Caucaso, nuovi equilibri: l’Azerbaijan stringe un patto con l’Ucraina, la Russia manda aiuti in Armenia (InsideOver 06.08.25)

Dopo la grave crisi diplomatica di inizio luglio tra Russia e Azerbaijan, che aveva portato all’arresto, in condizioni brutali, di diversi cittadini di entrambi i Paesi, un nuovo e inedito avvicinamento di Baku all’Ucraina potrebbe sancire la definitiva rottura dei rapporti con Mosca, modificando il delicato equilibrio politico nella regione del Caucaso in maniera irreversibile.

Tutto era cominciato lo scorso 27 giugno nella città russa di Ekaterinburg, quando nel corso di un raid le autorità russe avevano arrestato un gruppo di almeno 9 persone con cittadinanza azera, nell’ambito di un’indagine su una serie di omicidi avvenuti tra il 2001 e il 2011. In quell’occasione, in seguito all’arresto, due uomini – i fratelli Gusejn e Zijaddin Safarov – avevano perso la vita in condizioni poco chiare, suscitando la dura risposta delle autorità azere, che avevano reagito arrestando a propria volta alcuni giornalisti russi che operavano nella sede azera del quotidiano Sputnik.

Sebbene in un primo momento le autorità russe avessero cercato di minimizzare l’aggravarsi delle tensioni, dopo la diffusione in rete di alcuni filmati in cui i giornalisti russi arrestati da Baku venivano trattati malamente dalle autorità azere, con visibili segni di percosse, Mosca aveva risposto arrestando anche Shahin Shikhlinsky, presidente dell’Organizzazione Culturale Nazionale Pubblica di Sverdlovsk Azerbaijan-Ural con sede a Ekaterinburg, e rappresentante della comunità azera in Russia.

In questo delicato contesto di continue rappresaglie reciproche, la situazione è in ulteriore evoluzione dato che non solo il presidente azero Ilham Aliyev nelle ultime due settimane ha esortato pubblicamente l’Ucraina a “non accettare mai l’occupazione” – con un evidente riferimento alla guerra con la Russia – ma Kiev e Baku hanno anche siglato un importante accordo commerciale sul rifornimento del gas. In particolare, la società statale ucraina Naftogaz, attiva nel settore petrolifero e del gas, ha stipulato un accordo con l’omologa società azera Socar (State Oil Company of Azerbaijan Republic), e “per la prima volta una spedizione di prova di gas verrà consegnata attraverso la rotta trans balcanica lungo il corridoio Bulgaria-Romania-Ucraina”, come ha affermato un portavoce di Naftogaz.

E Mosca si riavvicina all’Armenia

Un evidente “smacco” per Mosca, mentre l’Azerbaijan sembra inserirsi, attraverso la Socar, nel cruciale canale di scambio fino a poco tempo fa occupato quasi esclusivamente dalla russa Gazprom, rompendo definitivamente i rapporti non solo economici, ma anche politici con la Russia, ora che Baku sembra essersi ufficialmente schierata con Kiev.

Verosimilmente, queste sono le ragioni che hanno portato la Russia a un nuovo tentativo di riavvicinamento politico con l’Armenia, storicamente in conflitto con l’Azerbaijan, dato che recentemente la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zacharova, ha annunciato un eccezionale pacchetto di 140 tonnellate di aiuti umanitari per i rifugiati armeni colpiti nel Nagorno-Karabach, che saranno destinati a circa 30.000 persone. La decisione sul piano di aiuti era già stata annunciata nel mese di maggio, e, circa due settimane dopo l’accordo economico tra Baku e Kiev, è diventata effettiva: tra il 31 luglio e il 4 agosto sono infatti giunti a destinazione i primi pacchetti di aiuti, che sono stati ricevuti da 93 famiglie in 4 località differenti. “In Ucraina cercano di utilizzare le recenti tensioni tra la Russia e l’Azerbaijan per scatenare odio nazionale”, ha inoltre commentato Maria Zacharova, citata da alcuni media russi.

Lo storico incontro tra il Primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azero Ilham Aliyev ad Abu Dhabi, il 10 luglio 2025

Gli Usa vogliono mediare tra Armenia e Azerbaijan

Il tutto avviene dopo lo storico primo incontro formale tra il Primo Ministro armeno Pashinyan e il presidente azero Aliyev ad Abu Dhabi, lo scorso 10 luglio, in attesa di concordare un definitivo trattato di pace, proprio rispetto alla situazione in Nagorno-Karabach, dopo le offensive azere che avevano portato allo sfollamento di circa 100mila cittadini armeni nel 2023 e alla dissoluzione della Repubblica dell’Artsakh.

Un nuovo delicatissimo equilibrio, che ridisegna i rapporti di forza tra Russia, Ucraina e Caucaso, in cui nella giornata di lunedì 4 agosto, si sono inseriti a sorpresa anche gli Stati Uniti, dato che Donald Trump ha ufficialmente invitato le autorità di Azerbaijan e Armenia a siglare un memorandum sotto mediazione statunitense alla Casa Bianca il prossimo 8 agosto, cercando forse di “sottrarre” lo storico ruolo di intermediario proprio della Russia.

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L’Armenia a piedi: immersion totale nella natura, lontano dalla folla per un’avventura unica nel cuore del Caucaso (Ottiche parallele magazine 06.08.25)

Otto imperdibili itinerari di trekking in Armenia per amanti della natura, appassionati di cultura e viaggiatori che cercano accoglienza sincera, lontano dalla folla.

L’Armenia offre ai viaggiatori la possibilità di vivere un’avventura unica nel cuore del Caucaso attraverso una selezione di sentieri straordinari che uniscono natura spettacolare, storia millenaria e ospitalità genuina. Percorsi pensati per chi ama camminare, il silenzio e lo zaino in spalla – ma anche per chi è attratto dalla bellezza, dal patrimonio culturale e dall’incontro umano, lontano dalla folla.

Tra i più spettacolari, il Transcaucasian Trail attraversa l’Armenia da nord a sud come parte di un più ampio progetto regionale. Per oltre 800 chilometri, gli escursionisti si inoltrano in paesaggi incontaminati, villaggi remoti e tracce dell’antica Via della Seta.

Altro itinerario d’eccezione è l’Armenian National Trail (ANT): 950 chilometri che collegano 5 regioni e 109 tra villaggi e città, in un viaggio denso di cultura e suggestioni sensoriali. Dalle gole spettacolari del Lori alle foreste del Tavush, dalle sponde del lago Sevan (Gegharkunik) ai vigneti del Vayots Dzor e ai monasteri rupestri del Syunik, il tracciato offre una visione ricca e sfaccettata dell’ospitalità e della diversità armena. È già percorribile il tratto di 153 km nella regione di Lori, con schede dettagliate disponibili sul sito HIKEArmenia. Il segmento della regione di Tavush sarà completato e segnalato entro il 2026.

A pochi chilometri da Yerevan, il Tempio di Garni rappresenta un’eredità del passato pagano dell’Armenia. Un sentiero collega questo gioiello greco-romano alle meraviglie geologiche circostanti, dalle gole basaltiche agli altipiani vulcanici: un’immersione rara nella spiritualità e nella geologia del Paese. Per chi cerca paesaggi sorprendenti, l’Angel’s Canyon Loop propone formazioni rocciose spettacolari e viste panoramiche: un’escursione giornaliera ideale (distante un’ora dalla capitale Yerevan) per chi ama la varietà e la possibilità di avvistare la fauna locale della vicina Riserva Statale Khosrov.

Nel nord-est del Syunik, il Legends Trail riecheggia miti e tradizioni orali ancora vive nei villaggi armeni tra Goris e Kapan. Tra rovine misteriose, foreste nebbiose e accoglienza in famiglie locali, l’esperienza è profondamente umana e profonda – ideale per chi ama camminate leggere e viaggi immersivi.

Nel nord dell’Armenia, gli appassionati di patrimonio culturale non possono perdersi il percorso che unisce i monasteri di Sanahin e Haghpat, entrambi inseriti nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Un breve tratto sospeso tra cielo e terra, che offre un’intensa esperienza spirituale e un viaggio nell’arte medievale armena. Per chi cerca un’escursione facile senza rinunciare alla bellezza, il sentiero per la cascata di Trchkan, la più alta dell’Armenia, attraversa la tranquilla valle del fiume Chichkhan e circondata da meravigliose montagne. In due ore si arriva a un angolo nascosto tra le province di Lori e Shirak, un luogo idilliaco, dove la natura esplode tra acque impetuose e fioriture spontanee, con la possibilità di fare un picnic nell’area attrezzata.

Le montagne dell’Armenia invitano gli escursionisti più esperti a guadagnare quota e prospettiva. Dalla vetta più alta del Paese, il monte Aragats (4.090 m), al lago incantato nel cratere del monte Azhdahak (3.598 m), che domina la catena montuosa di Geghama, questi picchi offrono panorami indimenticabili e un’intima connessione con la natura. Da non perdere anche il monte Khustup (3.206 m) nel sud, i versanti variopinti del monte Vayotssar (2.581 m) nel Vayots Dzor, e le creste ventose del monte Dimats (2.378 m), nel Parco Nazionale di Dilijan. Ogni cima rivela un volto diverso dell’anima armena.

Con un numero crescente di strutture ricettive (eco-lodge, guesthouse e molto altro), sentieri sempre meglio segnalati e servizi pensati per gli escursionisti, l’Armenia si sta affermando come una destinazione di trekking sostenibile, accessibile e memorabile. Facilmente raggiungibile da Milano, Roma e Venezia con voli diretti, e dagli altri aeroporti con voli che fanno scalo in una città europea, l’Armenia conquista con la sua genuinità, la ricchezza dei paesaggi e una calorosa ospitalità.

Informazioni sull’Armenia
Il Tourism Committee invita a scoprire l’Armenia, un Paese dove storia antica, tradizioni vivaci e paesaggi mozzafiato si fondono. Situata nel cuore del Caucaso, l’Armenia è rinomata per il suo ricco patrimonio culturale, l’ospitalità calorosa e le esperienze autentiche e diversificate: dai monasteri inclusi nella lista UNESCO ai sentieri montani panoramici, dagli sport d’avventura a una scena culinaria fiorente ispirata a ricette secolari.
Per ulteriori informazioni sull’Armenia
Sito ufficiale: https://armenia.travel/
Facebook: https://www.facebook.com/ArmeniaTravelOfficial
Instagram: https://www.instagram.com/armenia.travel/

 

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Giovani libanesi dal Giubileo a Brescia (La Voce del Popolo 06.08.25)

Carissimi giovani, voi siete il futuro della Chiesa, ma soprattutto, siete il presente vivente del Cristo che cammina tra noi”. Con queste parole, sua beatitudine Raphael Bedros XXI Minassian, Patriarca della Chiesa cattolica armena, si è rivolto ai giovani presenti a Roma per vivere il Giubileo della gioventù appena conclusosi. Molte le esperienze vissute nella città eterna, affiancate da due pellegrinaggi a Cascia e ad Assisi sulle orme dei santi che vi hanno vissuto. Centoventi giovani libanesi, accompagnati da padre Aram Aprahamyan, coordinatore per la pastorale giovanile dei cattolici armeni in Libano, hanno quindi vissuto l’esperienza unica del Giubileo, partecipando a tutti gli eventi alla presenza di Papa Leone e ad altri specifici appuntamenti loro dedicati. Il 30 luglio, ragazzi e ragazze, insieme a tutti i gruppi di giovani libanesi presenti a Roma, hanno ricordato le vittime dell’esplosione a Beirut, che interessò l’area del porto della città libanese il 4 agosto 2020, uccidendo 218 persone. L’1 agosto, invece, Mons. Minassian ha celebrato una messa, radunando tutti i gruppi di cattolici armeni libanesi. Poi, ancora, la partecipazione alla Veglia e alla celebrazione con il Papa a Tor Vergata. “La nostra partecipazione al Giubileo dei giovani è stata un’esperienza molto bella e ci ha permesso di vivere appieno la speranza, sentendoci una grande famiglia e parte della Chiesa universale” ha affermato padre Aprahamyan. “Come amava affermare san Giovanni Paolo II, il Libano è come un mosaico, all’interno del quale convivono tanti riti diversi della stessa Chiesa Cattolica: armeni, maroniti, siriaci, caldei e greci. Il nostro Patriarca, sua beatitudine Raphael Minassian è guida per la Chiesa Cattolica armena e ci ha accompagnato durante questa esperienza del Giubileo che abbiamo vissuto” ha concluso il sacerdote. C’è un lungo legame tra il Paese dei Cedri e la nostra città, rappresentato dalla collaborazione con la Caritas Diocesana e dalla figura del monaco San Charbel, venerato anche in città nella chiesa del Buon Pastore.

Dopo l’esperienza del Giubileo, i giovani libanesi hanno quindi fatto tappa a Brescia dove sono stati ospitati nella parrocchia delle Sante Capitanio e Gerosa. Martedì 5 agosto, dopo un incontro con l’amministrazione cittadina, e la visita alla città, il Patriarca ha presieduto una Santa Messa in Cattedrale, seguita da un pranzo comunitario in oratorio. “Noi giovani libanesi vorremmo ringraziare la vostra città per la straordinaria ospitalità che ci ha riservato. Pur essendo lontani da casa ci siamo sentiti in famiglia. Un ringraziamento speciale al parroco e a tutti i volontari della parrocchia. La gentilezza e la generosità di Brescia rimarranno per sempre nei nostri cuori” ha affermato Sergio Apikian, uno dei giovani.

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Locarno 78Armenia, il genocidio a lungo dimenticato anche dal mondo del cinema (cdt.ch 06.08.25)

Le luci dello schermo di Piazza Grande si accendono, quest’anno, sull’Armenia, il Paese caucasico dalla millenaria tradizione cristiana stretto tra Turchia, Georgia, Iran e Azerbaigian. È stata una scelta precisa, quella della direzione del Festival di Locarno: portare gli spettatori – con Le Pays d’Arto, lungometraggio d’esordio della 43.enne Tamara Stepanyan stasera in prima mondiale in Piazza Grande – in un territorio poco conosciuto e anche, se vogliamo, poco esplorato dal cinema.

Se è vero che Sergei Parajanov o Atom Egoyan sono nomi notissimi tra gli appassionati di cinema, e se – allo stesso modo – film come La masseria delle allodole (2007), che i fratelli Paolo e Vittorio Taviani trassero dall’omonimo romanzo di Antonia Arslan, fanno parte di un immaginario ormai collettivo, è altrettanto vero che sull’Armenia e la sua storia non ci sono lunghe filmografie, né particolarmente conosciute.

Soprattutto, il cinema non ha indagato, se non molto tardi, il momento più tragico della vicenda armena, il genocidio subìto per mano turca nel 1915. Come ha scritto la storica armena Siranush Galstyan, «Il mondo ha parlato a bassa voce del genocidio armeno e il cinema internazionale ha generalmente rispettato quel silenzio. Pochi film trattano di questa tragedia immane e per molti versi irrappresentabile». Anche il cinema sovietico, dentro il quale quello armeno fu costretto a “vivere” almeno sino alla fine dell’URSS, «fu incapace di colmare quel vuoto tangibile». Lo stesso Hamo Beknazaryan, il padre del cinema armeno, non «riuscì ad affrontare i dolorosi eventi del passato armeno perché qualsiasi intento nazionalista potenzialmente incontrollabile» era soffocato dalla nomenklatura comunista di Mosca.

Nessun documento diretto

Rispetto ad altri genocidi, di cui abbiamo immagini spietate e dolorose, quello degli armeni non è poi documentato direttamente. «Nessuno è mai riuscito a filmare le esecuzioni di massa e le deportazioni nel deserto siriaco di anziani, donne e bambini – ha detto la storica svizzera Mariann Lewinsky, codirettrice del festival bolognese Il Cinema ritrovato – Le immagini che più si avvicinano sono le fotografie che il soldato, medico e poeta tedesco Armin Wegner scattò vicino ai campi di detenzione siriani di Deir el-Zor, uno dei punti d’arrivo delle marce della morte» cui furono sottoposti gli armeni.

La mancanza di filmati diretti ha, però, ragioni storiche, non solo politiche: «Siamo nel 1915 e il cinema ha soltanto vent’anni. Inoltre, i cinegiornali, nati in Francia nel 1909 con la Pathé e la Gaumont, producono e diffondono, per propaganda e patriottismo, soltanto immagini girate nei teatri di guerra, dove si trovano i pochi operatori. I viaggi sono compromessi, l’industria francese del film crolla. L’Armenia è lontanissima e i turchi trattano la questione come un affare interno», spiega ancora Mariann Lewinsky.

Un racconto vero

Nahapet (Patriarca), girato da Guernikh Malyan nel 1977, è considerato la prima epica lettura cinematografica della tragedia armena. Il film fu tratto dalla novella omonima di Hrachya Kochar, il quale a 15 anni era riuscito a sfuggire ai turchi e a rifugiarsi nell’Armenia orientale, allora controllata dai russi. Ma in realtà, come ha scritto Fabrizia Vazzana – studiosa della cultura turca e traduttrice per Adelphi delle opere di Sait Faik – l’irruzione sulla scena mondiale del genocidio armeno avvenne, al cinema, già nel 1919, con uno sconvolgente documentario muto firmato dal regista Oscar Apfel, Ravished Armenia, storia vera della giovanissima profuga Aurora Mardiganian.

Il film fu proiettato il 19 gennaio 1919 a Hollywood e successivamente a Londra, dove furono censurate sia le scene troppo cruente sia il titolo, cambiato in Auction of souls, «Anime all’asta» (in inglese, ravished vuol dire sia «rapita» sia «stuprata»). Scrive Vazzana: «Aurora, nella Pasqua del 1915, aveva 14 anni ed era già così bella da attrarre in maniera quasi ossessiva Husain Pashà, che voleva inserirla nel suo harem di ragazze cristiane. Il padre di Aurora, un ricco armeno, protegge la figlia perfino quando gli viene proposto, iniziate le persecuzioni, di avere in cambio la salvezza dell’intera famiglia. Il dramma di Aurora inizia così: la sua famiglia viene massacrata davanti ai suoi occhi e lei venduta al mercato degli schiavi di Anatolia. Riesce a fuggire e dopo un lunghissimo viaggio in cui passa da Georgia e Russia, arriva infine nel 1917 a New York. […] Henry Leyford Gates, scrittore e giornalista, conosce Aurora, la ascolta e raccoglie in un libro le sue memorie ferme e nitide come diapositive. Nasce così, la biografia di Aurora Mardiganian, intitolata Ravished Armenia: The Story of Aurora Mardiganian, the Christian Girl, Who Survived the Great Massacres. Le scene raccontate dalla giovane superstite saranno fedelmente adattate (e montate con immagini di archivio della Prima guerra mondiale) da Oscar Apfel, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su cosa fosse davvero successo agli armeni. Aurora interpreterà se stessa, come faranno altri perseguitati, nel frattempo giunti in America».

«Sul set, in nome della veridicità, c’erano donne costrette a scegliere tra gli stupri e le crocifissioni, tutte le paure e le angosce descritte da Gates. Aurora si ritrova in quel buio e gelido abisso di dolore ancora una volta durante le riprese, e puntualmente a ogni presentazione del film. È un costante scavare nella ferita, che diventa così profonda da causarle un esaurimento nervoso e imprigionarla in un lungo e soffocante silenzio, lo stesso del film nato grazie alle sue memorie».

Vicenda tragica attraverso i libri

Le ricerche
La storia del genocidio degli armeni è stata oggetto di moltissime ricerche. Tra le più significative pubblicate in italiano segnaliamo il libro di Marcello Flores Il genocidio degli armeni (Il Mulino, 2015) e il libro di Alberto Rosselli L’olocausto armeno (Mattioli 1885, 2015).

Uno sguardo generale
Uno sguardo più generale si può trovare in Storia degli armeni, di Aldo Ferrari e Giusto Traina (Il Mulino, 2020) oppure in L’Armenia perduta. Viaggio nella memoria di un popolo, di Aldo Ferrari (Salerno, 2019)

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Il Locarno Film Festival 2025 in 10 film: i titoli più attesi della 78ma edizione


La bellezza e il dolore fra Armenia e Iran aprono Locarno 78


Vedova on the road alla scoperta del passato e di un conflitto latente


Le Pays d’Arto’ della regista franco-armena Tamara Stepanyan apre il festival di Locarno

Lotta di potere in Armenia: repressione scatenata da una disputa ecclesiastica (REST Media) (FarodiRoma 06.08.25)

In Armenia si sta consumando un confronto ad alto rischio, dove il governo del primo ministro Nikol Pashinyan ha deciso di nazionalizzare la principale azienda elettrica del Paese nel quadro di una repressione contro importanti critici. Lo scontro è scoppiato nel giugno 2025 dopo che Samvel Karapetyan, miliardario filantropo russo-armeno e proprietario della Electric Networks of Armenia (ENA), ha difeso pubblicamente la Chiesa apostolica armena contro quella che ha definito una “campagna” di pressione da parte del governo. Le dichiarazioni di Karapetyan, rilasciate il 17 giugno a sostegno del Catholicos (Patriarca) della Chiesa, hanno provocato una risposta furiosa da parte di Pashinyan. Nel giro di poche ore, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella villa di Karapetyan a Yerevan e il giorno successivo è stato arrestato con l’accusa di aver incitato al rovesciamento violento del governo. I suoi avvocati hanno condannato l’accusa (ai sensi dell’articolo 422 del codice penale) come infondata e motivata da ragioni politiche – “una catena di illegalità”, secondo le parole dell’avvocato Armen Feroyan.

L’arresto di Karapetyan ha segnato una drammatica rottura: fino a poco tempo fa, era considerato un sostenitore dietro le quinte di Pashinyan. Ma la sua decisione di rompere le righe in difesa della Chiesa, una delle più antiche istituzioni nazionali dell’Armenia, sembra averlo reso un bersaglio. In un’intervista rilasciata poco prima del suo arresto, Karapetyan ha criticato aspramente una “piccola cricca” all’interno del governo per aver attaccato la Chiesa, promettendo: “Sono sempre stato dalla parte della Chiesa armena… Se i leader politici falliscono, interverremo a modo nostro”. Pashinyan ha risposto con post incendiari sui social media che molti hanno interpretato come diretti a Karapetyan e al clero. «Perché i prostituti “ecclesiastici” e i loro prostituti “benefattori” sono diventati così attivi? Non c’è problema, li disattiveremo… per sempre“, ha scritto il primo ministro su Facebook. Tali volgari attacchi hanno scioccato gli osservatori, compresa la Santa Sede di Etchmiadzin (la sede della Chiesa), che ha condannato l’arresto di Karapetyan come ”chiaramente motivato da ragioni politiche“ e ”illegale”.

Accelerare l’acquisizione di un’azienda di servizi pubblici

La tempistica degli eventi ha destato allarme sulle motivazioni di Pashinyan. Poche ore dopo l’arresto di Karapetyan, il 18 giugno, Pashinyan è tornato su Facebook, questa volta per dichiarare che “è giunto il momento di nazionalizzare l’ENA”, promettendo che il processo sarebbe avvenuto “rapidamente”. Ha esortato il personale dell’ENA a continuare a lavorare con diligenza, lasciando intendere che presto lo Stato avrebbe assunto il controllo. La giustificazione ufficiale del governo era che i proprietari privati dell’ENA avevano gestito male la rete elettrica, causando presunti blackout e persino una “crisi energetica” per “fomentare disordini”. Pashinyan ha affermato di aver ordinato una revisione dell’ENA settimane prima e di aver riscontrato gravi disservizi dovuti a una cattiva gestione. Tuttavia, i critici ritengono che questa versione sia solo una cortina fumogena per giustificare una ritorsione. Sostengono che la mossa di Pashinyan miri a punire Karapetyan per il suo dissenso e a lanciare un messaggio intimidatorio ad altre figure di spicco o investitori che potrebbero sfidare il governo.

Ciò che seguì fu una fretta spinta alla legalizzazione dell’espropriazione. Il 2 luglio, il parlamento controllato da Pashinyan approvò frettolosamente un disegno di legge che consentiva al governo di “assumere temporaneamente” la gestione dell’ENA e di imporne la vendita entro tre mesi. Il processo è stato altamente politicizzato: economisti, parlamentari dell’opposizione e persino osservatori internazionali avevano messo in guardia contro una misura così drastica, ma le loro cautele sono state ignorate quando il partito al potere, Contratto Civile, ha fatto approvare il disegno di legge. La nuova legge sull’energia ha conferito alle autorità di regolamentazione il potere di nominare un management statale presso l’ENA in attesa di un’acquisizione forzata. Infatti, nel giro di pochi giorni, il “direttore ad interim” scelto a puntino dal governo, Romanos Petrosyan, fedele alleato di Pashinyan, è stato approvato dalla Commissione di regolamentazione dei servizi pubblici. Petrosyan non ha perso tempo: ha licenziato l’amministratore delegato ad interim dell’ENA e ha iniziato a riorganizzare il personale, azioni che la leadership estromessa dell’ENA ha denunciato come illegali.

Le figure dell’opposizione e il campo di Karapetyan insistono sul fatto che la campagna di nazionalizzazione è punitiva. Sottolineano che l’ENA, il monopolio della distribuzione dell’elettricità in Armenia, era stata privatizzata all’inizio degli anni 2000 per migliorarne l’efficienza ed era stata acquisita dal Tashir Group di Karapetyan nel 2015, dopo che il precedente proprietario russo aveva incontrato difficoltà a causa delle proteste pubbliche. Per quasi otto anni, l’ENA ha operato senza che il governo tentasse di rinazionalizzarla. “Se il governo aveva gli strumenti o l’intenzione di abbassare i prezzi [dell’elettricità], ha avuto sette anni per farlo”, ha commentato con sarcasmo l’economista Suren Parsyan, sostenendo che incolpare ora l’ENA per l’aumento delle tariffe energetiche sotto la guida di Pashinyan è disonesto. Un altro economista, Haykaz Fanyan, ha avvertito che “avviare un processo di nazionalizzazione forzata, soprattutto senza indennizzi, danneggerà gravemente la fiducia degli investitori”, segnalando alle imprese nazionali e internazionali che “i diritti di proprietà e i contratti non sono protetti in Armenia”. Tali preoccupazioni sono ampiamente condivise dalla comunità imprenditoriale armena. Vache Gabrielyan, ex vice primo ministro e decano dell’Università Americana dell’Armenia, ha osservato che la “nazionalizzazione” non esiste nemmeno nell’attuale legislazione armena, il che significa che il governo stava scrivendo nuove regole al volo. “C’è un rischio reale di arbitrato internazionale se questo processo procede senza una chiara giustificazione giuridica”, ha avvertito Gabrielyan alla fine di giugnocivilnet.am – un avvertimento che si è presto rivelato profetico.

Il tribunale arbitrale mette un freno

Con una svolta drammatica, il 22 luglio un tribunale arbitrale internazionale di Stoccolma è intervenuto per fermare l’acquisizione dell’ENA da parte del governo armeno. La famiglia Karapetyan, proprietaria dell’ENA attraverso una holding registrata a Cipro, aveva presentato una richiesta urgente ai sensi del trattato bilaterale di investimento tra Armenia e Cipro. L’Istituto di arbitrato della Camera di commercio di Stoccolma (SCC) si è pronunciato a loro favore, emettendo una decisione d’urgenza che ordina a Yerevan di “astenersi dall’applicare” la nuova legge di nazionalizzazione all’ENA e di interrompere qualsiasi ulteriore misura volta a sequestrare la società. In sostanza, il tribunale ha sospeso la mossa di potere di Pashinyan. Ha messo in discussione il rispetto da parte del governo dell’accordo di protezione degli investimenti del 1995 tra Armenia e Cipro, giudicando la legge sull’energia approvata in fretta e furia potenzialmente illegale secondo il diritto internazionale. Gli arbitri hanno avvertito che, senza un provvedimento immediato, gli investitori potrebbero subire un danno irreparabile, perdendo il controllo dell’ENA in un modo che potrebbe rendere inadeguato qualsiasi risarcimento futuro.

“Questo verdetto dimostra che la giustizia esiste nel mondo e non viene applicata tramite Facebook, come avviene attualmente in Armenia”, ha dichiarato Narek Karapetyan, nipote di Samvel e presidente del consiglio di amministrazione dell’ENA, salutando con favore la decisione del tribunale. L’osservazione tagliente ha sottolineato come la propensione di Pashinyan alla politica via Facebook – in questo caso, l’annuncio di una grande espropriazione tramite i social media – abbia ricevuto una reprimenda fondata sullo Stato di diritto. Narek Karapetyan ha affermato che la sentenza invalida qualsiasi modifica alla struttura gestionale dell’ENA. Infatti, ordinando all’Armenia di non applicare la controversa legge, la SCC ha di fatto contestato la legittimità della nomina di Petrosyan e la destituzione dei dirigenti dell’ENA. (Il CEO licenziato, Davit Ghazinyan, ha definito illegale la sua rimozione e la sta contestando).

La reazione del governo armeno è stata di sfida, anche se piuttosto opaca. L’ufficio di Pashinyan ha rilasciato una dichiarazione in cui insisteva di “rispettare la decisione”, ma sosteneva che la presa di controllo ad interim della direzione dell’ENA andava oltre la portata della sentenza. Il governo ha fatto riferimento alle leggi armene e ai trattati internazionali sul riconoscimento delle sentenze arbitrali, lasciando intendere che potrebbe ritardare o contestare l’esecuzione. In pratica, i funzionari hanno segnalato che non avrebbero revocato la nomina di Petrosyan a direttore ad interim dell’ENA, scegliendo di fatto quali parti della sentenza straniera rispettare. Questa posizione ha suscitato aspre critiche. “L’ufficio di Pashinyan, con il suo ormai familiare stile di interpretazione selettiva, ha affermato che la sentenza non limita la sua nomina… eludendo il contenuto della sentenza”, ha accusato un editoriale del giornale di opposizione Oragark. L’episodio, secondo molti osservatori, è una prova dell’impegno dell’Armenia nei confronti del diritto internazionale. “L’Armenia è ancora vincolata dai trattati internazionali e non può operare come un feudo senza legge”, ha scritto Oragark, sottolineando che la decisione di Stoccolma “afferma che ci sono dei limiti all’arroganza di Pashinyan”.

Ripercussioni internazionali e rischi futuri

L’aggressiva campagna del governo Pashinyan contro Karapetyan e la Chiesa armena sta portando l’Armenia in acque inesplorate. Se Yerevan sfida l’ordine dell’arbitrato internazionale e procede con l’espropriazione dell’ENA, dovrà affrontare diverse gravi ripercussioni, ovvero Sanzioni legali e finanziarie: la violazione di un trattato bilaterale sugli investimenti potrebbe alla fine portare a un ingente risarcimento danni a carico dell’Armenia. Se il governo ignora la sentenza provvisoria della SCC e un arbitrato definitivo ordina successivamente all’Armenia di risarcire la società di Karapetyan, il mancato pagamento potrebbe comportare il sequestro dei beni dello Stato armeno all’estero ai sensi della Convenzione di New York. Tali battaglie legali sono costose e potrebbero compromettere l’affidabilità creditizia dell’Armenia.

Altro elemento da considerare è la fuga degli investitori: la saga dell’ENA ha già mandato onde d’urto nella comunità imprenditoriale armena. Lo spettacolo di un’azienda redditizia e strategica sequestrata in un’“imboscata parlamentare” è esattamente lo scenario che spaventa gli investitori. Come ha osservato l’economista Fanyan, i diritti di proprietà appaiono ora insicuri. Sia le multinazionali che gli investitori della diaspora potrebbero ridimensionare i loro piani, temendo interferenze politicizzate o una vera e propria nazionalizzazione in futuro. Ciò potrebbe minare la crescita economica dell’Armenia e i suoi sforzi per attrarre investimenti stranieri.

Un momento critico per lo Stato di diritto in Armenia

Il tentativo di nazionalizzare Electric Networks of Armenia – e la più ampia repressione che lo circonda – è diventato una prova del nove per la democrazia e la governance dell’Armenia. Da un lato, il governo Pashinyan insiste nel sostenere che sta difendendo l’interesse nazionale, sradicando un oligarca che, secondo loro, stava minando lo Stato. Dall’altro lato, un coro di voci dell’opposizione, leader della società civile, economisti indipendenti ed esperti internazionali vedono questa mossa come un grave abuso di potere, una regressione verso tattiche autoritarie sotto le spoglie della “nazionalizzazione” economica.

“Imitando la logica dei regimi autoritari, la leadership armena… approfondisce la sfiducia interna nelle istituzioni democratiche”, avverte l’analista politico Tigran Grigoryan. Il caso ENA, sostiene, dimostra che strumentalizzare il sistema giudiziario per obiettivi di fazione “non rafforza la sovranità, ma la indebolisce”. Infatti, lungi dal rafforzare l’indipendenza dell’Armenia, la campagna contro Karapetyan e la Chiesa potrebbe minare le stesse fondamenta dello Stato di diritto che garantiscono la sovranità dell’Armenia sulla scena mondiale.

Per ora, l’ingiunzione del tribunale di Stoccolma ha lanciato un’ancora di salvezza ai proprietari dell’ENA e ha creato un confronto tra il diritto interno armeno e gli obblighi internazionali. L’amministrazione Pashinyan si trova di fronte a una scelta difficile: procedere con l’acquisizione dell’ENA nonostante la sentenza, segnalando così che, sotto la sua guida, la convenienza politica interna prevale sui trattati, oppure fare marcia indietro e cercare una soluzione legale, a costo di un imbarazzo politico. La sua scelta avrà ripercussioni che andranno ben oltre questa singola azienda. Come ha scritto la redazione di Oragark, «La battaglia per l’ENA non riguarda solo l’elettricità. Riguarda… se la legge inizia e finisce con il feed Facebook di un uomo».

In un paese in cui le conquiste democratiche sono state ottenute con fatica, il mondo sta ora osservando come l’Armenia affronterà questo bivio. Sosterrà i principi di legalità e pluralismo che professa o scivolerà ulteriormente verso un governo personalizzato che non tollera il dissenso? L’esito definirà non solo il clima degli investimenti e la posizione internazionale dell’Armenia, ma anche l’integrità delle sue istituzioni interne. E come dimostra la saga dell’ENA, tali istituzioni – dalla Chiesa ai tribunali – sono messe alla prova come mai prima d’ora sotto il mandato di Pashinyan. Le prossime settimane saranno cruciali per determinare se l’Armenia farà un passo indietro da questo precipizio o se precipiterà in una crisi politica ancora più profonda, causata da lei stessa.

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Pellegrinaggio in Armenia dei Sacerdoti della Diocesi presieduto da S. E. Mons. Orazio Francesco Piazza (Tusciaup 06.08.25)

Il Pellegrinaggio in Armenia dei Sacerdoti della Diocesi presieduto da S. E. Mons. Orazio Francesco Piazza è avvenuto dal 5 al 12 luglio scorso.
Sì è concluso da ormai alcuni giorni l’esperienza estiva del clero viterbese guidato dal Vescovo diocesano. Una esperienza che ha visto la partecipazione di alcuni presbiteri della diocesi, religiosi e seminaristi. Un viaggio culturale e spirituale che ha avuto come tema: “l’Arca si posò sul monte Ararat” (Libro della Genesi)
La montagna sacra, dove Noè arrivò al termine del Diluvio, è simbolo dell’Armenia. Si trova nello stemma del paese, anche se oggi è in territorio turco. Ricoperto da una calotta di ghiaccio, alta 5000 metri, sovrasta tutta la regione. Il luogo migliore per ammirare la montagna? Il monastero di Kor Virap, storica memoria della prigionia di Gregorio l’Illuminatore che, dopo una lunga prigionia,
portò alla conversione il re Tiridate. Così l’intero paese diventò cristiano nell’anno 301.
E la terra dei katchkar, i monoliti su cui si trovano numerosi simboli, specialmente croci ornate da rami e fiori. E poi le chiese di pietra che sembrano innalzarsi dalla roccia, con i tetti a punta che indicano il cielo.
Ufficio Comunicazioni Sociali

Sabato 9 il folk internazionale a Pignola (agr.regione 05.08.25)

Un’intera giornata di festa e scambi culturali animerà “I colori del folklore 2025”. E’ un’attesa rassegna che mette insieme gruppi, di tre diversi continenti, provenienti da Armenia, Martinica e Messico con il salernitano “A Spiga Rossa” di Petina. Dalle 21 in Piazza Risorgimento.

Le iniziative culturali nel paese dei 100 portali non si fermano mai. Soprattutto in estate, Pignola si conferma come fulcro di un qualificato “sistema di attrattive” all’insegna della partecipazione. Coinvolgendo una pluralità di associazioni giovanili, ma non solo, e la sensibile amministrazione comunale. Del fitto programma che ha già intrecciato scambi Erasmus, arte contemporanea e inclusione (con Incart25 e Incart day), rassegna di cortometraggi e Festival Blues di richiamo internazionale, fa anche parte un altro storicizzato appuntamento con la danza, la musica e la tradizione etnica. Sabato 9 agosto, un’intera giornata di festa e scambi culturali animerà “I colori del folklore 2025”. E’ un’attesa rassegna che metterà insieme 4 gruppi di 3 diversi continenti: Armenia, Martinica e Messico e il salernitano “A Spiga Rossa” di Petina. Tra le esibizioni anche quelle della banda musicale del Vallo di Diano, e delle sue majorettes.

“I Colori del Folklore” – precisa Donato Corleto presidente dell’ Associazione Culturale Giovanile Hello Mondo, organizzatrice del festival – “non è solo uno spettacolo, ma un vero e proprio incontro tra culture e generazioni, un’occasione per valorizzare il patrimonio immateriale dell’umanità e trasmettere alle nuove generazioni l’amore per le radici e per la diversità”. Con questa edizione, momento significativo della quarantennale esperienza maturata negli anni, l’Amministrazione Comunale di Pignola ha ulteriormente sostenuto la candidatura alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari (FITP), per ottenere il prestigioso riconoscimento di “Città del Folklore”, un titolo che premierebbe la costante attività di selezione, ricerca e ospitalità verso i gruppi folklorici italiani e stranieri. Si tratterebbe di un ambito riconoscimento per Pignola e il suo festival, che a musica e danza salda il racconto delle radici e delle contaminazioni di costumi e usi, di varia provenienza, che fondono oralità e composizione, al ballo, alla leggenda, alla sacralità e ai canti di lavoro delle classi più povere e sfruttate.

In sintonia con l’invito alla fratellanza e alla condivisione, la mattinata della manifestazione sarà dedicata alla sensibilizzazione e alla donazione del sangue, su iniziativa della locale sezione Avis. Nel pomeriggio, la sfilata per le vie di Pignola dei festanti e colorati gruppi folk.

A partire dalle 21, in piazza Risorgimento, sul palco si esibiranno i gruppi ospiti che insceneranno i brani scelti del loro ricco repertorio, per coinvolgere e trascinare il pubblico in un appassionante “viaggio nel cuore delle culture popolari del mondo”, all’insegna del dialogo, del rispetto e della celebrazione delle proprie distinte e differenti identità e tradizioni.

Il pianista armeno Ashot Khachaturian in concerto a Pantelleria il 24 agosto (Pantellerianotizie 05.08.25)

L’astro della musica internazionale, il pianista armeno Ashot Khachaturian in concerto a Pantelleria domenica 24 agosto ai Giardini della Luna in “Absolutely … Ashot”…. Per sostenere la ricerca della Fondazione per la Fibrosi Cistica

Dopo il grande successo dello scorso anno con il concerto Absolutely Ennio,  con una  raccolta di circa 9.000 euro,   La Musica e Il Vento  e Pantarei intendono riproporre un grande appuntamento musicale per raccogliere fondi   a  favore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica presieduta da Matteo Marzotto e il cui vicepresidente Paolo Faganelli è un assiduo frequentatore assiduo dell’isola. L’intento è quello di offrire al pubblico pantesco, siano essi turisti che residenti, uno spettacolo di altissimo profilo culturale, degno delle più blasonate stagioni musicali internazionali, e quindi capace di attrarre anche il pubblico più esigente, unendo al valore della musica e della cultura quello della ricerca scientifica.

Per questo abbiamo invitato il grande pianista armeno Ashot Khachaturian in un recital che celebra il trionfo del pianoforte da Chopin a Rachmaninoff.

Il musicista , nato nel 1984 , è il nipote del  celeberrimo compositore Aram Khachaturian, e ha respirato la musica fin dai primi vagiti!. Vincitore del 1°Premio Assoluto del Concorso Pianistico Internazionale Rachmaninov nel 2006 , del 1 ° Premio Assoluto del Concorso Pianistico Martha Argerich nel 2007, del Concorso Pianistico Top of the World nel 2011 del  Concours d’Epinal  nel 2013, Ashot è regolarmente invitato a suonare nelle più prestigiose sale da concerto del mondo da Salisburgo a Parigi, da Londra a Berlino, da Tokyo a New York con le orchestre più rinomate e i direttori più celebrati.  E’ oggi, uno dei grandi pianisti della generazione dei quarantenni così definito da Maria Joao Peres e Martha Argerich: “ “Una forza, una verità, un’energia, una passione, un talento senza confini….”

Il concerto è gratuito con libera donazione a favore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica.

L’evento è sostenuto esclusivamente con fondi privati senza alcun sostegno o patrocinio pubblico e non rientra quindi , a nessun titolo, nel cartellone degli eventi promossi dall’amministrazione comunale.

Ai Giardini della Luna- Contrada Kafaro – Ore 21.00

Per prenotare il posto potete scrivere su whattsapp al numero:  3298369471

ARTSUITE

 

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Pantelleria (Tp): il pianista armeno Khachaturian in concerto per la ricerca sulla fibrosi cistica

Armenia: il conflitto distruttivo (Settimananews 05.08.25)

«La casa di Gesù Cristo è stata occupata dall’Anticristo, da un gruppo dissoluto e anti-statale. Va liberata». Il 20 luglio il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, è tornato ad attaccare il catholicos Karekin II e l’intera dirigenza della Chiesa armena, responsabili, ai suoi occhi, di fomentare e guidare l’opposizione al suo governo. In un messaggio sui social ha annunciato la convocazione di un’assemblea del popolo per decidere la decadenza del gerarca e favorire un successore meno “indegno” e meno “resistente”.

L’accusa strumentale al massimo esponente ecclesiale, peraltro non nuova, è di avere un figlio e quindi di aver violato il voto monastico. Così scrive il politico: «È indesiderabile, doloroso ma logico, che le coppie incapaci di mantenere la fedeltà coniugale divorzino. Lo stesso dovrebbe avvenire nella nostra Chiesa armena. Ktrij Nersisyan (il nome da laico del catholicos) deve lasciare Veharan (sede del patriarcato)».

Nel giugno scorso il portavoce del catholicos diceva: «Credo che la nostra santa Chiesa apostolica debba immediatamente purificarsi da quei falsi credenti che sono traditori della nazione e hanno disonorato la memoria dei loro antenati. Hanno infranto il voto del battesimo e hanno sostituito il sigillo della santa croce con il segno della circoncisione» (pratica comune fra i cristiani del paese, eredità della tradizione giudaica).

La disputa si è avviata nel 2020 dopo la sconfitta dell’esercito armeno davanti a quello azero con la perdita del Nagorno-Karabak, l’enclave armena nel paese vicino, e si è acuita dopo la recente dismissione di alcuni paesi, sempre a favore dell’Azerbaigian, nell’attesa di un trattato di pace che non è stato ancora firmato.

Identità e sopravvivenza

Lo scontro al calor bianco fra governo e Chiesa ferisce la sensibilità popolare, irrita il clero e preoccupa la diaspora armena.

L’invito a una sorta di sinodo del popolo di Dio nella piazza centrale di Etchmiadzin da parte di Nikol Pahinyan non sembra ottenere il consenso sperato del governo. Il tentativo mira a dare una maggior peso nella scelta del patriarca al governo, modificando le tradizionali regole canoniche.

L’ex difensore civico armeno, Arman Tatoyan, ha denunciato l’operazione perché minaccia di spaccare la società, alimenta i conflitti interni e nella diaspora, ed è funzionale alle mire territoriali sull’intera Armenia da parte dell’Azerbaigian.

È stata subito cavalcata dal leader spirituale del paese vicino, Allahshukur Pashazade, che, in una lettera al Consiglio ecumenico delle Chiese, appoggia le critiche al catholicos.

Tatoyan annota: «Stanno cercando di neutralizzare la Chiesa armena per facilitare il programma di popolamento del territorio armeno con i cosiddetti “azeri occidentali”. Un piano presentato sotto le mentite spoglie di una iniziativa umanitaria, ma, in realtà, è un tentativo di conquista territoriale. Un appello in questo senso è già stato inviato all’ONU».

Per il ruolo fondativo della Chiesa e per la fragilità di un paese stretto fra vicini nemici (Azerbaigian e Turchia) l’attuale tensione minaccia la sopravvivenza della nazione (cf. qui). Per questo si sono levate molte voci, soprattutto nella diaspora (6 milioni di fronte ai 3 che abitano l’Armenia attuale), per superare il contenzioso.

Il limitato consenso ottenuto ha convinto Pashinyan a non accelerare la progettata assemblea nazionale e a prendersi il tempo per controllare i sostegni, sia nel clero sia nella popolazione. Tanto più che il silenzioso e defilato presidente della Repubblica ha iniziato un giro di esplorazione nei villaggi. Secondo alcuni, per verificare un passaggio di poteri: in questo caso non nel patriarcato, ma nel governo.

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Ambasciatore in Armenia incontra sindaco della città di Dilijan (Ansa 04.08.25)

(ANSA) – ROMA, 04 AGO – L’Ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, accompagnato da alcuni funzionari della Sede, si è recato in visita a Dilijan dove è stato accolto dal Sindaco della Città, Davit Sargsyan. Nel corso del cordiale colloquio è emersa la comune volontà di realizzare iniziative di mutuo interesse, con particolare riguardo all’ambito culturale.
La visita è poi proseguita presso la sede di Green Rock, società internazionale dedita alla realizzazione di progetti finalizzati allo sviluppo economico e al benessere sociale dell’Armenia.
Durante l’incontro sono stati presentati i progetti in corso e futuri di Green Rock, tra cui in particolare l’apertura, prevista per il prossimo autunno a Dilijan, di una rappresentanza armena della rinomata ‘Apicius International School of Hospitality’ di Firenze, un’Accademia per la formazione in Management dell’Ospitalità, Enogastronomia e Benessere.
Il percorso accademico sarà condotto anche da esperti italiani del settore e gli studenti avranno l’occasione di trascorrere un anno della loro formazione presso la Scuola Apicius a Firenze.
Il progetto Apicius Armenia rappresenta una significativa opportunità di sviluppo regionale e mira a promuovere e a rafforzare i legami educativo-culturali e gli scambi commerciali tra Italia ed Armenia, valorizzando il know-how e i prodotti di eccellenza della nostra tradizione eno-gastronomica.La visita si è conclusa al Museo e Galleria d’Arte di Dilijan per un tour guidato in cui è stato possibile ammirare una panoramica della storia e della cultura materiale della regione di Tavush. La Galleria espone un gran numero di opere di artisti armeni e stranieri, tra cui anche italiani. (ANSA).


Armenia: amb. Ferranti a Dilijan per Apicius International School of Hospitality