Coronavirus: ministro Sanità armeno discute situazione con ambasciatore Ue e omologo georgiano (Agenzianova 04.03.20)

Erevan, 04 mar 09:53 – (Agenzia Nova) – Il ministro della Sanità armeno, Arsen Torosyan, ha incontrato oggi il capo della delegazione dell’Unione europea nel paese caucasico, Andrea Wiktorin, per discutere una serie di progetti congiunti e i problemi dovuti all’epidemia di coronavirus in atto. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, aggiungendo che l’ambasciatrice ha valutato positivamente le misure di prevenzione elaborate dalle autorità di Erevan. Stando alle informazioni diffuse, Wiktorin ha anche confermato la disponibilità di Bruxelles ad aiutare l’Armenia non solo a contenere il virus, ma anche a sviluppare il sistema sanitario nazionale in generale. “Agire in maniera trasparente è l’unico modo che abbiamo per far sì che non si diffonda il panico”, ha detto Torosyan, che ha avuto anche un colloquio con l’omologo georgiano, Ekaterine Tikaradze, sugli stessi temi. “Il ministro mi ha confermato che al momento sono tre i casi di coronavirus in Georgia, e che negli ultimi giorni non sono stati registrati nuovi contagi: al momento stanno tutti bene”, ha spiegato Torosyan, aggiungendo di aver concordato con Tikaradze sulla necessità di coordinarsi per superare insieme la crisi. (Res)

Roma, è un Mkhitaryan da 10 e lode (Romagiallorossa 03.03.2020)

NOTIZIE AS ROMA MKHITARYAN – Nella pancia della Sardegna Area, a fine gara, Paulo Fonseca non ha avuto neanche un dubbio nell’indicare il migliore in campo: «Micki è stato il giocatore determinante per la nostra vittoria».

Già, anche se poi Henrikh Mkhitaryan determinante è tornato ad esserlo da un po’ nell’ultimo periodo. Basti pensare alle ultime tre partite, quelle contro Lecce, Gent e Cagliari. Questo Mkhitaryan qui è praticamente da dieci e lode. E lo dicono anche i numeri, che poi sarà una coincidenza ma forse fino a un certo punto.

Con il gol e l’assist di Cagliari i numeri del trequartista armeno stanno diventando sempre più belli. Perché quella giocata in Sardegna per Micki è stata la decima partita (delle 17 totali) da titolare con la Roma. Ma, soprattutto, con il gol e l’assist piazzati contro i rossoblù Mkhitaryan è già entrato in ben dieci gol della Roma, con sei reti e 3 assist. Considerando, appunto, che le partite dal via sono state solo dieci e le altre 7 dei piccoli spezzoni (anche a causa dei tanti infortuni), allora si capisce che tipo di incidenza abbia avuto (e può avere) il fantasista armeno.

Tra l’altro, Henrikh si è raccontato anche in una lunga intervista rilasciata al blogger russo Savin. Dove è partito proprio dalla scelta della Roma. In extremis, quasi a mercato chiuso. «Il primo settembre, due ore dopo aver giocato con l’Arsenal, Raiola (l’agente, ndr) mi ha detto di prendere il primo volo per Roma. È successo tutto molto in fretta. A 30 non hai più tempo da perdere, devi andare avanti. Gli obiettivi iniziali erano di entrare tra le prime quattro, andare in finale di Coppa Italia e andare avanti il più possibile in Europa. A Roma la gente vive di calcio, è molto bello. E la pressione per me non è un problema. Almeno alla mia età, dopo aver giocato con United e Arsenal. Il mio obiettivo è giocare fino a 37 anni. Poi potrei fare l’allenatore, il dirigente o il procuratore. Devo ancora pensarci».

Poi Mkhitaryan ha ripercorso un po’ tutte le tappe della sua vita. Iniziando dai no (milionari) rifilati ai russi negli anni passati. «Lo Shakthar aveva una reggia al posto del centro sportivo, non c’era motivo per andare allo Spartak. Il mio sogno era l’Europa. E per inseguirlo ho rifiutato anche tanti soldi da parte dell’Anzhi. Quanti? Un po’ meno di Eto’o, quasi 20 milioni».

La sorella Marina, però, ammette che in futuro potrebbe essere proprio la Russia la sua terra: «Henrikh la ama, potrebbe andare a giocare lì». Poi Micki parla dello United e dei conflitti con Mourinho: «È stato l’allenatore più difficile della mia carriera, con lui ho avuto divergenze e conflitti. Ma giocare allo United è un’occasione che ti capita una volta nella vita. Non mi pento di nulla, passare poi all’Arsenal è stato come coronare il mio sogno da bambino». Quindi un passo indietro, con il Borussia e Klopp: «È come un padre o un fratello, quando ho lasciato Dortmund ho iniziato a capire il calcio».

La vita di Henrikh è stata segnata dalla morte precoce di papà Hamlet, una autentica star in Armenia: «È stato difficile, non capivo dove fosse, mi chiedevo perché non era con noi. La sua scomparsa mi ha spinto a puntare sul calcio». Diventando per l’Armenia anche più importante del padre: «Il problema è che gli armeni non hanno voglia di imparare, giocatori e allenatori sono pigri. Le persone in Armenia si svegliano e sperano di trovare un milione di dollari sotto il cuscino. Se l’Azerbaijan mi ha minacciato? Sì, molte volte. Ma io non gli do attenzione. E sono molto orgoglioso di essere armeno».

(Gazzetta dello Sport)

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Memorie d’Armenia, il quartetto di Alexis Avakian e Artyom Minasyan alla Chigiana fra jazz europeo e medioriente (Sienafree 03.03.20)

Giovedì 5 marzo alle 21 all’Accademia Chigiana di Siena (via di città 89), la rassegna Tradire giunge al suo quarto appuntamento intitolato “Carte d’Armenia”. Ospite d’eccezione un quartetto parigino capeggiato da Alexis Avakian (sax) con Artyom Minasyan (duduk), Rusan Filiztek (saz) e Mauro Gargano (contrabbasso): musicisti straordinari e affermati a livello internazionale, uniti dalla ricerca di nuove sonorità fra la modernità del jazz e le tradizioni musicali che si intrecciano lungo le coste del Mediterraneo orientale fino ai monti del Caucaso.

Le melodie armene hanno sempre viaggiato verso occidente, sulle vie dei commerci o inseguite dalle minacce dell’oblio. Hanno trovato riparo nei porti dell’Egeo, in Egitto e nei Balcani, fra le calli di Venezia e nei sobborghi delle capitali europee.

Ogni patrimonio musicale si conserva solo grazie a chi quotidianamente ne alimenta la memoria, reinterpretandolo e condividendolo con gli ascoltatori più diversi. Le tragedie del Novecento ci hanno insegnato che l’identità di un popolo sopravvive anche grazie alla memoria dei suoi canti: sono i bagagli più leggeri da portare sulle strade della diaspora, e sono anche i semi che permetteranno a quelle genti di riaffondare le radici nelle terre che le accoglieranno. Nuove case, dove i canti risuoneranno a voce piena, con altri accenti, inflessioni, emozioni.

La musica di Alexis Avakian fiorisce da quei semi della memoria armena piantati in Francia, e germogliati in un ambiente dove il jazz fa da terreno ospitale per chiunque abbia l’urgenza di esprimersi con la sua voce. Il fraseggio che ricorda la toccante nostalgia dei mugham ricama linee affascinanti su un tessuto armonico che cuce la tradizione occidentale con il linguaggio afroamericano.

Come sempre, l’appuntamento condotto da Stefano Jacoviello sarà preceduto a partire dalle 20:30 da una degustazione di vino a cura di Argiano, Montalcino.

Ingresso gratuito. Per info e prenotazioni: www.chigiana.org , info@chigiana.it, tel. 0577220927.

AGGIORNAMENTO: IL CONCERTO E’ STATO RINVIATO A DATA DA DESTINARSI

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Il fascino della musica armena alla Chigiana (Sienanews.it 04.03.20)

Il quartetto di Alexis Avakian con Artyom Minasyan intreccia la musica armena con il jazz all’Accademia Chigiana

Domani alle 21 all’Accademia Chigiana (via di Città 89), la rassegna Tradire giunge al suo quarto appuntamento intitolato “Carte d’Armenia”. Ospite d’eccezione un quartetto parigino capeggiato da Alexis Avakian (sax) con Artyom Minasyan (duduk), Rusan Filiztek (saz) e Mauro Gargano (contrabbasso): musicisti straordinari e affermati a livello internazionale, uniti dalla ricerca di nuove sonorità fra la modernità del jazz e le tradizioni musicali che si intrecciano lungo le coste del Mediterraneo orientale fino ai monti del Caucaso.

Le melodie armene hanno sempre viaggiato verso occidente, sulle vie dei commerci o inseguite dalle minacce dell’oblio. Hanno trovato riparo nei porti dell’Egeo, in Egitto e nei Balcani, fra le calli di Venezia e nei sobborghi delle capitali europee.

Ogni patrimonio musicale si conserva solo grazie a chi quotidianamente ne alimenta la memoria, reinterpretandolo e condividendolo con gli ascoltatori più diversi. Le tragedie del Novecento ci hanno insegnato che l’identità di un popolo sopravvive anche grazie alla memoria dei suoi canti: sono i bagagli più leggeri da portare sulle strade della diaspora, e sono anche i semi che permetteranno a quelle genti di riaffondare le radici nelle terre che le accoglieranno. Nuove case, dove i canti risuoneranno a voce piena, con altri accenti, inflessioni, emozioni.

La musica di Alexis Avakian fiorisce da quei semi della memoria armena piantati in Francia, e germogliati in un ambiente dove il jazz fa da terreno ospitale per chiunque abbia l’urgenza di esprimersi con la sua voce. Il fraseggio che ricorda la toccante nostalgia dei mugham ricama linee affascinanti su un tessuto armonico che cuce la tradizione occidentale con il linguaggio afroamericano.

Come sempre, l’appuntamento condotto da Stefano Jacoviello sarà preceduto a partire dalle 20:30 da una degustazione di vino a cura di Argiano, Montalcino.

Ingresso gratuito. Per info e prenotazioniwww.chigiana.org, info@chigiana.it, tel. 0577220927.

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati (Habitante 02.03.20)

ricordi.

Il miglior modo di vivere e di scoprire noi stessi è viaggiare: far emergere quelle parti di noi più nascoste riuscendo a stupirci dinanzi a luoghi inaspettati. Una bellezza inaspettata per molti è l’Armenia.

Viaggio in Armenia: bellezza sottovalutata

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

SHUTTERSTOCK – RUSLAN HARUTYUNOV

L’Armenia molto probabilmente non fa parte delle prime mete che vengono in mente ai viaggiatori e, insieme alla Georgia, sono decisamente bellezze sottovalutate. Grave errore per un viaggiatore: l’Armenia è una destinazione affascinante, poichè in sé riesce a racchiudere una storia millenaria che si intreccia a meravigliose architetture, paesaggi mozzafiato e buon cibo. Tutto questo mantenendo un costo decisamente accettabile e contenuto rispetto a molte altre mete nel mondo.

L’Armenia è un paese duro e selvaggio, incastonato tra le montagne del Caucaso Minore, racchiuso tra un dedalo di fiumi e laghi, che compensano la mancanza del mare; confina con la Georgia, l’Azerbaijan, l’Iran e la Turchia. Fra Armenia e Azerbaijan si trova la Repubblica del Nagorno Karabakh, indipendente di fatto ma non riconosciuta a livello internazionale.

Viaggio in Armenia: una storia travagliata

La storia dell’Armenia è molto travagliata, segnata da continue invasioni e conquiste fino al terribile capitolo del Genocidio Armeno, perpetrato dall’Impero Ottomano tra il 1915 ed il 1916. La nazione armena è diventata poi parte dell’Unione Sovietica, e ha riconquistato la piena indipendenza solo nel 1991.

Viaggio in Armenia: il periodo ideale in cui andare

Trattandosi di un paese essenzialmente montuoso, i mesi migliori per visitare l’Armenia sono giugno e settembre, che risultano essere anche i meno piovosi. In questi mesi, inoltre, il caldo in pianura, dove ci sono le maggiori città, non è particolarmente afoso ed è quindi possibile visitare tutti i siti senza problemi. Se si programma un tour dell’Armenia, l’ideale è mettere in valigia abiti per vestirsi a strati, in modo da adattarsi facilmente a seconda del cambio di altitudine.

Viaggio in Armenia: come arrivare e quali sono i documenti necessari

Per arrivare in Armenia dall’Italia il modo più semplice è l’aereo: ci sono voli giornalieri con uno scalo dalle maggiori città italiane. Per andare in Armenia è necessario il passaporto (con una validità residua di almeno 6 mesi) e il visto, che può essere richiesto online all’Ambasciata Armena di Roma o direttamente all’arrivo in Armenia in aeroporto. Via terra, l’Armenia è raggiungibile solamente dalla Georgia e dall’Iran, mentre le frontiere con la Turchia e l’Azerbaijan sono chiuse. Alcuni viaggiatori abbinano la visita dell’Armenia con quella della Georgia, noleggiando un’automobile o servendosi degli (scomodi) trasporti locali.

Viaggio in Armenia: i luoghi da non perdere

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

SHUTTERSTOCK – ANA FLASKER

Una rapida carrellata dei luoghi da non perdere a Yeveran:

  • Il centro e Piazza della Repubblica
  • Cattedrale di San Gregorio Illuminatore
  • Moschea Blu
  • Teatro dell’Opera
  • Cascade
  • Memoriale del Genocidio Armeno
  • Echimiadzin
  • Zvarnots
  • Il Monastero di Noravank
  • Il Canyon Armeno
  • Lago Sevan
  • Monastero di Geghard
  • Tempio di Garni

Incontriamo Luigi Ammirati, studente di geologia presso l’Università Federico II di Napoli, che si è recato proprio in Armenia per effettuare test e ricerche per la tesi magistrale che sta realizzando. Cerchiamo di capire la sua esperienza, pro e contro di questo luogo.

Partiamo dall’inizio: per il tuo viaggio in Armenia quali aspettative, timori o pregiudizi avevi?

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

CREDITS: LUIGI AMMIRATI

Quando mi fu comunicato che sarei partito per l’Armenia, ho cercato tutte le informazioni possibili sul web. La gran parte delle ricerche però non soddisfava tutte le domande che mi ponevo relativamente a ciò che mi occorreva conoscere di quel posto. Per questo motivo, poco prima della partenza, ero abbastanza preoccupato. Quando ho sparso la voce della partenza, un amico mi mise in contatto con una ragazza di Yerevan che, partecipando ad uno scambio culturale Armenia – Irpinia, era stata per un periodo a Grottolella (Av) e aveva fatto amicizia con lui. A lei ho chiesto persino come fossero le prese della corrente, e mi rispondeva meravigliata. Ero preoccupato perché dell’Armenia non se ne parla molto e, in genere, si associa ad essa l’idea di un paese un po’ arretrato. Arrivato lì, mi resi subito conto che le preoccupazioni che avevo fossero eccessive, ho vissuto quei 45 giorni in pienezza senza nessun disagio. Anzi, da molti punti di vista Yerevan è più organizzata delle nostre città italiane, soprattutto per quanto riguarda la viabilità. Questa ragazza, con il suo gruppo di amici, è stata la mia cicerona per tutto il tempo.

Vivendo lì in quel periodo, relativamente breve, hai visitato molto il Paese nelle giornate libere: raccontaci tre cose che hanno reso il tuo viaggio in Armenia indimenticabile.

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

SHUTTERSTOCK – LEONID ANDRONOV

Non ho visitato il paese soltanto nelle giornate libere, fortunatamente approfittando di attività di campionamento, ho avuto modo di salire sulle cime dell’Aragats, ad oltre 4000 m di altezza ed essere immortalato con 4 metri di neve alle spalle.

Sono uscito spesso dalla città, ho visitato la città sacra di Echimiadzin, il tempio di Garni, il monastero del Geghard, il sito archeologico di Zvarnots. Per raggiungerli ho dovuto attraversare strade circondate dalla natura incontaminata, paesaggi fantastici e sconfinati, canions, montagne, laghi. Sicuramente uno dei motivi per cui questo viaggio è indimenticabile è per la bellezza e la natura dei paesaggi, oltre che per la cultura e l’arte.

Yerevan come città è molto viva. Si svolgono numerosi eventi culturali e il centro è vivo e ordinato, con locali di ogni tipo a prezzi abbordabili. Pur volendo, la noia non avrebbe potuto farla da padrona!

Infine, avendo avuto modo di interagire con molte persone, dai colleghi al Centro di ricerca al proprietario di casa e i negozianti, mi ha colpito molto la cordialità degli armeni. In genere quando ci si muove verso paesi dell’ex unione sovietica l’idea è che le persone siano fredde. Invece gli armeni sono accoglienti, amano stare insieme agli altri. Sono così disponibili che addirittura si impegnano affinchè gli ospiti siano quanto più possibile a proprio agio. Per gli italiani inoltre hanno una sorta di ammirazione, celebrata ufficialmente anche da un monumento presente a Yerevan. Le uniche volte nelle quali puoi scorgere sul loro volto la tristezza è quando si parla del Genocidio. Il tragico momento storico che hanno subito nel secolo scorso è una ferita ancora aperta che difficilmente si rimarginerà, soprattutto perché molte nazioni ancora non riconoscono o addirittura negano il “Grande male”.

Yeveran è stata, quindi, la tua base per i vari spostamenti. Raccontaci pro e contro del vivere in questa città.

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

SHUTTERSTOCK – TAKEPICSFORFUN

Yerevan è una città molto vivibile. Un milione di abitanti, non tantissimi, belle piazze, fontane ovunque, monumenti, chiese, centri commerciali, locali, pub, ristoranti per tutti i gusti. Si organizzano molte manifestazioni: ad esempio, l’ultimo venerdì di ogni mese i giovani autonomamente si riuniscono ai piedi di Cascade, questa scalinata monumentale di epoca sovietica, dalla cui sommità si riesce a vedere il monte Ararat, la montagna sacra degli armeni (che oggi è in Turchia, e anche questo fa soffrire il popolo armeno) sulla quale si ritiene sia naufragata l’arca di Noè. Qui si riuniscono per ballare le danze popolari armene. Nell’aria si respira proprio la cultura e il fatto che sia una città esistente da oltre 2800 anni. I palazzi sono principalmente in tufo rosa, pietra locale, e il verde non manca.

Forse l’unico neo è che essendo l’Armenia una nazione relativamente più povera, con un parco di autovetture vecchie e spesso manutenute male, la qualità dell’aria ne risente un po’, ma le montagne adiacenti mitigano il problema.

Da campano sarai un buongustaio: quali pietanze ti senti di consigliare ai nostri lettori in base al tuo viaggio in Armenia?

Uno dei miei timori prima della partenza era proprio questo: avrei mangiato adeguatamente? Come saranno i sapori? Beh, mi è bastata mezza giornata per capire che non avrei avuto problemi. I sapori locali sono particolari, un po’ speziati, ma gustosi. La carne è cucinata in tutte le salse, ma principalmente gli armeni vivono di barbacue. Inoltre, hanno tanti tipi di pane diverso: il più particolare è il lavash, che somiglia vagamente alla piadina italiana, che viene cotto sottoterra in dei forni appositi. È utilizzato per avvolgere qualsiasi cosa a mo’ di involtino. Al lago Sevan ho assaggiato del pesce squisito che pescavano al momento. Vino e birra sono paragonabili ai nostri.

Viaggio in Armenia: alla scoperta del Caucaso con Luigi Ammirati

CREDITS LUIGI AMMIRATI

Una menzione a parte è per il caffè. Un po’ come noi, per loro il caffè non è solo la bevanda in sé, ma è un modo per stare insieme e per godersi la compagnia. Però la loro bevanda non è come il nostro caffè, somiglia di più al caffè americano dove la tazza viene riempita fino all’orlo. Attenzione: se non lo bevi tutto, si offendono! Concludo con un piccolo aneddoto: sono anche bravi a cucinare la pasta, ma stando lì ho scoperto che non usano gli scolapasta… e non ho ancora capito come fanno!

 

Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?

  • Oggi l’Armenia è un paese che ha molto da offrire ai viaggiatori di tutto il mondo, grazie alla sua storia millenaria e ai suoi paesaggi incredibili e incontaminati. Inoltre, non dimentichiamoci che è il paese di origine di una delle famiglie più famose e pazze del mondo: i Kardashian!
  • Proprio nel cuore del paese si trova questa grande distesa d’acqua dolce che gli armeni considerano il loro mare: in estate sono in moltissimi a fare il bagno nelle fresche acque del Lago Sevan. Il nome Sevan deriva dalla parola sev, che in armeno significa “nero”: secondo una leggenda, durante un’invasione da parte degli arabi, gli abitanti di una delle città si rifugiarono su un’isola sfruttando il lago ghiacciato. Quando gli arabi provarono a fare la stessa cosa, il ghiaccio cedette e si colorò di nero per via dei numerosi morti. Sul lago si affacciano anche numerosi monasteri: merita una visita il Monastero di Hayravanq, nella parte nord: è una costruzione del IX secolo, che si affaccia direttamente a picco sull’acqua: un panorama davvero mozzafiato!
  • Il Monastero di Geghard è riconosciuto come patrimonio dell’UNESCO: questo spettacolare monastero fu fondato nel IV secolo da San Gregorio l’Illuminatore, che ne costruì il primo nucleo all’interno di una grotta, dove si trovava una sorgente sotterranea. All’interno del complesso monasteriale di Geghard si trovano numerose chiese, cappelle e sculture, e si possono vedere anche diverse khachkar, i cippi funerari in pietra decorata tipici dell’Armenia. Anche il paesaggio dei dintorni contribuisce a rendere questo monastero un luogo di rara bellezza: si trova infatti all’interno della gola del fiume Azat, dove si alternano montagne innevate e guglie rocciose. Sulla strada che porta al monastero si trova anche il bel Tempio di Garni, costruito nel I secolo d. C.
  • Yerevan ha anche sede la fabbrica del famoso brandy Ararat: un liquore molto particolare che sembra essere stato il preferito da Stalin e Churchill. Vengono organizzate delle visite guidate allo stabilimento con degustazione, un modo perfetto per brindare alla salute di questa meravigliosa città!

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Mkhitaryan: “Il passaggio alla Roma è accaduto molto in fretta. Qui la gente vive di calcio”(Insideroma 02.03.20)

Il giallorosso Mkhitaryan è stato protagonista di un documentario sulla sua vita realizzato dal blogger russo Yevgeny Savin e pubblicato su Youtube. Nel corso dello stesso l’ermeno ha rilasciato un’intervista:

Il passaggio alla Roma?
Il 1° settembre, due ore dopo aver giocato con l’Arsenal, il mio agente mi ha chiamato per dirmi che sarei passato alla Roma. È accaduto tutto molto in fretta, io mi ero ripromesso che le cose sarebbero cambiate a inizio stagione ma, quando hai 30 anni, non hai più tempo da perdere e hai bisogno di andare avanti per continuare a divertirti. A inizio stagione il nostro obiettivo era entrare nelle prime quattro, andare in finale di Coppa Italia e proseguire il più possibile nel cammino in Europa League. La pressione qui non è un problema per me. Non per la mia età, ma perché ho giocato in club come Manchester United e Arsenal. La gente qui vive di calcio ed è molto bello“.

Il mancato trasferimento in Russia?
Non ho rifiutato lo Spartak Mosca. Quando ero allo Shakthar pensavo di essere nella squadra più forte dell’ex Unione Sovietica. Non c’era motivo di andare allo Spartak perché il mio sogno era di giocare in Europa. L’Anzhi mi ha promesso un ingaggio folle più i bonus, ma per inseguire il mio sogno ho rifiutato. Quanti soldi? Un po’ meno di Eto’o. Quindi non proprio 20 milioni, ma quasi“.

Il rapporto con Mourinho?
Una volta Mourinho mi ha visto a colazione e mi ha detto: “Per colpa tua la stampa mi critica”. Io gli risposi: “Davvero mister? Non lo faccio certo di proposito”. Ai tempi del Manchester United c’erano paparazzi tre giorni a settimana. Ti filmavano mentre entravi in macchina, come eri vestito… Una volta arrivati al centro sportivo loro erano ancora lì. Ogni passo era controllato. Se Mourinho è stato l’allenatore più difficile della mia carriera? Sì, potrei dire di sì. È un vincente di natura. Vuole che tu vinca e che tu faccia quello che ti chiede. È difficile per chiunque. Ci sono state divergenze e conflitti, ma non hanno avuto un forte impatto sul buon lavoro e i tre trofei vinti. Se è vero che mi ha attaccato dopo la partita e mi ha spinto dicendo che dovevo allenarmi? Si è vero. Tutto è iniziato da lì. Ho pensato: “Non ho altro da aggiungere al Manchester. Lavoro, presso, aiuto la squadra, segno e qualcuno è anche insoddisfatto. Non volevo perdere tempo e giocare a calcio”. Giocare al Manchester è comunque un’occasione che ti capita una volta nella vita. Scendere in campo insieme a Ibrahimovic, Pogba, Mata, De Gea… Se dovessi ritornare indietro nel tempo, avrei rinnovato il contratto con i Red Devils. Non mi pento però di ciò che ho fatto”.

Il trasferimento all’Arsenal?
Sapevo che Wenger e l’Arsenal erano interessati a me, ai tempi dei conflitti con Mourinho. Wenger mi voleva con i Gunners. Passare con loro è stato coronare il sogno che avevo da bambino. Molti giocatori francesi avevano indossato quella maglia in passato: Henry, Pires, Bergamp, Petit, Vieira. Ero appassionatissimo. Poi, con l’arrivo della proprietà araba, hanno iniziato ad avere problemi economici e hanno iniziato ad investire sui giovani. Trasferirmi all’Arsenal di Wenger è stato un sogno, una favola“.

Sulla malattia e la scomparsa del padre.
È stato difficile. Non capivo dove fosse mio padre. Mi chiedevo: “Perché non sta con noi?”. Allora ho deciso di puntare sul calcio. Quando sei piccolo pensi solo a divertirti durante gli allenamenti. Forse la perdita di mio padre mi ha spinto a prendere molto più seriamente il calcio“.

Il futuro del calcio armeno?
Il problema più grande è che gli armeni non hanno voglia di imparare. Giocatori e allenatori sono pigri. Non voglio criticare nessuno, non sto parlando di nessuno. Le persone lavorano in maniera completamente diversa in Europa e in Armenia. La maggior parte del popolo pensa: “Voglio dormire, svegliarmi e avere un milione di dollari sotto al cuscino”. Ho guadagnato i miei primi 20 dollari quando avevo 15 anni. Poi sono diventati 40, 80, 120 etc. Non mi sono mai lamentato. Lavoravo, lavoro e mi diverto“.

I tempi dello Shakhtar Donetsk?
Lo Shakhtar non ha un centro sportivo ma una reggia. Sognavo di giocare in Europa. Lucescu mi diceva sempre: “Esci dal centro sportivo, perché ci stai così tanto?”. Ci ho vissuto praticamente dentro per tre anni, quando ero allo Shakhtar. Quando poi sono passato al Borussia Dortmund mi dissero che non c’erano più stanze disponibili. Così ho affittato un appartamento. Molte persone mi chiamavano ai tempi dello Shakhtar, mi dicevano: “Vieni qui, firma questo contratto”“.

Il passaggio al Borussia Dortmund?
Sono partito insieme a Raiola per Londra, inizialmente per parlare con il Tottenham. Stavamo aspettando offerte dal Liverpool ma non eravamo sicuri. Poi abbiamo ricevuto la chiamata dal Dortmund e siamo volati immediatamente in Germania. Avevano venduto Götze e gli serviva un nuovo “numero 10”. Al Liverpool e al Tottenham i posti erano già presi, quindi trasferirmi al Borussia era la migliore cosa da fare. Klopp mi disse subito le sue idee, dove mi vedeva in campo“.

Il rapporto con Klopp?
Prima di parlare con Klopp, mi ha abbracciato, tirato su da terra e detto: “Non ti lascerò andare fino a quando non firmerai il contratto”. Alla fine della conversazione poi aveva aggiunto: “Promettimi che tornerai al Borussia Dortmund”. È un amico. come un padre o un fratello per me. Quando ho lasciato il Dortmund ho iniziato a capire veramente il calcio“.

La situazione con l’Azerbaigian?
L’Azerbaigian mi ha tradito? Vero. Molte volte. Messaggi su Instagram e Facebook ma io non gli do attenzione. Sono un armeno orgoglioso. Ringrazio la mia nazione e le persone che mi amano e mi supportano“.

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Coronavirus: primo caso in Armenia (ANSA 01.03.20)

(ANSA) – IEREVAN, 1 MAR – L’Armenia ha annunciato oggi il suo primo caso di contagio da coronavirus. Il paziente è un cittadino armeno recentemente rientrato da un viaggio in Iran e le sue condizioni sono stabili. Sono circa una trentina le persone che sono state in contatto con il contagiato e che per questo sono state messe in isolamento, ha spiegato il primo ministro di Ierevan Nikol Pashinyan su Facebook.
Una settimana fa l’Armenia aveva annunciato la chiusura per 14 giorni delle frontiere con l’Iran proprio per fermare la diffusione del coronavirus.

 

Spada di 5mila anni fa scoperta nel monastero ​dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni a Venezia (IlGazzettino 28.02.20)

Una spada di 5000 anni fa, tra le più antiche armi anatoliche al mondo, è stata scoperta da una dottoranda dell’Università di Ca’ Foscari, Vittoria Dall’Armellina, nel monastero dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni, a Venezia. L’arma è custodita nel Museo di San Lazzaro; si tratta di una piccola spada, collocata in una vetrina insieme a oggetti di epoca medievale. La spada però risulta tipologicamente molto simile ad alcune armi risalenti a circa cinquemila anni fa rinvenute all’interno del Palazzo Reale di Arslantepe, nell’Anatolia Orientale, ritenute le più antiche del mondo. Anche al museo di Tokat (Turchia) era stata riconosciuta una spada della stessa tipologia, proveniente dalla regione di Sivas, che presenta notevoli somiglianze con l’esemplare di San Lazzaro.

Appurato che la spada non era presente nel catalogo delle antichità vicino orientali conservate nel museo, d’accordo con Elena Rova, professoressa di Archeologia al Dipartimento di Studi Umanistici e suo supervisore dottorale, Dall’Armellina ha proseguito l’indagine. Le analisi scientifiche confermano: la spada è simile a quelle più antiche del mondo, che risalgono al 3000 a.C., non solo nella forma ma anche nella composizione della lega. Come sia arrivata nel monastero e quale il legame con la comunità dei Padri Armeni, sono stati gli altri passi della ricerca, con la consulenza di Padre Serafino Jamourlian, del Monastero Mechitarista di San Lazzaro, il quale, consultando gli archivi del museo, ha contribuito a svelare una parte della storia.

La spada arriva da Trebisonda a Venezia, donata da un mercante d’arte e collezionista, tale Yervant Khorasandjian, nella seconda metà dell’Ottocento, così come attesta una busta. I reperti tra cui la spada furono rinvenuti in una località chiamata Kavak. Ghevond Alishan, celebre poeta e scrittore amico di John Ruskin, monaco della congregazione Mechitarista e appassionato studioso di archeologia, mori a Venezia nel 1901. La vicenda quindi si colloca verosimilmente negli ultimi decenni del XIX secolo. Le analisi sulla composizione del metallo sono state condotte in collaborazione con la professoressa Ivana Angelini e il (Centro Interdipartimentale di Ricerca Studio e Conservazione dei Beni Archeologici, Architettonici e Storico-Artistici (Ciba) dell’Università di Padova. La spada è risultata essere di rame arsenicato, una lega di rame e stagno frequentemente utilizzata prima della diffusione del bronzo. Questo dato, e la marcata somiglianza con le spade gemelle di Arslantepe, hanno permesso di datare con sicurezza il reperto tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C. e di confermare la sua pertinenza a una tipologia piuttosto rara.


Spada 5000 anni fa in Isola degli Armeni a Venezia Ansa 28.02.20

(ANSA) – VENEZIA, 28 FEB – Una spada di 5000 anni fa, tra le più antiche armi anatoliche al mondo, è stata scoperta da una dottoranda dell’Università di Ca’ Foscari, Vittoria Dall’Armellina, nel monastero dell’Isola di San Lazzaro degli Armeni, a Venezia. L’arma è custodita nel Museo di San Lazzaro; si tratta di una piccola spada, collocata in una vetrina insieme a oggetti di epoca medievale. La spada però risulta tipologicamente molto simile ad alcune armi risalenti a circa cinquemila anni fa rinvenute all’interno del Palazzo Reale di Arslantepe, nell’Anatolia Orientale, ritenute le più antiche del mondo. Anche al museo di Tokat (Turchia) era stata riconosciuta una spada della stessa tipologia, proveniente dalla regione di Sivas, che presenta notevoli somiglianze con l’esemplare di San Lazzaro.
Le analisi scientifiche confermano: la spada è simile a quelle più antiche del mondo, che risalgono al 3000 a.C., non solo nella forma ma anche nella composizione della lega. Arriva da Trebisonda a Venezia, donata da un mercante d’arte e collezionista, tale Yervant Khorasandjian, nella seconda metà dell’Ottocento, così come attesta una busta. I reperti tra cui la spada furono rinvenuti in una località chiamata Kavak.
Le analisi sulla composizione del metallo dicono che è di rame arsenicato, una lega di rame e stagno frequentemente utilizzata prima della diffusione del bronzo. Questo dato, e la marcata somiglianza con le spade gemelle di Arslantepe, hanno permesso di datare con sicurezza il reperto tra la fine del IV e l’inizio del III millennio a.C. e di confermare la sua pertinenza a una tipologia piuttosto rara. (ANSA).


(28 febbraio 2020) Vittoria Dall’Armellina stava visitando il Museo di San Lazzaro degli Armeni a Venezia quando la sua attenzione venne attirata da una piccola spada, collocata in una vetrina insieme a oggetti di epoca medievale. Agli attenti occhi della dottoranda dell’Università Ca’ Foscari Venezia, quello che aveva catturato la sua attenzione non sembrava un reperto medievale, ma una spada ben più antica, molto simile ad altre già incontrate nei suoi studi. La sua tesi di Laurea Magistrale e poi il dottorato vertevano proprio sulla nascita e lo sviluppo della spada nel Vicino Oriente antico. La spada infatti risultava tipologicamente molto simile ad alcune armi risalenti a circa cinquemila anni fa rinvenute all’interno del Palazzo Reale di Arslantepe (Anatolia Orientale), ritenute le spade più antiche del mondo. Successivamente a questa scoperta, divenuta celebre nel mondo archeologico, anche al museo di Tokat (Turchia) era stata riconosciuta una spada della stessa tipologia, proveniente dalla regione di Sivas. Anch’essa presenta notevoli somiglianze con l’esemplare di San Lazzaro. Appurato che la spada non era presente nel catalogo delle antichità vicino orientali conservate nel museo dell’Isola degli Armeni, d’accordo con Elena Rova, professoressa di Archeologia al Dipartimento di Studi Umanistici e suo supervisore dottorale, Dall’Armellina prosegue l’indagine per verificare la sua intuizione e chiarire i molti punti oscuri della scoperta. Le analisi scientifiche confermano: la spada è simile a quelle più antiche del mondo, che risalgono al 3000 a.C., non solo nella forma, ma anche nella composizione della lega. Un’arma anatolica, dunque, riappare del tutto casualmente a Venezia riemergendo dal buio profondo del tempo che l’aveva inghiottita per millenni.

Ma qual è stata la sua storia? Come era arrivata nel monastero e quale poteva essere il legame con la comunità dei Padri Armeni? A chi era appartenuta e in che terre lontane aveva viaggiato? Chi l’aveva brandita? O chi era stato sepolto con essa? Per rispondere a questi interrogativi, la ricercatrice ha avuto un prezioso collaboratore: Padre Serafino Jamourlian del Monastero Mechitarista di San Lazzaro degli Armeni il quale, consultando gli archivi del museo, ha contribuito a svelare una parte di questa lunghissima storia. La spada arriva da Trebisonda a Venezia donata da un mercante d’arte e collezionista, tale Yervant Khorasandjian, nella seconda metà dell’Ottocento. Lo attesta una busta contenente un foglietto scritto in armeno, piuttosto rovinato ma copiato da qualcuno su carta moderna, che parla di una donazione (c’è una lista di oggetti) a Padre Ghevond (Leonzio) Alishan. Viene inoltre precisato che i reperti furono rinvenuti vicino a Trebisonda, in una località̀ chiamata Kavak. Sappiamo che Ghevond Alishan, celebre poeta e scrittore amico di John Ruskin, monaco della congregazione Mechitarista e appassionato studioso di archeologia, morì a Venezia nel 1901. La vicenda quindi si colloca verosimilmente negli ultimi decenni del XIX secolo. Il biglietto d’accompagnamento alla spada è servito da filo di Arianna per ricostruirne il viaggio fino a Venezia, dando alle studiose un’importante informazione sulla provenienza anatolica. Le analisi sulla composizione del metallo sono state condotte in collaborazione con la professoressa Ivana Angelini e il CIBA (Centro Interdipartimentale di Ricerca Studio e Conservazione dei Beni Archeologici, Architettonici e Storico-Artistici) dell’Università di Padova.

Armenia: Erevan non chiuderà i confini dopo primo caso di coronavirus in Georgia (Agenzianova 28.02.20)

Erevan, 28 feb 10:15 – (Agenzia Nova) – Sinora non è necessario chiudere il confine fra l’Armenia e la Georgia per il nuovo focolaio di coronavirus. Lo ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza Armen Grigoryan commentando il primo caso di contagio verificato due giorni fa in Georgia. “Non abbiamo ancora raggiunto ancora questo punto. In termini di sicurezza ne discuteremo e, se sarà necessario, lo chiuderemo”, ha detto Grigoryn, quando gli è stato chiesto di possibili problemi di sicurezza nazionale qualora l’Armenia chiuda i suoi confini con la Georgia dopo aver bloccato le frontiere con l’Iran. Il 25 febbraio, l’Armenia ha imposto una chiusura parziale del confine con l’Iran ha causa dell’ampio focolaio di coronavirus riscontrato nel paese mediorientale. (Res)

Lecco-Vanadzor, legame rinsaldato: ospitata in città una delegazione d’insegnanti armeni (Leccotoday 27.02.20)

Lecco-Vanadzor, legame rinsaldato: ospitata in città una delegazione d’insegnanti armeni

rentadue anni dopo il terremonto di Vanadzor, una delegazione d’insegnanti armeni ha fatto visita a Lecco, accolti nella sala consigliare del Comune dal sindaco Virginio Brivio. Si è trattato del ricambio della visita che i lecchesi fecero nel 2008, guidati da Marina Ghislanzoni: i cittadini dell’Est Europa sono stati guidati da Sergio Fenaroli e dalla stessa Ghislanzoni dell’Ufficio Scolastico per la Lombardia. Arrivati a Lecco il 25 febbraio, giovedì mattina sono stati salutati dopo aver visitato e conosciuto la nostra città. E’ importante ricordare che, nel 1988, il Comune di Lecco contribuì, grazie allo sforzo di organizzazioni sindacali e imprenditoriali locali, con trecento milioni di lire alla ricostruzione del centro urbano armeno e della provincia di Lori, colpita da una scossa che fece decine di migliaia di vittime.

«Vi ringraziamo per l’accoglienza che ci avete riservato – ha spiegato la dirigente scolastica Anush Yedoyan -. In questo momento difficile per l’Italia abbiamo voluto essere qui, perchè gli amici si vedono sempre nel momento del bisogno. Vogliamo ringraziare italiani e lecchesi che hanno reso possibile questo momento d’incontro, in particolare Sergio Fenaroli e Marina Ghislanzoni».

Dopo la visita della città, guidata da Maria Grazia Colombo e da un gruppo di famiglie di Comunione e Liberazione, si è appreso dell’esistena di «un viaggio di conoscenza e amicizia» che la Cgil Lecco farà tra Georgia e Armenia. Il tour è in programma nel prossimo mese di maggio e porterà alla «conoscenza delle Repubbliche Caucasiche della Georgia e Azerbaijan, realtà omogenee geograficamente ma articolate per Storia cultura e religioni, cerniera di scambi e relazioni tra Europa ed Asia». Al termine della visita si è tenuto lo scambio di doni, è stato spiegato come Vanadzor stia puntando sul turismo come fonte di reddito e, infine, la delegazione (composta anche da Arthur Yedoyan, Lia Nerkararyan, Nazik Gishyan, Grigor Kachainyan, Anush Torosyan e Liana Herutyunyan) è stata salutata.

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Nagorno-Karabakh: una bomba a orologeria nel cuore del Caucaso (Eastjournal 27.02.20)

Il Nagorno Karabakh è spesso considerato la bomba ad orologeria del Caucaso. Il conflitto che lo dilania da ormai trent’anni non è mai stato davvero congelato e sembra improbabile che nel breve periodo venga ristabilita la pace, anche a causa del frammentato coinvolgimento delle potenze internazionali, che utilizzano il conflitto per perseguire i propri interessi.

Il coinvolgimento ambiguo della Russia

La Russia è certamente il paese terzo più coinvolto e, insieme a Francia e Stati Uniti, presiede il gruppo di Minsk, una struttura di lavoro creata nel 1992 per tentare di ristabilire la pace. Mosca è considerata un attore essenzialmente filo-armeno: i due paesi sono membri di diverse organizzazioni internazionali e fanno parte di una formale alleanza militare, il CSTO. Tuttavia, la Russia, pur garantendo assistenza militare a Yerevan, coltiva con l’Azerbaijan relazioni che includono la vendita di armi, da Baku chiaramente utilizzate anche nel confronto militare con l’Armenia. Tale ambivalenza è dovuta alla completa dipendenza in termini militari energetici e infrastrutturali di Yerevan nei confronti della Russia. Ciò permette a Mosca di perseguire la propria politica estera in completa autonomia, senza temere alcuna ripercussione da parte dell’Armenia.

La storica amicizia tra Turchia e Azerbaijan

Tra Turchia e Azerbaijan vi è un legame profondissimo, non solo politico, ma anche culturale. Sono entrambi paesi islamici e di lingua turca e la somiglianza tra i due popoli è tale che l’ex presidente azero Heydar Aliyev ha definito i due paesi “una nazione con due stati”. Sebbene inizialmente Ankara si fosse astenuta dal prendere posizioni nette nel conflitto, considerandolo una mera vicissitudine interna allo spazio post-sovietico, dal 1993 il suo avvicinamento a Baku è divenuto lampante: il confine tra Turchia e Armenia è stato chiuso e tra i due paesi non vi è ancora oggi alcun tipo di relazione diplomatica.

Iran, un possibile mediatore?

L’Iran è l’unica potenza regionale che potrebbe desiderare il raggiungimento di una pace che non comporti la vittoria unilaterale di uno dei due paesi sull’altro. Teheran è interessata ad evitare possibili escalation del conflitto, che potrebbero causare ulteriori flussi di rifugiati in un paese che non solo già ne ospita milioni, che presenta anche nel proprio territorio un’enorme minoranza azera.

Stati Uniti: tra pressioni interne e interesse nazionale

Il punto di vista statunitense sul conflitto è mutato nel tempo. In un primo momento hanno mantenuto una posizione filo-armena, chiaramente comprensibile dall’esclusione dell’Azerbaijan dal Freedom Support Act, un programma di aiuti varato da Washington nel 1992 a sostegno delle ex repubbliche sovietiche. La crescente rilevanza strategica dall’Azerbaijan, tuttavia, ha indotto gli USA a modificare la propria posizioneabolendo tale discriminazione nel 2001 e intraprendendo una politica dell’equilibrio che comporta il supporto finanziario di entrambi i paesi.

Quali prospettive di pace?

Tale coinvolgimento, multilaterale ed estremamente differenziato, impedisce ad oggi particolari sviluppi del conflitto. Anche un cambiamento negli assetti strategici internazionali che portasse al prevalere di uno dei due stati sull’altro probabilmente non sarebbe di per sé risolutivo e le relazioni tra i due paesi resterebbero congelate dalla frustrazione dello sconfitto. Di particolare interesse è un piano, avanzato nel 1992 dall’analista americano Paul Goble, che prevedeva una reciproca cessione territoriale, in seguito alla quale l’Armenia avrebbe rinunciato ai territori a maggioranza azera e alla striscia di terra che separa l’Azerbaijan dal Nakhchivan, ottenendo in cambio il definitivo controllo del Nagorno.

Tale compromesso fallì, fu l’Armenia in primis a rifiutarlo poiché avrebbe comportato la perdita del confine con l’Iran. Questo è un segnale importante, che richiama l’attenzione al ruolo che, al là dei delicati equilibri della politica internazionale, la disponibilità a collaborare tra i due attori direttamente coinvolti potrebbe avere nella risoluzione del conflitto. Probabilmente la vera chiave per ristabilire la pace nella regione è proprio lavorare sulla disponibilità dei due paesi a mediare, per giungere ad un compresso che a nessuno paia troppo iniquo.

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