore 12.00 -13.50″, ha affermato il Ministero della Difesa dell’Armenia. Anche il Ministero della Difesa dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh ha dichiarato che le accuse azere secondo cui l’esercito di difesa dell’Artsakh ha aperto il fuoco intorno alle ore 13.05 di oggi 16 dicembre contro le posizioni azere è disinformazione.

Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan.

Il Presidente della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Arayik Harutyunyan, ha rilasciato una dichiarazione, commentando la situazione creatasi nei giorni scorsi:

«Cari compatrioti,
sono già passati cinque giorni da quando l’Azerbajgian sta tenendo in blocco totale i 120.000 abitanti dell’Artsakh con un’agenda “emotiva” e accattivante, condita con finti pretesti ambientali, mettendo così gli Armeni dell’Artsakh di fronte a un disastro umanitario. Tuttavia, come possiamo vedere, il popolo dell’Artsakh non si inginocchia e supera con onore i processi in corso, incompatibili con il XXI secolo e quasi inimmaginabili per le persone civili, così come le difficoltà, le sofferenze e le conseguenze umanitarie che ne derivano.
A questo proposito, a nome del popolo della Repubblica di Artsakh, dichiaro:
Il popolo dell’Artsakh è sostenitore della pace, della stabilità e delle relazioni di buon vicinato tra i popoli della regione.
Il popolo dell’Artsakh è aperto alla discussione di qualsiasi questione e problema, al libero dialogo, è disposto a costruire e anticipare relazioni costruttive formate sulla base del reciproco rispetto dei diritti.
Consideriamo inaccettabile l’uso della coercizione, la dimostrazione e l’uso della forza e chiediamo il rifiuto definitivo dell’idea di spopolare l’Artsakh, che è stata la ragione dell’inizio della lotta di liberazione dell’Artsakh ed è parte integrante della politica statale dell’Azerbajgian. Solo allora sarà apprezzata la volontà di raggiungere la pace, e la pace sarà sincera, reale e tangibile.
Il popolo dell’Artsakh ha adottato la decisione di resistere all’invasione dei propri diritti e di sopportare con dignità la privazione fisica che ci è stata inflitta, neutralizzando così tutti i possibili tentativi di imporre concessioni e condizioni che vincolano il processo decisionale a Madre Armenia.
Esprimiamo la nostra gratitudine alla Repubblica d’Armenia e ai nostri connazionali della diaspora, che in questi giorni stanno denunciando e informando la comunità internazionale del crimine commesso contro i cittadini della Repubblica di Artsakh, avviando processi legali, semplicemente incoraggiando e dando forza al popolo dell’Artsakh.
Esprimiamo la nostra gratitudine al contingente di mantenimento della pace russo per essere rimasto fedele alla sua missione. Le forze di pace sono da giorni al fianco del popolo dell’Artsakh con fermezza e risolutezza, senza rendere omaggio a provocazioni, insulti dimostrativi e atteggiamenti sprezzanti. Apprezziamo molto i passi consapevoli compiuti dalle forze di pace per alleviare i problemi umanitari del nostro popolo, continueremo la nostra lotta e non saremo mai uno strumento per fare pressione sulla Federazione Russa o danneggiarne la reputazione, perché siamo sicuri che la Federazione Russa ha la volontà irrevocabile di risolvere i problemi diplomaticamente e attraverso il dialogo».

Il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, ha ricevuto il Capo dei Servizi Segreti della Gran Bretagna, Richard Moore. Gli interlocutori hanno discusso questioni relative ai processi in atto nella regione del Caucaso meridionale. Sono stati inoltre toccati argomenti relativi alla sicurezza regionale e internazionale.

Il governo della Repubblica dell’Artsakh riferisce che il Presidente, Arayik Harutyunyan, ha convocato oggi un’ampia consultazione di lavoro con la partecipazione dei rappresentanti dei partiti politici rappresentati nell’Assemblea Nazionale della Repubblica dell’Artsakh. Si è discusso della situazione politico-militare intorno alla Repubblica dell’Artsakh e della situazione creatasi nel Paese a seguito del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), e dei passi per superarlo. All’incontro hanno partecipato Vitaly Balasanyan, Segretario del Consiglio di sicurezza dell’Artsakh, e Ruben Vardanyan, Ministro di Stato, Capo dello staff operativo.

Leggere articoli di media azeri (in generale, non solo sul blocco del Corridoio) è esilarante, ma per comprenderne il senso serve una “traduzione”. Da tener presente, che non sono testi giornalistici ma veline dell’agitprop di Baku, Ecco, questo è di oggi, con la “traduzione” di alcuni parti, anche se alla fine diventa ripetitivo e non fa più ridere: «Le formazioni armene illegali nel Karabakh dell’Azerbaigian [il governo democraticamente eletto della autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh] continuano a diffondere informazioni false [se lo dicono loro che sono false, maestri di menzogne e propaganda, deve essere vero]. Ruben Vardanyan, che si autodefinisce “Ministro di Stato del Karabakh” [nominato in questa funzione dal Presidente dell’Artsakh] e i suoi subordinati [i ministri del governo dell’Artsakh] continuano a diffondere notizie false [quindi informazioni veri]. Vardanyan e il suo team hanno interrotto la fornitura di gas alla popolazione armena in Karabakh [hahahahaha]. Questo non andava affatto bene con la gente e Vardanyan fu costretto a riprendere la fornitura di gas [hahahahaha]. Successivamente, Vardanyan ha rilasciato una dichiarazione ridicola [quindi, sarà vera], affermando che “la parte azera aveva precedentemente interrotto la fornitura di gas, e poi l’ha riaccesa incondizionatamente”. Va notato che l’interruzione della fornitura di gas sul territorio in cui sono temporaneamente di stanza le forze di pace russe [il territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh] non ha nulla a che fare con l’Azerbajgian [vale come ammissione di colpa], e gli Armeni che vivono in Karabakh diventano ancora una volta strumenti nelle mani di tali “vardaniani” [rispecchio le condizioni degli Azeri che vivono in Azerbajgian nelle mani del regime del dittatore Aliyev].

Secondo i media azeri il Corridoio di Berdzor (Lachin) non sarebbe bloccato, perché «i veicoli di rifornimento delle forze di pace russe sono recentemente passati senza problemi lungo la strada di Lachin [l’autostrada Stepanakert-Goris]. Questo fatto dimostra che la strada di Lachin non è bloccata dai manifestanti pacifici dell’Azerbajgian, contrariamente a quanto l’Armenia sta cercando di far passare. In precedenza, i media armeni avevano diffuso notizie false secondo cui gli Azeri avrebbero bloccato la strada di Lachin e non avrebbero lasciato passare i veicoli di rifornimento». Ecco, leggere per credere.

Intanto, le tende del blocco, che questa mattina venivano rimosse (e che ha fatto credere che la strada sarebbe stata riaperta), sono state sostituite con tende più comode, secondo i dimostranti.

Un terremoto di magnitudine 3,9 ha colpito l’Azerbajgian questa notte alle 23.04 ora locale, riferisce il Centro di gestione delle crisi del Ministero dell’Emergenza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh. Il terremoto è stato registrato 27 km a sud-est della città di Imishli (131 km a est di Stepanakert, capitale di Artsakh). L’intensità della scossa ha raggiunto magnitudine 5 all’epicentro. La scossa è stata avvertita a Stepanakert.

La fornitura di gas dall’Armenia alla Repubblica dell’Artsakh è stata ripristinata questa mattina, tre giorni dopo essere stata interrotta dall’Azerbajgian, riferisce l’InfoCenter dell’Artsakh. Artsakhgas informa che al momento sono in corso opportuni lavori preparatori con i partner armeni per garantire l’approvvigionamento di gas. Il gas dovrebbe raggiungere i consumatori a Stepanakert e nelle regioni più tardi oggi. Artsakhgas esorta i consumatori a stare attenti e osservare le norme di sicurezza.

La questione dell’installazione di un posto di blocco doganale dell’Azerbajgian nel Corridoio di Berdzor (Lachin) è fuori questione per l’Artsakh, perché le forze di pace russe stanno già implementando tali funzioni di controllo, ha detto ai giornalisti il Ministro degli Esteri della Respubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, Davit Babayan. “Inoltre, in conformità con la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, non può esistere nulla del genere. Non sarebbe un posto di blocco doganale per l’Artsakh, ma un punto di controllo per essere condotti in prigione, perché prenderanno tutti. Non credo che ci sarà alcuna ritirata su questo punto, è impossibile. Quel posto di blocco violerebbe gravemente l’essenza dell’accordo. L’accordo del 9 novembre 2020 è difficile, ma deve essere rigorosamente rispettato”, ha affermato Babayan.

Ieri abbiamo riferito [QUI], che gli attivisti azeri bloccano dal 12 dicembre bloccano il Corridoio di Bendzor (Lachin) all’altezza di Shushi (la seconda città di grandezza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupata dall’Azerbajgian l’8 novembre 2020, penultimo giorno della seconda guerra del Nagorno-Karabakh) vicino alla postazione delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh, avevano cambiato le loro richieste, come ha riferito dal luogo del blocco l’agenzia di stampa azera Trend. Innanzitutto chiedono la soppressione del Corridoio che dichiarano “terra sovrana dell’Azerbajgian”. Quindi, chiedono di istituire checkpoint individuali di tutte le strutture statali dell’Azerbajgian, tra cui il Ministero degli Interni, il Servizio di frontiera statale e il Comitato doganale statale lungo l’autostrada Goris-Stepanakert su quello che dovrebbe diventare la frontiera con l’Armenia nella direzione di Goris. Questo significa che, con il loro blocco, vogliono revocare lo status di Corridoio umanitario all’unica connessione via terra tra l’Armenia e l’Artsakh, togliendo di mezzo le forze di pace russe, che secondo loro “non fanno il lavoro”. Con queste pretese era caduta dopo quattro giorni la maschera del falso pretesto di una protesta “ecologista”.

Babayan ha detto ai giornalisti che è importante che le forze di pace russe nel Nagorno Karabakh ricevano un mandato in modo che, insieme a una missione di mantenimento della pace, ottengano anche l’autorità per imporre la pace. “Se non fosse stato per la missione di mantenimento della pace russa, l’Artsakh sarebbe stato distrutto da tempo”, ha detto Babayan. “D’altra parte vediamo che il potenziale della missione di pace russa, che deriva direttamente dal mandato, deve essere rafforzato”, ha detto. Babayan ha affermato di avere espresse le offerte da questa prospettiva in vari casi: prima di tutto il numero delle forze di pace russe deve essere aumentato. Babayan ha affermato che i 1.980 militari russi non sono in grado di svolgere appieno tale funzione. “Nella sezione di Shushi sono dispiegati solo pochi effettivi. Quindi prima di tutto il numero deve essere aumentato. In secondo luogo, devono ricevere un mandato internazionale. Ciò significherebbe che insieme a una missione di mantenimento della pace devono avere l’autorità per imporre la pace, come è successo in Kosovo, in Bosnia. Se lì un gruppo di persone si sta avvicinando, vengono avvertiti di non avvicinarsi, e se continuano a farlo allora può essere usata la forza”, ha detto Babayan. Ha osservato che le forze di pace russe non hanno tale autorità ed è per questo che deve essere emesso un mandato internazionale. Babayan ha detto che il destino dell’Artsakh è anche il destino del mondo civilizzato. “La comunità democratica non può tollerare la distruzione di un Paese democratico non riconosciuto da parte di un Paese totalitario. Pertanto, tutti devono mettere da parte le proprie preferenze geopolitiche e agire in modo che il genocidio non avvenga. E questo è possibile solo con l’emissione di quel mandato internazionale”, ha concluso Babayan.

L’Unione degli Armeni d’Italia, in un comunicato stampa diffuso oggi, ha espresso la profonda preoccupazione per la crisi umanitaria in atto per la popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, indignata per l’arroganza e l’impunità delle azioni messe in atto dall’Azerbaigian e stupita per l’inazione di molti membri della comunità internazionale.
La popolazione dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh si trova in una trappola mortale, osserva l’Unione degli Armeni d’Italia, senza il supporto delle organizzazioni umanitarie che non possono più raggiungere la regione. Questa azione, prosegue il comunicato, arriva dopo due anni di continui attacchi, violenze, stupri, incendi e rapimenti che hanno coinvolto la popolazione civile armena che vive sui confini. Tutte queste atrocità vengono regolarmente filmate da parte dei soldati azeri e messe in rete come un trofeo, con lo scopo di terrorizzare gli Armeni, nel silenzio dei media internazionali.
In riferimento al blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin), il comunicato osserva che la strada Stepanakert-Goris, un tempo sicura, avrebbe dovuto essere monitorata dalle forze di pace russe dopo l’accordo trilaterale del 9 novembre 2022, ma che gli sforzi della forza d’interposizione russa non sono stati mai sufficienti a rispettare un vero cessate il fuoco, dando alla parte azera la possibilità di imporre violenze di ogni tipo nei confronti della popolazione civile armena.
L’Unione Europea, consapevole del fatto che l’esistenza stessa della popolazione armena viene minacciata da un vero e proprio Secondo Genocidio, ha inviato sul posto degli osservatori permanenti ma questo non è sufficiente, osserva l’Unione degli Armeni d’Italia e, a nome di tutti i cittadini italiani di origine armena, lancia un appello al Governo Italiano, ai media, a tutti gli Italiani perché pongano un freno all’aggressività dell’Azerbajgian e salvaguardino il diritto alla sopravvivenza del popolo armeno.
I leader mondiali agiscano per far rispettare gli accordi trilaterali postbellici che proteggono i diritti del popolo dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh, prosegue il comunicato. Il mondo ha già visto questo piano atroce molte volte. Come agli inizi del ‘900, sono in gioco decine di migliaia di vite innocenti; gli armeni nel 1915 sono già stati vittime di genocidio per opera dell’Impero Ottomano , non lasciamo che nel ventunesimo secolo, possano essere portati avanti dei piani genocidari. Come ha più volte affermato la Senatrice Segre, anche l’indifferenza uccide, conclude l’Unione degli Armeni d’Italia.

Ruben Vardanyan.

Il Ministro di Stato (Primo Ministro) dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, ha dichiarato: «Ho buone notizie. Lo stato confinante ha ripristinato la nostra fornitura di gas senza alcuna condizione preliminare, senza alcuna concessione. Questa è davvero la nostra vittoria perché siamo forti, abbiamo dimostrato che non lasceremo l’Artsakh e non ci faremo prendere dal panico».

La Corte europea dei diritti umani ha concesso all’Azerbajgian tempo fino alle ore 16.00 CET di lunedì 19 dicembre 2022 per rispondere alla richiesta dell’Armenia di misure provvisorie. Dopo la risposta, il tribunale prenderà la sua decisione finale, informa l’Ufficio del Rappresentante dell’Armenia per le questioni legali internazionali. Mercoledì 14 dicembre l’Armenia ha informato la Corte del blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbaigian e della violazione dei diritti del popolo dell’Artsakh. Allo stesso tempo, l’Armenia ha chiesto alla Corte di indicare misure provvisorie contro l’Azerbajgian e di obbligare l’Azerbajgian a sbloccare il Corridoio di Berdzor (Lachin).

Pro memoria: ci sono 30.000 bambini nell’Artsakh bloccato.

Il Corridoio di Berdzor (Lachin) potrebbe essere aperto oggi, ha detto il Ministro di Stato dell’Artsakh, Ruben Vardanyan, parlando in diretta su Facebook. “È una loro decisione [dell’Azerbaigian]. Hanno preso la decisione, perché si sono resi conto dell’errore, perché erano sotto un’enorme pressione sia a livello locale che dall’estero”, ha detto Vardanyan. Ha espresso gratitudine a tutte le persone all’estero che hanno contribuito a esercitare tale pressione, a tutti coloro che hanno sensibilizzato sulla situazione a livello mondiale.

Vardanyan ha anche annunciato una manifestazione per sabato 17 dicembre 2022 a piazza della Rinascita in Stepanakert. Ha invitato tutti a partecipare alla manifestazione per “mostrare la nostra forza e unità”.

La capitale dell’Artsakh, Stepanakert ha un aeroporto completamente ristrutturato, ma le forze armate azere minacciano di abbattere qualsiasi cosa arrivi o parti da lì. Ora che il Corridoio di Berdzor (Lachin) è bloccato dall’Azerbaigian – e rischia di essere bloccato nuovamente in futuro se fosse aperto – l’Artsakh ha bisogno dell’aeroporto come ancora di salvezza per 120.000 cittadini armeni.

«La Baku ufficiale ha dimostrato di poter bloccare il Corridoio di Lachin in qualsiasi momento. Questo, di per sé, è più importante di qualsiasi compromesso…» (The Azeri Times – 16 dicembre 2022, ore 07.09). Quindi, questi che bloccano la strada non sono eco-attivisti, giusto? Baku ufficiale ha dimostrato ancora una volta che si tratta di un regime terroristico che farebbe qualsiasi cosa in qualsiasi momento per costringere gli Armeni dell’Artsakh a lasciare le loro terre ancestrali.

Ieri, durante le manifestazioni davanti alle ambasciate a Yerevan, il Consigliere del Ministro di Stato dell’Artsakh, Artak Beglaryan, ha affermato che con la loro protesta vogliono chiedere alla comunità internazionale di sostenere l’apertura di un corridoio aereo internazionale umanitario per l’Artsakh. Questo è oggi una questione vitale ha affermato: “Oltre al corridoio stradale, dobbiamo avere anche un corridoio aereo, e questo è un obbligo della comunità internazionale”.

I sei villaggi della regione di Shushi che sono rimasti sotto il controllo della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh subiscono un doppio blocco: sono completamente tagliati fuori non solo dall’Armenia e dal resto del mondo, ma anche dal resto dell’Artsakh a causa del blocco dell’Azerbajgian. Oltre 600 abitanti (di cui circa 100 bambini) sono lasciati in completo isolamento.

«Grazie al TRT World Forum 22 [Istanbul, 9-10 dicembre 2022] per l’invito. Ho gradito la possibilità di brevi scambi con il Ministro Mevlüt Çavuşoğlu [Ministro degli Esteri della Turchia] e altri funzionari. Credo che la Turchia abbia molto da offrire per sostenere una soluzione globale tra l’Armenia e l’Azerbajgian» (Toivo Klaar – Twitter, 10 dicembre 2022 Ore 21.38).
Questo è il tweet più recente di Toivo Klaar, fanboy di Aliyev e Rappresentante speciale dell’Unione Europea per il Caucaso meridionale e la crisi in Georgia (dove in una sorta di realtà alternativa vede la Turchia – alleato di ferro di Aliyev e il suo primo fornitore di armamenti contro l’Armenia – come mediatrice di pace tra l’Armenia e l’Azerbajgian). Artsakh è sotto blocco dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022 e non ha ancora speso una parola su #ArtsakhBlockade

Hanno bloccato la strade in “pace”. Gli “eco-attivisti” azeri hanno lanciato in aria 44 colombe come “simbolo di pace” (una per ogni giorno della guerra di aggressione azera contro l’Artsakh di fine 2020). Una tra i manifestanti stava scuotendo istericamente una colomba morta, mentre urlava nell’altoparlante, ha poi rilasciato la colomba, che è caduta sotto i piedi dei manifestanti.

Al blocco c’era quella signora azera in pelliccia, che sventolava una colomba morta in mano, inneggiando alla pace con gli Armeni. Icona simbolica.
Il popolo dell’Artsakh ha il diritto legale all’autodeterminazione e il diritto umano a vivere senza la minaccia costante e incombente del genocidio.

Articoli precedenti

– L’Azerbajgian alza il livello dello scontro per portare a termine la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh armeno – 12 dicembre 2022
– Provocatori azeri, inneggiando ai lupi grigi mentre bloccano l’unica strada tra Artsakh e Armenia, tengono in ostaggio 120.000 Armeni – 13 dicembre 2022
– Dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha tagliato anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh- 13 dicembre 2022
– L’Azerbajgian da più di due giorni tiene l’Artsakh sotto blocco. Il Presidente dell’Arsakh decreta la legge marziale per far fronte all’emergenza umanitaria – 14 dicembre 2022
– Crisi umanitaria in Artsakh. Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian. Discorsi del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri dell’Armenia – 15 dicembre 2022
– Il blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh con il mondo esterno condanna la sua popolazione armena ad una morte lenta. E Baku nega l’evidenza – 15 dicembre 2022

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Armenia: l’Ambasciatore Di Riso inaugura la Sezione di Italiano alla Biblioteca Regionale di Shirak (Aise 16.12.22)

JEREVAN\ aise\ – Nei giorni scorsi l’Ambasciatore italiano in Armenia, Alfonso Di Riso, ha inaugurato la nuova Sezione di Italiano presso la Biblioteca Regionale di Shirak a Gyumri, iniziativa resa possibile grazie al contributo dell’Ambasciata a Jerevan.
Insieme all’ambasciatore, hanno preso parte alla inaugurazione la Governatrice di Shirak Nazeli Baghdasaryan, il Vice Governatore Karen Manukyan, il Direttore della Biblioteca, Gurgen Amiryan, e il Rettore dell’Università Statale di Shirak, Yervand Serobyan.
L’inaugurazione è stata seguita da un concerto jazz per pianoforte, eseguito dal Maestro Vittorio Mezza(aise) 

Crisi umanitaria in Artsakh. Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian. Discorsi del Primo Ministro e del Ministro degli Esteri dell’Armenia (Korazym 15.12.22)

 Oggi, 4° giorno del blocco del Corridoi di Berdzor (Lachin) nell’area dell’incrocio Shushi-Karin che isola la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh dall’Armenia e dal resto del mondo e 3° giorno della chiusura del gasdotto dall’Armenia all’Artsakh. Dopo Francia, USA, Cipro e Paesi Bassi, anche Canada, con una dichiarazione del Ministero degli Esteri, invita l’Azerbajgian a riaprire il Corridoio e a garantire la libertà di movimento per evitare qualsiasi potenziale impatto umanitario sulla popolazione dell’Artsakh. Intanto, le forze armate azere continuano a sparare verso le posizioni di difese armene. Alle ore 01.10 di questa notte hanno aperto il fuoco con armi da fuoco di diverso calibro a Norabak e Srashen, riferisce il Ministero della Difesa armeno.

L’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin), bloccata vicino a Sushi dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

La situazione nel Nagorno-Karabakh non può essere definita altro che una crisi umanitaria, ha dichiarato oggi il Primo Ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, durante la seduta del governo sul blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian. Negli ultimi giorni la situazione umanitaria in Nagorno-Karabakh si è fatta estremamente acuta. L’Azerbaigian ha prima bloccato il Corridoio, poi ha chiuso il gasdotto che riforniva l’Artsakh. A seguito di queste azioni provocatorie, gli abitanti del Nagorno-Karabakh sono stati privati del diritto alla libera circolazione, migliaia di persone, compresi i bambini, sono state lasciate sulle strade nelle fredde condizioni invernali, molte famiglie sono state divise involontariamente, trovandosi su diversi lati del blocco. I cittadini con gravi problemi di salute sono privati di medicinali e servizi sanitari, la fornitura di cibo e altri beni essenziali è stata interrotta. 120.000 persone sono tenute in ostaggio durante questo assedio. Scuole e asili riscaldati a gas sono stati costretti a smettere di funzionare, a causa della quale circa 22.000 bambini sono stati privati del diritto all’istruzione. Secondo il Primo Ministro armeno, questa crisi è nata a causa del mancato rispetto da parte dell’Azerbajgian dei suoi obblighi internazionali.

Dicendo che il Nagorno Karabakh non esiste, l’Azerbajgian sta essenzialmente affermando che i rifugiati non hanno un posto dove tornare, il che costituisce una grave violazione non solo delle clausole 6 e 7 della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2022, ma anche del diritto umanitario, ha affermato Pashinyan. L’Azerbaigian sta inoltre impedendo che gli sfollati interni e i rifugiati possono rientrare nel territorio del Nagorno-Karabakh e nelle aree adiacenti sotto la supervisione dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: “Finora i rappresentanti delle Nazioni Unite non hanno potuto accedere al Nagorno-Karabakh a causa degli ostacoli creati dall’Azerbajgian. Fino ad oggi i problemi degli sfollati forzati dalla regione di Hadrut del Nagorno-Karabakh non sono stati risolti”, ha detto Pashinyan. Ha citato una parte della clausola 7 della dichiarazione: “I rifugiati ritornano nel territorio del Nagorno-Karabakh”. “Questa definizione significa che il Nagorno-Karabakh esiste e il Nagorno-Karabakh ha un territorio. E dicendo che il Nagorno-Karabakh non esiste e non accettando l’esistenza di questa entità territoriale, l’Azerbajgian sta essenzialmente dicendo che i rifugiati non hanno un posto dove tornare, il che è una grave violazione non solo della dichiarazione trilaterale ma anche del diritto umanitario”.

“Raggiungere un’adeguata valutazione internazionale per le continue violazioni degli obblighi assunti dall’Azerbajgian deve essere il nostro principale lavoro collettivo. Il nostro servizio diplomatico, il dipartimento per gli affari esteri, la diplomazia parlamentare, la forza di maggioranza, l’opposizione, le ONG, i rappresentanti della diaspora, le persone e le organizzazioni con collegamenti esteri, gli utenti dei social media devono fare la loro parte di contributo per dimostrare che le continue violazioni della dichiarazione trilaterale del 2020 hanno prima di tutto l’obiettivo di sottoporre il Nagorno-Karabakh al genocidio o all’esilio”, ha affermato il Primo Ministro armeno durante la riunione di governo. Ha aggiunto che l’Azerbajgian sta realizzando continuamente la politica del “Nagorno-Karabakh senza Armeni” e ha attribuito importanza a fare il massimo possibile affinché tale politica riceva una valutazione politica adeguata.

“Ringrazio tutti i Paesi e le organizzazioni internazionali che hanno già reagito e dato una valutazione della politica dell’Azerbajgian di bloccare il Corridoio di Lachin e causare un disastro umanitario nel Nagorno-Karabakh. Devo dire per dovere di cronaca che il silenzio di diversi Paesi amici a questo proposito è quanto meno strano”, ha detto Pashinyan. Ha aggiunto di sostenere pienamente la dichiarazione del 14 dicembre adottata dal parlamento armeno che chiedeva di avviare o rilanciare meccanismi internazionali per garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni del Nagorno-Karabakh. “Il parlamento ha anche invitato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e la co-Presidenza del gruppo di Minsk dell’OSCE e i Paesi membri a inviare una missione conoscitiva nel Nagorno-Karabakh per monitorare la situazione umanitaria. Sto incaricando il nostro servizio diplomatico, il Ministero degli Esteri, di trasmettere efficacemente questo messaggio del ramo legislativo ai destinatari”, ha affermato Pashinyan. Pashinyan ha aggiunto di mantenere un contatto costante con il Presidente della Repubblica di Artsakh, Arayik Harutyunyan, per valutare gli sviluppi e discutere possibili risoluzioni.

La Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh il 6 gennaio 1992 si autoproclamò indipendente dalla Repubblica di Azerbajgian, a seguito del referendum del 10 dicembre 1991, che provocò la prima guerra del Nagorno-Karabakh, da gennaio 1992 a maggio 1994, persa dall’Azerbajgian.

Nei tre decenni trascorsi da allora, l’Azerbajgian si trasformò da uno stato coloniale fatiscente in uno stato moderno e immensamente ricco, grazie sia alle sue enormi riserve di petrolio e gas, sia grazie ai suoi stretti legami con la Turchia, e si è dotata di forze armate ben addestrate e ben equipaggiate, con lo scopo dichiarata di riprendersi il Nagorno-Karabakh con la forza (con mire pure sull’Armenia).

A seguito della seconda guerra del Nagorno-Karabakh dei 44 giorni, tra il 27 settembre e il 9 novembre 2020, buona parte del territorio dell’Artsakh è finito sotto controllo dell’Azerbajgian, sia a seguito delle conquiste manu militari nel corso della guerra, che per quanto stabilito dall’accordo trilaterale di cessate il fuoco del 9 novembre 2022, che mediato dalla Russia pose fine ai combattimenti, lasciando agli Armeni dell’Artsakh solo il controllo della loro capitale Stepanakert e di un certo numero di città e villaggi intorno. Di fatto, l’Artsakh è interamente circondata dall’Azerbajgian, con l’eccezione dello stretto collegamento garantito dal Corridoio di Berdzor/Lachin, che unisce l’Artsakh all’Armenia, sotto il controllo del contingente per il mantenimento della pace russo, schierato per prevenire ulteriori aggressioni azeri e spargimenti di sangue. Però, distratta dalla guerra sempre più catastrofica in Ucraina, la Russia sembra sempre meno in grado di far rispettare lo status quo, che ci porta alla situazione critica attuale.

Dopo i nostri recenti articoli sugli ultimi avvenimenti [*], riportiamo:

  • una nota riassuntiva sulla situazione umanitaria in Artsakh causata dal blocco stradale e dell’interruzione della fornitura di gas da parte dell’Azerbajgian;
  • l’Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio, nella nostra traduzione italiana dall’inglese [Il documento è stato aggiornato dopo che la mattina del 3 dicembre 2022 un gruppo di Azeri in abiti civili ha bloccato l’autostrada Stepanakert-Goris, l’unica strada che collega gli Armeni della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh con la Repubblica di Armenia attraverso il Corridoio di Berdzor (Lachin). Allora, per più di due ore, i circa 120.000 armeni dell’Artsakh sono stati isolati per la prima volta dall’Armenia vera e propria e circondati dagli Azeri. Dopo diverse ore di trattative del contingente di mantenimento della pace russo con il regime azero, la strada è stata riaperta e le comunicazioni sono state ristabilite. Poi, il blocco è stato ripetuto dalle ore 10.30 del 12 dicembre scorso. Alla luce di questi nuovi sviluppi, l’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio ha aggiornato l’Allarme Bandiera Rossa per l’Azerbajgian];
  • la dichiarazione dei partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio di condanna delle azioni dell’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin;
  • il discorso del Ministro degli Esteri dell’Armenia ieri sera nella riunione ministeriale “Nuovo orientamento per un multilateralismo riformato” al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite;
  • in un Postscriptum le prove i “leader attivisti ambientalisti” azeri che stanno bloccando l’autostrada Goris-Stepanakert hanno legami con il gruppo terroristico-nazionalista turco dei Lupi Grigi e sono finanziati dal governo azero, direttamente o da organizzazioni affiliate alle autorità dell’Azerbajgian.
Il blocco dell’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin) vicino a Sushi dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022.

Nota sulla situazione umanitaria in Artsakh derivante dal blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian

1. Il 12 dicembre 2022, un gruppo di Azeri in abiti civili, presentandosi come attivisti ambientalisti, e successivamente unendosi con personale militare azero, hanno bloccato il Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il mondo intero, che è una flagrante violazione della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, secondo il quale:
a. il Corridoio di Lachin rimane sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace della Federazione Russa:
b. la Repubblica di Azerbajgian garantisce la circolazione sicura di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin.

2. La strada, che, secondo la Dichiarazione Trilaterale, è sotto il controllo del contingente di mantenimento della pace russo e dovrebbe fungere da corridoio di collegamento tra l’Armenia e l’Artsakh. Il blocco del Corridoio di Lachin costituisce infatti un assedio dell’intero Artsakh con 120.000 abitanti. Inoltre, a causa del blocco della strada, i comuni dell’Artsakh, Lisagor, Mets Shen, Hin Shen e Eghtsahogh si sono trovate in completo isolamento dalla capitale Stepanakert e dal resto dell’Artsakh.

3. Poiché il Corridoio di Lachin è, prima di tutto, una strada di importanza umanitaria per il supporto vitale degli Armeni dell’Artsak, la sua interruzione anche per un breve periodo di tempo ha conseguenze umanitarie irreversibili e catastrofiche. Attualmente, le forniture alimentari, mediche ed energetiche, così come l’importazione giornaliera di beni essenziali, tra cui grano, farina, verdura, frutta, beni economici, ecc. nell’Artsakh sono completamente bloccate.

4. Nelle attuali condizioni di freddo invernali, circa 1.100 civili, tra cui donne, anziani e 270 bambini, sono rimasti bloccati in una parte nel Corridoio di Lachin, non potendo tornare alle loro case e dalle loro famiglie in Artsakh. Oltre al fatto di essere separati dalle loro famiglie, i ragazzi e i giovani sono anche privati del diritto all’istruzione.

5. Il blocco dell’unica strada di entrata e di uscita dall’Artsakh ha generato anche una grave crisi sanitaria per il sistema sanitario dell’Artsakh. Secondo le informazioni fornite dal Centro Medico Repubblicano di Stepanakert e dal Ministero della Sanità dell’Artsakh, a causa del continuo blocco del corridoio di Lachin, il trasferimento di pazienti in condizioni critiche per cure urgenti e ricovero nei centri medici dell’Armenia è diventato impossibile.

6. Le azioni intraprese dall’Azerbajgian nei giorni scorsi, tra cui una serie di incidenti militari nel Corridoio di Lachin, continue violazioni del regime di cessate il fuoco nella linea di contatto con l’Artsakh, dimostrano chiaramente che la chiusura del Corridoio di Lachin era pianificato in anticipo dal governo azerbajgiano con l’obiettivo di creare una crisi umanitaria nell’Artsakh.

7. L’interruzione deliberata della fornitura di gas nel territorio dell’Artsakh ne è un’altra prova. Inoltre, l’interruzione della fornitura di gas, che ripete gli eventi di marzo-febbraio 2022, comporta una serie di conseguenze umanitarie negative, quali:
a. interruzione del processo scolastico nelle scuole con riscaldamento a gas;
b. interruzione del lavoro delle agenzie statali e delle istituzioni di vitale importanza con riscaldamento a gas;
c. incapacità delle persone di riscaldare le proprie case con il gas;
d. perdita dell’accesso di molte famiglie all’acqua calda;
e. interruzione del lavoro degli ospedali con riscaldamento a gas;
f. mancanza di carburante per i veicoli, ecc.

8. Va notato, inoltre, che il libero passaggio di tutte le forniture di materiale medico e ospedaliero è previsto anche dal diritto internazionale umanitario, precisamente dalla IV Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra. Il blocco del Corridoio di Lachin costituisce una flagrante violazione della Convenzione.

9. Il blocco dell’Artsakh non è un episodio isolato, ma deve essere visto come parte della politica sistematica dell’Azerbajgian volta alla completa espulsione del popolo dell’Artsakh dalla sua terra natale. Negli ultimi due anni, l’Azerbajgian ha:
a. attaccato deliberatamente e ripetutamente le infrastrutture dell’Artsakh con l’obiettivo di terrorizzare e intimidire la popolazione dell’Artsakh;
b. lasciato l’intera popolazione dell’Artsakh senza gas e acqua per settimane;
c. interrotto i lavori agricoli stagionali prendendo di mira gli abitanti dei villaggi;
d. costantemente sottoposto i comuni armeni nelle immediate vicinanze delle loro postazioni militari a pressioni psicologiche con uso di altoparlanti;
e. cercato di diffondere disinformazione e panico tra le persone effettuando attacchi informatici ai punti vendita dell’Artsakh.

10. La comunità internazionale deve assumere urgentemente una posizione unanime e inequivocabile, nonché azioni mirate per condannare, punire e impedire all’Azerbajgian di continuare ad agire con un senso di assoluta impunità e realizzare il suo obiettivo finale: la risoluzione del conflitto dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’uso della forza e attraverso la distruzione del popolo armeno dell’Artsakh.

Allarme Bandiera Rossa di Genocidio per l’Azerbajgian
dell’Istituto Lemkin per la Prevenzione del Genocidio

L’Istituto Lemkin ricorda alla comunità internazionale che questo assedio dell’Artsakh non è un evento isolato ma uno di una serie di azioni criminali portate avanti dal regime autocratico di Ilham Aliyev in Azerbajgian, che continuano senza una seria opposizione da parte della comunità internazionale. La totale impunità di cui gode Aliyev unita all’intento genocida del suo regime e di molti Azeri, garantirà quasi il ripetersi e l’escalation di questo tipo di violenza.

Molti regimi di genocidio organizzano le prove per il genocidio in fasi incrementali, misurando la risposta internazionale mentre procedono.

L’Istituto Lemkin ritiene che Aliyev stia facendo proprio questo: preparando il terreno per il genocidio confermando l’apatia internazionale sulla questione dell’Artsakh e lentamente abituando gli attori internazionali alla prospettiva di un’aggressiva invasione azera dell’Artsakh, che è armeno al 99,7% e in parte del patrimonio culturale integrale dell’Armenia. A parte alcuni voti coraggiosi nei parlamenti spagnolo e francese, nonché dichiarazioni di sostegno alla Repubblica di Armenia da parte dei legislatori statunitensi, Aliyev non ha subito ripercussioni pubbliche per le guerre aggressive e le atrocità compiute dai suoi militari o per la retorica odiosa del suo regime.

Inoltre, il totale isolamento della popolazione armena dell’Artsakh è una chiara violazione dell’accordo tripartito del 9 novembre 2020, che ha posto fine alla guerra dei 44 giorni. L’azione di oggi è una delle numerose violazioni dell’accordo che il regime azero ha commesso fino ad oggi, tra cui anche la guerra di aggressione del 13-14 settembre 2022 contro la Repubblica d’Armenia che ha ucciso oltre 200 armeni, tra cui civili, e ha portato all’occupazione di parte del territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Inoltre, isolare gli Armeni dell’Artsakh è una violazione del diritto internazionale umanitario, del diritto internazionale dei diritti umani e, possibilmente, del diritto penale internazionale. L’intento genocida di Baku non è mai stato così chiaro e le azioni compiute fino ad ora preannunciano fortemente questo esito.

Poiché la comunità internazionale continua a scegliere di ignorare le rivendicazioni degli Armeni per la sopravvivenza e l’autodeterminazione nell’Artsakh, e poiché i media in generale non riescono a ritrarre un’immagine adeguata del conflitto (ammesso che lo coprano del tutto), Aliyev è convinto della sua invincibilità. La combinazione di questi fattori, insieme alla geopolitica della regione e all’impegno della comunità europea negli affari legati al gas con il regime autocratico dell’Azerbajgian dall’inizio della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, crea l’ambiente perfetto per il regime di Baku per perseguire i suoi obiettivi di genocidio e le sue ambizioni territoriali.

L’Istituto Lemkin ha emesso diversi avvisi e dichiarazioni di bandiera rossa riguardanti le minacce di genocidio nei confronti di – e le azioni criminali azere contro – gli armeni sia nell’Artsakh che nell’Armenia vera e propria.

L’Istituto Lemkin ribadisce che crede fermamente che la comunità internazionale possa prevenire il genocidio in questo caso, esercitando una pressione diplomatica coordinata sia sul regime di Aliyev in Azerbajgian che sul suo alleato, il regime di Erdoğan in Turchia. Il mondo occidentale deve chiarire che non sostiene il genocidio, per non finire per assistere all’ennesima catastrofe per il popolo armeno. Le nazioni occidentali sono a grave rischio di facilitare il genocidio in questo caso e non dovrebbero ritenersi al di fuori della portata del diritto penale internazionale.

Dichiarazione dei partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio

Studiosi di genocidio e scienziati partecipanti al 4° Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio che si è svolto il 12 e 13 dicembre 2022 a Yerevan, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui condannano le azioni dell’Azerbajgian sul Corridoio di Lachin:

«Noi sottoscritti, studiosi e docenti internazionali di studi sul genocidio, condanniamo le azioni del governo dell’Azerbajgian per creare una crisi umanitaria per il Nagorno-Karabakh chiudendo l’autostrada Goris-Stepanakert il 12 dicembre 2022 e interrompendo la fornitura di gas alla popolazione armena di Artsakh. Come studiosi che studiano il processo di genocidio, riteniamo che le azioni del governo dell’Azerbajgian rappresentino una minaccia di genocidio per gli Armeni nella regione. Chiediamo alle organizzazioni internazionali e ai governi di garantire il libero ingresso di persone e merci nel Nagorno-Karabakh. Queste preoccupazioni sono sollevate nel contesto della nostra partecipazione al Forum Globale Contro il Crimine di Genocidio, durante il quale siamo venuti a conoscenza di questi atti di aggressione contro la popolazione civile del Nagorno-Karabakh.
Armen Marsoobian, Professor of Philosophy, Southern Connecticut State University
Elisa von Joeden-Forgey, Endowed Chair, Department of Holocaust and Genocide Studies, Keene State College
Melanie O’Brien, Associate Professor of International Law, University of Western Australia
Ronan Lee, Doctoral Prize Fellow, Loughborough University London
Elisenda Calvet Martinez, Assistant Professor of International Law, Universitat de Barcelona (UB), Spain
Salah Al Jabery, Professor of philosophy in Department of Philpsophy, College of Arts at University of Baghdad; Chairholder of UNESCO Chaire for Genocide Prevention Studies in The Islamic World at University of Baghdad, Iraq
Rhiannon Neilsen, Postdoctoral Fellow, Center for International Security and Cooperation, Stanford University
Michal Vasecka, Professor of Sociology, Bratislava International School of Liberal Arts, Slovakia
Dr. Vasileios Meichanetsidis, JCD, Greek Genocide scholar
Simon Krbec, genocide educator, Theresienstadt Centre for Genocide Studies
Suman Keshari, Poet and writer, New Delhi, India».

Il Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan,

Discorso del Ministro degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan, nella riunione ministeriale “Nuovo orientamento per un multilateralismo riformato” al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

«(…) In un mondo in cui purtroppo i conflitti continuano a persistere, il divieto dell’uso della forza e il rigoroso rispetto della soluzione pacifica dei conflitti sono indispensabili per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Le Nazioni Unite devono rimanere resilienti alle pratiche dannose di imporre soluzioni unilaterali e dare priorità alla violenza rispetto alla soluzione pacifica. I tentativi di normalizzare l’uso della forza nelle relazioni interstatali, di scatenare guerre e commettere atrocità sono incompatibili con i valori fondamentali e gli obiettivi delle Nazioni Unite e devono essere inequivocabilmente condannati e respinti in ogni momento. Rafforzare le capacità delle Nazioni Unite e quelle del Consiglio di Sicurezza per prevenire e rispondere a tali sfide inquietanti è fondamentale per raggiungere l’obiettivo di sostenere la pace e la sicurezza internazionali. (…)

L’Armenia ha assistito in prima persona agli effetti del declino del multilateralismo. La comunità internazionale si è dimostrata incapace di impedire l’uso ingiustificato della forza dell’Azerbajgian contro il popolo del Nagorno-Karabakh, che ha provocato migliaia di morti, feriti e una nuova ondata di sfollati. Resta da affrontare la questione dei diritti e della sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh. Il popolo del Nagorno-Karabakh dovrebbe poter vivere con dignità e pace nella propria patria.

Il declino del multilateralismo si è manifestato anche nell’incapacità della Co-Presidenza del Gruppo di Minsk dell’OSCE, con mandato del Consiglio di Sicurezza, di adempiere ai propri doveri. Una delle parti in conflitto sostanzialmente blocca le attività di questo formato, inoltre, dichiara unilateralmente che il conflitto del Nagorno-Karabakh è stato risolto con l’uso della forza, ostacolando così la potenziale soluzione del conflitto attraverso la mediazione internazionale.

Di fronte all’interesse limitato della comunità internazionale, le sfide alla sicurezza nella nostra regione non hanno fatto che aumentare. I territori sovrani armeni sono stati continuamente sotto attacco. L’ultimo grave incidente si è verificato nel settembre di quest’anno e abbiamo richiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza per valutare la situazione in modo completo e rimanere concentrati sulla questione.

La situazione della sicurezza, mi dispiace dirlo, non ha registrato alcun miglioramento significativo. Nonostante gli appelli della comunità internazionale, l’Azerbajgian continua a mantenere sotto occupazione dei territori sovrani dell’Armenia. Continuiamo ad affrontare la crescente retorica militare dell’Azerbajgian che minaccia apertamente la nostra sovranità e integrità territoriale.

A due anni dalla cessazione delle ostilità militari nel Nagorno-Karabakh, resta irrisolta la questione del ritorno e del rimpatrio dei prigionieri di guerra armeni. La parte azera continua le sue manipolazioni per controbilanciare artificialmente le questioni umanitarie e per trasformare il ritorno dei prigionieri di guerra armeni in una merce di scambio, il che è totalmente inaccettabile e non dovrebbe essere tollerato dalla comunità internazionale. (…)

Ironia della sorte, non solo alle organizzazioni umanitarie internazionali, ma anche alle persone che vivono nel Nagorno-Karabakh viene negato l’accesso. È già il terzo giorno che l’Azerbajgian, violando gravemente i suoi obblighi internazionali, ha bloccato il movimento attraverso il Corridoio di Lachin – l’unica ancora di salvezza del Nagorno-Karabakh, che ora è sostanzialmente tagliato fuori dall’Armenia e dal mondo esterno. Mentre parliamo, la popolazione del Nagorno-Karabakh è stata privata del diritto alla libera circolazione: le madri sono separate dai loro figli, i malati terminali non possono ricevere forniture mediche e assistenza. Ancora peggio, in condizioni invernali gelide, la fornitura di gas al Nagorno-Karabakh è stata interrotta dall’Azerbajgian. Il Nagorno-Karabakh, cari colleghi, sta affrontando la minaccia imminente di una crisi alimentare, energetica e umanitaria generale che, se non affrontata con urgenza, condurrà ad una catastrofe.

In tali condizioni, la leadership dell’Azerbajgian afferma di essere pronta a fornire diritti e garanzie di sicurezza per gli Armeni e che non è richiesto alcun meccanismo o presenza internazionale. Quello che abbiamo a portata di mano è esemplificativo di come immaginano queste garanzie.

Insieme al rifiuto dell’Azerbajgian di intavolare un dialogo con Stepanakert sui loro diritti e sicurezza, questa posizione testimonia il fatto che Baku continua a perseguire una politica di genocidio nei confronti degli Armeni del Nagorno-Karabakh.

All’inizio del mio intervento ho sottolineato l’importanza del rispetto degli impegni. Sia nel caso del processo di normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, che della questione del Nagorno-Karabakh l’Azerbajan rifiuta di onorare i propri impegni, che sono stati assunti anche in forma multilaterale. Le azioni, la retorica guerrafondaia e l’approccio massimalista della leadership dell’Azerbajgian mettono a serio rischio la possibilità di raggiungere la pace e la stabilità nel Caucaso meridionale. (…)».

Postscriptum

I “leader attivisti ambientalisti” azeri che stanno bloccando l’autostrada Goris-Stepanakert sono finanziati direttamente dal governo azero o da organizzazioni affiliate alle autorità dell’Azerbajgian. A questa conclusione è giunto il gruppo di lavoro istituito presso la Tatoyan Foundation for Law and Justice, dopo aver sottoposto ad un’analisi professionale i dati fattuali riguardanti i leader eco-attivisti azeri che hanno bloccato l’unica strada che collega Artsakh e Armenia. In base a ciò, le organizzazioni che rappresentano “leader attivisti ambientali” sono finanziate dal governo dell’Azerbajgian, in alcuni casi, dal Fondo Heydar Aliyev guidato dal Primo Vicepresidente e first lady dell’Azerbajgian, Mehriban Aliyeva. Inoltre, le analisi mostrano che i “leader attivisti ambientalisti” azeri che hanno bloccato il Corridoio di Berdzor (Lachin) hanno diffuso informazioni e foto sulla famiglia Aliyev sulle loro pagine social, diffondendo post e propaganda di odio anti-armeni. Ma il problema principale è che fomentano la politica del governo azero, ha affermato la Fondazione Tatoyan in un rapporto.

Solo un esempio: Telman Qasimov, che è uno dei leader della “protesta ambientalista”, parla in armeno sul luogo del blocco della strada, esorta gli Armeni a convivere, ma sulla sua pagina Facebook pubblica con orgoglio foto di soldati azeri che calpestano le bandiere dell’Armenia e dell’Artsakh e si rallegra per la perdita di vite umane dalla parte armena. I fatti dimostrano che si tratta di un militare che odia gli Armeni, secondo fonti attendibili, un ufficiale del reparto speciale di intelligence militare, che promuove attivamente anche le dichiarazioni bellicose del Presidente dell’Azerbajgian. Mostra apertamente il suo legame con il gruppo terroristico-nazionalista turco dei Lupi Grigi nelle sue foto sui social network, pubblica con orgoglio una foto con Ramil Safarov, l’assassino dell’ufficiale armeno Gurgen Margaryan che ha ucciso con un’ascia mentre dormiva. Durante il processo in Ungheria, Safarov ha ammesso in tribunale di aver ucciso Margaryan per l’odio verso l’Armenia e gli Armeni. È stato condannato all’ergastolo dal tribunale ungherese. Nel caso degli altri “leader” dell’azione, la Fondazione Tatoyan ha registrato un’immagine simile, le cui informazioni reali sono nelle foto. Pertanto, è assolutamente vero affermare che bloccare l’unica strada che collega l’Artsakh all’Armenia e isolare l’Artsakh non ha alcuno scopo ambientale. Fa parte della politica criminale dell’Azerbajgian di bloccare gli Armeni dell’Artsakh, isolandoli dal mondo esterno, un altro tentativo di sopprimere il diritto assoluto e legittimo all’autodeterminazione degli Armeni dell’Artsakh in assoluta violazione delle regole internazionali.

[*] Articoli precedenti

– L’Azerbajgian alza il livello dello scontro per portare a termine la pulizia etnica nel Nagorno-Karabakh armeno – 12 dicembre 2022
– Provocatori azeri, inneggiando ai lupi grigi mentre bloccano l’unica strada tra Artsakh e Armenia, tengono in ostaggio 120.000 Armeni – 13 dicembre 2022
– Dopo la chiusura del Corridoio di Lachin, l’Azerbajgian ha tagliato anche la fornitura di gas dall’Armenia all’Artsakh- 13 dicembre 2022
– L’Azerbajgian da più di due giorni tiene l’Artsakh sotto blocco. Il Presidente dell’Arsakh decreta la legge marziale per far fronte all’emergenza umanitaria – 14 dicembre 2022

Foto di copertina: l’autostrada Goris-Stepanakert nel Corridoio di Berdzor (Lachin), con nell’inserto il blocco vicino a Sushi, effettuato dalle ore 10.30 del 12 dicembre 2022 da attivisti azeri con legami dei Lupi Grigi, appartenenti ai servizi speciali di intelligence militare azeri e finanziati dal governo azeri.

 

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ARMENIA-AZERBAIJAN/ “Riaperto il corridoio di Lachin, ma gli azeri ci vogliono morti” (Il Sussidiario 15.12.22)

Per la seconda volta finti ambientalisti dall’Azerbaijan bloccano il traffico lungo l’unica strada che collega, garantendo i rifornimenti, l’Armenia e la Repubblica dell’Artsakh

armenia azerbaijan guerra 2 lapresse1280 640x300 Soldati armeni in Nagorno-Karabakh (LaPresse)

è ripetuto nelle scorse ore il blocco del corridoio di Lachin, tratto finale dell’unica strada che collega l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh (nome ufficiale del Nagorno Karabakh, regione abitata in maggioranza dalla popolazione armena, ma rivendicata dal confinante Azerbaijan e causa di conflitti ripetuti fra i due Paesi) all’Armenia. Secondo le notizie che arrivano dal posto, un gruppo di attivisti azeri, sfidando la forza di interposizione russa che da due anni protegge i confini della piccola enclave armena, ha inscenato nei pressi di Shoushi una manifestazione ambientalista, bloccando il traffico e isolando nuovamente il Paese per molte ore.

“È un atto grave e preoccupante” ci ha detto in questa intervista Pietro Kuciukian, console onorario armeno in Italia, “perché l’Armenia si è appellata a Mosca e all’alleanza del Csto, ma non è stato dato alcun aiuto militare come è previsto dal trattato dell’Alleanza. Si tratta di una provocazione organizzata dagli organi statali dell’Azerbaijan con l’obiettivo di isolare l’Artsakh dal mondo, perché questa è l’unica via che permette il passaggio dei rifornimenti”. L’intento dunque sarebbe provocare una crisi alimentare e umanitaria. Le più alte autorità armene parlano già di possibile genocidio.

Com’è la situazione lungo il corridoio di Lachin? È ancora bloccato? Non è la prima volta che gli azeri fanno questo, è vero?

No, è già la seconda volta. Si presentano come civili, come attivisti del movimento ambientalista e bloccano il traffico da e per l’Armenia. Essendo l’unica via che permette la comunicazione e il traffico di persone, ma soprattutto merci, tra il Nagorno Karabakh e l’Armenia, è chiaro che il motivo è affamare la popolazione.

La situazione è così grave?

Sì, è molto grave. Lo Special advisor dell’Onu per la prevenzione dei genocidi ha già detto in un comunicato che questi atti sono da considerare come possibili preliminari di un genocidio.

Quanto fatto è una violazione dell’accordo di cessate il fuoco firmato da Armenia, Russia e Azerbaijan. L’Armenia ha fatto appello a Mosca?

Certamente, ed essendo l’Armenia parte dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva, l’alleanza tra la Russia e i Paesi ex sovietici come Bielorussia, Kazakistan e altri, sarebbe dovuto scattare, come prevede l’accordo, l’intervento militare.

Che invece non c’è stato?

No, Mosca è intervenuta diplomaticamente, esprimendo la più calda solidarietà all’Armenia, ma nessun militare si è fatto vivo. Il blocco è stato tolto, ma la situazione rimane allarmante. È grave che l’alleanza non sia intervenuta.

Ritiene che sia una provocazione per far scattare la reazione armata armena e riaprire il conflitto fra i due Paesi?

L’Armenia nelle condizioni in cui si trova dopo la sconfitta del 2020 può far ben poco dal punto di vista militare. È un Paese sempre più isolato e sottoposto alle provocazioni azere.

Probabilmente la Russia non è intervenuta perché già occupata sul fronte ucraino e non deve aver molta voglia di aprire un nuovo fronte, non crede?

Certamente, e gli azeri ne approfittano come ne approfitta la Turchia, che in queste settimane sta attaccando i curdi che vivono in Siria. Anche lì dovrebbero intervenire russi e americani, ma non lo fanno.

Forse pagano pegno in questo modo al ruolo di mediatore tra Ucraina e Russia che ha assunto Erdogan?

Sicuramente. Si sa che Erdogan ha sempre operato con il piede in due scarpe. Lo fa da anni: è con la Nato e contro la Nato allo stesso tempo, è quello che la Turchia ha sempre fatto, il doppio gioco per i propri interessi. L’Azerbaijan, Paese islamico, è alleato con la Turchia e si sente le spalle protette. L’Armenia invece è in una situazione precaria, gli osservatori internazionali avvisano della possibilità di un massacro. Queste sono azioni per terrorizzare il nostro popolo, creando instabilità nell’intera regione e ostacolando la missione di pace affidata a Mosca in base agli accordi trilaterali.

L’Armenia si è anche rivolta al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: vi sentite isolati?

La solidarietà ce la danno tutti, recentemente è venuto in visita il Commissario europeo, manifestando grande simpatia per il nostro Paese, ma niente altro.

E intanto l’Europa compra il gas dagli azeri.

Che il Parlamento europeo sia corrotto lo ha dimostrato anche il nuovo scandalo legato al Qatar. C’era già stato uno scandalo analogo tempo fa, che riguardava proprio il pagamento di parlamentari europei da parte dell’Azerbaijan. Il quadro è tristemente questo ed è molto preoccupante.

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Il blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh con il mondo esterno condanna la sua popolazione armena ad una morte lenta. E Baku nega l’evidenza (Korazym 15.12.22)

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.12.2022 – Vik van Brantegem] – Un blocco fisico dell’Artsakh/Nagorno-Karabakh equivale a condannare la sua gente ad una morte lenta, ha detto il centrocampista dell’Inter, l’armeno Henrikh Mkhitaryan in una dichiarazione sui social media “Il destino di 30.000 bambini è in pericolo nel Nagorno-Karabakh”, ha detto Mkhitaryan, presentando la situazione nell’Artsakh/Nagorno-Karabakh derivante dal blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) da parte dell’Azerbajgian – l’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo esterno.

Il post di Henrikh Mkhitaryan.

“Lunedì l’Azerbajgian ha bloccato l’unica strada che collega il Nagorno Karabakh con l’Armenia e il mondo esterno. Questa è l’unica strada della vita che viene utilizzata per consegnare tutta la merce alla popolazione armena del Nagorno Karabakh, dal cibo alle medicine. I 120.000 abitanti della Repubblica, di cui 30.000 bambini, si sono trovati in un totale blocco. Inoltre, l’Azerbajgian ha interrotto la fornitura di gas, con effetti devastanti. Considerando che è inverno e la temperatura scende spesso sotto lo zero di notte, questo mette la popolazione locale in pericolo immediato di morte per congelamento. E questa sta diventando una vera catastrofe umanitaria. Un blocco fisico del Nagorno-Karabakh equivale a condannare la sua gente a una morte lenta”, ha detto Mkhitaryan.

Un gruppo di bambini dell’Artsakh in visita in Armenia per assistere al Junior Eurovision 2022 a Yerevan non può tornare a casa a causa del blocco dell’Artsakh in corso da parte dell’Azerbajgian. I bambini sono stati accolti a Goris e attendono con impazienza di essere ricongiunti alle loro famiglie. Armenpress ha parlato con Aida Gyanjumyan, Consigliere del Ministro dell’Istruzione, della Scienza, della Cultura e dello Sport che assiste i bambini. “Questa è una provocazione, la firma dell’Azerbajgian non cambia, il loro obiettivo è l’esodo degli Armeni dall’Artsakh, privare i bambini dell’Artsakh del diritto alla vita, alla libera circolazione e all’istruzione. I bambini avrebbero dovuto tornare e superare gli esami semestrali con i loro amici a scuola, ma tutto è stato interrotto”, ha detto, aggiungendo che il loro unico desiderio è vivere in Artsakh e sviluppare la loro terra ancestrale. Gyanjumyan dice che il gruppo ha lasciato Yerevan alle 10.00 del mattino del 12 dicembre 2022 ed erano in viaggio quando hanno saputo del blocco. “Dopo oltre cinque ore, quando abbiamo visto che non ci sono novità ed era già sera, abbiamo pensato di alloggiare in albergo. L’ha organizzato uno dei genitori dei bambini che ha amici a Goris e siamo andati all’Hotel Mirhav a Goris”, ha detto Gyanjumyan. Tra i 16 bambini del gruppo c’è Yulia Shirinyan, 11 anni, campionessa junior di sollevamento pesi. Ha detto ad Armenpress che le manca casa sua. “È già qualche giorno che sono lontano da casa e dai miei genitori, ci sentiamo sempre ma mi mancano”.

Gli attivisti azeri, nel quarto giorno del blocco del Corridoio di Bendzor (Lachin), che hanno instaurato all’altezza di Shushi (la seconda città di grandezza della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh occupata dall’Azerbajgian l’8 novembre 2020, penultimo giorno della seconda guerra del Nagorno-Karabakh) vicino alla postazione delle forze di mantenimento della pace russe in Artsakh, hanno cambiato le loro richieste, riferisce dal luogo del blocco l’agenzia di stampa azera Trend. Innanzitutto chiedono la soppressione del Corridoio che dichiarano “terra sovrana dell’Azerbajgian”. Quindi, chiedono di istituire checkpoint individuali di tutte le strutture statali dell’Azerbajgian, tra cui il Ministero degli Interni, il Servizio di frontiera statale e il Comitato doganale statale lungo l’autostrada Goris-Stepanakert su quello che dovrebbe diventare la frontiera con l’Armenia nella direzione di Goris. Questo significa che con il loro blocco, vogliono tagliare lo status di Corridoio umanitario all’unica connessione via terra tra l’Armenia e l’Artsakh, togliendo di mezzo le forze di pace russe, che secondo loro “non fanno il lavoro”. Con queste pretese è caduta dopo quattro giorni la maschera del falso pretesto di una protesta “ecologista”.

La protesta del Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Gegham Stepanyan, davanti alle ambasciate a Yerevan.

Oggi, 15 dicembre 2022, su iniziativa del Difensore dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno Karabakh, Gegham Stepanyan, si sono svolte proteste presso le ambasciate di Russia, USA, Cina, Francia e Unione Europea a Yerevan, durante le quali i partecipanti hanno chiesto la comunità internazionale ad adottare misure attive per rispondere alla politica di genocidio dell’Azerbajgian nei confronti dell’Artsakh. Il Consigliere del Ministro di Stato dell’Artsakh, Artak Beglaryan, ha affermato che con la loro protesta vogliono chiedere alla comunità internazionale di sostenere l’apertura di un corridoio aereo internazionale umanitario per l’Artsakh. Questo è oggi una questione vitale ha affermato: “Oltre al corridoio stradale, dobbiamo avere anche un corridoio aereo, e questo è un obbligo della comunità internazionale”.

Davanti all’Ambasciata russa i partecipanti alla protesta hanno chiesto alla Federazione Russa di frenare con azioni chiare l’Azerbajgian, che è tenuto a rispettare le disposizioni della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. I partecipanti hanno chiesto alla Federazione Russa di intraprendere tutte le azioni necessarie per garantire la sicurezza delle persone che vivono in Artsakh. Stepanyan ha sottolineato che il ruolo della Russia in questa questione è più che importante, perché quel Paese ha un ruolo cruciale in questo conflitto. La Federazione Russa è garante della dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, è l’unico rappresentante della comunità internazionale in Artsakh, nonché è uno dei 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. “Sono sicuro che la Russia può intraprendere tutte le azioni per ripristinare il collegamento tra l’Armenia e l’Artsakh. Le azioni degli Azeri mirano anche a screditare le forze di mantenimento della pace russe. L’Azerbajgian non dovrebbe avere il senso dell’impunità”, ha detto Stepanyan durante la protesta davanti all’Ambasciata russa. Ha sottolineato che lo scopo delle azioni dell’Azerbajgian è preparare il terreno per il ritiro delle forze di mantenimento della pace russe dall’Artsakh dopo il 2025, privando la popolazione dell’Artsakh delle garanzie di sicurezza. “Crediamo che la Federazione Russa dovrebbe frenare l’Azerbaigian con le sue azioni, che è obbligata ad attuare le disposizioni della dichiarazione trilaterale. Sono sicuro che la Federazione Russa può farlo. Sono sicuro che la Federazione Russa vuole farlo, e Io, in qualità di Difensore dei diritti umani del popolo dell’Artsakh, che ha anche molti contatti con i rappresentanti delle truppe russe di mantenimento della pace, so che le truppe sono composte da persone veramente fedeli alla loro missione. chiedendo loro di intraprendere tutte le azioni affinché nel più breve periodo di tempo, in questo preciso momento, venga ripristinato il collegamento ininterrotto tra la madre patria Armenia e l’Artsakh e le due parti del popolo armeno possano unirsi l’una all’altra”, ha dichiarato Stepanyan.

Durante la protesta davanti all’Ambasciata degli Stati Uniti a Yerevan, Stepanyan ha affermato che è già il 4° giorno in cui l’Azerbajgian blocca la strada della vita dell’Artsakh, così come la fornitura di gas è ancora sospesa. Ha definito questa mossa dell’Azerbajgian un atto criminale e ha affermato che già da due anni si sta rivolgendo alla comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, affermando che l’Azerbajgian sta conducendo una politica di pulizia etnica nell’Artsakh. “Denunciamo che l’Azerbajgian porta avanti una politica di genocidio e vediamo che dopo questo la comunità internazionale sta ancora cercando di credere nelle cosiddette promesse dell’Azerbajgian secondo le quali può garantire i diritti e la sicurezza degli Armeni che vivono nell’Artsakh. Questa è una totale menzogna, e ciò che l’Azerbajgian fa oggi è la vera manifestazione di quella menzogna”, ha detto Stepanyan. Ha affermato che a causa del blocco della strada da parte dell’Azerbajgian, non è in grado di adempiere al suo mandato poiché non può tornare in Artsakh. “Questo deve essere condannato e ricevere una chiara reazione da parte della comunità internazionale, e l’impunità dell’Azerbajgian non deve continuare, il criminale deve alla fine essere sanzionato”, ha detto. Ha affermato che se gli Stati Uniti hanno tale obbligo anche in qualità di Paese Copresidente del Gruppo di Minsk dell’OSCE e in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, devono compiere passi concreti e porre fine a tale impunità. Stepanyan ha affermato di aspettarsi azioni concrete dagli Stati Uniti, in quanto Paese che promuove la democrazia e l’agenda dei diritti umani, in merito alle ultime azioni dell’Azerbajgian, in particolare il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) e il taglio del gas al Nagorno-Karabakh.

I Difensori dei diritti umani dell’Artsakh e dell’Armenia, Gegham Stepanyan e Kristinne Grigoryan.

È stato pubblicato un rapporto ad hoc congiunto dei Difensori dei diritti umani della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh e della Repubblica di Armenia sulle “Conseguenze umanitarie del blocco dell’unica strada che collega l’Artsakh con l’Armenia e il mondo”. Il rapporto fornisce fatti che confermano la natura inventata e falsa delle “proteste” degli “attivisti ambientalisti” azeri e il loro collegamento diretto con il governo e i servizi speciali dell’Azerbajgian. I fatti sulla natura continua della violazione dei diritti delle persone sono presentati nel rapporto. I Difensori dei diritti umani dell’Artsakh e dell’Armenia, Gegham Stepanyan e Kristinne Grigoryan invitano i governi, le organizzazioni internazionali e regionali con il mandato di proteggere i diritti umani e gli altri attori coinvolti nella risoluzione del conflitto a prendere tutte le misure possibili per fermare la crisi umanitaria in Artsakh che si aggrava quotidianamente. Il rapporto è stato preparato in inglese e si basa sull’analisi degli eventi che hanno avuto luogo dal 12 al 14 dicembre 2022. È stato inviato alle istituzioni e agli attori internazionali competenti.

La Baronessa Caroline Cox, membro della Camera dei Lord, ha inviato una lettera urgente riguardante il Nagorno-Karabakh al Segretario di Stato del Regno Unito per gli affari esteri, del Commonwealth e dello sviluppo. La lettera della Baronessa Cox e del Dott. John Eibner, Presidente di Christian Solidarity International (CSI), esorta il governo del Regno Unito a intervenire immediatamente con l’Azerbajgian per cessare immediatamente la sua politica di infliggere questa intensa sofferenza agli Armeni che vivono nel Nagorno-Karabakh. Incoraggiano sostenitori e seguaci a scrivere ai loro parlamentari, esortando il governo del Regno Unito ad agire.

Nell’angolo sud-est dell’Europa, l’Azerbajgian sta nuovamente conducendo una violazione dei diritti umani contro il popolo armeno, ha detto il Deputato Tim Loughton durante una sessione di domande e risposte con James Cleverly, Segretario di Stato del Regno Unito per gli affari esteri, del Commonwealth e dello sviluppo. “Ha chiuso il Corridoio di Lachin, tagliando fuori la popolazione armena del Nagorno-Karabakh dall’Armenia, oltre alla continua detenzione di prigionieri di guerra, alla loro tortura e al lancio di proiettili nel territorio sovrano armeno”, ha detto Loughton. Ha chiesto a Cleverly se “convocherò l’Ambasciatore dell’Azerbajgian, gli leggerà l’atto di protesta e condurrà una delegazione di tutti i partiti sull’Armenia – proponendosi come suo presidente – per porre fine a questo continuo tentativo di genocidio e pulizia etnica». Cleverly ha risiposto di aver parlato con l’Ambasciatore dell’Azerbajgian su una serie di questioni, e ha ribadito di aver sempre chiesto la “de-escalation in quell’area”.

La dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, firmata dai leader di Armenia, Russia e Azerbajgian, è ugualmente vincolante per tutte le parti che l’hanno firmato, ha dichiarato la Portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, nella conferenza stampa settimanale, in risposta alla domanda che ci sia un’impressione nella società in Armenia che le disposizioni della dichiarazione trilaterale siano vincolanti solo per l’Armenia, mentre l’Azerbajgian può violarla in qualsiasi momento. “È una dichiarazione trilaterale, è stata firmata dai leader di tre Paesi e ciò significa che le parti hanno uguali impegni in termini di attuazione. Infine, i leader dei tre Paesi non solo hanno firmato quella dichiarazione, ma l’hanno primo anche redatto. In altre parole, hanno concordato alcune cose che poi sono state messe su carta e firmate. Penso che il fatto che questo documento sia ugualmente vincolante per tutte le parti non debba essere messo in discussione”, ha detto Zakharova.

Zakharova ha commentato anche la stretta cooperazione tecnico-militare tra l’Azerbajgian e la Turchia: “Qualsiasi paese ha il diritto di stabilire una cooperazione militare e tecnico-militare con i Paesi partner, ma riteniamo che non dovrebbe essere diretta contro altri Paesi e non dovrebbe violare l’equilibrio delle potenze nel Caucaso meridionale. Trasmettiamo regolarmente questa narrazione ai nostri partner nella regione”, ha affermato Zakharova.

Alcuni membri del Parlamento europeo hanno indirizzato una lettera al Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, e all’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, chiedendo di adottare misure concrete e garantire la sicurezza della popolazione armena del Nagorno-Karabakh . Nella loro lettera, gli Eurodeputati Peter van Dalen (PPE), François-Xavier Bellamy (PPE), Lars Patrick Berg (ECR), François Alfonsi (Verdi/ALE), Fabio Massimo Castaldo (NI) e Andrey Kovatchev (PPE) hanno affermato che dalle ore mattutine del 12 dicembre 2022 fino ad ora, gli Azeri hanno bloccato ancora una volta l’unica strada che collega la Repubblica di Armenia con il Nagorno-Karabakh, lasciando così 120.000 Armeni del Nagorno-Karabakh sotto un blocco de facto e privandoli del loro diritto alla libera circolazione. «Ciò significa anche che le ambulanze e le scorte di cibo non possono raggiungere il Nagorno-Karabakh. Se la situazione continua porterà a un’imminente catastrofe umanitaria con conseguenze disastrose. È inaccettabile che sotto la maschera dell’attivismo ambientale la parte azera violi la dichiarazione di cessate il fuoco trilaterale del 9 novembre 2020, vale a dire il suo obbligo di garantire il movimento sicuro di cittadini, veicoli e merci in entrambe le direzioni attraverso questo percorso noto come Corridoio di Lachin. Dalla firma della dichiarazione di cessate il fuoco il 9 novembre 2020, la parte azera ha utilizzato vari metodi per creare condizioni di vita estremamente dure e senza speranza per la popolazione armena del Nagorno-Karabakh, comprese provocazioni militari, intimidazioni psicologiche e l’interruzione del gas le gelide temperature invernali. Caro Presidente, caro Alto Rappresentante, con la presente la invitiamo a utilizzare i vostri poteri a nome dell’Unione Europea per compiere passi concreti e garantire la sicurezza della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Non possiamo permettere che questa politica di intimidazione e aggressione da parte dell’Azerbajgian continui», affermano gli Eurodeputati.

L’Eurodeputato e Presidente della Delegazione per le relazioni con il Caucaso meridionale, Marina Kaljurand, ha espresso la sua profonda preoccupazione per le azioni dell’Azerbajgian, in particolare per il blocco del Corridoio di Lachin, l’unica strada che collega l’Artsakh/Nagorno-Karabakh con l’Armenia e il mondo esterno. “Sono seriamente preoccupato per le azioni delle autorità statali azere e dei presunti manifestanti ambientalisti nel Corridoio di Lachin il 3 dicembre e di nuovo dal 12 dicembre, che hanno portato al blocco della strada che collega il Nagorno-Karabakh e l’Armenia, che è una linea di rifornimento vitale per la popolazione armena della regione. Inoltre, la segnalata interruzione della fornitura di gas al Nagorno-Karabakh tramite il gasdotto che attraversa il territorio controllato dall’Azerbajgian, è motivo di estrema preoccupazione, che si aggiunge al rischio di gravi conseguenze umanitarie. Ricordo che il movimento sicuro attraverso il Corridoio di Lachin è garantito dalla dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. Esorto il governo dell’Azerbajgian ad adempiere ai propri obblighi ai sensi di questa dichiarazione e chiedo la massima moderazione sia in termini di azioni che di retorica. Sottolineo ancora una volta la necessità di un accordo di pace globale che deve fornire solide garanzie per i diritti e la sicurezza della popolazione armena del Nagorno-Karabakh. Chiedo l’urgente ripresa dei negoziati al più alto livello, con l’agevolazione dell’Unione Europea, e l’allentamento della situazione”, ha affermato Kaljurand in una nota.

La Cina spera che l’Armenia e l’Azerbajgian mantengano congiuntamente la pace e la stabilità regionale attraverso il dialogo, ha detto all’agenzia TASS il Portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Cinese, Wang Wenbin, quando gli è stato chiesto di commentare la situazione in riferimento al blocco del Corridoio di Lachin da parte dell’Azerbajgian. “Ci auguriamo che i rispettivi Paesi intensifichino il dialogo e mantengano congiuntamente la pace regionale, la stabilità e la vita pacifica dei cittadini”, ha affermato.

Il Ministero degli Esteri greco ha dichiarato in un post su Twitter: “La Grecia invita le autorità azere a garantire la libertà e la sicurezza di movimento e trasporto, in entrambe le direzioni lungo il Corridoio di Lachin senza alcuna precondizione in conformità con la Dichiarazione tripartita del 9 novembre 2020. Alla popolazione locale dovrebbero essere risparmiati disagi e angoscia”.

Karen Donfried, Assistente Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici degli USA.

La Sottocommissione Affari Esteri su Europa, Energia, Ambiente e Cyber della Camera dei rappresentanti degli USA, ha convocato un’audizione sulla “Politica degli USA verso il Caucaso”, dove Karen Donfried, Assistente Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici, ha ribadito che la chiusura da parte dell’Azerbajgian del Corridoio di Lachin – l’unica strada che collega l’Armenia e l’Artsakh – ha “gravi implicazioni umanitarie” e dovrebbe essere “ripristinata ” in quanto “arresta il processo di pace”, ha riferito l’Assemblea armena d’America.

Nelle sue osservazioni introduttive, il Presidente della Sottocommissione Bill Keating (democratico), ha affermato che il Caucaso è una regione con una “storia vibrante” in un “crocevia vitale del mondo”, tuttavia, deve affrontare molte sfide, tra cui l’arretramento democratico che prende piede in alcuni Paesi, e continue violenze che hanno luogo attraverso confini riconosciuti a livello internazionale”. Ha riflettuto sulla dichiarazione di cessate il fuoco dell’Armenia e dell’Azerbajgian due anni fa, e sebbene il cessate il fuoco avrebbe dovuto “rappresentare un formale stop per i combattimenti, le scaramucce sono effettivamente continuate. Di conseguenza, i civili continuano a essere sfollati, molti sono stati feriti o hanno perso la vita e gli accordi di pace a lungo termine rimangono inafferrabili”. Keating ha sottolineato l’importanza del coinvolgimento degli Stati Uniti nel processo negoziale, insieme all’Unione Europea e al Gruppo di Minsk dell’OSCE, nonché ai colloqui bilaterali tra Armenia e Azerbajgian. “Mentre un accordo di pace duraturo tra Armenia e Azerbajgian è vitale per la regione, lo è anche la continua riforma democratica, il rispetto dello stato di diritto e le iniziative anticorruzione”, ha affermato Keating, invitando l’Azerbajgian a proteggere i gruppi minoritari e a rendere riforme necessarie per instaurare processi democratici nel Paese. Queste riforme includono la necessità di una maggiore tolleranza religiosa, come mostrato da un rapporto pubblicato oggi dalla Commissione degli Stati Uniti sulla libertà religiosa internazionale (USCIRF) intitolato “Tolleranza, libertà religiosa, autoritarismo”, in cui elenca l’intolleranza religiosa dell’Azerbajgian come caso di studio. Ha anche notato che il ruolo nella regione dell’alleato chiave dell’Azerbajgian, la Turchia, “è cresciuto solo dal cessate il fuoco del 2020”. Keating ha dichiarato di sostenere “la normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi e che un percorso concordato reciprocamente per l’Armenia e la Turchia aprirà immense opportunità per le persone e le economie su entrambi i lati del confine”.

Brian Fitzpatrick (repubblicano), ha affermato che il conflitto tra Armenia e Azerbajgian si è recentemente intensificato lo scorso settembre e ha sottolineato che il “filmato delle esecuzioni azere di prigionieri di guerra armeni e il maltrattamento di molte persone, ha sollevato preoccupazioni e critiche internazionale”.

Durante la sua testimonianza, Donfried ha affermato che in seguito all’intensificarsi dei combattimenti a settembre, l’Armenia e l’Azerbajgian hanno “rinnovato l’attenzione sui negoziati, con l’impegno degli Stati Uniti che gioca un ruolo chiave”. “Continuiamo a fare pressioni sull’Azerbajgian e sull’Armenia affinché mantengano lo slancio per i negoziati e continuiamo a sostenere che i diritti e la sicurezza della popolazione del Nagorno-Karabakh sono una parte fondamentale di tali discussioni”, ha affermato Donfried, osservando che dal settembre 2020, gli Stati Uniti hanno fornito oltre 21 milioni di dollari in assistenza umanitaria per far fronte alle esigenze regionali critiche. Ha anche affermato che le relazioni tra Armenia e Turchia possono “aumentare la stabilità regionale” e portare a “un maggiore sviluppo economico”. Per quanto riguarda le palesi violazioni dei diritti umani dell’Azerbajgian, Donfried ha affermato che il Dipartimento di Stato “continua a sostenere il governo dell’Azerbajgian per proteggere i diritti umani e ritenere le persone responsabili delle violazioni dei diritti umani”.

Jim Costa (democratico) ha interrogato Donfried sulle “flagranti violazioni dei diritti umani” dell’Azerbajgian, inclusa la detenzione illegale di prigionieri di guerra armeni, e ha chiesto se discute di queste violazioni con i negoziatori a Washington. Donfried ha risposto che “i diritti umani sono un parte fondamentale della conversazione” e che la questione è stata sollevata sia con il Ministro degli Esteri dell’Armenia che con quello dell’Azerbajgian. Costa ha poi insistito su ciò che gli Stati Uniti stanno facendo per ritenere responsabile l’Azerbajgian, a cui Donfried ha risposto che il Dipartimento di Stato ha iniziato a “imporre restrizioni sui visti” a un funzionario azero in relazione al suo coinvolgimento in una “grave violazione dei diritti umani, inclusa la tortura” contro un civile azero. Portando alla luce la questione prioritaria della scorsa settimana in cui l’Azerbaigian ha bloccato il Corridoio di Lachin tra Armenia e Artsakh, che è una “ancora di salvezza umanitaria critica”, e che il gasdotto è stato chiuso dal regime di Aliyev, colpendo così 120.000 Armeni in Artsakh, Costa ha detto che questo “non dimostra buona fede” e ha chiesto a Donfried quali misure specifiche si stanno prendendo per salvaguardare gli Armeni che vivono in Artsakh. Donfried ha concordato sul fatto che la chiusura del Corridoio di Lachin ha “gravi implicazioni umanitarie e ostacola il processo di pace”. Ha detto di aver invitato il governo dell’Azerbajgian a “ripristinare la libera circolazione in tutto il corridoio”. Di fronte alle continue violazioni dei diritti umani, Costa ha sottolineato che la costante rinuncia dell’Amministrazione alla Sezione 907 del Freedom Support Act “è un errore”.

Brad Schneider (democratico) ha espresso il suo sostegno alla legislazione del Congresso che condanna l’aggressione contro il popolo armeno nell’Artsakh, e ha sottolineato che “l’USA. ha un ruolo fondamentale da svolgere per proteggere gli Armeni da un’aggressione non provocata”. “L’azione del Congresso dovrebbe essere vista come un’importante leva per la pace, dati i considerevoli aiuti che gli Stati Uniti forniscono alla regione”, ha continuato Schneider, prima di chiedere a Donfried di approfondire come impedire ad altre nazioni di minare la stabilità e la pace nella regione.

Susan Wild (democratico), ha sottolineato di avere una “significativa comunità armena americana” nel suo distretto e che molti dei suoi elettori sono “profondamente e personalmente legati al conflitto in corso”. “Gli Armeni in Nagorno-Karabakh continuano ad affrontare una grave crisi umanitaria, comprese minacce di nuovi attacchi e carenze croniche di acqua, energia, assistenza sanitaria e cibo”, ha osservato, a cui Donfried ha risposto che l’accesso al Nagorno-Karabakh è limitato, ” che influisce sulla capacità degli Stati Uniti di impegnarsi e impegnarsi in programmi di assistenza”. Nonostante i limiti, tuttavia, gli “USA hanno cercato di aiutare le persone colpite dal conflitto, molte delle quali si trovano in Armenia”.

Nelle sue osservazioni conclusive, Keating ha sottolineato il “problema più grande che stiamo affrontando oggi è l’autoritarismo contro la democrazia, e faremo tutto il possibile per avere successo qui [nel Caucaso] perché aiuteremo l’intera regione, e su scala più ampia, la causa della democrazia”.

“Dato il tentativo dell’Azerbajgian di isolare la popolazione dell’Artsakh bloccando l’accesso all’unica strada che collega l’Armenia e l’Artsakh e interrompendo la fornitura di gas durante il gelo dell’inverno, lasciando 120.000 civili armeni senza riscaldamento e forniture mediche necessarie, l’udienza alla Sottocommissione Affari Esteri della Camera è stata tempestivo e importante “, ha affermato Mariam Khaloyan, Direttrice delle relazioni con il Congresso dell’Assemblea armena dell’America. “L’Assemblea apprezza le domande forti e salienti del Rappresentante Costa al Segretario Donfried in merito alle azioni dell’Azerbajgian che hanno ancora una volta minato il processo di pace e creato una crisi umanitaria per il popolo armeno”.

Leggere la stampa azera è istruttivo per capire cosa bolla in pentola e soprattutto per avere prova che il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) per sedicenti motivi ambientali è solo un pretesto, come la parte armena ha ribadito già più volte. «L’operazione illegale delle compagnie [minerarie] sul territorio dell’Azerbajgian [sono intesi sempre i territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh], dove sono temporaneamente dispiegate le forze di pace russe [Baku sta solo aspettando che se ne vanno per completare l’occupazione del resto dell’Artsakh], dovrebbe terminare il prima possibile», ha detto all’agenzia di stampa azera Trend pubblicato dal quotidiano azero in lingua inglese Azernews (riportiamo alcune foto del servizio di Trend) un partecipante alla protesta “ecologista” nel Corridoio di Lachin, Jamil Hajiyev. «Siamo delusi dal fatto che il 10 dicembre agli specialisti azeri non sia stato permesso di entrare nel territorio in cui si trovano i giacimenti minerari per condurre il monitoraggio lì», ha detto Hajiyev, sottolineando che «le risorse naturali dell’Azerbajgian in questi territori [idem] vengono saccheggiate e ci opponiamo alle attività illegali nei nostri territori [idem] e chiediamo di porvi fine».

Il «territorio dell’Azerbajgian, dove sono temporaneamente dispiegate le forze di pace russe», ovvero «terre azere» come scrive Azernews, è il territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, che appena la presenza “temporanea” delle forze di mantenimento delle pace russe sarà terminata, verranno inglobate nell’Azerbajgian, insieme a gran parte del territorio già occupato dopo la guerra dei 44 giorni di fine 2020. Questo fatto è stato simbolizzato dai manifestanti con la liberazione di 44 colombe: «Il numero 44 simboleggia la ferma posizione dell’Azerbaigian come stato vittorioso e la vittoria storica che ha ottenuto», sottolinea Azernews.

In un articolo di un mese fa, troviamo la motivazione fondamentale di Baku, con tutta la sua abituale retorica bombastica guerrafondaia: «L’esercito azero, attraverso riforme approfondite e su larga scala, assistito dalla cooperazione attiva di Turchia, Israele e Pakistan, aveva già rafforzato le sue capacità al punto da consentirgli di condurre facilmente la liberazione del Karabakh in un conflitto tecnologico chiamato “il futuro della guerra”. (…) La guerra è un atto di imposizione della pace. Le circostanze indicavano una tale probabilità dopo la storica liberazione di Shusha. Quando, l’8 novembre 2020, Aliyev ha dichiarato la notizia della liberazione di Shusha, quella non era solo l’irreversibile vestigia della seconda guerra del Karabakh che dimostrava la certezza della vittoria, ma anche un punto di svolta nella nostra storia nazionale. Il glorioso trionfo non è stato fine a se stesso, ma il conferimento di una nuova licenza all’Azerbajgian, simile alla rinascita. Nel giorno memorabile, quando Aliyev pronunciò lo storico discorso “Shusha, tu sei libero”, in quelle parole era concentrata l’intera essenza del passato, presente e futuro dell’Azerbajgian, poiché quelle righe esemplificavano non solo ciò che era accaduto, ma ciò che ne sarebbe seguito». Più chiaro di così…

Ruben Vardanyan, Ministro di Stato della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh.

Il contenzioso vero dietro il blocco del Corridoio di Berdzor (Lachin) non si trova in una preoccupazione ambientale, ma risiede nel deposito d’oro di Gizilbulagh e nel deposito di rame-molibdeno di Damirli. E secondo Azernews, Ruben Vardanyan, il Ministro di Stato (Primo Ministro) della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, come imprenditore «si impegna in un business illegale: l’estrazione e l’esportazione di oro azero [secondo la logica che tutto quello che si trova nel territorio di Artsakh non è proprietà della sua popolazione ma dell’Azerbajgian] attraverso il Corridoio di Lachin».

Poi, Azernews riferisce che «Baku ha ufficialmente smentito le affermazioni sul blocco della strada che collega gli armeni etnici nel Karabakh dell’Azerbajgian con l’Armenia». Secondo Azernews sono i Russi a bloccare la strada, osservando nel contempo che i mezzi del contingente per il mantenimento della pace russo circolano liberamente sulla strada. «Come ha osservato il ministero degli Esteri nella dichiarazione del 13 dicembre, le affermazioni secondo cui la strada Shusha-Lachin [il tratto Shushi-Berdzor dell’autostrada Stepanakert-Goris] è stata chiusa dall’Azerbajgian e vi è la possibilità che si verifichi una crisi umanitaria, sono infondate», ha dichiarato il Portavoce del Ministero degli Esteri azero, Ayxan Hajizada. Ha riaffermato il falso, contraddetto dai fatti, che, «a differenza dell’Armenia, che ostacola costantemente l’apertura di tutte le vie di trasporto e di comunicazione nella regione, l’Azerbajgian, in conformità con i suoi obblighi, ha ricostruito la strada Lachin negli ultimi due anni e ha creato ampie condizioni per l’utilizzo della strada per scopi umanitari».

Quindi, segue tutta la serie di affermazione già ripetute nei mesi precedenti: «Tutto sommato, l’ignoranza dell’attività economica illegale, il saccheggio delle risorse naturali e il danno ambientale che è stato perpetrato nei territori menzionati negli ultimi 30 anni, nonché l’uso della strada Lachin sia per provocazioni militari che per attività economiche illegali contrariamente al paragrafo 6 della Dichiarazione trilaterale, è un’indicazione di un approccio prevenuto da parte di questi Paesi [che protestano contro la chiusura del Corridoio di Lacin]. Inoltre, il disprezzo per il terrore con le mine commesso contro la popolazione civile nei territori dell’Azerbaigian [sono intesi sempre i territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh], utilizzando la strada Lachin, è motivo di grave preoccupazione. Le proteste della società civile azera e degli attivisti ambientalisti sulla strada Shusha-Lachin negli ultimi giorni sono il risultato della legittima insoddisfazione della società azera nei confronti delle menzionate attività illegali, e questa posizione dovrebbe essere rispettata. Lo scopo non è bloccare nessuna strada e i veicoli civili possono muoversi liberamente in entrambe le direzioni. Per quanto riguarda la situazione umanitaria nella regione, dichiariamo ancora una volta che l’Azerbajgian è pronto a soddisfare i bisogni umanitari dei residenti Armeni che vivono nei nostri territori [sono intesi sempre i territori della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh]», ha dichiarato il Portavoce del Ministero degli Esteri azero.

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