CASSANESE – Approvato il documento sul genocidio armeno (31.10.17)

Unanimità al Consiglio comunale di lunedì a Inzago.

Approvato l’ordine del giorno

E’ stato votato all’unanimità l’ordine del giorno proposto dal consigliere di opposizione Angela Valtorta. Lunedì sera il Consiglio comunale ha approvato l’ordine del giorno relativo al riconoscimento del genocidio armeno. E’ stato l’unico punto che ha messo d’accordo tutti. Nei precedenti, infatti, non sono mancate discussioni tra la maggioranza e il gruppo Inzago bene comune.

Un percorso iniziato durante la fiera

Durante la sagra cittadina si era tenuta una mostra sul tema. Il circolo sociale Giacomo Matteotti l’aveva organizzato con il patrocinio di Consolato onorario della Repubblica d’Armena in Italia, Casa Armena – Hay Dun e Comune. C’erano stati anche la proiezione del film “La masseria delle allodole” e una conferenza. Gli eventi erano stati partecipati e apprezzati.

Nuove iniziative all’orizzonte

L’approvazione del documento si inserisce proprio nel percorso iniziato durante la fiera. L’assise si è trovata concorde nell’auspicare che non restino solo parole sulla carta. Tra le proposte ci sono iniziative nelle scuole. Inoltre, l’ordine del giorno verrà spedito ai consolati armeno e turco. A portare avanti le cose sarà Antonio Alberto Samakovlija, che aveva proposto e supportato, con la collaborazione del circolo Matteotti e dell’Amministrazione comunale, l’organizzazione della mostra sul genocidio armeno.

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Armenia: ricoverato in ospedale il responsabile della crisi di ostaggi ad Armavir (Agenzianova 31.10.17)

Erevan, 31 ott 08:24 – (Agenzia Nova) – È stato ricoverato in ospedale l’uomo che ieri ha preso in ostaggio un bambino di tre anni all’interno di un asilo nella città armena di Armavir. Dopo essere riuscito a penetrare nell’infermeria dell’istituto scolastico armato di un coltello e avere minacciato il personale dell’asilo, l’uomo ha preso in ostaggio solo un bambino di tre anni. Stando a quanto riferito dal capo ufficio stampa della polizia armena, Ashot Aharonyan, solo dopo lunghi negoziati le forze dell’ordine accorse in loco sono riuscite a convincere l’uomo a rilasciare il bambino, un’operazione riuscita senza che quest’ultimo subisse delle ferite. Il sequestratore, una volta liberato il minore, ha tentato di uccidersi ma è stato immediatamente bloccato dalla polizia e trasferito in ospedale. (Res)

Nor Arax, il villaggio armeno di Bari (cittameridiane.it 30.10.17)

“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Queste parole lasciateci in eredità da Primo Levi sintetizzano perfettamente la volontà dei discendenti degli Armeni approdati a Bari nei primi decenni del secolo scorso a causa delle persecuzioni turche contro il loro popolo.

Nor Arax

Rupen Timurian e Emilia Ashkhen De Tommasi sono due testimonianze d’eccezione in tal senso, in quanto rispettivamente figlio e nipote di coloro tra i quali trovarono rifugio a Bari e che tra memoria e storie di famiglia possono raccontare e tramandare ciò che è successo alla loro gente.

Unico popolo a subire ben due genocidi, uno alla fine dell’800 e l’altro durante la Prima Guerra Mondiale – come ha sottolineato Emilia Ashkhen De Tommasi nell’incontro tenutosi a Bari lo scorso venerdì 27 ottobre a Palazzo di Città – quello armeno ha poi anticipato di qualche decennio la storia dello sterminio ebraico e della diaspora seguita agli eccidi e alle deportazioni che lo ha condotto in giro per il mondo.

Centoventi, condotti prima a Smirne in uno dei campi di concentramento per profughi, furono quelli che arrivarono a Bari per l’interessamento del poeta armeno Hrand Nazariantz che nel capoluogo pugliese aveva trovato asilo già nell’aprile del 1913. Dopo essere stati imbarcati gratuitamente a bordo di una delle navi della Società di Navigazione “Puglia”, dal Pireo giunsero a Bari.

E qui, il “popolo che fu il più insidiato, il più perseguitato, il più tradito tra i popoli della Terra”, così come lo definì Nazariantz, ritrovò un piccolo lembo d’Armenia andando a vivere nel villaggio Nor Arax.

Proprio per ricordare e far conoscere queste vicende, Emilia ha deciso di pubblicare il libro “Nor Arax, storia del villaggio armeno di Bari” tratto dalla sua tesi discussa a Ca’ Foscari a Venezia quasi venticinque anni fa, che racconta attraverso le memorie della sua famiglia, le origini e la storia di questo villaggio chiamato Nuovo arasse, dal nome del fiume armeno, ma anche per indicare un nuovo corso nella vita di quegli armeni che, scampati agli eccidi turchi, qui vissero in casupole in legno e cemento e che dettero vita a una fabbrica artigianale di tappeti.

Il libro è stato presentato nell’incontro suddetto a Bari che ho avuto l’onore di moderare insieme all’editore Luigi Bramato di LB Edizioni. Molto interessanti sono stati gli interventi dell’autrice, che pur mantenendo il giusto riserbo sulla pubblicazione per non togliere il piacere della lettura, ha svelato che tra le pagine ci sono versi inediti del poeta Nazariantz dedicati alla sua famiglia, e del decano della Comunità Armena Rupen Timurian, zio di Emilia, che ha ricordato i tempi in cui lui stesso viveva all’interno del villaggio. Ma non ha mancato di rimarcare come oggi sia importante non dimenticare e continuare a combattere per ottenere il riconoscimento del genocidio da parte della comunità internazionale tutta che poi in un certo modo costringa la Turchia a fare i conti con la sua storia.

Relativamente a questo tema si è rivolto all’assessore del Comune di Bari Angelo Tomasicchio, che non ha solo fatto gli onori di casa ma è stato presente fino alla fine della presentazione, affinché la città porti a compimento l’iter ufficiale per il riconoscimento del genocidio iniziato tre anni fa.

Momenti di comprensibile commozione ci sono stati durante la testimonianza del signor Antonio Scagliarini, che in parallelo con la storia di Nor Arax, ha raccontato quella del Villaggio Trieste, creato trenta anni dopo il villaggio armeno per ospitare i mille profughi greci di origine italiana che abitavano nelle colonie. L’ultimo intervento, a chiusura dell’incontro al quale hanno partecipato interessate numerose persone, è stato quello di Kaianik Adagian, la cui famiglia di origine abita ancora all’interno del villaggio su via Amendola. Kaianik ha sottolineato di prendersi cura personalmente del verde ora soffocato dal cemento di Nor Arax e di incrementarlo con alberi di melograno, che sono il simbolo dell’Armenia. Inoltre ha ricordato come anche Papa Francesco durante il suo viaggio in Armenia dello scorso anno ha riconosciuto il massacro degli armeni avvenuto nel 1915 come un «genocidio», andando incontro alla disapprovazione da parte del governo turco.

Oggi il clima politico in Turchia è sempre più teso e di generale insicurezza, ma l’incontro si è concluso con la speranza e l’augurio che anche Bari, che quasi un secolo fa ha accolto i “fratelli” armeni nonostante le condizioni economiche fossero allora abbastanza precarie per tutti, proceda con il riconoscimento ufficiale del genocidio: sarebbe una sorta di atto dovuto e il naturale proseguimento di quel processo di accoglienza che la città pugliese ha iniziato nei confronti di questo popolo quasi un secolo fa.

Emilia Ashkhen De Tommasi
Nor Arax storia del villaggio armeno di Bari
LB Edizioni
10,00 €

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Da Venezia in Armenia, Maurizio Crovato riscopre il dialetto dei dogi (primapaginanews.it 30.10.17)

Roma, 30 ott (Prima Pagina News) C’è una isoletta della laguna, nel Bacino di San Marco, di appena due ettari. Si chiama San Lazzaro degli Armeni è un piccolo appezzamento per un grande significato simbolico e culturale planetario. Sono conservati 170 mila antichi volumi e 4.500 manoscritti.

La più grande collezione al mondo della cultura armena fuori dalla loro patria. Rappresenta esattamente da tre secoli la grande patria armena. La diaspora di un popolo errante nel mondo.
Nel 1717 la Serenissima accolse i monaci profughi fuggiti dalle persecuzioni turche e concesse all’abate Mechitar di Sebaste l’isola lagunare. Ricordiamo ancora che tra il genocidio turco (1915) e la rivoluzione sovietica (1920) venne distrutto e bruciato il 60% del patrimonio artistico e culturale armeno.
 Ora ci sono 3 milioni di armeni in patria e ben 9 milioni sparsi sulla terra, dagli Stati Uniti alla Russia, ma il legame tra Venezia e l’Armenia è millenario. I mercanti partiti dalle pendici dell’Ararat, il monte di Noè, erano presenti in città fin dal Medioevo, come attestano gli antichi toponimi. Ruga Giuffa, non lontano da San Marco, era il quartiere dei mercanti armeni provenienti dalla città di Julfa, ora in Iran, prospero centro sulla Via della Seta.
 Sottoportego degli Armeni, sempre a San Marco, nasconde la piccola chiesa di Santa Croce e il minuscolo campanile del XIII secolo, un luogo misterioso e arcano che sembra uscito dai fumetti di Corto Maltese di Hugo Pratt.
 Qui si raccoglievano i mercanti per ascoltare la messa con la liturgia armena, di molto anteriore al rito latino romano. E se vogliamo essere pignoli e cadere nelle curiosità con il termine “armelin” i veneziani chiamano le albicocche, frutto onnipresente in Armenia. Scomodiamo anche Marco Polo che per la “grande Erminia” dedica alcune pagine del Milione. Fu ospite ad Artashat, una delle città sulla via della seta, dove esiste ancora, perfettamente conservato, un caravanserraglio dove la famiglia Polo trovò alloggio e ospitalità per merci e bestie.
Sempre nel Milione per la prima volta si parla nel mondo occidentale del petrolio, che da quelle parti affiorava in superficie e serviva come medicinale e combustibile. Continuiamo? Il primo libro a stampa arrivato in Oriente, partí da Venezia, con caratteri armeni e si trova ora a Yerevan. Primo incunabolo e libro a stampa fuori dal continente europeo.
Il contenuto del libro? Le preghiere e gli scongiuri che un mercante armeno deve recitare se costretto a partire di venerdì…..Gli armeni, piccolo popolo circondato da paesi musulmani, con i secoli si son fatti furbi, tanto che a Venezia circola ancora il detto: per fare un armeno ci vogliono sette ebrei….Se fate questa modesta battuta ad un armeno, sapete come vi risponderà?
Quando il popolo ebraico non esisteva noi eravamo già mercanti! A riprova della loro antichissima civiltà l’osservatorio astronomico di Karahundj, una specie di Stonehenge armeno, ha appena 6.000 anni di storia. Con queste premesse veneziane é nato un curioso viaggio in Armenia dell’Associazione Settemari, i cui soci di solito si dedicano alla scoperta della laguna in barca a remi, alla produzione di libri e mostre, e a mantenere le tradizioni veneziane.
 Ogni anno i soci vengono generosamente ospitati per una festa campestre dai frati dell’isola di San Lazzaro degli Armeni. “Quest’anno per noi é tutto particolare – ha esordito incautamente, la presidente dell’Associazione, Luisa Vianello – la nostra fondazione é del 1977”. “Anche per noi è un anno tutto particolare – ha risposto l’abate dell’isola, padre Elia – esattamente da 300 anni siamo ospiti in quest’isola. Per tale ragione vi invitiamo a vedere dopo la nostra patria spirituale, anche quella vera, incastrata tra il Caucaso e l’Anatolia, il nostro altopiano”.
L’umorismo armeno, popolo occidentale in continente asiatico, é corrosivo, e le promesse si mantengono. Un viaggio in Armenia è una esperienza indimenticabile. Monasteri magici ai confini dell’Ararat (ora in territorio turco), testimonianze ellenistiche e persiane, siti archeologici protetti dall’Unesco, incastrati in gole naturali e impervie. Si può ammirare la più antica cantina del mondo (la vite viene da lì, come la prima vinificazione).
Al museo di Yerevan é conservata un a scarpa in cuoio trovata incastrata in un tino di rovere. Si è conservata intatta grazie al tannino e all’alcol. Il gruppo veneziano è stato fortunato, la guida Vahe Lazarjan, parlava anche il dialetto dei dogi.
Ha frequentato il collegio armeno di Venezia, dove poi ha vissuto per 13 anni. Vahe, é un presbitero, un prete sposato. La chiesa cattolica armena infatti lo permette, così come é possibile per una donna diventare diaconessa. Solo un ultimo inciso. L’Armenia fu il primo paese al mondo dove il cristianesimo divenne religione di stato. Correva l’anno 301. Hanno sempre anticipati tempi.
 Maurizio Crovato

Isreale, medaglia a Charles Aznavour: aiutò gli ebrei (IlsecoloXIX 29.10.17)

Tel Aviv – Il cantante franco-armeno Charles Aznavour (93 anni) ha trascorso giornate particolarmente commoventi in Israele nel corso di un breve soggiorno in cui ha ricevuto riconoscimenti dal capo dello Stato, Reuven Rivlin, e da un villaggio israelo-palestinese di pacifisti per aver aiutato ebrei ricercati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Ieri Aznavour è stato inoltre acclamato a lungo da una folla di ammiratori in un concerto a Tel Aviv.

Il cantante è stato ricevuto a Gerusalemme nella residenza ufficiale di Rivlin e là ha ricevuto due medaglie di apprezzamento per il coraggio dimostrato da lui e dalla sorella Aida durante gli anni della guerra a Parigi, quando la famiglia Aznavourian ospitò – esponendosi a gravi rischi – numerose persone perseguitate dai nazisti, fra cui ebrei, armeni ed attivisti politici.

In seguito il villaggio dei pacifisti di Nevè Shalom ha dedicato un ulivo alla memoria dei suoi genitori, Micha e Knar Aznavourian. La pianta si trova nel `Giardino internazionale dei salvatori´ in cui è onorata la memoria di quanti si misero in pericolo personale per salvare perseguitati di varie nazioni. In onore dell’ospite – ha detto all’ANSA il professor Yair Auron, un responsabile di Nevè Shalom – si sono esibiti la cantante israeliana Noa e un cantante d’opera armeno che ha reso omaggio sia alle vittime del genocidio degli armeni sia a quelle della Shoah. «Aznavour – secondo Auron – è rimasto molto toccato da questo evento».

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Tagikistan-Armenia: delegazione parlamentare di Erevan inizia visita a Dusanbe (Agenzianova 29.10.17)

Erevan, 29 ott 09:45 – (Agenzia Nova) – Una delegazione parlamentare armena guidata dallo speaker Ara Babloyan inizia oggi una visita di quattro giorni in Tagikistan. Della delegazione, come riferito dall’agenzia di stampa “Armenpress”, faranno parte anche i deputati Vahram Baghdasaryan, Sasun Mikayelyan e Romik Manukyan. Nel corso della visita la delegazione incontrerà a Dusanbe il presidente tagiko Emomali Rahmon, i presidenti dei due rami del parlamento e il ministro degli Esteri, Sirodjidin Aslov (Res)

Un Erasmus fuori dall’UE: destinazione Armenia (Radio24 28.10.17)

Ottava puntata della trasmissione “Generazione Mobile” di Radio 24, il primo “passaporto radiofonico valido per l’espatrio”.
In questa puntata:
–Niccolò Marchello, communication manager di Erasmus Student Network Italia, ci spiega -passo dopo passo- come candidarsi per una borsa di studio Erasmus e partire per un periodo di studio in Europa;
–Marta Elbay, 23 anni, ci racconta come una nuovissima tipologia di borsa Erasmus (“International Credit Mobility”) l’abbia portata fino in Armenia;
–Alessio Romeo, ceo e fondatore di Face4Job, ci porta a scoprire le offerte di impiego più “calde” del momento in Europa e nel mondo;
–il nostro ascoltatore Martino, che ha iniziato a girare l’Europa e il mondo proprio grazie all’Erasmus, ci carica con tanta positività, raccontandoci la sua “dimensione globale”.

CONNETTITI CON “GENERAZIONE MOBILE”
Studiate/lavorate/siete imprenditori all’estero? E siete “under 40”? Avete una storia da raccontare e consigli preziosi da dare per cogliere opportunità oltreconfine, sfruttando le occasioni di mobilità internazionale? Scrivete a: generazionemobile@radio24.it.
Oppure, avete domande da porre su come studiare/fare stage/lavorare/avviare start-up all’estero? Inviatele a: generazionemobile@radio24.it.
Infine, avete un sito/blog all’estero, nel quale fornite consigli pratici su come trasferirsi nel vostro attuale Paese di residenza? O avete scritto un libro su questo tema? Segnalateci tutto, sempre a: generazionemobile@radio24.it.

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Elezione del Patriarca armeno, si dimettono tre membri del “gruppo di lavoro” (Fides 27.10.17)

Istanbul (Agenzia Fides) – Tre membri del “gruppo di lavoro” incaricato di coordiinare e far avanzare il processo per l’elezione del nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli hanno rassegnato le proprie dimissioni da quell’organismo. Tra i dimissionari figura anche Sargis Kulegech, che finora aveva ricoperto il ruolo di Presidente di quel gruppo di lavoro. Il forfait dei tre componenti del comitato elettorale appare connesso al tacito boicottaggio messo in atto dalle istituzioni turche rispetto al processo di elezione patriarcale in atto. Le dimissioni sono state dichiarate dopo che alcuni membri del gruppo di lavoro – compreso il Presidente Kulegech – avevano fatto visita a Vasip Sahin, governatore di Istanbul, lo scorso 24 ottobre. In quell’occasione – riferiscono fonti legate a Agos, il giornale bilingue armeno-turco pubblicato a Istanbul –, il Governatore Sahin avrebbe fatto intendere che le autorità turche non riconoscono l’Arcivescovo Karekin Bekdjian come “locum tenens” del Patriarcato, consigliando ai membri del gruppo di lavoro di riavviare dall’inizio il processo elettorale.
Dopo l’elezione – il 15 agosto 2016 – dell’Arcivescovo Karekin Bekdjian come nuovo “locum tenens” del Patriarcato, in sostituzione dell’Arcivescovo Aram Ateshyan, e dopo la costituzione del gruppo di lavoro incaricato di far avanzare il processo elettorale, le lettere ufficiali inviate dal Patriarcato armeno alle autorità turche per sollecitare il riavvio delle procedure per l’elezione del Patriarca non hanno avuto alcuna risposta. Da agosto (vedi Fides 15/9/2017 e 17/10/2017) diversi indizi hanno fatto emergere l’avversione degli apparati turchi nei confronti dell’attuale locum tenens del Patriarcato. Un’avversione che si connette anche a divisioni e antagonismi presenti all’interno del Patriarcato armeno.
L’ultimo accordo sulle procedure da seguire per eleggere il successore di Mesrob II Mutafyan – giovane e intraprendente Patriarca armeno di Costantinopoli reso inabile da una malattia incurabile che lo ha colpito dal 2008 – erano state concordate tra alcuni alti rappresentanti del Patriarcato durante un summit convocato a Erevan, presso la Sede patriarcale di Echmiadzin (Armenia) dal Patriarca Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, lo scorso 23 e 24 febbraio.

(GV) (Agenzia Fides 27/10/2017)

Italia-Armenia: workshop alla Farnesina sulle opportunità nel settore autostradale (Agenzianova 27.10.17)

Roma, 27 ott 18:05 – (Agenzia Nova) – Nel corso del workshop, al quale hanno partecipato una cinquantina tra i principali player italiani dell’ingegneria, delle costruzioni e della finanza, è stata illustrata la valenza strategica del corridoio Nord-Sud, che, attraversando l’Armenia dalla Georgia fino al confine con l’Iran, si inserisce nell’ambito del Transport Corridor Europe-Caucasus-Asia e dello sviluppo della nuova Via della Seta. “Si è trattato di un’importante iniziativa centrata su un paese di grande cultura e potenzialità, che rappresenta un esempio concreto di implementazione del sistema paese a cui Anas International Enterprise sta lavorando fin dalla sua costituzione”, ha commentato il presidente di Anas International Enterprise, Stefano Granati, al termine dell’incontro. Primo follow up del workshop sarà quello di organizzare nei prossimi mesi una missione in Armenia con le imprese interessate al progetto con l’obiettivo di approfondire le modalità operative e le opportunità concrete. (Com)

ARMENIA: Dalla generazione ’90 voci contro la guerra (Eastjournal 26.10.17)

Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian per il possesso del Nagorno-Karabakh sembra essere costantemente sul punto di riesplodere. Nonostante un cessate il fuoco imposto nel 1994 e diversi tentativi di pacificazione – tutti falliti – gli scontri armati lungo la linea di confine non sono mai terminati, causando crescenti tensioni tra i due paesi. Negli ultimi anni il conflitto armeno-azero ha visto una progressiva escalation di violenza, che ha raggiunto il suo apice massimo nella “guerra dei quattro giorni” dell’aprile 2016, con centinaia di morti da entrambe le parti.

Con l’intensificarsi degli scontri al confine, anche il risentimento tra i due popoli è aumentato, fomentato in larga parte dalle rispettive propagande. Così, negli ultimi venticinque anni armeni e azeri hanno finito per sviluppare una forte avversione reciproca, erigendo tra loro una barriera sociale, oltre a quella politica, che ha diviso in modo irrimediabile intere generazioni.

Ultimamente sembrano però iniziare a emergere alcune voci fuori dal coro; persone che, timidamente, stanno provando ad aggirare tale barriera, andando oltre al pensiero comune. Tra loro vi sono diversi ragazzi appartenenti alla generazione degli anni Novanta, nati durante il conflitto del Nagorno-Karabakh o nel periodo immediatamente successivo; la prima generazione a non avere ricordi diretti o a non aver vissuto sulla propria pelle le atrocità della guerra, della quale questi ragazzi hanno solo sentito raccontare dai genitori, da un parente che l’ha combattuta o semplicemente sui banchi di scuola.

Superare i pregiudizi e favorire il dialogo

Mariam, 25 anni, studentessa di scienze politiche presso l’Università Statale di Yerevan, ha sempre nutrito interesse nei confronti dell’Azerbaigian. “Mi piacerebbe, un giorno, avere la possibilità di visitarlo, per vedere come è la situazione là, come vive la gente, anche se mi rendo conto che fino a quando le cose non cambieranno sarà impossibile.

Al fine di favorire la distensione, per Mariam è necessario che la società armena superi i tanti pregiudizi nei confronti della popolazione azera. “Non bisogna fare l’errore di giudicare un intero popolo per quello che dice la nostra propaganda o per quello che fa il suo governo. Non credo che gli azeri siano quei mostri che vengono descritti dai nostri media. Come noi hanno dovuto affrontare una dura guerra durante la quale molta gente ha perso la casa, altri familiari e amici; per quanto sia difficile, bisogna provare a comprendere anche la loro posizione.

Secondo Arevik, 23 anni, studentessa di legge, è infatti il lavoro delle opposte propagande il maggiore ostacolo al processo di pace tra i due paesi. “L’Azerbaigian continua a provocarci attraverso minacce e discorsi d’odio. Di conseguenza, anche il nostro governo è indotto a fare lo stesso. Ma come si può discutere pacificamente e intavolare delle trattative se si continua di questo passo?” Nonostante anni di trattative, organizzate sotto l’egida del Gruppo di Minsk, le due parti non sono mai riuscite ad avviare un dialogo costruttivo, né tantomeno a ottenere risultati significativi.

Dal momento in cui ha intrapreso i propri studi universitari, Arevik ha iniziato a interessarsi alla questione del Nagorno-Karabakh. “Penso che il nostro popolo abbia diritto all’autodeterminazione, ma mi rendo conto che, per quanto difficile, questa disputa potrà essere risolta solo attraverso la diplomazia”. La priorità resta infatti la pacificazione della regione. “La nostra gente vuole la pace, è stanca di vivere in questa situazione, con la paura che da un momento all’altro possa scoppiare una nuova guerra, e ogni anno la situazione peggiora. Questa non si può chiamare libertà, il nostro governo deve prendersi le sue responsabilità e trovare una soluzione.

Amicizie impossibili

Mentre buona parte delle comunità armene e azere residenti in altri paesi post-sovietici come la Georgia o la Russia hanno continuato a intrattenere relazioni anche in seguito alla guerra degli anni Novanta, gli armeni di Yerevan hanno interrotto ogni tipi di rapporto con gli azeri di Baku, e viceversa. Solo recentemente i più giovani hanno trovato il modo di rompere questo isolamento, attraverso l’uso di internet e dei principali social network, piattaforme che però vengono solitamente utilizzate come teatro di scontri ideologici e campagne propagandistiche piuttosto che essere sfruttate come luogo di dialogo.

Anche in questo caso esistono però delle eccezioni, rappresentate da individui che, nonostante le numerose difficoltà, riescono a portare avanti relazioni, spesso tenute segrete per necessità. Tra questi vi sono anche diversi giovani, i quali attraverso la partecipazione a progetti internazionali o percorsi di studio all’estero hanno avuto la possibilità di entrare in contatto tra loro, finendo per sviluppare inaspettate amicizie.

È il caso di Hovik, 24 anni, il quale nel corso di un periodo di studio in Ucraina ha stretto amicizia con un ragazzo azero. “All’inizio per me era strano, non mi ero mai rapportato con degli azeri, e non avevo di certo una buona opinione di loro; poi però, col passare del tempo, è diventato tutto più naturale.

Discutendo tra loro, i due ragazzi non hanno potuto fare a meno di toccare la delicata questione del Nagorno-Karabakh. “Evitavamo appositamente di parlare di politica o della guerra, poiché sapevamo di avere visioni completamente differenti, anche se alla fine affrontare il tema è stato inevitabile. Quando però è successo, nonostante la tensione iniziale siamo riusciti a confrontarci in modo costruttivo.

Dopo aver fatto ritorno in Armenia, Hovik ha provato a mantenersi in contatto con l’amico. “Avevamo in mente di organizzare un incontro a Tbilisi, in Georgia: è l’unico modo che abbiamo per poterci vedere.” La Georgia, paese dove vivono diverse famiglie miste armeno-azere, intrattiene buone relazioni sia con Yerevan che con Baku; per questo viene spesso scelta come sede di progetti umanitari che ambiscono a fare entrare in contatto ragazzi provenienti da entrambi i paesi in conflitto.

È possibile una riconciliazione?

Esempi come quelli di Mariam, Arevik e Hovik (nomi di fantasia, gli intervistati hanno preferito rimanere anonimi) rappresentano ad oggi soltanto casi isolati. La maggior parte della società armena continua infatti ad avere una visione fortemente negativa dell’Azerbaigian e della sua popolazione, figlia delle ferite aperte dalla guerra e degli strascichi d’odio che essa ha causato. Anche per questo motivo, una riconciliazione tra i due paesi appare ancora lontana, e la situazione, almeno nel breve-medio periodo, non sembra essere destinata a cambiare.

Sebbene tra i giovani armeni persista tutt’ora una forte memoria collettiva legata alla guerra degli anni Novanta, la speranza è che le nuove generazioni, che formano o andranno a formare la società civile del futuro, dimostrino essere in grado di lasciarsi alle spalle le tensioni passate, dando vita a un nuovo corso di relazioni con coloro che vengono attualmente considerati i principali nemici dello stato.

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