GLI 80 ANNI DEL MAESTRO RICCARDO MUTI, LA MUSICA COME MISSIONE (Famigliacristiana 28.07.21)

Il grande direttore d’orchestra, nato a Napoli il 28 luglio 1941, ha annunciato di voler festeggiare il compleanno in famiglia. E’ reduce da una tournée in Armenia e dall’Arena di Verona. Domani sarà al Quirinale: in diretta su Rai 1, alle 20.30 per il G20 della cultura, la “Sinfonia dal nuovo mondo di Dvorak”. Ripubblichiamo un’ampia intervista realizzata nel 2020

“Adda passa ‘a nuttata”, sospira Riccardo Muti mentre cita Eduardo De Filippo per commentare questa fase in cui, causa Covid, la vita musicale  e culturale si è rallentata. “In realtà”, racconta il maestro, “non mi sono del tutto fermato. Ancora non posso dirigere a Chicago, perché le orchestre americane stanno ferme, però ho diretto al  Ravenna Festival, a Paestum, a Salisburgo tre concerti con i Wiener Philarmoniker e il 3 ottobre ho avuto l’onore di dirigere al Quirinale l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini per le celebrazioni dedicate a Dante Alighieri”. Questi concerti sono raggi di luce nella “nuttata”, ma resta la preoccupazione. “Questo virus”, prosegue Muti, “uccide le persone, l’economia e anche la cultura. Mi fa pensare a una riflessione di Cassiodoro citata dal cardinale Ravasi: una delle più grandi punizioni per l’umanità è restare senza musica”.

Il virus ha ritardato anche l’uscita del libro “Le sette parole di Cristo” in cui Muti dialoga con il filosofo Massimo Cacciari. Pubblicato da Il Mulino, il testo fa parte della collana “Icone: pensare per immagini”. L’immagine ispiratrice è quella di un capolavoro di Masaccio (1401-1428) , la “Crocifissione” esposta nel Museo di Capodimonte, a Napoli. Nel loro dialogo Muti e Cacciari riflettono sul dipinto e sulla composizione di Franz Joseph Haydn (1732-1809) intitolata “Sette ultime parole del nostro Redentore in croce”, che sembra dare un suono a quella immagine.

Maestro, come è nata la sua conoscenza con Cacciari?

“Ho conosciuto Massimo quando ricevetti una laurea honoris causa dalla Università San Raffaele di Milano, dove lui insegna, poi è venuto spesso al Festival di Ravenna. Cacciari è una persona straordinaria, un filosofo che cerca sempre la verità in ogni cosa. La sua è una mente superiore e io ho cercato di mettermi alla sua altezza in un dialogo dove siamo  riusciti a trovare un punto di contatto fra la filosofia, arte dei concetti, e la musica, arte dei suoni. Abbiamo trovato molte consonanze fra il capolavoro di Masaccio e quello di Haydn, espressioni straordinarie di una umanità, creatività e spiritualità con una tendenza irrefrenabile verso l’alto”.

Che cosa la colpisce nel dipinto di Masaccio?

“Le diverse espressioni del dolore che troviamo nei quattro personaggi. La Madre raccolta in un angolo con le mani giunte. Giovanni in un atteggiamento di grande tenerezza. La  Maddalena che sembra irrompere nel dipinto con il suo manto porpora, la chioma dorata le braccia alzate verso il crocifisso. Cristo spogliato della sua divinità, raffigurato come un uomo che soffre. Sono quattro figure unite dalla sofferenza”.

Haydn che suono dà a questa sofferenza?

“L’ immenso capolavoro di Haydn parte con una introduzione musicale, seguono le varie sonate ispirate da una frase di Cristo in croce, infine c’è un terremoto che in due minuti chiude in maniera tempestosa la composizione. Ogni parola di Cristo ispira la fantasia compositiva di Haydn a creare una situazione sonora che non descrive, ma evoca lo stato d’animo di una persona sul punto di morire in maniera così atroce”.

Lei spiega che eseguire questa musica rappresenta una esperienza interiore molto forte.

“Sì, ho eseguito molte volte questa composizione, una volta anche presso la tomba di Haydn. L’ho incisa tre volte con i Wiener Philarmoniker, i Berliner Philarmoniker  e con l’Orchestra della Scala., Spesso ho chiesto a un sacerdote di introdurre brevemente ogni sezione dell’opera di Haydn. L’ho fatto anche con il cardinale Ravasi e con gli arcivescovi di Chicago e Ravenna, ogni volta è stato interessante ascoltare la spiegazione del significato profondo delle parole di Cristo”.

Dialogando con  Cacciari lei dice che esiste un’armonia dell’universo, come la spiega?

“Sì, ho sempre pensato che l’universo abbia un suo suono che noi non possiamo cogliere, non è possibile che l’universo sia completamente muto”.

Chi o che cosa muove il tutto?

“Chiamiamolo Dio, natura, creato, ma immagino questo movimento che genera suoni. E ho sempre pensato che un musicista come Mozart ha potuto scrivere una musica così sublime proprio perché attraversato da questi raggi sonori. L’esistenza di Mozart è una prova dell’esistenza di Dio”.

Lei nel libro lascia in sospeso una domanda: la musica del Paradiso è quella di Mozart?

“Lo penso e ne ho parlato anche con il papa emerito Ratzinger, che sono andato a trovare tempo fa con mia moglie. Nella sua breve vita Mozart ha espresso in musica l’anima dell’uomo in tutti i suoi aspetti  con un livello di bellezza che raggiunge la perfezione assoluta. Lui non ha mai scritto nulla che risulti accademico o di routine, Mozart si è sempre posto al livello del sublime. Come è stato possibile? Non è qualcosa di umano. Pensiamo all’ Ave Verum Corpus, quella musica l’ha scritta una mano guidata da Dio”.

Nella sua formazione contano moltissimo le musiche delle bande che accompagnavano le processioni, che ricordi ha?

“ Sì, da ragazzo a Molfetta seguivo le processioni del Venerdì e del Sabato Santo che partivano dalla chiesa di Santo Stefano, accompagnate dal suono della banda. Erano processioni molto composte e silenziose, con le statue che ondeggiavano seguendo il passo cadenzato di chi le sorreggeva. La musica accompagnava questo incedere con delle marce funebri dal carattere fortemente lirico e appassionato. Quelle marce funebri sono state il mio primo cibo musicale  e ringrazio quelle bande, un patrimonio della cultura popolare che sarebbe un peccato abbandonare o lasciar morire”.

Citando un suo grande collega, Carlos Kleiber, lei dice che certe musiche sono così belle che non andrebbero eseguite. Come è possibile?

“Sì, il mio amico Kleiber diceva che ci sono  musiche talmente sublimi e inarrivabili che è meglio lasciarle sulla carta, lasciando che prendano vita nella nostra mente senza farle passare nell’elemento limitante di uno strumento o dell’interprete, che non può essere perfetto, perché ciò sprecherebbe la bellezza e la purezza della musica. La trovo  una straordinaria intuizione e penso che le Sette ultime parole del nostro Redentore in croce di  Haydn sia una di quelle composizioni che Kleiber avrebbe considerato intoccabili”.

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Chiara Picchi: «Dall’Armenia approdo al concerto dal Quirinale» (Giornaledibrescia 28.07.21)

«Quando, nella sala del Teatro Nazionale di Erevan, capitale dell’Armenia, sono svanite nell’aria le ultime note che chiedevano pace e invocavano insistentemente Dio, Padre Nostro e di tutti gli esseri viventi, mille spettatori si sono fermati, in un istante di commosso silenzio. Poi è esplosa una interminabile standing ovation».

Così la flautista di Padenghe, Chiara Picchi, primo flauto dell’Orchestra “Cherubini” diretta da Riccardo Muti, racconta il finale di «Purgatorio», brano del maggiore compositore vivente armeno, l’82enne Tigran Mansurian, eseguito il 4 luglio scorso nel «Paese delle pietre urlanti», per «Le vie dell’amicizia», progetto che dal 1997 visita luoghi-simbolo della storia antica e contemporanea, in un programma di collaborazione, dialogo e solidarietà fra i popoli attraverso la musica.

Laura Ephrikian ha presentato il suo nuovo libro dove narra la storia del nonno, armeno, fuggito dalla Turchia (Lanazione 28.07.21)

di Roberto Oligeri

Un’autentico anfiteatro creato da Madre Natura, sotto la Chiesa parrocchiale, nato grazie all’intuizione di Padre Dario Ravera e che ha preso forma grazie al Cmune a alle associazioni di volontariato del territorio, è stato inaugurato sabato scorso a Comano. “Il merito è della Polisportiva San Giorgio, di Mario Strano della Pubblica assistenza Croce Azzurra, e della Pro Loco Castello – dicono all’unisono il sindaco Antonio Maffei e il suo vice Francesco Fedele – che hanno concretizzato l’idea, il sogno di Padre Dario, nel passato parroco della Valle del Taverone”. E per l’occasione, in un tramonto con luci smaglianti e struggenti armonie musicali, Laura Ephrikian, attrice di teatro, cinema e tv, ha presentato il suo nuovo libro “Una Famiglia Armena“. Nel testo Laura parla del passato della sua famiglia: il nonno, che fugge dalla follia fratricida del Genocidio Armeno nel 1915-1916. Il racconto si intreccia con la storia d’amore a cui dà vita con la giovane donna conosciuta in Italia, che diverrà poi sua moglie e l’ amata nonna della scrittrice. “Si,mi riferisco al popolo armeno che si distingue per capacità e cultura-racconta la Ephrikian- che oltre un secolo fa, fu sterminato al 70%: 1.500.000 persone di tutte le età furono uccise nei modi più brutali, anche deportandole e abbandonandole nel deserto facendole morire di fame e sete. L’Armenia, è un paese bellissimo dove il cristianesimo è radicato grazie alla fede ferrea dei suoi abitanti e vorrei che per noi l’Armenia, non fosse solo una parola nell’atlante geografico ma una nazione di cui ricordare la storia tragica, accaduta dopo lo scoppio della Grande Guerra. Nella Turchia odierna, e siamo nel 2021 – ricorda Laura – tutt’ora è proibito menzionare il termine genocidio armeno: si rischia il carcere. E non c’è stata una nazione che abbia zittito Erdogan”.

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Maria Pia Latorre recensisce La compagnia del melograno, di Piero Fabris (Corrierepl.it 26.07.21)

In questi giorni sta girando nei salotti letterari pugliesi, La compagnia del melograno, romanzo ibrido, a cavallo tra giallo, romanzo storico, fantastoria, fantapolitica, utopia e romanzo d’avventura. Tutti generi questi, che Piero Fabris, artista poliedrico che spazia dalla pittura alla poesia  alla saggistica alla letteratura, riesce a padroneggiare sapientemente e con grande maestria.

Sin dalle prime battute il romanzo cattura l’attenzione del lettore, avvicinandolo alla vita dei protagonisti; la giornalista Sophie Armenio alle prese con un intricato mistero legato al poeta armeno e naturalizzato italiano Hrand Nazariantz, vissuto in Italia dal 1913 al 1962,  anno della sua morte.

Sophie si trascina stancamente in una storia d’amore ormai alla fine, in cui l’impenetrabile Niko non riesce ad attirare su di sé le attenzioni dell’amata, completamente assorbita dalla sua carriera in ascesa. Forte e determinata, Sophie non esita a spostarsi lungo tutta l’Italia, da Venezia a Napoli a Firenze, a caccia di indizi e prove, per chiarire i numerosi enigmi legati all’intellettuale armeno che si fanno sempre più fitti, e ritrovare un prezioso manoscritto di cui si erano completamente perse le tracce.

Nel corso delle  sue ricerche  la vivace Sophie s’imbatte nel misterioso professor Biagio Armenise e nell’eccentrico collega Gregorio Taddeo, con i quali, suo malgrado, intreccerà il cammino e le indagini.

Già di per sé, nell’architettura della trama, il romanzo è avvincente, dal ritmo incalzante, con una scrittura rapida e ritmata nelle pagine d’azione, ma che si fa precisa e suggestiva nelle descrizioni  – e qui la maestria del pittore Fabris la fa da padrone, riuscendo a imprimere pennellate paesaggistiche spettacolari per luminosità ed effetto visivo – ; scrittura che si fa distesa e intimista nelle pagine introspettive e di scavo dei personaggi, ma l’ubi consistam dell’opera è nell’elevazione a vera e propria prosa poetica nei svariati momenti in cui vengono accarezzati temi cogenti legati al mondo dell’arte, all’urgenza culturale cosmopolita e all’afflato poetico solidale, temi che per il poliedrico Piero Fabris sono fibre vitali che ogni giorno allena ad una maggior sensibilità espressiva.

Ci sono voluti anni di ricerca, ammette l’Autore, per arrivare alla stesura definitiva de La compagnia del melograno, che già nel titolo richiama un emblema fondamentale della cultura armena, la pianta del melograno, che reca in sé ampia simbologia che va dalla fertilità e abbondanza, alla sofferenza, al principio dell’universalità  di cui tutto il libro è intriso, poiché grande è l’amore di Piero Fabris verso la comunità armena pugliese e ancor più grande il suo attaccamento al massimo poeta armeno di tutti i tempi, quel Hrand Nazariantz che ha fatto della sua vita il tempio della Poesia.

E ne  La compagnia del melograno alita forte il vento della purezza, dell’idealità, dei valori della fratellanza universale, temi cari al Hrand del Manifesto graalico, là dove l’arte è stata da lui considerata come “una grande pietà” e la poesia una “concezione di vita”, ma anche “religione d’amore”; là dove il poeta deve offrire “l’immagine di una idea di verità e di bellezza, una speranza di liberazione sopra le rovine, il più dolce abbraccio alle armonie del creato”.

Come non rabbrividire dinanzi a simili dichiarazioni? Senza dubbio vale l’“omnia preclara rara”, e che l’eccelso sia rarità è acclarato, e tra le pagine di questo libro se ne ha piena consapevolezza.

Talmente coerente e sincero, non solo nella sua dichiarazione d’intenti, ma in tutto il suo svolgersi,  La compagnia del melograno, in linea con la poetica di Piero Fabris, rende sentito ed efficace tributo alle numerose personalità della cultura pugliese e armena che, nel corso dei secoli, sono state vivo fermento per la nostra terra.

La compagnia del melograno è un romanzo che si consiglia vivamente non solo propriamente per l’incantevole diletto della lettura, ma perché apre ad importanti approfondimenti della cultura armena e ai  suoi intensi rapporti con la cultura italiana.

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Un Tigran nelle mani (DiarioFvg 26.07.21)

GRADO – Antico e moderno, passatista e futurista, a pastello e a pennarello, conservatore e progressista, a tratti fluorescente a volte a carboncino, religioso e laico, in jeans e in doppiopetto, rock e lento come lo avrebbe presentato Adriano Celentano in un suo celebre programma prima serata mamma RAI un po’ di anni fa. Ed ancora – a rincarare – classico, jazz e popolare: così dopo la scomparsa di Chahnourh Varinag Aznavourian, per gli amici Charles Aznavour, Tigran Hamasyan è anche diventato ambasciatore musicale del popolo armeno in tutto il mondo.

Luna piena, antizanzare come se non ci fosse un domani, anticipata dal misticismo dei mongoli Huun-Huur-Tu, la asian-night di Grado Jazz si rivelerà di esito trionfale. Sin dalle prime battute si intuisce come l’ascolto di TH sia decisamente sconsigliato a colui che adoperasse una macchina col cambio automatico, dacché gli sarebbe incomprensibile apprezzare la libidine che si prova nello scalare, nell’accelerare, nello sgasare, sfrizionare prima seconda terza quarta terza seconda to be continued, senza sconfinare nel débrayer.

Un andamento liturgico che un istante dopo è diventato prog. Messa ortodossa mixata con Heart of the sunrise: per info citofonare Yes! Stacchi vertiginosi, poi vocalizzi massima auge Metheny Group in salsa sufi, attico NYC con mostra fotografica della periferia disagiata di Erevan, mondanità esoterica, incensi di Dior. Il Tigran è una locomotiva che corre sparata sul simbolico binario a ritroso che da Occidente punta verso Oriente a bordo di un Orient Express 4.0, ma che una volta arrivata al bivio forse sceglierà come meta Dubai piuttosto che il Caucaso.

Tigran solo is the best! Nei momenti in cui concede ristoro ai suoi compagni di viaggio, meri gregari, esprime il massimo della propria creatività. Loop fischiettato nostalgia Raindrops-keep-fallin’-on-my-head, armonizzazioni, spensieratezza di un mondo che non c’è più o che forse ci sarà (insomma, non è quello attuale), intimo, nostalgico, moderno flaneur da città, plenilunio all’occhiello con il giusto equilibrio.

«Questo qui ha le mani d’oro!» si sente mormorare tra gli addetti ai lavori di Euritmica, gente che qualche centinaio di concerti (in verità sono molti ma molti di più) li ha sentiti, visti, organizzati, vissuti. Nessun dubbio sulla mani, indiscutibilmente da esporre @ Tiffany’s. Ma, il cuore? Interrogativo da svelarsi nel prosieguo della sua carriera, classe 1987, hai voglia! E finalone acid, tanto per non farsi mancar nulla. Successo clamoroso!

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NAGORNO-KARABAKH: Serie infinita di scontri tra Armenia e Azerbaigian(Eastjournal 26.07.21)

A quasi nove mesi dal cessate il fuoco tra Armenia e Azerbaigian dopo la seconda guerra del Nagorno-Karabakh, continuano gli scontri tra i due Paesi. Nel pomeriggio di venerdì 23 luglio, a seguito di spari al confine, un soldato azero è stato ucciso, mentre tre soldati armeni sono rimasti feriti, anche se non sono in pericolo di vita.

Tre giorni prima, il 20 luglio, uno scontro a fuoco è andato avanti diverse ore al confine tra l’Armenia e l’exclave azera del Nachicevan, a soli 60 km da Erevan, questa volta senza vittime. Una vittima invece c’è stata il 14 luglio, quando ulteriori scontri avevano provocato la morte di un soldato armeno, mentre il lato azero ha annunciato non meglio precisate perdite.

Questi sono solo gli ultimi tra gli scontri minori verificatisi tra i due paesi caucasici negli ultimi mesi, e la tensione non accenna a diminuire. La reazione dei governi armeno e azero, per ognuno di questi scontri, è stata piuttosto prevedibile: ognuna delle due parti rifiuta di prendere responsabilità, sostenendo di aver agito soltanto in risposta a un attacco da parte del nemico.

Possibili cambiamenti nel governo armeno

Intanto, dal lato armeno, il ministro della Difesa ad interim Vagharshak Harutiunian, che aveva ricevuto l’incarico dopo la tregua dello scorso novembre, ha presentato le sue dimissioni dopo gli scontri del 20 luglio. Harutiunian non ha esposto pubblicamente le motivazioni della sua scelta.

E, sempre nel governo armeno, RFE/RL segnala la nomina dell’ex segretario del Consiglio di Sicurezza armeno Armen Grigorian a vice-ministro degli Affari Esteri. Grigorian, uno degli esponenti di spicco della rivoluzione del 2018, è noto per le sue posizioni pro-Occidente e ha di recente criticato apertamente l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (CSTO), l’alleanza difensiva guidata dalla Russia di cui l’Armenia fa parte.

Grigorian aveva infatti incolpato il presidente del CSTO di aver minimizzato l’ennesimo scontro tra azeri e armeni il 3 luglio scorso, definendolo un “incidente sul confine” quando per Grigorian si trattava di un tentativo di occupare territorio armeno da parte dell’Azerbaigian.

Uno status quo potenzialmente esplosivo

Secondo RFE/RL, la nomina di Grigorian potrebbe significare un cambio di direzione nella politica estera armena, solitamente filorussa. Ma la dipendenza di Erevan da Mosca è ancora enorme e l’Armenia starebbe negoziando con la Russia per spostare alcuni militari russi dalla base di Gyumri all’altro lato del Paese, vicino al confine con l’Azerbaigian. Sembra quindi improbabile che l’Armenia possa permettersi di orientare la sua politica estera verso l’Occidente nel prossimo futuro.

Così come sembra improbabile che Armenia e Azerbaigian rispettino il cessate il fuoco nella sua totalità. Lo scambio di 15 prigionieri di guerra armeni per una mappa delle mine lasciate da Erevan nei territori ora in mano a Baku potrebbe sembrare un passo avanti, ma è stato prontamente seguito da un passo indietro.

Il 23 luglio, dopo gli scontri, l’Azerbaigian ha infatti condannato a sei anni di prigione 13 soldati armeni, accusandoli di aver attraversato il confine armati illegalmente; l’Armenia non ha commentato l’arresto, ma in casi simili aveva in precedenza sostenuto che i soldati siano da considerare come prigionieri di guerra e non criminali comuni.

A quasi un anno dall’inizio della guerra in Nagorno-Karabakh, la situazione è ancora esplosiva e la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Azerbaigian sembra più lontana che mai.

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SERJ TANKIAN: un assaggio del nuovo brano “Cyber Criminal” (Metalitalia 24.07.21)

Il cantante dei SYSTEM OF A DOWNSerj Tankian, il 6 agosto 2021 pubblicherà una nuova doppia raccolta di brani in stile colonna sonora, intitolata “Cinematique“. Sarà composta da due gruppi di composizioni intitolate “Illuminate” e “Violent Vioins“. La prima avrà un sound classico, mentre la seconda sarà più moderna.

Ecco un assaggio del brano “Cyber Criminal” da “Violent Vioins“:

Mkhitaryan: “Con Mourinho ci siamo chiariti. L’obiettivo è la Champions League” (Skysport 24.07.21)

L’esterno offensivo armeno, che ha rinnovato con il club giallorosso, ha fissato l’obiettivo per la prossima stagione: “Vogliamo arrivare almeno quarti in classifica. Mourinho è un vincente, spero potremo vincere insieme”

Vincere. È questo l’obiettivo di Henrikh Mkhitaryan, che è pronto a vivere la sua terza stagione in serie A con la maglia della Roma. L’esterno giallorosso, dal ritiro di Trigoria, ha toccato diversi argomenti partendo proprio dalla sua permanenza nella Capitale: “Sono rimasto perché ho creduto nel progetto della società. La squadra e la città mi piacciono dal primo giorno in cui sono arrivato e per questo ho scelto di rinnovare per un anno, perché credo che quest’anno possiamo fare bene”.

L’armeno poi spende due parole anche per José Mourinho, con il quale non era andato tutto per il verso giusto quando entrambi erano al Manchester United. “Non voglio parlare di quello che è accaduto in passato, ci siamo chiariti e siamo ripartiti da zero“. Un’esperienza in Inghilterra che è stata utile a Mkhitaryan per conoscere meglio l’allenatore portoghese. “Lo conosco molto bene e so cosa chiede ai suoi calciatori, sono pronto a tutto. È molto ambizioso e vuole vincere sempre, non gli interessa giocare bene ma i tre punti in ogni partita. Ha vinto quasi tutto, spero che possa vincere qualcosa anche qui a Roma perché è un allenatore che ti dà una marcia in più”.

“L’obiettivo deve essere la Champions League”

E con lo SpecialOne non è utopia per l’armeno pensare almeno al quarto posto in campionato. “La lotta per lo Scudetto sarà difficile come lo è stata lo scorso anno. Sarà interessante perché tutte le squadre saranno pronte per l’inizio del campionato. Non avendo visto come giocano le avversarie non posso sbilanciarmi nel dire una favorita, ma noi dobbiamo rimanere concentrati su noi stessi e capire bene qual è la strada giusta. Non giochiamo la Champions League da un paio d’anni, quest’anno dobbiamo crederci e possiamo raggiungerla”.

La Roma vuole Azmoun: primi contatti con lo Zenit

In chiusura l’ex calciatore dell’Arsenal stila una classifica dei tre calciatori più forti con i quali ha giocato. “Al primo posto c’è Ibrahimovic: la sua classe e la sua intelligenza calcistica sono fuori dal comune. Il secondo è Pogba: è un giocatore forte che spesso viene sottovalutato. Il terzo, invece, è Aubameyang: abbiamo giocato insieme sia al Borussia Dortmund che all’Arsenal e ci capivamo alla perfezione”. Una lista in cui non rientra, solo per il momento, Nicolò Zaniolo. “Dal primo giorno in cui l’ho visto giocare ho pensato che è un calciatore fantastico. Ho tanta fiducia in lui e credo che quest’anno ci darà qualcosa in più, lo scorso anno ci è mancato molto sotto tutti i punti di vista”.

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Calciomercato Milan – Il retroscena: “Mkhitaryan è stato ad un passo” (Pianetamilan 24.07.21)


Roma, Mkhitaryan: «Rimasto per il progetto. Offerte dalla Serie A» (Calcionws24 23.07.21)


Roma, Mkhitaryan: “Credo nel progetto della società” (Quotidiano.net 24.07.21)

La festa di Pordenonelegge (Corriereveneto 23.07.21)

Da Ishiguro a Le Tellier e Akçam, 400 autori e prime internazionali. Dal 15 settembre incontri solo con il Green Pass a Pordenone, Trieste, Lignano e dintorni

Dal Nobel Kazuo Ishiguro al Premio Gouncourt Hervé Le Tellier, a Peter Cameron, Nadia Wassef e Taner Akçam (in dialogo con Antonia Arslan), che con il suo libro spazza via il negazionismo della Turchia sul genocidio armeno. E teatro, musica, dialoghi e intrecci tra scrittrici e scrittori.
La ripartenza

Il nuovo pordenonelegge riparte con 400 protagonisti, oltre 200 incontri in presenza, a cui si potrà accedere solo con il Green Pass. E 10 città coinvolte, oltre a Pordenone, per la 22esima edizione della Festa del Libro, da mercoledì 15 settembre. «I libri come bussola per leggere il mondo». Gli eventi diffusi si allargano oltre che a Pordenone e dintorni, a Trieste e Lignano. Il titolo è «Tutta l’umanità ne parla», il simbolo (scaramantico) una ruota, un copertone d’auto nella speranza di un ritorno «on the road». Il direttore artistico Gian Mario Villalta spiega: «Vogliamo lasciare traccia. Un po’ come la ruota. L’immagine del pneumatico è fortemente evocativa: la sua radice, pneuma, riporta all’esperienza del respiro, alla ricerca di aria nuova e di uno spirito rinnovato che favorisca la svolta». Inaugurazione il 15 settembre in contemporanea in tre luoghi diversi: il Teatro Verdi di Pordenone, Eataly a Trieste e a Terrazza Mare di Lignano Sabbiadoro. Tutti gli eventi del festival quest’anno anche in diretta streaming e live sui social. Promosso da Fondazione Pordenonelegge, il festival è a cura di Gian Mario Villalta (direttore artistico), Alberto Garlini e Valentina Gasparet. Tra le tante prime nazionali, il 17 settembre un nome che ha rivoluzionato il panorama storico mondiale, Taner Akcam, storico turco con il suo libro Killing Ordesrs (Guerini e Associati) a cura di Antonia Arslan, in cui pubblica i documenti inediti di Talat Pasha, la prova degli ordini di morte partiti per lo sterminio del popolo armeno. Un libro-denuncia, che inchioda la Turchia alla responsabilità del genocidio armeno.

I riconoscimenti

A Fernando Aramburu verrà consegnato il Premio Crédit Agricole FriulAdria La storia in un romanzo. A Melania Mazzucco invece il Premio Regione Friuli Venezia Giulia pordenonelegge. Tra gli altri nomi, Graeme Armstrong, l’egiziana Nadia Wassef, il russo Evgenij Vodolazkin, l’olandese-iraniano Kader Abdolah, Brian Catling, l’autrice e performer Natalie Haynes. E dall’Italia, solo per citarne alcuni, Emanuele Trevi, Mauro Covacich, Daria Bignardi, Michele Serra, Lidia Ravera, Ilaria Tuti, Eliana Liotta, Elena Cattaneo, Antonella Viola, Milo Manara, Zerocalcare, Chiara Carminati. Tra i dialoghi incrociati, Paolo Nori e Serena Vitale, Eva Cantarella e Nicola Gardini, Mauro Corona e la figlia Marianna Corona, Silvia Avallone, Carmen Totaro e Paolo Giordano. Omaggio a Mario Rigoni Stern con Paolo Cognetti, Giuseppe Mendicino e Enrico Brizzi. Per la poesia, oltre 100 protagonisti e nel centenario dalla nascita, omaggio a Andrea Zanzotto. Un premio sarà dedicato al poeta Pierluigi Cappello. A pordenonelegge anche iniziative per i giovani e le scuole.

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Un’italiana a Londra e un’armena in Italia: Nina e Svet, quando i vini raccontano storie (Balarm 22.07.21)

Tre donne, un incontro e un omaggio che restituisce a quell’incontro il valore che gli appartiene.

«Gli incontri danno e tolgono, riempiono la vita di musica, liberano il percorso e aprono la mente e non esiste alcun altro modo di apprendere, di crescere, di rischiare di essere felici, se non quello di spalancare gli occhi, la testa, le braccia».

Nascono così i due nuovi arrivati in casa “Prezzemolo & Vitale” e che insieme fanno parte del progetto “Canone In-Verso”.

Il canone inverso in musica è una forma di fuga, un contrappunto fondato sulla melodia di base, come più armonie che si sovrappongono e si evolvono da quella originaria in modo che ogni voce vada in senso contrario rispetto alla precedente.

Perchè in realtà non c’è scatto in avanti che non sia una fuga e non tutte le fughe sono “contro” qualcosa, più spesso sono fughe che vanno “in-contro”.

Ed è questo ciò che è capitato a queste due donne a cui Giusi Vitale ha deciso di fare un omaggio, dedicando loro due vini che prendono il nome proprio dalle due protagoniste di questa storia: Nina e Svet.

Nina è un’italiana a Londra. Una vita vissuta a sorsi e bottiglie buone, tra vigne, lieviti, vendemmie e stagioni. Nina del vino sa grazie e disgrazie, ha l’eleganza minimalista del migliore dei bicchieri e l’ha regalata a Giusi spogliando gli spazi – e la mente – dalla ridondanza, una versione nostrana di “less is more”.

Sarà questo che le ha insegnato il passo leggero sulle cose, che vanno come devono andare, a prescindere dal tuo umore o stato d’animo. Una filosofia di vita che le permette di declinare ogni cosa con allegria, comprese le storture del percorso.

Dopo la maternità, Nina ha invertito di nuovo la sua strada, lasciando profumo e vuoto dietro di sé. Per questo a lei va un omaggio floreale e minerale.

Nina, infatti, è un Prosecco Superiore Brut Valdobbiadene DOCG, che racchiude delicati sentori fruttati di pesca e mela con una traccia agrumata, e note di rosa e acacia. Fresco, asciutto e gustoso, Nina è il compagno ideale di piatti a base di pesce.

Tutt’altra storia invece quella di Svetlana. Una donna poliedrica, colta e intraprendente la cui storia nasce dal suo amore per il cibo.

Una storia di curiosità e di viaggi gastronomici in cui Giusi ha faticato a entrare con il suo inglese alle prime armi. È così che si è ritrovata ad assaggiare un börek turco, senza nemmeno sapere cosa fosse, provare il pesce crudo per la prima volta in vita sua, e poi vieiras alla gallega e molto altro.

Svetlana diventa più di un braccio destro, abbatte le barriere facendo entrare nei negozi della catena palermitana prodotti internazionali, rendendoli punti di riferimento per l’eccellenza. Si trasforma così da cliente a manager e diventa anche amica e guida di viaggio.

Tutto questo è racchiuso adesso in un Prosecco Superiore Valdobbiadene DOCG Extra Dry, fresco e morbido, con note di rosa, mela e pesca bianca, ideale per un aperitivo o piatti a base di carne o legumi.

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