Ogni Dove. Intervista a Bianco-Valente (Artibune 06.10.19)

UN CONCETTO MOLTO ATTUALE È QUELLO DI “CULTURA DIFFUSA”. MA COSA SIGNIFICA ESATTAMENTE? PROVANO A SPIEGARLO GLI ARTISTI GIOVANNA BIANCO (LATRONICO, 1962) E PINO VALENTE (NAPOLI, 1967) CHE DAGLI ESORDI NEL 1993 A NAPOLI, INCENTRANO LA PROPRIA ARTE SULL’IMPORTANZA DELLE COORDINATE. E DELLE ‘CONNESSIONI’ FATTE DI PERSONE

Curato da Isabella Indolfi, Ogni Dove/ ԱՄԵՆՈՒՐԵՔ è un progetto maturato da Bianco-Valente durante un soggiorno a Yerevan, in Armenia. Un’esperienza che ha permesso loro di intrecciare il proprio quotidiano di coppia – non solo nell’arte ma anche nella vita – con quello degli armeni e conoscere più da vicino la loro storia e cultura, cogliendone aspetti delicati e problemi che riguardano la comunità intera. Si tratta di una comunità che nel tempo ha subìto diverse complicazioni perlopiù sociali. Durante la Prima Guerra Mondiale infatti, la notte del 24 aprile 1915 molti armeni sono stati costretti a lasciare la terra di origine per scappare dal genocidio nei territori dell’Impero ottomano, mantenendo nonostante le grandi distanze, un forte senso di appartenenza verso la famiglia e le persone care. Senza perdere mai il valore di comunità diffusa, annullando differenze economiche e culturali.
Bianco-Valente, da sempre interessati al tema delle connessioni hanno deciso di indagare ancora una volta l’importanza delle relazioni come opportunità di crescita e condivisione tra gli individui. Il peso della ricerca delle identità oltre confine li ha spinti a chiedere agli armeni che vivono in patria e non solo, di scrivere su un lenzuolo bianco la scritta Ogni Dove e stenderlo fuori dal balcone la mattina del 4 settembre per rafforzare idealmente, senza limiti geografici, il legame del popolo armeno.

Bianco Valente, Ogni dove Amenurek, Yerevan
Bianco Valente, Ogni dove Amenurek, Yerevan

LA SCRITTURA COME ELEMENTO DI IDENTITÀ

Pino Valente: Parlando con molte persone abbiamo scoperto che gli armeni sono un popolo che usa la scrittura come elemento di identità. L’alfabeto è un collante che tiene unita la loro origine nel mondo. Ogni Dove è nato per sottolineare il legame tra loro, nella propria terra e all’estero. Bisogna osservare il fenomeno come apertura verso l’altro.

Giovanna Bianco: Abbiamo coinvolto diverse istituzioni, qualcuna ha dato il patrocinio al progetto, altre ci hanno ospitato come l’ICA, l’Istituto per l’Arte Contemporanea di Yerevan. In Italia la Congregazione Armena Mechitarista, che ha sede nell’isola di San Lazzaro a Venezia, il 4 settembre ha esposto una foto di grande formato su una balconata della loro sede. Il progetto è stato presentato presso l’Ambasciata d’Italia in Armenia, in presenza dell’ambasciatore Vincenzo Del Monaco.

Con il patrocinio dell’Ufficio dell’Alto Commissario per la Diaspora della Repubblica di Armenia, l’opera collettiva comprende anche un altro intervento da parte della comunità, quello di inviare agli artisti una fotografia del palmo della propria mano con la medesima scritta. Le immagini poi sono diventate cartoline da distribuire per rafforzare il senso dell’opera collettiva.

P.V.In questa parte del progetto non abbiamo curato la qualità dell’immagine. In genere l’artista vuole avere il controllo di tutto, ma non in questo caso: le persone che spontaneamente hanno fotografato la propria mano, rappresentano se stesse anche attraverso il mezzo che viene utilizzato, quindi ne scaturisce la propria vera immagine.

Un’immagine in cui la mano si frappone tra l’identità di un popolo molto forte, che agisce come se si affacciasse sul Mar Mediterraneo, e il territorio di riferimento. Linee della mano come radici, chiaro riferimento alle opere del 2018 ComplementareBreviario del Mediterraneo e Terra di me. Progetti incentrati su esperienze sensoriali, linguaggi, mani e quegli incontri fatti di relazioni e memorie che esplorano i limiti. Emigrare per restare, per riscoprire se stessi, le proprie origini e l’importanza di essere liberi.

LIBERTÀ NELLO SPAZIO PUBBLICO

A proposito di libertà personale in rapporto allo spazio pubblico, invitati da Maria Carmen Morese direttrice del Goethe Instiut, Bianco-Valente hanno partecipato al progetto internazionale Freiraum – Berlino/Amsterdam – Neapel (2018). Come suggerisce il termine Freiuram, che significa spazio libero, alcuni artisti sono stati chiamati ad analizzare il concetto di libertà nelle città europee. e n gemellaggio con Amsterdam, Bianco-Valente hanno scelto Napoli, dove a prevalere in un intreccio di culture, è “l’autorganizzazione dello spazio pubblico”. In un talk organizzato all’art concept hotel SuperOtium, dopo aver soggiornato per un periodo nel capoluogo campano, l’architetto siriano-berlinese Yasser Almaamoun con cui è stato definito il progetto, ha proposto una sua idea di come reinterpretare alcuni luoghi del centro antico di Napoli, in rapporto alle esigenze della popolazione locale.

G.B.L’Olanda è un Paese che vuole dare l’idea di libertà, ma pensando all’Italia le cose cambiano: si ha una percezione più di chiusura che di apertura. Il progetto è stato realizzato con l’urbanista Fabio Landolfo e abbiamo prodotto una bandiera che rappresenta un mix di culture: oltre 200 pezzi disegnano la mappa del centro storico di Amsterdam. Ogni pezzo ricucito è stato ricavato dalle bandiere delle culture presenti in Olanda, come Siria, Iraq, Libano, Turchia, Germania, Marocco, ecc. La bandiera è stata poi presentata ufficialmente durante il festival We make the city.

I PROGETTI FUTURI

G.B.: In occasione della giornata del contemporaneo, Alessandra Bertini Malgarini direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura a Tirana, ci ha invitati a sviluppare in Albania un progetto di intervento di arte pubblica con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti, come abbiamo fatto in passato con gli studenti di Napoli e vicino Lecce. Il progetto è realizzato con Harabel, la piattaforma di interscambio dedicata agli artisti di arte contemporanea, fondata dal promotore culturale Ajola Xoxa e dall’artista Driant Zeneli.

Misuro il tempo (2019) a Ischia, Towards you (2015) a Capri, Di luce propria (2015) ad Aversa, Il mare non bagna Napoli (2015) al Museo Madre, Ogni Dove (2015) a Latronico (Pz), Relational (2013) alla stazione di Napoli Mergellina e Stoccolma. La poetica di Bianco-Valente si percepisce a partire dai titoli scelti per ciascuna opera: c’è sempre un legame che intercorre tra le parole scelte e il progetto di riferimento. Legame che finisce a rappresentare un po’ ciascuno di noi in ogni installazione, in modo che il fruitore trovi in qualche maniera se stesso e ricordi le proprie origini, fino a diventare tutt’uno con l’opera e il territorio.

– Fabio Pariante

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“A Sua Immagine”: le novità con gli speciali su Amazzonia, Armenia e Quirinale (Agensir 05.10.19)

Ogni anno il Sir, con l’avvio della nuova stagione Tv, entra nella redazione di “A Sua Immagine”, storico programma di Rai Uno dedicato all’informazione religiosa e culturale realizzato da 22 anni dalla Rai e dalla Conferenza episcopale italiana. Abbiamo incontrato la conduttrice Lorena Bianchetti e i due responsabili, Laura Misiti e padre Gianni Epifani. Come sempre un momento di dialogo ricco e trascinante. Ecco le novità più attese

È diventato ormai un appuntamento fisso. Ogni anno il Sir, con l’avvio della nuova stagione Tv, entra nella redazione di “A Sua Immagine”, storico programma di Rai Uno dedicato all’informazione religiosa e culturale realizzato da 22 anni dalla Rai e dalla Conferenza episcopale italiana. Abbiamo incontrato la conduttrice Lorena Bianchetti e i due responsabili, Laura Misiti e padre Gianni Epifani. Come sempre un momento di dialogo ricco e trascinante. Ecco le novità più attese.

Uno sguardo diverso sull’Amazzonia. Sabato 5 ottobre alle 15.15 su Rai Uno “A Sua Immagine” è in onda con un documentario sull’Amazzonia, “Tra acqua e cielo. Una Chiesa dal volto amazzonico”, in occasione dell’inizio del Sinodo indetto da Papa Francesco (6-27 ottobre). “Un viaggio nel cuore della regione amazzonica – sottolinea Laura Misiti – alla scoperta di un autentico gioiello della natura, grazie alla collaborazione dei Cappuccini dell’Umbria, la cui Missione si snoda lungo il Rio Solimões, nel Nord-Ovest dell’Amazzonia brasiliana. In questo percorso, con la regista Maria Amata Calò, siamo stati guidati da fra Paolo Braghini, missionario italiano da 15 anni in America Latina, che ci ha permesso di incontrare le popolazioni indigene Ticune e i missionari attivi sul territorio”. “A Sua Immagine” non è nuova ai documentari e ai grandi speciali. Del progetto ci parla padre Gianni Epifani: “A dire il vero, è il primo speciale interamente dedicato all’Amazzonia; volevamo far conoscere al pubblico questo straordinario polmone verde del mondo, dove è feconda e intesa l’esperienza missionaria. Con fra Paolo ci siamo spinti in posti raramente mostrati dalle telecamere, raccogliendo anche storie di difficoltà come la tratta degli esseri umani. Un racconto attento, tra inchiesta e speranza. Il viaggio in Amazzonia non si esaurisce solo con la messa in onda del documentario: fra Paolo infatti tornerà in collegamento con lo studio di ‘A Sua Immagine’ ogni domenica di ottobre”.

Un cardinale e una suora a commentare il Vangelo su Rai Uno. Alla vigilia del Sinodo, sabato 5 ottobre, è fissato anche il Concistoro, con la creazione di 13 nuovi cardinali. Unico italiano è mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, che cura il commento al Vangelo per il sabato di “A Sua Immagine”. “Nel fare i nostri migliori auguri al neo cardinale Zuppi – evidenziano Laura Misiti e padre Gianni Epifani -, possiamo dire che per la prima volta un cardinale commenta il Vangelo nello spazio ‘Le ragioni della speranza’; pastore di una Chiesa in uscita, il card. Zuppi tornerà nel 2020 a condividere storie di testimonianza dalle periferie di Bologna. Accanto a lui, confermatissimi i sacerdoti impegnati nel sociale come don Ciotti, don Patriciello, don Pozza, don Banzato, don Goccini e don Verdi”. Su questo punto, Misiti rimarca: “A breve ci sarà un’altra grande novità: un ciclo di commenti al Vangelo guidato da una donna. È suor Alessandra Smerilli, esperta di economia, che porterà il Vangelo nei luoghi di lavoro e nelle buone pratiche, da attuare per un’economia sociale”.

Nelle stanze del Quirinale, sulle tracce dei Pontefici. Ai due responsabili di “A Sua Immagine” abbiamo chiesto inoltre di svelarci qualche altra anteprima. “Tra i prossimi impegni – ci racconta padre Epifani – c’è uno speciale sul Palazzo del Quirinale, che nasce sulla linea dei focus estivi tra storia, arte e tradizioni religiose. Andremo a raccontare uno dei posti più suggestivi e interessanti dal punto di vista architettonico. Forse non tutti ricordano che il Quirinale era un palazzo papale, dove si sono tenuti addirittura quattro conclavi. Tra i luoghi più emozionanti di certo la Cappella Paolina e la Cappella dell’Annunziata, dove è esposta la ‘Madonna del cucito’ di Guido Reni”.

Pellegrinaggio in Armenia con don Marco Pozza. Durante l’Avvento “A Sua Immagine” ci regalerà un altro prezioso viaggio, per lo sguardo e per lo spirito. Dopo i pellegrinaggi in Terra Santa e Giordania realizzati con l’Opera romana pellegrinaggi, sarà la volta dell’Armenia. A raccontarci questa esperienza è Laura Misiti: “Nuovamente in marcia, in tempo d’Avvento, come pellegrini alle sorgenti della nostra fede. L’attesa, infatti, è cammino. Visiteremo l’Armenia insieme a don Marco Pozza e don Giovanni Biallo, guida storica dell’Opera romana pellegrinaggi. Maestosa, affasciante, inaspettata, l’Armenia costituisce un ponte tra Asia ed Europa; è la più antica nazione cristiana della Storia. Il nostro viaggio ha inizio dal monastero di Khor Virap, ai piedi del monte Ararat; si dice che lì si trovi l’Arca di Noè. Visitando poi l’Echmiadzin (sede del “papa” della Chiesa Armena), approfondiremo poi la storia del monachesimo; entreremo anche nei monasteri di Geghard e Tatev: per arrivarci si prende la funivia più lunga del mondo. Il viaggio si concluderà a Yerevan, la capitale del Paese, dove don Marco commenterà il Vangelo dal memoriale del genocidio”.

Lorena Bianchetti, il sorriso gentile della domenica Rai. Raggiungiamo poi Lorena Bianchetti, da anni al timone di “A Sua Immagine”. In più di un’occasione è stata definita il “sorriso della domenica mattina”, entrando nelle case degli italiani con competenza e modi gentili. “Più bel complimento non potevo riceverlo” – esordisce la conduttrice Rai – “Ci tengo però a precisare che ogni puntata è frutto di un lavoro di gruppo, di una redazione coesa e compatta guidata da due straordinari responsabili. Ogni settimana cerco di approfondire i vari argomenti che trattiamo con scrupolosità, documentandomi tra quotidiani e libri; quello su cui mi soffermo maggiormente poi sono osservazioni, commenti e domande che ascolto, respiro, nei vari ambienti che frequento. Quando vado ad esempio al mercato per fare la spesa, in palestra o nei tanti viaggi in treno…. Provo a mettermi sempre in ascolto e dialogo con chiunque, anche con chi è lontano dal mondo cattolico”.

Le formule del racconto televisivo. Domandiamo sempre alla Bianchetti come si ponga “A Sua Immagine” nel panorama televisivo attuale. “In generale, oggi il racconto televisivo – spiega la conduttrice – è decisamente più dinamico rispetto al passato. Domande e risposte vivacizzano più di un monologo, a meno che questo non tratti argomenti così importanti da non permettere allo spettatore alcuna distrazione. È vero, tutto deve essere veloce ma, secondo me, senza mai perdere di vista i contenuti; a volte una pausa, un silenzio, possono aiutare, più di tante parole, a metabolizzare, a sintonizzare i cuori di chi ascolta e ad accompagnarli in un coinvolgimento diverso da quello superficiale che la società non di rado ci impone”.
Nello specifico della trasmissione, aggiunge: “Nel nostro studio il più delle volte abbiamo tre ospiti e questo ci permette di garantire un impatto visivo più caldo dal punto di vista umano, una completezza maggiore nel modo di affrontare l’argomento della puntata. Coinvolgiamo molti esperti ma anche tante testimonianze, per offrire al pubblico una verità di servizio che non vuole mai ‘pontificare’ ma comprendere, condividere senza giudizio”.

Uno sguardo rinnovato dalla maternità. Concludendo, chiediamo a Lorena Bianchetti della sua bambina, se la maternità le ha regalato una prospettiva diversa: “La maternità mi ha donato una completezza, una gioia che purtroppo non riesco a circoscrivere con le parole, tanto è infinita. Questo dono mi permette di sviscerare gli argomenti con un’attenzione maggiore, la stessa che istintivamente mi viene nell’osservare mia figlia, caratterizzata da un calore che vuole accogliere ed essere luce; che vuole accompagnare senza opprimere o pilotare, nella libertà e nel rispetto. Ogni puntata è per me, per tutti noi, una specie di figlio da proteggere, amare e rispettare allo stesso tempo”.

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Siria: ad Aleppo i giovani cestisti di “Al Yarmouk” a canestro contro la guerra (difesapopolo.it 03.10.19)

Risate, grida e rimbombo di palloni che rimbalzano sul parquet arrivano fino alla strada trafficata in ora di punta quasi gareggiando con i clacson costantemente pigiati come è uso da queste parti. Dentro la nuova palestra una decina di ragazzi si allenano a basket, provano palleggi, schemi di attacco e difesa. È un fuoco di fila di tiri, molti a canestro, altri si perdono sul ferro o si infrangono sul tabellone. Siamo ad Aleppo, nel quartiere Al-Zizieh, non lontano dal centro storico, oggi interamente ridotto in macerie. Come una buona parte della città, prima della guerra la capitale industriale della Siria. Il sobborgo era abitato in gran parte da cristiani. Molte famiglie con lo scoppio del conflitto sono partite o fuggite e difficilmente torneranno. Ma nella terra di san Paolo la speranza non muore. E si lavora per farle ritornare.

Sono giorni di attesa questi nel centro sportivo giovanile “Al-Yarmouk”, storico club aleppino, nato come società calcistica e successivamente aperta al basket e all’atletica. Il club fu fondato nel 1925 da un gruppo di armeni sopravvissuti al genocidio del 1915. Rifugiatisi ad Aleppo, da quel momento si impegnarono in una grande opera di sensibilizzazione sociale e di apostolato attraverso lo sport. L’attesa è per l’inaugurazione del nuovo parquet del campo di basket, finanziato interamente dalla Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” che proprio di recente con il direttore di Acs-Italia, Alessandro Monteduro, accompagnato dall’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha fatto visita alla palestra. Il centro sportivo era stato colpito poco più di tre anni fa dalle bombe durante l’assedio della città, ridotto ad un ammasso di macerie. Grazie ad Acs, la comunità armeno-ortodossa ha potuto rimetterlo in piedi e riconsegnarlo ai giovani che sono tornati a giocare e a praticare sport. Prima della guerra oltre 800 giovani di tutti i riti cristiani frequentavano il centro sportivo. Oggi sta tornando a riempirsi e con il nuovo campo la speranza degli allenatori è che molti altri siano invogliati a venire. “Rise and raise”, è il motto del club che ne riassume la storia: “alzati e muoviti”.

Shant, Garo, Asadour, Garbis, Gogo, Mirela, Nareg, sono in campo a sudare. Hanno dagli 11 ai 14 anni. Praticamente tutti sono cresciuti con la guerra che di anni ne ha quasi nove. Una compagna di giochi che nessuno qui vorrebbe più avere. “La palestra è bellissima – dicono in coro -. Veniamo quasi tutti i giorni ma solo dopo aver finito i compiti a casa” aggiungono ridendo.

“Prima giocavamo in strada e quando possibile in un campetto non molto distante da qui. Con la guerra era molto pericoloso stare fuori per questo trascorrevamo le giornate in casa. I nostri genitori non ci facevamo uscire perché avevano paura che potesse accaderci qualcosa”.

Anche andare a scuola non era facile. “Bombe e razzi potevano cadere ovunque ma non avevamo paura e volevamo uscire sempre. Molte volte – ricordano – abbiamo svolto le lezioni nei sotterranei. Da due anni a questa parte la situazione è migliorata e anche il numero dei ragazzi che vengono qui è aumentato. Prima eravamo molti di meno anche perché tanti nostri amici sono partiti con le loro famiglie. Non li abbiamo più rivisti, sono in Canada e in Armenia”. Dalle maglie che indossano si capisce che amano il basket americano e Nba. Dicono di tifare per Golden State, Warriors, Lakers, Nets, Raptors, Heat, Rockets, Clippers. I giocatori preferiti? “LeBron James, Kobe Bryant, , Kevin Durant, Westbrook, il mito Michael Jordan” e molti altri. Attendono la fine dell’allenamento. Per loro è già pronto un tavolo nell’area ristorante del centro sportivo: “pizza e patatine, menù non proprio da sportivi”, ammettono, ma uno sgarro è lecito.

Il basket è la loro grande passione ma i sogni sono altri: “diventare un astronauta, un pilota, un ingegnere per ricostruire la città, un medico per curare chi è malato. Vogliamo continuare a studiare e restare qui”. Si guardano tra loro quasi a scambiarsi un cenno di intesa. E poi come in un ‘terzo tempo’ la corsa a canestro: “se andiamo via anche noi, chi rimarrà qui ad Aleppo?”

“Vogliamo restare in Siria, vogliamo continuare a vivere nella nostra città. Aleppo tornerà più bella di prima”. Più che un canestro, una schiacciata…

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Armenia, nuove scoperte sulla piana dell’Ararat (Turismo.it 03.10.19)

PERCHÉ SE NE PARLA
In Armenia, presso un sito archeologico chiamato Vedi Fortress, sono tornati alla luce una sorprendente quantità di utensili, ossa di animali, anfore e le tracce di alcuni edifici. A prima vista sembrerebbe trattarsi di un magazzino nei pressi fi una fortezza, una cittadella, risalente a circa 1200 prima di Cristo. Ma gli scavi sono solo agli inizi e gli studiosi sono certi che ritroveranno molti più reperti in quell’area, che fu abitata fino alla prima epoca medievale. La valle del fiume Vedi, dove si trova il sito, è stata infatti nel passato un importante crocevia.
PERCHÉ ANDARE
La scoperta è avvenuta su un grande altopiano chiamato Ararat Plain, che prende il nome dal mitico (biblico) Monte Ararat che ne delimita la porzione meridionale. Ci troviamo in una zona di confine tra Armenia e Turchia (il monte Ararat si trova in quest’ultima, ma nel passato faceva parte dell’Armenia), in un’area di notevole importanza naturalistica, anche se la maggior parte dei trekking e delle spedizioni si concentra più sul monte Ararat che sulla piana armena.
DA NON PERDERE
La pianura dell’Ararat è un pittoresco susseguirsi di zone aride con verdi vallate, e panorami indimenticabili con l’innevato monte turco all’orizzonte. La zona è disseminata di vigneti e monasteri, su cui vale la pena puntare se si sceglie di esplorare l’area. Il monastero di Khor Virap, a pochi chilometri dal confine, è uno dei più importanti in Armenia e offre delle vedute incredibilmente suggestive.
PERCHÉ NON ANDARE
Non si tratta di una zona turistica o particolarmente gettonata dai visitatori internazionali. Per questo motivo può piacere moltissimo, perché decisamente autentica. Ma allo stesso tempo non offre servizi particolarmente efficienti. Inoltre si tratta di un viaggio principalmente naturalistico, ideale solo per chi cerca natura sconfinata e decisamente poca vita sociale.
COSA NON COMPRARE
Non ci sono molti negozi di souvenir lungo le ampie strade della piana dell’Ararat. Quindi la possibilità che spendiate male i vostri soldi è davvero ridotta al minimo.

Sospesa Dudelange-Qarabag: drone con i colori dell’Armenia, gli azeri si infuriano (Ilmessaggero 03.10.19)

Il conflitto tra Armenia Azerbaigian invade anche i campi dell’Europa League. E ha come effetto diretto la sospensione della sfida tra Dudelange Qarabag per una trentina di minuti. Succede tutto poco dopo la mezz’ora del primo tempo quando gli azeri segnano la rete del raddoppio con Michel. A quel punto, mentre i giocatori della squadra lussemburghese riportano la palla al centro del campo spunta un drone con un drappo con i colori dell’Armenia. E’ il caos. I giocatori del Qarabag provano addirittura ad abbattere il drone con il pallone, mentre i tifosi provano l’invasione di campo. L’arbitro, lo scozzese John Beaton, sospende il match per evitare che la situazione degeneri e sono dopo circa mezz’ora riesce a rimettere la palla al centro.

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Dudelange Qarabag, partita sospesa/ Video: drone vola sul campo con bandiera Armenia (Ilsussidiario 03.10.19)

Dudelange Qarabag, caos nel corso della sfida valida per la seconda giornata della fase a gironi del Gruppo A di Europa League. La sfida dello Stade Josy Barthel di Lussemburgo è stata sospesa al minuto 35’ dall’arbitro scozzese Beaton, con il risultato sullo 0-2: azeri in doppio vantaggio grazie alle reti siglate da Zoubir (11’) e da Michel (30’). Ma cosa è successo? Come già accaduto durante Serbia – Albania nel 2014, tutta colpa di un drone: la gara è stata infatti fermata perché un piccolo velivolo radiotelecomandato ha iniziato a sorvolare il campo con attaccata una bandiera dell’Armenia. Momenti di tensione palpabile sul terreno di gioco, con i calciatori del Qarabag che hanno segnalato il fatto all’arbitro: uno di loro ha anche tentato di “abbatterlo” con una pallonata, senza successo. Il fischietto scozzese non ha potuto fare altro che mandare le squadre negli spogliatoi.

Come evidenziato da Sky Sport, il clima allo Stade Josy Barthel è diventato rovente: i tifosi del Qarabag hanno provato delle invasioni di campo ed è stato necessario l’intervento delle forze dell’ordine per ripristinare la normalità. La tensione politica tra Azerbaigian e Armenia per la regione del Nagorno Karabakh si è trasferita sul campo da calcio. In guerra tra il 1992 e il maggio 1994, i due Paesi sono ancora tecnicamente in guerra ed il governo azero ha più volte minacciato di riconquistare il Nagorno-Karabakh con la forza militare. Ricordiamo inoltre che le zone di confine sono ancora militarizzate in un regime di “cessate il fuoco”, misura spesso violata da entrambi i Paesi. Di pochi minuti fa un tweet del club Qarabag su quanto accaduto: «Karabakh is one of the ancient historical regions of Azerbaijan!!!».


Un drone armeno sulla partita Dudelange – Qarabag. Ribalta per il Nagorno-Karabakh

Lussemburgo. E’ successo qualche ora fa. Allo stadio Josy Barthel, nella cittadina lussemburghese di Dudelange, la partita di calcio fra la squadra di casa e il Qarabag, squadra dell’Azerbaijan, è stata sospesa per 25 minuti, perchè sullo stadio volava un drone che sventolava la bandiera armena e del Nagorno-Karabakh, la regione che sin dagli anni 90, durante la dissoluzione della Federazione sovietica, è in guerra per l’indipendenza dall’Azerbajian e per riunirsi con la Repubblica Armena. Solo dopo questo periodo, e l’intervento della sicurezza, la partita di calcio è ripresa. Si è conclusa con la vittoria degli azeri del Qarabag sul Dudelange per 4 a 1. Il calcio spesso è l’occasione per riportare alla ribalta situazioni, quasi dimenticate, di conflitti fra popoli.

La lunga storia di una guerra che dura da 30 anni

Si sparano ancora. Non come i primi tempi del conflitto , ma non sono ancora terre pacificate. La dissoluzione dell’URSS negli anni 90 ha strascichi che durano ancora oggi. Il popolo dell’Azerbaijan, la terra degli Azeri, aveva deciso di uscire dalla confederazione sovietica, ma la popolazione della provincia autonoma (Oblast) del Nagorno-Karabakh, a maggioranza etnica armena, aveva deciso di non seguire lo stato cui apparteneva solo dal tempo in cui si era formata la confederazione sovietica, e di riunirsi con la repubblica armena. La legge confederale dei soviet glielo permetteva, ma l’Azerbaijan nel 1992 iniziò i bombardamenti sul Nagorno-Karabakh. Ufficialmente la guerra durò fino al 1994. Il Nagorno-Karabakh è una repubblica indipendente non riconosciuta, e il cessate il fuoco con l’Azerbaijan non è avvenuto. I confini sono militarizzati. Nell’aprile del 2016 vi furono 4 giorni di scontri violenti con centinaia di morti. Lo scorso 29 settembre il presidente della repubblica azera ha dichiarato che nell’ultimo anno non ci sono stati progressi nelle trattative per la pace con l’Armenia e il Nagorno-Karabakh . Il 2 ottobre il governo azero ha accusato l’Armenia di atti di sabotaggio, atti che sono stati negati dal ministero della difesa armeno.

Il drone con i colori armeni che volava sullo stadio potrebbe essere considerato una provocazione più che un tentativo di sabotaggio, visto anche che gli azeri hanno vinto la partita di calcio contro il Lussemburgo per 4 a 1, però è difficile capire come sarà interpretata. Vedremo nei prossimi giorni se vi sarà, speriamo di no, una recrudescenza degli scontri a fuoco fra Armeni e Azeri sul confine fra i loro paesi.

Armenia: parlamento, approvata bozza di legge per incremento salario minimo (Agenzianova 03.10.19)

Erevan , 03 ott 09:54 – (Agenzia Nova) – Il disegno di legge presentato dai deputati del blocco My Step per aumentare il salario minimo in Armenia è stato approvato in prima lettura dal parlamento di Erevan. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, aggiungendo che il documento, preparato dai deputati Varazdat Karapetyan, Babken Tunyan e Narek Zeynalyan, è stato approvato con 102 voti a favore e solo uno contrario. Il disegno di legge prevedeva inizialmente un aumento salariale a 63 mila dram (circa 121,26 euro) al mese, ma le consultazioni parlamentari si sono concluse con la decisione di incrementare la busta paga mensile a 68 mila dram (circa 130 euro). (Res)

Charles Aznavour, «le chansonnier» del mondo (Antidiplomatico 30.09.19)

Il 1 ottobre ricorre un anno dalla morte di Charles Aznavour, il cantautore parigino di origini armene che ha saputo farsi amare grazie alla sua costante dedizione e alla sua capacità di cantare in ben sette lingue differenti, conquistandosi il titolo di padre degli chansonnier e vendendo centinaia di milioni di dischi.Suo padre Micha, e anch’egli cantante, e sua madre Knar, entrambi sopravvissuti al genocidio armeno, approdarono a Parigi dove aprirono un ristorante nel quartiere Sorbonne, cosa che permise al piccolo Charles di immergersi nella realtà teatrale della Parigi degli anni ‘30 e ‘40, fino a quando, nel 1943, il “Frank Sinatra d’Europa” venne scoperto dalla grande Édith Piaf, la quale decise di portarlo con se in tournée in Francia, in Canada e negli Stati Uniti.Fu proprio questo incontro a spingere la sua carriera verso il successo, Charles fu in testa alle classifiche francesi dagli anni ‘60 in poi e accompagnò alla carriera di cantante quella di attore, apparendo in oltre 60 pellicole.Non fu solo un grande artista, fu anche un irriducibile combattente, sia nella musica sia nella politica, spendendosi fino in fondo per i diritti dell’amata minoranza armena. Il suo Paese ne riconobbe il ruolo, nominandolo nel 1995 ambasciatore itinerante presso l’Unesco, nel 2004 “eroe nazionale” e, infine, ambasciatore all’Onu.A Erevan non si erano dimenticati quanto aveva fatto dopo il terribile terremoto del 1998, quando ancora l’Armenia era parte dell’Urss. La devastazione fu tale che Gorbacev dovette chiedere aiuto agli Stati Uniti.Lui non aspetta tempo e si muove, da solo: incide “Pour toi Armenie” e contatta suoi amici cantanti: in novanta accettano di interpretare il brano nella loro lingua. Milioni i dischi venduti, i proventi vanno tutti ai terremotati.Non solo, quando nel ’94 scoppia la guerra ai confini armeni, nel Nogorno-Karabach, porta tonnellate di aiuti ai rifugiati e, senza dir nulla a nessuno, paga di tasca propria biglietti aerei a quanti cercano riparo in Europa.Anche per questa umanità, 1997, la Francia gli conferisce la Legion d’onore, cui si sommano, successivamente, onorificenze di Paesi stranieri come Canada e Russia.Sempre affermò di sentirsi francese e sempre però difese l’orgoglio e i valori della sua famiglia armena.

In un’intervista disse infatti: “Vede, quando si è figlio di immigrati, si è obbligati ad avere i piedi per terra. Vediamo le difficoltà vissute dai nostri genitori per educarci correttamente, in modo sano, per abbandonare il male e mostrare che il bene esiste.”Insomma un uomo che si è speso per il suo popolo e le sue origini, la cui voce è stata amata da più generazioni, conquistando il pubblico della Carnegie Hall e dei più importanti teatri mondialipersuadendo artisticamente icone della musica come Ray Charles e Liza Minnelli, e affascinando grandi artisti italiani, che spesso reinterpretarono i suoi singoli, come Gino Paoli e Mia Martini.Qualche tempo prima della sua scomparsa sostenne che avrebbe cantato fino a 100 anni e che una volta impossibilitato, avrebbe continuato egualmente a scrivere canzoni; stimò ironicamente che avrebbe vissuto fino a 120 anni data la “buona aria” che si respira a Parigi.Spentosi un anno fa nella sua casa nel sud della Francia all’età di 94 anni, oggi ricordiamo “Aznavoice” con un classico del 1963, cantato l’anno seguente anche da Domenico Modugno, una vera poesia che racconta in italiano la storia della morte di una madre.

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TURCHIA- Il governo esclude i candidati residenti all’estero dal processo per eleggere il nuovo Patriarca armeno (Agenzia Fides 30.09.19)

Istanbul (Agenzia Fides) –Alla prossima elezione del Patriarca armeno di Costantinopoli, in programma il prossimo dicembre, i membri degli organismi elettivi potranno orientare le proprie preferenze solo verso candidati residenti in Turchia. Lo ha stabilito il Ministero dell’interno turco, con un decreto che proibisce la partecipazione all’elezione del nuovo Patriarca di candidati residenti all’estero. La notizia, diffusa alla fine della scorsa settimana, sta provocando sconcerto nella comunità armena in Turchia.
Seguendo una prassi inaugurata nel 1961, l’elezione di un nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli viene di volta in volta regolata da norme predisposte ad hoc dal Ministero dell’interno turco. Stavolta – riferisce il giornale bilingue turco-armeno Agos – il testo normativo per l’elezione del nuovo Patriarca, lungo ben sei pagine, è stato consegnato il 23 settembre al Comitato incaricato di coordinare il processo elettorale. Stavolta, tra le direttive predisposte dal ministero dell’interno figura anche la norma che prescrive come condizione di eleggibilità anche il fatto di “essere tra i vescovi membri del Patriarcato armeno di Istanbul”. Tale condizione che rriduce sensibilmente la rosa dei potenziali candidati al soglio patriarcale – non era mai stata contemplata negli analoghi regolamenti predisposti a partire dall’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso. Per questo, negli ultimi decenni, almeno due dei Patriarchi armeni di Costantinopoli erano stati eletti mentre prestavano il loro ministero ecclesiale in altri Paesi. Critiche e preoccupazione in merito alla norma citata sono state espresse anche dall’Arcivescovo Aram Atesyan, per lungo tempo “locum tenens” del Patriarcato, durante gli anni di malattia invalidante del Precedente Patriarca Mesrob II Mutafyan, scomparso lo scorso marzo.
Alcuni giorni prima di ricevere il testo del regolamento predisposto dal governo turco, esponenti della Commessione del Patriarcato armeno apostolico di Costantinopoli incaricata di coordinare e accompagnare l’intero processo per l’elezione del nuovo Patriarca avevano proprio l’auspicio che non fossero poste restrizioni alla rosa dei potenziali candidati alla carica patriarcale. L’auspicio (vedi Fides 23/9/2019) era stato espresso in particolare dallo stesso Arcivescovo Aram Ateşyan e dall’Arcivescovo Sahak Masalyan, incaricato di coordinare l’intero processo elettorale, con il titolo di “Degabah” (fiduciario).
All’inizio di agosto, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 9/8/2019), era stata fissata la tabella di marcia che porterà all’elezione dei successore di Mesrob. La Commissione delegata a preparare l’elezione del Patriarca degli armeni apostolici della Turchia aveva stabilito di proporre alla Prefettura di Istanbul le giornate del 7, 8 e 11 dicembre 2019 come date in cui si svolgeranno le fasi finali dell’elezione patriarcale. Secondo il calendario proposto, il 7 dicembre dovrebbero essere eletti i delegati religiosi chiamati a scegliere il nome del nuovo Patriarca nella lista dei potenziali candidati. L’8 dicembre si dovrebbero tenere le elezioni dei delegati civili. Infine, l’11 dicembre, i delegati eletti dovrebbero unirsi per partecipare all’elezione vera e propria del futuro Patriarca. (GV) (Agenzia Fides 30/9/2019)

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Armenia: premier Pashinyan, paese può diventare un hub regionale per l’energia elettrica (Agenzianova 30.09.19)

Erevan, 30 set 09:49 – (Agenzia Nova) – L’Armenia ha tutte le carte in regola per diventare un hub regionale per l’energia elettrica nel prossimo futuro, e potrebbe dare un contributo cruciale alla connessione tra il mercato dell’Unione economica eurasiatica (Uee) e la rete elettrica dell’Iran. Lo ha dichiarato il primo ministro del paese caucasico, Nikol Pashinyan, intervenuto nel quadro di una conferenza internazionale organizzata ad Erevan per discutere “il potenziale di transito dell’area eurasiatica”. “L’Armenia è pronta a sfruttare la sua posizione geograficamente strategica per contribuire a connettere nuovi mercati e allo sviluppo delle infrastrutture che sarà inevitabilmente necessario a fronte dell’imminente rafforzamento del traffico di merci e passeggeri nella regione. Oltre a mettere a disposizione il suo potenziale di transito per quanto riguarda il trasporto, il nostro paese è perfettamente in grado di diventare un hub elettrico regionale in grado di connettere il mercato comune dell’Unione economica eurasiatica al sistema elettrico dell’Iran”, ha detto Pashinyan, aggiungendo che “piattaforme del genere contribuirebbero senza dubbio a rafforzare la cooperazione, il dialogo e lo scambio di opinioni anche al di fuori dell’Unione europea”. (Res)

Impegno umanitario: Premio Aurora, i vincitori degli ultimi anni il 2 ottobre in udienza da Papa Francesco (SIR 28.09.19)

I protagonisti dell’“Aurora prize for awakening humanity” in udienza da Papa Francesco. L’incontro si svolgerà nella mattina di mercoledì 2 ottobre, in Vaticano. Poi, dalle 13 l’incontro con i giornalisti nel Palazzo Cardinal Cesi, in via della Conciliazione 51, a Roma. Si tratta del riconoscimento annuale da un milione di dollari assegnato in Armenia dall’Aurora Forum a personalità che in tutto il mondo rischiano la propria vita per gli altri nelle aree di conflitto più pericolose. Per l’occasione saranno presenti Marguerite Barankitse, prima vincitrice dell’Aurora Prize nel 2016, che è anche la fondatrice dell’orfanotrofio Maison Shalom e dell’ospedale Rema in Burundi. Ci sarà pure Tom Catena, vincitore dell’Aurora Prize nel 2017, chirurgo, veterano, missionario cattolico, filantropo riconosciuto a livello mondiale e presidente dell’Aurora Humanitarian Initiative. È fondatore del Mother Mercy Hospital nelle montagne Nuba devastate dalla guerra in Sudan. Presente, inoltre, Kyaw HIa Aung, vincitore dell’Aurora Prize nel 2018. È un avvocato e attivista riconosciuto per la sua dedizione alla lotta per l’uguaglianza, l’istruzione e i diritti umani per il popolo rohingya in Myanmar, in carcere per 12 anni. A rappresentare l’Aurora Forum saranno i co-fondatori Ruben Vardanyan e Noubar Afeyan.

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