Ricordate l’Artsakh/Nagorno-Karabakh? Ucraini, non fidatevi di quelli che piangono e applaudono (Koraym 16.03.22)

Vi stupirò, vi apparirò pazzo, ma credo di essere una delle pochissime persone che hanno provato una orribile invidia per gli Ucraini. Dico orribile perché ricevere le bombe in testa, scorgere carri armati stranieri che calpestano le auto dei propri vicini di casa, è qualcosa che strazia il cuore.

Il fatto è che tutto questo è accaduto a noi Armeni per 44 giorni da fine settembre ai primi di novembre del 2020. L’Artsakh, detto anche Nagorno-Karabakh, ha subìto la stessa sorte dell’Ucraina. Sono arrivati da noi i soldati dell’Azerbajgian e sono stati portati lì dai Turchi i tagliagole jihadisti. La Nato e Israele hanno fornito droni con una precisione da killer in un film di James Bond. Non agli armeni, figuriamoci, ma agli aggressori.

Io sono Molokano, bevo latte, vivo presso il lago di Sevan dove guizzano le 6 trote più belle del mondo, scorgo il meraviglioso profilo del monte Ararat, dove approdò l’Arca di Noè e fu inventato il vino. Povera Ucraina, coraggiosa e piena di rondini, sono con te. Hai avuto un abbraccio dal mondo intero ed è questo che ti invidio. La gente che nelle proprie case si commuove per voi. L’Unione Europea e il Parlamento italiano che in un secondo protestano, solidarizzano, decretano sanzioni pesantissime contro l’invasione russo. E poi denaro per i soccorsi, le armi. Soprattutto l’isolamento assoluto dell’aggressore. A noi invece niente. Dall’Italia è partita perfino una delegazione di importanti parlamentari non a portarci un abbraccio tra le nostre rovine di chiese antiche, ma sono atterrati felici a correre in soccorso del vincitore [QUI].

Chi allora alla fine osò provare a fermare l’ecatombe furono i soldati di Vladimir Putin. Furono essi a impedire il peggio. L’Unione Europea, la NATO — di cui quello turco è il secondo esercito — non confiscarono un centesimo di dollaro alle autorità azere e turche, nessun divieto ai loro aerei di volare nei cieli europei.

Perché questo doppio standard? Perché siamo un niente noi Armeni? E perché i nostri fratelli dell’Artsakh ancora di più sono abbandonati come cani in Autogrill da tutte queste potenze così facili a commuoversi per gli Ucraini?

Per 44 giorni nel 2020 l’Artsakh ha subito la vostra stessa sorte. Sono arrivati i soldati azeri e i tagliagole jihadisti. La NATO ha fornito droni. Non agli Armeni, figurarsi, ma agli aggressori.

Un’idea l’abbiamo. I potenti che gestiscono il sentimento popolare hanno piena consapevolezza che l’Armenia è importantissima culturalmente e spiritualmente, cioè finanziariamente vale zero con i suoi 3 milioni e mezzo di abitanti senza gas né petrolio, un sacco di pietre e di croci fiorite, un brandy fantastico, ma non fa girare le centrali elettriche. Invece l’Ucraina ha quasi 50 milioni di abitanti, ha il maggior giacimento di ferro del pianeta, ha nichel, manganese, produce grano sufficiente per 600 milioni di umani. Produce rose. Noi albicocche però, ma non è questo il punto: non è ortofrutticolo, ma energetico.

L’aggressore dell’Armenia e dell’Artsakh era intoccabile: è il venditore di gas che ci tranquillizza e non possiamo fare arrabbiare [QUI]. Se ce la giochiamo con i fornitori russi, almeno un mercante alternativo andava tenuto buono. E per quanto riguarda la Turchia, c’è di mezzo la Libia, il petrolio di Cipro, i nostri investimenti in Anatolia. Meglio non disturbare chi può farci patire la fame.

Ho detto che invidio — dal punto di vista della simpatia del mondo e degli aiuti — gli Ucraini. Però sono obbligato ad avvertirli come fratelli di sventura: non fidatevi dell’Occidente che piange e applaude. È disposto a tutto per voi, meno che a morire per voi. Che dico morire: non è propenso neppure a rischiare una slogatura alla caviglia. Vi spediranno a combattere il nemico e a creare un Vietnam in casa dei russi, ma non per amor vostro, bensì per evitare la scocciatura di combattere la guerra in proprio. Nessuna guerra per favore!

Nessuna guerra NATO per interposta Ucraina. E qui lo dico neanche per interposta Armenia. Ci basta avere amici sinceri come voi che mi leggete

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Ararat e la Valle del Vino (Firenze Spettacolo 16.03.22)

Il ristorante di cucina armena e georgiana in Borgo La Croce possiede una cantina tutta da scoprire che, nella culla del vino rosso, ha il coraggio di portare anche nei calici la propria identità.

Una tradizione millenaria: le prime testimonianze sul vino in Armenia risalgono a oltre 6.000 anni fa. Sembra che sia proprio questo il luogo dove nasce la produzione di vino su larga scala, quindi prima che in Francia e in Italia, ai piedi del monte sacro Ararat nella Ararat Valley. Peraltro in Armenia negli ultimi anni c’è stata una rinascita, una volontà di far rivivere i vigneti e nutrire la terra con vigne che proprio qui per la prima volta, sono state coltivate e messe a frutto. Per questo motivo sono stati chiamati dalle varie aziende produttrici importanti winemaker francesi e italiani.

Tra questi il rinomato Michel Rolland che segue l’azienda Karas, in carta al ristorante con diverse referenze. Il Grand Karas realizzato con un blend di Syrah, Montepulciano e Ancellotta, un omaggio a questa terra, alla sua storia e cultura, realizzato selezionando il meglio da ogni vitigno e invecchiato in botti di quercia. Poi la Riserva realizzata con Syrah, Petit Verdot, Montepulciano e Cabernet Franc, un super blend che sprigiona tutta la complessità dell’antico territorio del nordovest dell’Armenia, un sapore persistente e complesso che ricorda a molti il nostro Brunello. Quindi il Blend Armeno con uve autoctone, Areni e Khndoghni, che hanno prosperato nella regione per millenni. Un vino audace, fresco e fruttato, vero omaggio a questa terra natale della viticoltura.

Poi una serie più fresca e giovane, sempre di Karas: un bianco e un rosso, A Tale of 2 Mountains. Il rosso è un mix di Areni, vitigno armeno, e Malbec, molto aromatico e dal corpo bilanciato. Il bianco è realizzato da Kangun, vitigno armeno e Chenin Blanc, anche questo aromatico con buone punte di acidità. Da provare anche i vini semi dolci al melograno.
Tutti vini che vanno a nozze con la cucina di Ararat: piatti a base di formaggi, carne e verdura. Abbinamenti che ci permettono di entrare nella gloriosa e ancestrale cultura enogastronomica armena a piene mani. (Niccolò Tozzi)
ARARAT
Borgo la Croce 32r – 375 5721739 – aperto pranzo e cena, chiuso lun – www.araratrestaurant.it

Ararat, il monte del… sapore – RECENSIONE (novembre 2022)

Un locale giovane che prende il nome dal monte sacro Ararat. A pochi passi da Piazza Beccaria e Piazza Ghiberti piatti tipici della cucina armena e georgiana

L’ambiente è accogliente, dominato dal verde oliva. I tavoli in legno chiaro fanno da contrasto e la cucina a vista trasmette trasparenza e serenità. La sala principale a nostro avviso però si scopre al piano superiore. Un quadrato con una fessura in mezzo dove un lampadario moderno cala fino al piano di sotto e sulle pareti i due alfabeti in oro arredano in modo originale. Il bel soffitto con travi a vista scalda l’atmosfera.

La cucina presenta specialità di terra, spiedini di carne tra manzo, maiale e pollo ciascuno arricchito e insaporito da una speciale marinatura che, ci assicurano, si trova solamente qui. Come primo da provare la specialità georgiana: i kinkali, simili a ravioli o meglio saccottini di pasta ripieni di carne di manzo e maiale speziati. Tra i piatti più scenografici e gustosi l’agiaruli, una specie di pizza concava colma di formaggio con al centro un rosso d’uovo, vera tipicità georgiana.

Tra i secondi prevalenza di piatti armeni coma la Lula, spiedino tipico. Altra specialità dalle origini antichissime è la Tolma: involtini di carne speziata in foglie di vite. A differenza di altre cucine estere quelle armena e georgiana, seppur essendo speziate, non esagerano in quantità e lasciano che gli ingredienti principali non vengano sovrastati.

Curiosa la carta dei vini che offre referenze solamente georgiane e armene. Da sapere però che la zona del Caucaso è una delle più antiche dove sono rinvenuti resti e testimonianze della coltivazione di vigne e della fermentazione in anfora. Oggi molte cantine di questo territorio stanno rilanciando il loro vino aiutati dai colleghi italiani e francesi. Un motivo in più per provare i loro abbinamenti.

Un ristorante dove la cucina caucasica si gusta in un contesto elegante e moderno. Una gita sull’Ararat: il monte del sapore!

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Armenia, ministro Esteri: “Pronti a stabilire relazioni diplomatiche con la Turchia” (Agenzia Nuova 15.03.22)

L’Armenia è pronta ad istituire relazioni diplomatiche con la Turchia e ad aprire i suoi confini. Lo ha detto il ministro degli Esteri armeno, Ararat Mirzoyan, in una intervista all’agenzia di stampa “Anadolu” dopo avere partecipato al Forum diplomatico di Antalya. “In generale, la popolazione armena vuole normalizzare le relazioni” con la Turchia, ha spiegato Mirzoyan che ad Antalya ha discusso nel corso di un incontro storico lo scorso sabato con l’omologo turco, Mevlut Cavusoglu, degli sforzi finalizzati alla normalizzazione delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. In questo contesto il capo della diplomazia di Erevan ha affermato che secondo diversi sondaggi di opinione, il sostegno da parte della popolazione armena al “riavvicinamento tra i due Paesi” è in netta crescita. Ciononostante, ha proseguito il ministro, alcune parti della società civile di Armenia e Turchia restano “scettiche” sulla normalizzazione dei rapporti e per questo motivo i governi di entrambe le parti dovrebbero “assumere una leadership politica per affrontare questi problemi”. “Durante il mio incontro con il ministro Cavusoglu, ci siamo scambiati opinioni su alcune sensibilità comuni e spero che se ne tenga conto”, ha dichiarato Mirzoyan.

Su come stia procedendo l’attuale processo di normalizzazione delle relazioni, il ministro degli Esteri ha aggiunto: “Nel complesso, lo consideriamo positivo”. “Sono stato felice di sentire dalla mia controparte turca che c’è una volontà politica dalla loro parte di guidare il processo anche a tal fine”, ha proseguito Mirzoyan. “L’apertura delle frontiere avrà un impatto positivo sulla connettività, sul commercio e sulle relazioni economiche tra i due paesi, sui contatti interpersonali e sulla stabilità generale nella regione”, ha rimarcato. “Inutile ricordare che se il processo di normalizzazione procede senza intoppi e si ottengono risultati positivi, possono aver luogo visite reciproche”, ha spiegato ancora Mirzoyan.

In Armenia, la diaspora russa che viaggia in business class (Euronews e varie 15.03.22)

Sfollati, si. Ma sfollati “senior”, per prendere a prestito le parole di un economista armeno.

È l’Armenia, infatti, una delle destinazioni dei cittadini russi in fuga da sanzioni e repressione. Dall’inizio della crisi, in migliaia hanno trovato rifugio qui: ogni giorno, trenta voli charter arrivano nella capitale Yerevan dalle città russe.

In molti casi si tratte del personale che le aziende straniere stanno cercando di evacuare attraverso gli scali dei paesi che non hanno ancora chiuso confini e traffico aereo con Mosca.

Il vero e proprio esodo è partito ai primi di marzo, quando in Russia si è iniziato a ventilare il rischio di legge marziale e chiusura delle frontiere: a quel punto che le fughe si sono fatte sempre più estemporanee, con i documenti e pochi effetti personali come bagaglio, verso un paese che ai russi non richiede visto d’ingresso.

“Le frontiere per noi si sono chiuse bruscamente quasi ovunque” ci spiega una ragazza russa arrivata da poco. “Non sapevamo dove volare. L’Armenia era la scelta migliore. Siamo qui da una settimana, il tasso del rublo ormai è orribile e stiamo avendo difficoltà finanziarie. È difficile pianificare: forse domani ci sarà un altro attacco, o forse sarà tutto finito. Non c’è niente di chiaro”.

Con il blocco delle operazioni in Russia da parte di Visa e Mastercard, in molti ora fanno la fila nelle banche di Yerevan per aprire un conto in Armenia. Le aziende intanto consultano avvocati per valutare l’ipotesi di una delocalizzazione: a loro, come a tutti i professionisti arrivati negli ultimi giorni, il governo locale ha dedicato una linea telefonica ed è chiaro che miri a trattenerne quanti più possibile.

“Qui non abbiamo a che fare con i migranti nel senso classico della termine – spiega ad Euronews l’economista armeno Haykaz Fanyan – ma con professionisti senior dai redditi elevati che non sono un peso per lo stato armeno. Il settore delle tecnologie informatiche in Armenia ha un’enorme carenza di professionisti qualificati. Con l’afflusso dei russi, il numero di questi specialisti aumenterà. Inoltre, spenderanno soldi qui, affitteranno case e staranno in hotel, andranno al ristorante, useranno i trasporti. Tutto questo è un bene per chi fornisce servizi”.

La maggior parte dei nuovi arrivati non ha però intenzione di rimanere in Armenia: vogliono ottenere il visto per poi andare nei paesi europei.

Il ritorno a casa d’altronde è escluso per quanti si sono espressi pubblicamente contro la guerra in Ucraina, che con la nuova legge contro le cosiddette “fake news” rischiano ora fino a 15 anni di carcere.

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Anche i russi fuggono dal proprio paese: già in 200’000 hanno lasciato la nazione (Tio.ch 13.03.22)


SCENARIO CAUCASO/ “I russi fuggono in Armenia, Erdogan fa il doppio gioco” (Il Sussidiario 15.03.22)

Pescara – Visita ufficiale in Comune dell’ambasciatrice dell’Armenia (Rassegna Stampa 14 e 15 03.22)

Èprevista domani, martedì 15 marzo, la visita ufficiale nel Comune di Pescara dell’ambasciatrice straordinaria e plenipotenziaria della Repubblica di Armenia, Tsovinar Hambardzumyan.  L’appuntamento è in programma alle ore 11:30.  L’ambasciatrice inconterà il sindaco Carlo Masci e i rappresentanti delle istituzioni e del mondo economico e imprenditoriale abruzzese.  L’ambasciatrice celebrerà nella nostra città il trentennale delle relazioni diplomatiche tra Armenia e Italia. Nel pomeriggio, ospite della Fondazione Aria, Hambardzumyan parteciperà all’incontro «Stagione della cultura armena» nella sala consiliare del Comune di Pescara per la presentazione del volume «Canti popolari armeni», rieditato da Carabba nella forma originale del 1921 tradotta dall’abruzzese Domenico Ciampoli, con la prefazione di Antonia Arslan.

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L’Ambasciatrice dell’Armenia in visita ufficiale a Pescara (Rete8 14.03.22)


A Pescara l’Ambasciatrice dell’Armenia in Italia Hambardzumyan (Abruzzonews 14.03.22)


Domani l’Ambasciatrice della Repubblica di Armenia in visita ufficiale al Comune di Pescara (Wallenews24 14.03.22)


Il sindaco Masci riceve l’ambasciatrice dell’Armenia Tsovinar Hambardzumyan (Il Pescara 15.03.22)


L’ambasciatrice della Repubblica di Armenia in visita a Pescara (Abruzzolive 15.03.22)


Ucraina, ambasciatrice Armenia,spero si possa stabilire pace (Ansa 15.03.22)


A Palazzo di Città visita dell’Ambasciatrice della Repubblica di Armenia (Pescaranews 15.03.22)


Pescara, l’ambasciatrice Armena ricevuta in Comune dal sindaco Masci (Rete8 15.03.22)


 

Gerusalemme, al via il restauro del pavimento del Santo Sepolcro (Asianews 14.03.22)

Iniziati i lavori alla presenza del custode di Terra Santa, del patriarca greco-ortodosso e di un rappresentante del patriarcato armeno. I lavori coordinati dalla Custodia. Fr. Patton: “La collaborazione tra le nostre Chiese cristiane al Sepolcro proprio mentre infuria la guerra riveste un significato particolare”. Dal 20 al 27 giugno il pellegrinaggio in Terra Santa di AsiaNews per invocare il dono della pace.

Gerusalemme (AsiaNews) – Questa mattina, presso la basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme, si è tenuta la cerimonia ufficiale di inizio del lavori di conservazione e restauro del pavimento del luogo di culto cuore del cristianesimo, nella città vecchia. Presenti i principali leader cristiani, fra i quali i rappresentanti delle tre confessioni cui è affidata la cura della chiesa: il patriarca greco-ortodosso Teophilo III, il custode di Terra Santa fr. Francesco Patton e il gran sacrestano del patriarcato armeno Sevan Gharibian, in rappresentanza del patriarca Nourhan Manougian.

I lavori si inquadrano nelle iniziative di risistemazione dell’Edicola della tomba di Cristo promossi fra il 2016/17 all’epoca dal patriarcato greco-ortodosso. Oggi sono invece coordinati dalla Custodia, in collaborazione con l’università “la Sapienza” di Roma, il politecnico di Milano e altre realtà di primo piano. Questa seconda fase prevede la progettazione e la realizzazione del restauro della pavimentazione di tutto l’edificio, oltre a eventuali interventi di messa in sicurezza dell’Edicola, la valutazione degli impianti elettrici, idrici, meccanici e il rispetto delle norme anti-incendio.

La cerimonia si è articolata in due parti: in apertura la recita di tre preghiere in altrettante lingue diverse, il greco, il latino e l’armeno ciascuna guidata da una diversa confessione cristiana responsabile dello Status Quo. In seguito ha parlato il patriarca greco-ortodosso, ricordando i precedenti lavori e manifestato il proprio entusiasmo per questa continuazione frutto di meticolosi e non sempre facili accordi fra chiese di Terra Santa. Questo cantiere, ha sottolineato Teophilo III, è “segno di speranza per il mondo”.

Fr. Francesco Patton ha ricordato che “questo progetto comune” è stato iniziato due anni fa, ma “la pandemia ha rallentato la possibilità di muoversi dal progetto” alla sua “esecuzione”. Tuttavia, riferisce il sito Custodia, ora “siamo pronti a iniziare” e in questo momento di pandemia e guerra “la cooperazione” fra realtà cristiane diverse assume “un significato diverso, perché questo è il luogo in cui Gesù diventa pietra angolare della Chiesa”. Ringraziamenti giungono anche dall’arcivescovo armeno Sevan Gharibian, che si è detto “entusiasta” per l’unione di intenti alla base dell’opera.

Al termine degli interventi, i rappresentanti delle confessioni cristiane hanno celebrato assieme il sollevamento della prima pietra (nella foto, tratta dal sito della Custodia), come simbolo e gesto ufficiale di apertura dei lavori.  Anche durante i lavori la basilica resterà sempre aperta ai pellegrini, che dopo i due anni di pandemia con la riapertura delle frontiere stanno ricominciando lentamente ad arrivare in Terra Santa.

Proprio per sostenere la comunità cristiana locale e rimettersi in cammino sulle strade del mondo, anche AsiaNews insieme al Centro Pime di Milano promuove un pellegrinaggio nei Luoghi di Gesù, per aiutare la Terra Santa in questo momento difficile e incontrare le comunità che là vivono la propria fede. Un’iniziativa che oggi assume anche il carattere di una speciale invocazione di pace per il mondo insanguinato dalla guerra. Il viaggio è in programma dal 20 al 27 giugno, il termine ultimo per le iscrizioni è fissato al 4 aprile prossimo. Clicca qui per tutte le informazioni sul pellegrinaggio di AsiaNews.

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Armenia – Assadakah News condanna la “spedizione punitiva” dell’Azerbaijan (Assadakah 13.03.22)

Assadakah Roma News – A Baku, capitale dell’Azerbaijan, pare che i grandi e prestigiosi hotel di gran lusso come l’Intercontinental, il Fairmont e il Badamdar abbiamo registrato il sold-out, per celebrare i festeggiamenti per quella che si definisce “vittoriosa spedizione punitiva” contro gli armeni, e con la guerra in corso in Ucraina considerata una “benedizione di Allah”. Più che motivo di festa, stupisce il fatto che la comunità internazionale non condanni come manifestazione di estrema ignoranza e cecità culturale e politica questa “vittoriosa spedizione”. Una vera e propria vergogna, specialmente in una situazione delicata che vede i governi di Yerevan e Ankara cercare una soluzione per dare avvio alla normalizzazione dei rapporti, e perché il mondo ne ha abbastanza di guerre. Ed è ancora più vergognoso il fatto che un giornale di rilievo come “La Stampa” impieghi le proprie risorse con l’invio del corrispondente Domenico Quirico a documentare i festeggiamenti a Baku, anziché rendersi conto che un tale evento sarebbe da condannare senza riserve.

Considerare “vittoria” un tale evento, non è altro che una manifestazione di ignoranza e assoluta vergogna, specialmente in questa attualità che non ha certo bisogno di ulteriori motivi di scontro. Aggiungere una crisi alla crisi denota una evidente cecità, e non è certo segno di buona volontà nel cercare di evitare nuovi motivi di conflitto, poiché rischia di fare precipitare una situazione estremamente delicata, aggiungendo ulteriori preoccupazioni alla situazione internazionale già in bilico. In tale contesto, la Redazione di Assadakah News, il cui obiettivo, da ben trent’anni, è quello di costruire la pace attraverso la cooperazione, cercando di fare della diversità culturale, etnica, religiosa e sociale un elemento di unione, si scontra pienamente con l’opposta considerazione manifestata dall’Azerbaijan, che invece pare voler mantenere e approfondire la discordia, e causare una pericolosa regressione anziché una conveniente progressione.

L’Europa Condanna il Genocidio Culturale Azero contro gli Armeni in Artsakh. (Stilum Curiae 11.03.22)

Marco Tosatti
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi sembra interessante portare alla vostra attenzione la risoluzione con cui il Parlamento Europeo condanna il genocidio culturale che gli Azeri, dopo l’aggressione armata dai turchi contro il Nagorno Karabagh stanno compiendo nelle zone da loro occupate, per cancellare le tracce della presenza armena. Ci siamo già occupati di quell’aggressione, e trovate materiale a questo collegamento, a questo e a questo. Buona lettura e condivisione. 

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>> Il Parlamento Europeo vota una risoluzione di condanna per la distruzione del patrimonio culturale armeno in Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’Azerbajgian sta commettendo un genocidio culturale (Korazym)

A seguito dell’invasione e dell’occupazione armata gran parte del territorio della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbajgian con il sostegno militare della Turchia e dei terroristi islamici, il Parlamento Europeo condanna il genocidio culturale che gli Azeri-Turchi stanno effettuando nelle zone da loro occupate militarmente, per cancellare le tracce della cultura armena cristiana.


 

Una tra le tante guerre ignorate. L’aggressione dell’Azerbajgian e l’occupazione militare di gran parte del territorio dell’Artsakh prima ignorate e poi dimenticate. Basta guerre! (Korazym 08.03.22)

Ci sarebbe bastato una frazione dell’attenzione che oggi il mondo riserva alla crisi in Ucraina, quando l’Azerbajgian bombardava le Città dell’Artsakh e colpiva obiettivi anche in Armenia, nella guerra dei 44 giorni (27 settembre-10 novembre 2020). Ma tutti si voltarono dall’altra parte. Ci sono guerre degne di nota e guerre da ignorare. Basta guerre!

Quasi 5.000 Armeni ammazzati, 100.000 Armeni sfollati, cluster bomb e distruzioni. Ma per il criminale attacco dell’Azerbajgian all’Artsakh, la Formula 1 non ha tolto il gran premio all’Azerbajgian. L’attacco di Aliyev ad Armenia e Artsakh/Nagorno-Karabakh non meritava neanche una sanzione. Basta guerre!

Gli Azeri hanno danneggiato e impediscono la riparazione di una condotta del gas armena nei pressi di Shushi (città della Repubblica di Artsakh occupata dall’esercito dell’Azerbajgian) e tutta la capitale Stepanakert rimane senza gas. Ogni giorno gli abitanti dell’Artsakh fanno i conti con mancanza di elettricità, telecomunicazioni o internet. Uno strisciante tentativo di pulizia etnica anti-armena da parte degli Azeri. Basta guerre!

Da sottolineare come l’accordo di cessate il fuoco dopo la guerra in Artsakh prevede la liberazione di tutti i prigionieri. Lo scorso dicembre due soldati azeri trovati nel territorio dell’Armenia sono stati immediatamente rilasciati. Ma il regime del dittatore azero Aliyev è altra cosa. Due prigionieri di guerra armeni sono stati condannati a 19 e 18 anni dal Tribunale di Baku. Processo farsa e nuova violazione del diritto internazionale dopo la guerra in Artsakh. Il regime azero continua a ignorare la Convenzione di Ginevra e ostacola il raggiungimento della pace nella regione. Basta guerre!

E mentre il mondo guarda con angoscia a quanto accade in Ucraina, i soldati del dittatore azero Aliyev continuano a sparare. Il 7 marzo al confine con l’Armenia gli Azeri hanno ucciso un sergente armeno e ferito gravemente un altro soldato. Dopo l’invasione dell’Artsakh continuano le provocazioni azere, in violazione del cessate il fuoco. Basta guerre!

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Silenziosa e inquieta: la risposta dell’Armenia all’invasione russa dell’Ucraina (Osservatorio Balcani e Caucaso 09.03.22)

Tanti silenzi ed una posizione molto scomoda. In Armenia sono stanziati più di 10.000 soldati russi e questo condiziona la posizione ufficiale di Yerevan e quella dei suoi cittadini in merito alla guerra in Ucraina

La recente guerra del Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaijan, la presenza e l’influenza della Russia in Armenia, così come il sostegno dell’Ucraina all’Azerbaijan, hanno tenuto l’Armenia e gli armeni per lo più in silenzio riguardo agli eventi accaduti dopo il riconoscimento da parte di Mosca dell’indipendenza di Donetsk e Lugansk.

Un silenzio che molti ritengono giustificato.

Durante la prima settimana di guerra si sono tenute solo due piccole manifestazioni a Yerevan a sostegno dell’Ucraina. La prima è stata organizzata dal Partito Europeo d’Armenia, partito minore senza rappresentanti in parlamento, davanti all’ambasciata russa il giorno dell’invasione. La seconda è stata organizzata dall’ambasciata ucraina il 27 febbraio accanto al memoriale di Taras Shevchenko, poeta e personaggio politico ucraino.

Il governo armeno e i suoi funzionari sono rimasti invece in silenzio sulle azioni della Russia. L’unica dichiarazione rilasciata finora ha confermato che Yerevan non intendeva riconoscere l’indipendenza di Donestk e Lugansk, con la speranza che Russia e Ucraina potessero trovare una “soluzione pacifica” al conflitto.

Sul filo del rasoio

Sulla scena internazionale, l’Armenia è stata l’unica in seno al Consiglio d’Europa a sostenere il suo alleato strategico e principale garante della sicurezza, votando contro la sospensione della sua rappresentanza all’interno del Consiglio stesso.

Nonostante ciò, in due votazioni più recenti in seno alle Nazioni Unite, per sospendere la Russia dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e condannare l’invasione, l’Armenia si è astenuta.

Il cambiamento, seppur poco appariscente, deve essere visto come un “grande progresso”. Lo pensa Daniel Ioannisyan, attivista sui temi della democrazia a Yerevan. “Questo chiaramente nel contesto della dipendenza dell’Armenia dalla Russia”.

“L’Armenia si trova in una situazione così tragica per quanto riguarda la sua sovranità e dipendenza dalla Russia che questo silenzio è già una buona cosa”, ha sottolineato Ioannisyan a OC Media.

La dipendenza armena nei confronti della Russia a cui si riferisce consiste nell’adesione all’Unione economica eurasiatica a guida russa e all’Organizzazione del Trattato per la sicurezza collettiva: sono i due principali accordi economici e di sicurezza siglati dal paese. Inoltre, tra Armenia e Russia è stato firmato anche un accordo strategico separato che regola la presenza di una base militare e di truppe russe sul territorio armeno.

L’Armenia è diventata ancora più dipendente dalla Russia dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, che si è conclusa con la mediazione russa e il dispiegamento di oltre 2.000 forze di pace russe nell’area. Pertanto, le parti del Nagorno-Karabakh controllate dall’Armenia sembrano essere de facto sotto il controllo della Russia. Inoltre, il numero delle truppe russe in Armenia ha raggiunto circa le 10.000 unità con una base militare permanente a Gyumri, un aeroporto militare a Yerevan, nonché altre posizioni strategiche minori. Le truppe russe controllano anche il confine tra Armenia e Turchia.

“[L’Armenia ha] lottato – negli ultimi vent’anni – per mantenere un equilibrio strategico tra il suo rapporto in materia di sicurezza con la Russia e il suo interesse ad approfondire i legami con l’UE e l’Occidente”, afferma Richard Giragosian, direttore del Centro di studi regionali, think tank con sede a Yerevan.

Tuttavia, Giragosian pensa che probabilmente la Russia inizierà a chiedere un maggiore sostegno e una lealtà più aperta. In tal caso, “ogni senso di equilibrio diplomatico potrebbe andare perso, minacciando di spingere l’Armenia in una posizione vulnerabile e isolata, sul lato sbagliato della storia”.

“Sebbene la posizione dell’Armenia al fianco della Russia la isoli pericolosamente, ci sono poche altre alternative”, ricorda Giragosian.

Inoltre, considerando la posizione ambigua dell’Armenia tra sostegno e condanna delle azioni di Mosca, c’è il timore che le sanzioni fissate per la Russia possano ricadere, o almeno condizionare, anche l’Armenia.

Ioannsiyan ritiene che un probabile scenario sia che l’Armenia sarà colpita non a causa delle sanzioni, ma piuttosto dai prevedibili tentativi della Russia di utilizzare l’Armenia e altri paesi per aggirare queste sanzioni.

“In questo caso, potrebbero esserci conseguenze negative per l’Armenia”. In uno scenario ipotetico in cui la Russia vincesse la guerra, Ioannsiyan ritiene che l’Armenia potrebbe essere costretta a formare l'”Unione Sovietica 2.0″.

Persone, armi e propaganda

La risposta della popolazione armena non si è discostata di molto da quella del governo, distinguendosi da quella condivisa da gran parte del mondo.

Aram Amirbekyan, un attivista e giornalista pro-pace, ha affermato che, a prescindere da qualsiasi altra cosa, le reazioni degli armeni sono state logiche.

“Purtroppo, molti erano persino contenti di quello che stava succedendo”, ha detto Amirbekyan, aggiungendo che queste persone hanno fatto riferimento al sostegno dell’Ucraina all’Azerbaijan durante la guerra del 2020 come giustificazione per la loro indifferenza.

“Non posso condividere questo tipo di risposta, poiché questa [l’invasione della Russia] è un’aggressione che dovrebbe essere condannata, ma la propaganda del “nemico-alleato” era così forte in Armenia che si è creata una realtà in cui le persone sostengono la Russia”, ha dichiarato Amirbekyan OC Media.

“L’Ucraina, in questo contesto, era percepita come un nemico che vende armi e fosforo bianco all’Azerbaijan”. “Ma anche la Russia lo ha fatto… Tutti vendono armi a tutti”, ha aggiunto.

Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute, la Russia ha fornito oltre il 60% delle armi arrivate all’Azerbaijan tra il 2011 e il 2020, mentre l’Ucraina ne ha venduto solo l’1% nello stesso periodo, sebbene prima del 2010 quella cifra fosse significativamente più alta.

Un sospetto diffuso sul sostegno ucraino all’Azerbaijan è che Kiev fornisse a Baku fosforo bianco che venne poi usato dall’Azerbaijan durante la seconda guerra del Nagorno-Karabakh.

Il regista Sarik Andreasyan – ex amico del presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy – è stato uno dei tanti a diffondere tali voci, che Zelenskiy ha però categoricamente smentito.

Anche i media e la propaganda russi hanno svolto un ruolo significativo nella formazione dell’opinione pubblica armena, con oltre l’11% degli armeni che considera i media statali russi fonti di informazione affidabili. Il dato viene citato da Daniel Ioannsyan riferendosi ad un sondaggio commissionato dall’ “Unione dei cittadini informati”.

“Questo, tra le altre cose, influenza l’opinione pubblica e, sfortunatamente, il suo sostegno alle azioni di Putin. L’Armenia dovrebbe lavorare intensamente contro le campagne di disinformazione’.

Una di queste recenti “campagne” dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina è consistita in uno striscione di 50 metri con su scritto “esercito russo” pendente da uno dei ponti più grandi di Yerevan: il Kyivian.

Sebbene sia diventato immediatamente virale con centinaia di migliaia di visualizzazioni, i giornalisti locali hanno stabilito che lo striscione sia stato appeso solo per nove minuti – per essere filmato – prima di essere rimosso.

Anche i recenti eventi in Armenia, tra cui la rivoluzione del 2018 e la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, hanno cambiato le percezioni in Armenia. Questi eventi hanno reso gli armeni più “politicizzati”, afferma Aram Amirbekyan. “E sullo sfondo di ciò, gli eventi in Ucraina sono percepiti come parte di queste percezioni geopolitiche”.

La risposta dell’Armenia come stato era logica anche per Amirbekyan. “È difficile aspettarsi dall’Armenia, come stato, un sostegno esplicito all’Ucraina poiché le truppe russe sono in Karabakh come garante diretto della sicurezza di chi vi vive”.

‘Vorrei vedere di più. Mi piacerebbe vedere l’Armenia in una situazione geopolitica tale da poter condannare direttamente questa aggressione e questa politica colonial-imperiale”, conclude Amirbekyan. “Ma sono felice che si sia stati almeno in grado di mantenere una sorta di neutralità”.

“Allo stesso tempo, […] dovremmo notare che c’è compassione in Armenia nei confronti del popolo ucraino”, ha aggiunto.

“Dopotutto, ci sono molti armeni in Ucraina, le relazioni tra i paesi e le persone erano piuttosto intense. La vista di Kiev o Lviv bombardata è dolorosa anche per gli armeni”.

Pronti ad accogliere i profughi

Secondo le stime, vi sono quasi 400.000 armeni e persone con origini armene in Ucraina, mentre ufficialmente gli armeni in Ucraina sono circa 130.000. La più grande comunità armena all’estero, 1,2 milioni, è in Russia.

Sia il ministero degli Esteri armeno che il capo della comunità armena dell’Ucraina hanno affermato che non ci sono informazioni esatte su quanti armeni siano fuggiti dalla guerra o quanti siano rientrati in Armenia.

Tuttavia, il ministero ha espresso la volontà di accogliere non solo cittadini di etnia armena e cittadini armeni, ma anche rifugiati stranieri.

Il ministero dell’Economia ha anche istituito un gruppo per aiutare armeni, russi, bielorussi e ucraini che intendono trasferirsi in Armenia. Ciò include una procedura semplificata di trasferimento delle aziende registrate in quei paesi in Armenia.

Secondo il ministro dell’Economia Vahan Kerobyan, circa una dozzina di aziende russe sono già state trasferite in Armenia.

“Diverse aziende sono in arrivo. In generale, molte aziende hanno presentato domanda, decine o centinaia di aziende”, ha affermato Kerobyan. La maggior parte di loro provengono dal settore IT.

Kerobyan ha affermato che il governo stava cercando di rendere il paese un “ambiente accogliente” per gli stranieri che vi si trasferiscono, o trasferiranno, con le loro famiglie, parallelamente a fornire un ambiente lavorativo adeguato.

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