Armenia-Ue: ministro Esteri incontra Mogherini, focus su cooperazione e riforme (Agenzia nova 27.09.19)

Erevan, 27 set 11:20 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri armeno, Zohrab Mnatsakanyan, ha incontrato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”, aggiungendo che durante l’incontro il capo della diplomazia di Erevan ha ringraziato le autorità comunitarie “per il loro sostegno costante e la cooperazione costruttiva”. Stando alle informazioni diffuse, le due parti hanno discusso l’attuazione dell’Accordo di partenariato globale e rafforzato (Cepa) firmato dall’Armenia e dall’Unione europea e il processo di riforma in corso nel paese caucasico. A questo proposito, Mnatsakanyan ha sottolineato l’importanza di arrivare al più presto ad un accordo per la liberalizzazione dei visti nei confronti dei cittadini armeni. All’ordine del giorno anche una serie di questioni di rilievo all’interno dell’agenda regionale, come il conflitto in corso nella regione del Nagorno-Karabakh. (Res)

Italia-Armenia: Mattarella incontra omologo Sarkissian, focus su cooperazione (Agenzia Nova 26.09.19)

Roma, 26 set 10:20 – (Agenzia Nova) – Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incontrato l’omologo armeno, Armen Sarkissian, nel quadro della sua visita in Italia. Durante il colloquio, il capo dello Stato caucasico ha aggiornato Mattarella sui risvolti della sua partecipazione alla terza edizione di Cybertech Europe, una due giorni dedicata quest’anno al contrasto dei rischi cyber nell’era dell’industria 4.0. Secondo quanto riportato all’interno di un comunicato stampa della presidenza di Erevan, Sarkissian ha ringraziato la sua controparte per l’invito a recarsi in visita ufficiale in Italia nel prossimo futuro e per il riconoscimento del genocidio armeno da parte della Camera dei deputati, accogliendo positivamente la ratificazione dell’accordo di partenariato globale e rafforzato (Cepa) da parte del Senato. I due leader hanno discusso le opportunità di cooperazione esistenti in ambito economico, scolastico, culturale e scientifico, auspicando l’organizzazione di visite bilaterali più frequenti per consolidare ulteriormente i rapporti tra Roma ed Erevan. (Res)

Roma, sorpresa per Mkhitaryan: all’Olimpico anche il presidente dell’Armenia (Corriere dello Sport 26.9.19)

ROMA – Henrich Mkhitaryan non ha brillato, così come tutta la Roma, nei venticinque minuti giocati ieri sera nel match contro l’Atalanta. Forse anche per l’emozione di incontrare il Presidente della Repubblica d’Armenia, Armen Sarkissian, ieri all’Olimpico per assistere alla gara dei giallorossi e, soprattutto, alla prestazione del suo connazionale.

Il capo dello Stato armeno il 24 e il 25 settembre ha preso parte alla conferenza annuale Cybertech a Roma sulla sicurezza informatica, descrivendo i progressi del paese caucasico nel settore e le opportunità per gli investitori stranieri. A conferenza conclusa però ha vestito i panni del tifoso, assistendo alla partita di ieri sera tra Roma e Atalanta: Mkhitaryan è entrato nei venticinque minuti finali della gara senza lasciare il segno, ma il presidente ha avuto modo di incontrarlo a fine partita per salutarlo e fargli i complimenti per la sua carriera in giro per l’Europa.

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CURVA EST: Quando l’Ararat Yerevan sconfisse il Bayern Monaco (Eastjournal 26.09.19)

C’è stato un tempo, breve a dire il vero, in cui l’Armenia è stato il centro calcistico dell’Unione Sovietica. In quel momento, tutti gli appassionati di calcio da Leopoli a Vladivostok conoscevano il nome dell’Ararat Yerevan. Ma l’Armenia è uno dei Paesi post-sovietici dove la squadra che dominava ai tempi dell’Urss non è riuscita a trovare una continuità di risultati, venendo risucchiata in un tetro anonimato. Retrocessioni, rischio di fallimento e nuovi protagonisti hanno relegato la storica formazione a un ruolo da comprimaria.

La storia del club di Yerevan
Eppure l’epopea della squadra che porta il nome del monte sacro per gli armeni merita di essere raccontata, nonostante il crollo degli ultimi anni. Il club fu fondata come Spartak Yerevan. Ma nel 1963, in seguito alla salita al potere di Kruscev e al conseguente disgelo, poté assumere il nome di Ararat Yerevan, fino ad allora considerato troppo nazionalista e identitario. La vetta si trova oggi in territorio turco, ma ha sempre avuto un fortissimo valore simbolico per tutto il popolo armeno.
Nel 1970 fu costruito il nuovo stadio, l’Hrazdan, che prende il nome da un fiume che scorre in città. L’impianto, che al tempo faceva quasi 80mila spettatori, dette una nuova identità alla squadra e la proiettò nel migliore momento della sua storia. Per capire la crisi odierna basti sapere che il club ha dovuto abbandonare lo stadio perché fuori portata per la prima divisione armena e troppo costoso per le casse societarie. A metà degli anni Sessanta la squadra tornò in prima divisione e vi rimase fino alla dissoluzione del campionato nel 1991. Anche grazie al supporto del nuovo stadio, collezionò un titolo di campione (1973), due secondi posti (1971, 1976) e due coppe nazionali (1973, 1975).

La sfida con i Campioni del Mondo
Nella stagione 1974-75 partecipò alla Coppa dei Campioni, raggiungendo i quarti di finale, dove affrontò il Bayern Monaco. La squadra tedesca poteva annoverare nella sue fila diversi campioni del Mondo in carica (Maier, Beckenbauer, Schwarzenbeck, Kappelman, Hoeness, Gerd Muller), mentre per i sovietici era la prima partecipazione alla più importante manifestazione europea.
Sulla panchina dell’Ararat si era accomodato da inizio stagione uno dei più importanti allenatori dell’epoca sovietica, Viktor Maslov, leggenda della Torpedo Mosca e della Dinamo Kiev. Jonathan Wilson nel suo libro “La Piramide Rovesciata” gli attribuirà la nascita del calcio moderno, grazie all’introduzione del 4-4-2 e del concetto di pressing. Il mister si presentò all’Olympiastadion di Monaco con una formazione molto accorta e coperta. Fu una serata epica per i colori del piccolo Ararat, che grazie al proprio portiere Alyosha Abrahamyan, e a un po’ di fortuna, resistette agli attacchi dei bavaresi, capitolando solo nel finale per due reti a zero.

Il ritorno a Yerevan
Quindici giorni dopo, a Yerevan, i numeri ufficiali delle presenze allo stadio segnalavano 70mila spettatori, tuttavia gli standard di sicurezza del tempo non erano così stringenti come oggi e la struttura era piena in ogni ordine di posto, tanto da far supporre una presenza reale di quasi 100mila persone. C’è una leggenda ambientata nel tunnel che dagli spogliatoi porta al campo. I protagonisti sono i due capitani. Sembra che Franz Beckenbauer, colpito dall’ambiente e pensando di fare cosa gradita al suo omologo sovietico, fece un gesto per dire “facciamo 0-0”: noi passiamo e voi fate bella figura davanti a tutta questa gente. Al che, ma siamo sempre nel campo della leggenda, Oganes Zanazanyan, capitano sovietico, fece capire al tedesco che no, loro la partita se la sarebbero giocata e l’avrebbero anche vinta. E così fu, con il vantaggio al 34esimo minuto, grazie ad Arkady Andreassyan che staccò di testa proprio in faccia al grande Kaiser Franz. Nonostante la spinta del pubblico, il risultato rimase 1-0 e fu sufficiente ai bavaresi per passare il turno e raggiungere prima la semifinale e poi la finale, dove avrebbero trionfato contro il Leeds United, facendo registrare una e una sola sconfitta in tutto il torneo: quella in terra caucasica.

La leggenda che non muore
Oggi fa sorridere anche solo immaginare il capitano del Bayern Monaco che propone il pareggio al capitano di una squadra armena. E lo fa, a maggior ragione, pensando che l’Ararat lotta per sopravvivere in prima divisione, mentre una nuova formazione, l’Ararat-Armenia è arrivata dal nulla a scippargli anche il nome. Eppure la statua che si trova fuori dallo stadio Hrazdan, lungo la strada che porta al memoriale del genocidio armeno, racconta ancora oggi a chiunque si fermi, la leggenda di quella squadra che divenne campione dell’Unione Sovietica: l’Ararat Yerevan.

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REPORTAGE| Come si ricrea un paese di Nerd, la svolta dell’educazione in Armenia (Dire.it 25.09.19)

In Armenia un sistema misto pubblico-privato sta crescendo intere generazioni di informatici e programmatori. Il rischio, però, è che i giovanissimi rinuncino a diventare ‘geni’ scegliendo di guadagnare subito

di Jacopo Frenquellucci

Una crescita del Pil del 7% nell’ultimo anno, “la più alta dell’Unione economica eurasiatica”, quando nel 2009 l’indicatore economico era crollato del 14%, e un obiettivo ben preciso: far salire il prodotto interno lordo del 25% nei prossimi dieci anni investendo unicamente sulla “risorsa più importante del paese”, il capitale umano.

Non si tratta di piani quinquennali di sovietica memoria, ma l’Armenia, meno di tre milioni di abitanti distribuiti su 30.000 chilometri quadrati di paese senza sbocchi sul mare, è un esempio da libro di testo di come si possa programmare in maniera sistematica il proprio futuro in una direzione precisa: l’alta tecnologia, che- in maniera quasi paradossale- per gli armeni significa il ritorno alle proprie origini di “paese nerd”, quando la Repubblica Socialista Sovietica Armena era a tutti gli effetti la Silicon Valley dell’Urss – dove ad esempio sono stati sviluppate le tecnologie sia per la bomba atomica che per i cacciabombardieri MIG.
Una tappa significativa a breve termine di questo processo sarà l’organizzazione, dal 6 al 9 ottobre nella capitale Yerevan, della 23esima edizione del WCIT, il Congresso mondiale sulla information technology, ma il cammino vuole essere decisamente più lungo.

Hakob Arshakyan, ministro dell’Industria Hi-Tech

Come spiega infatti Hakob Arshakyan, ingegnere informatico di 34 anni, da giugno 2019 ministro dell’Industria High-Tech (dicastero nato dalla sua decisione di scorporare le competenze fra infrastrutture fisiche e digitali, di cui era titolare da maggio 2018), la strada principale per arrivare ai risultati prefissati è una massiccia riconversione della forza lavoro: nei piani del Governo il numero di impiegati nella tecnologia deve crescere almeno del 15% ogni anno.

Un processo che richiede ovviamente più passaggi, e in più direzioni. Arshakyan, che prima di entrare in politica dirigeva una società hi-tech da lui stesso fondata, prova a metterli in fila: si va dall’aprire le università alle aziende per la formazione dei loro futuri dipendenti, come succede ad esempio con i corsi di cybersecurity tenuti dalla società di antivirus Kaspersky e come nelle speranze del ministro dovrà succedere anche con blockchain e intelligenza artificiale, ai programmi di accelerazione per startup, passando per i fondi di investimenti – “ne abbiamo tanti di piccole dimensioni, vogliamo attirare quelli più consistenti” -, le engineering cities con i laboratori condivisi in grado di ospitare fino a quaranta aziende e le politiche fiscali che prevedono zero tasse sui profitti per le start-up fino al 2024.

Ma la vera chiave di volta, assicura, è la rivoluzione del sistema educativo (Arshakyan usa il termine, caro alle startup, disruption, rottura): servono lezioni di informatica in ogni scuola, ad ogni grado, perché “il nostro maggior vantaggio competitivo è la conoscenza e l’attitudine alle scienze”, ricordando sia come già dagli anni ‘50 “l’Armenia sia stata il principale centro di ricerca dell’Urss”, sia come il paese sia l’unico al mondo “ad avere gli scacchi come materia scolastica obbligatoria”. Ma se prima, senza gli strumenti per comunicare con tutto il mondo e competere a livello globale, “nessun ragazzo era in grado di esprimersi compiutamente”, sostiene il ministro, oggi “un ragazzo armeno delle scuole medie che sviluppa videogiochi può pubblicarli sul sito del MIT di Boston e vincere riconoscimenti” – ed è realmente successo.

QUESTI RAGAZZI NON HANNO BISOGNO DELL’UNIVERSITÀ”

In questo piano di cambiamento totale del paradigma dell’educazione il governo armeno ha più di un alleato. La prima è la UATE, l’Unione delle imprese dell’alta tecnologia, che conta più di 90 aziende iscritte: il loro progetto si chiama Armath, e prevede la creazione di “club-laboratorio di ingegneria” all’interno di tutte le scuole pubbliche armene. Ad oggi si contano più di 250 centri in tutto il paese, oltre che in Georgia e nell’Artsakh (lo Stato de facto, non riconosciuto però dall’Onu, che si trova al confine tra Armenia ed Azerbaigian), con più di 6500 ragazzi tra i 10 e i 18 anni coinvolti – senza obbligo di frequenza e senza alcun contributo economico richiesto.

Grazie ad Armath, in una qualunque scuola della periferia di Yerevan o del resto del paese, in edifici che sicuramente non brillano per la modernità della costruzione, sono comparse aule dotate di decine di pc di ultima generazione, di stampanti 3D e di scanner-laser, dove i bambini imparano a programmare robot e a scrivere linee di codice in linguaggi di programmazione da “adulti” come Python e C++.

Come rivendica Karen Vardanyan, CEO di UATE e impegnato in prima persona nel progetto Armath, “il livello è quello del MIT”. Se da una parte può sembrare avventata come affermazione, dall’altra è vero che gli studenti usano come principale strumento didattico una versione rivisitata di Scratch, un ambiente di programmazione sviluppato proprio dalla più prestigiosa università statunitense di tecnologia.

Emma e il codice di un gioco che ha scritto durante i corsi di Armath

E qualunque sia il livello supposto del MIT, non può non stupire vedere bambini come Daniel, Leon e Aghasi, 32 anni in tre, che da appassionati di bottle flip (la sfida virale che consiste nel lanciare una bottiglia e farla ricadere in piedi) hanno scelto di creare un videogioco su questa tendenza, invece che cimentarsi nell’ennesimo video online. Così come lascia a bocca aperta Emma, 14 anni, il sogno di essere una politica da grande e la sua scelta di costruire il proprio sito web (da zero, senza nemmeno usare WordPress o simili software online), al posto di affidarsi a un profilo Instagram come qualunque sua coetanea.

Noi vogliamo che i ragazzi siano dei creatori, non degli utenti, in ogni occasione- spiega Vardanyan-. Li spingiamo a risolvere i loro stessi problemi attraverso la tecnologia: ci son bambini che con le competenze acquisite grazie ad Armath hanno automatizzato i sistemi di irrigazione dei loro villaggi”.

A quale prezzo reale arriva però questa formazione? Troppe competenze acquisite troppo presto rischiano di interrompere la formazione dei ragazzi, che diventano appetibili per il mercato del lavoro fin dalla giovanissima età. Vardanyan lo racconta con orgoglio: a Vanadzor, una città a due ore di viaggio della capitale Yerevan, “un’azienda tedesca ha assunto 60 ragazzi minorenni, ovviamente rispettando il limite di legge delle quattro ore di lavoro giornaliere: si occupano di realizzare foto 3D, guadagnano 250 dollari al mese e intanto ricevono una formazione professionale che la società ha specificamente programmato per rispondere ai propri bisogni”.

Anche se ben l’84% degli studenti che frequentano Armath continua i suoi studi dopo il liceo, il direttore esecutivo della UATE non lo vede un passaggio così necessario: “Il 70% di questi ragazzi non ha bisogno dell’università, possono iniziare a lavorare a 14 anni e a 18 anni guadagnare già 2000 dollari al mese”, in un paese dove lo stipendio medio si attesta sui 350 dollari. Secondo Vardanyan, “tutto questo risolve una lunga serie di problemi sociali e demografici, a partire dallo spopolamento delle zone più periferiche: noi vogliamo riempire il paese di aziende, senza che si concentrino tutte nella capitale”. Il piano è relativamente semplice: “Con un laboratorio in ogni scuola, possiamo pensare anche a della formazione specifica su scala regionale, in base alle necessità delle aziende: con un corso di sei mesi il livello è quello di uno junior specialist, e se anche in media uno su tre dei ragazzi formati dovesse essere assunto, per tutti gli altri rimarrebbe il vantaggio di aver ricevuto un insegnamento di alto livello e gratuito”.

COSTRUIRE TALENTI

Sullo stesso argomento è però ben più cauto il ministro Arshakyan: “Un ragazzo di 14 anni può imparare un linguaggio di programmazione, lavorare da subito e guadagnare più dei suoi genitori, senza continuare però a un livello educativo superiore- ragiona-. Il nostro obiettivo è invece creare dei meccanismi per cui gli studenti siano incoraggiati ad andare all’università e non immediatamente al servizio dei privati”.

Secondo Arshakyan infatti “gli studenti del primo o secondo di università che lasciano gli studi per un impiego immediato smettono di apprendere le basi scientifiche e si limitano semplicemente a programmare: noi allora perdiamo il loro talento, perché se imparassero più matematica e fisica potrebbero acquisire più competenze e quindi avere più valore per il loro paese e per loro stessi”.

Tumo a Yerevan

Quando parla di meccanismi, il ministro usa il termine proprio dell’informatica pipeline, la serie di passaggi logici all’interno di un programma, e come primo esempio cita Tumo, un centro per le tecnologie creative nato a Yerevan e ora diffuso in tutto il paese e all’estero. Ogni settimana ospita 15.000 ragazzi tra i 12 e i 18 anni, offrendo corsi che vanno dalla programmazione alla modellazione 3D, dallo sviluppo di videogiochi all’animazione. Tumo incarna perfettamente l’idea di modello di sviluppo armeno: nessun esame d’entrata, gratuità totale, un piano personalizzato per ogni ragazzo basato sugli interessi ma necessariamente multidisciplinare, e alla fine del percorso nessun diploma ma un sito web che fa anche da portfolio.

Un’aula di Tumo a Yerevan

Oltre il 40% di chi frequenta Tumo è una ragazza, e da regolamento il 50% dei ragazzi deve arrivare da famiglie che accedono ai servizi di welfare. Ma la competizione è vera: con un sistema di ‘gamification’, si chiede ai ragazzi di raggiungere obiettivi ben precisi per poter accedere ai contenuti più avanzati, e non è possibile concentrarsi solo una competenza specifica. I tutor sono ex studenti, mentre si ricorre a insegnanti ed esperti solo per i workshop più avanzati, a cui accede solo chi ha ottenuto i risultati migliori.

Una lezione a Tumo

“Vogliamo che siano i ragazzi a farsi carico della loro educazione, per questo possono andarsene in ogni momento- spiega Pegor Papazian, armeno della Diaspora, ingegnere del MIT e fondatore di Tumo nel 2011 insieme alla moglie-. Abbiamo voluto creare qualcosa di diverso dai modelli educativi tradizionali, quelli delle medaglie monotematiche, abbiamo scelto di rompere gli schemi della società tradizionale per essere più produttivi: genitori e professori spesso desiderano solo che i giovani abbiano successo, noi insegniamo loro prima a imparare e poi a lavorare”. Papazian sottolinea con orgoglio che “non c’è nulla di simile in nessun altro paese”.

Un aula-laboratorio del progetto Armath in una scuola della periferia di Yerevan

E in effetti in otto anni Tumo, oltre ad aver aperto altri tre centri in Armenia, è arrivato a Parigi e Beirut e preso sarà presente anche a Berlino, Mosca e in California. All’estero si tratta a tutti gli effetti di un franchising, e grazie ai proventi di questa cessione del marchio e del modello si mantengono- insieme alle donazioni che spesso arrivano da Armeni della Diaspora- le strutture in Armenia e la loro crescita: dopo l’estate partirà Tumo in a Box, un progetto per raggiungere i villaggi più lontani con container che si collegano alle sedi centrali e possono ospitare fino a 60 bambini. L’obiettivo è sempre uno: “Garantire pari condizioni di accesso a tutti, non importa dove siano nati o da che famiglia”, conclude Papazian.

INSEGNARE CON LA TECNOLOGIA, NON INSEGNARE TECNOLOGIA

Se Armath rappresenta un estremo dello spettro della proposta pedagogico-tecnologica dell’Armenia e Tumo si pone come una soluzione intermedia, cercando il giusto equilibrio tra professionalizzazione e formazione, all’altra estremità rispetto al progetto degli industriali si posiziona invece il Coaf Smart Center di Debat, nella provincia di Lori, epicentro del terremoto che colpì il paese nel 1988 causando oltre 25.000 morti.

Fondata nel 2004 dal miliardario turco-statunitense di origine armene Armen Garo, la Children of Armenia Fund è una NGO che in 15 anni ha ristrutturato più di 100 edifici scolastici e civici, ha effettuato screen mammografici a più di 10.000 donne e fornito supporto di ogni genere (dalle cure dentali all’istruzione fino all’acqua potabile) a più di 75000 persone in oltre 50 villaggi. Dal 2014 è operativo il progetto Coaf Smart, che nasce per favorire lo sviluppo delle comunità rurali dell’Armenia dando ai più giovani “le risorse e le opportunità per esplorare le loro curiosità intellettuali e allargare i confini degli ambiti di studio che più li stimolano”, come si può leggere nel loro sito.

Il corso di robotica al Coaf Smart Center

Usiamo la tecnologia per insegnare, non insegniamo tecnologia”, spiega in maniera più diretta Haig Boyadjian, consigliere esperto di Coaf- nato e cresciuto a Los Angeles e trasferitosi poi in Armenia, paese di origine della sua famiglia, “per fare una differenza, non semplice assistenzialismo”- mentre guida una visita all’avveneristico Smart Center di Debat.

Quasi 2000 metri quadrati tra aule, laboratori, palestre, auditorium, ristoranti e alloggi per gli ospiti, opera dell’architetto libanese Paul Kaloustian, l’edificio segue tutti i principi dell’ecosostenibilità e ha suscitato l’interesse di alcune delle più importanti riviste di architettura del mondo. “Ma non abbiamo costruito una struttura del genere per capriccio o per vezzo, lo abbiamo fatto perché vogliamo che i ragazzi sentano, spesso per la prima volta nella loro vita, di meritare qualcosa di bello– assicura Boyadjian-. Vogliamo ispirarli, vogliamo che creino, vogliamo che vadano oltre, questa struttura deve essere una finestra su un mondo più ampio, la connessione fisica e digitale che normalmente non hanno”.

Definire a tutto tondo l’attività del Coaf Smart Center è riduttivo: passando da un’aula all’altra si va dalle lezioni di pittura ad acquarello a quelle di Photoshop, dai corsi di lingue ai laboratori di robotica, dalle dimostrazioni di primo soccorso alla scuola di chitarra passando per le esercitazioni di retorica. Non si tratta solo di ingegneri o informatici, quindi: come puntualizza Boyadjian “noi costruiamo talenti”, ed è questo uno dei motivi per cui “il governo vuole replicare l’esperienza a livello nazionale”

A differenze degli altri esempi di spazi formativi come Armath e Tumo, al Coaf Smart Center poi non si pensa solo ai più giovani: ci sono appositi programmi per formare i formatori che lavorano nei villaggi rurali (se ne contano più di 80 nella zona, per un totale di oltre 200.000 abitanti), e l’edificio funge a tutti gli effetti da centro di comunità, a cui anche gli adulti accedono per frequentare corsi e lezioni.

E se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto: con le Smart Rooms tutti i servizi, i corsi e le lezioni diventano disponibili da remoto per chi non ha modo di raggiungere la struttura di Debat, sia che si tratti di bambini che di adulti. Spesso le Smart Rooms sono l’unico modo in cui certi villaggi rurali hanno la possibilità di collegarsi al web e quindi al resto del mondo, oltre che una spazio per le cure mediche, il sostegno psicologico e nelle zone più a rischio- come quelle al confine con l’Azerbaigian- fungono anche da rifugio in caso di conflitti.

Ecco perchè non importa poi tanto quante start-up nasceranno dai ragazzi che hanno frequentato il Coaf Smart Center o sono stati in qualche maniera toccati dai vari progetti del Children of Armenia Fund: l’obiettivo è “dare ai ragazzi e agli adulti una opportunità in una maniera sostenibile”, ripete Boyadjian. “Vogliamo espandere i loro orizzonti”, conclude mentre dalla continue vetrate lo sguardo si perde tra le montagne e il paesaggio circostante.

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Satenik, la ragazza che piange lacrime di cristallo (Ilgiornale.it 25.09.19)

La storia riguarda una ragazza armena di 22 anni, che piange lacrime di cristallo.

Satenika, originaria del villaggio di Spandaryan, in Armenia, ogni giorno piange fino a 50 lacrime solide, che risultano simili a dei piccoli cristalli. Ma chi crede che sia una fortuna, si sbaglia. “È un inferno”, sostiene infatti la ragazza, che spiega i dolori e i problemi legati allo strano fenomeno. Al Mirror, la 22enne ha raccontato la scoperta: “Ero dal dentista e sembrava che la polvere mi fosse entrata negli occhi. Mi ha fatto male. Sono andata dall’oculista e alcuni cristalli mi sono stati tolti dagli occhi. All’inizio i farmaci sembravano aiutare, ma ora le lacrime di cristallo sono più frequenti.

Il suo caso è stato studiato da diversi medici, che hanno anche fatto analizzare le lacrime di cristallo di Satenika. Fino ad ora, però, nessuno specialista ha capito quale sia il motivo che induce lo strano fenomeno. L’unico ad aver ipotizzato una spiegazione è l’oftalmologo russo Tatyana Shilova, che ha spiegato la rarità della patologia della ragazza, dovuta probabilmente all’aumento di sale nelle lacrime. Queste, infatti, sono composte da proteine, grassi, sale e microelementi. Se il sale aumenta, può causare la cristallizzazione e le proteine possono aumentare la densità. Il problema, però, è che i cristalli possono comparire anche altrove, nel fegato, nei reni e depositarsi negli organi: “Questo è pericoloso e richiede un’ulteriore indagine“.

Satenik dovrebbe andare all’estero, per incontrare altri specialisti che possano aiutarla, ma la sua famiglia non può permetterselo. Nel frattempo, però, il caso viene studiato anche dalla sanità armena, sotto la supervisione del viceministro della Sanità: “Abbiamo in programma un altro incontro con Satenik, con l’obiettivo di raccogliere ulteriori informazioni. Cercheremo di capire cosa sta succedendo alla paziente“.

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Il caso di Satenik, la contadina armena di 22 anni che piange lacrime di cristallo (Tpi.it 25.09.19)

La contadina armena con le lacrime di cristallo

Si chiama Satenik Kazaryan e ha 22 anni la contadina armena che piange lacrime di cristallo. Ogni giorno, dagli occhi della ragazza, vengono rimosse fino a 50 lacrime solide e frastagliate che le provocano terribili pene. “La mia vita è un inferno”, si lamenta la giovane. Ma c’è una spiegazione per le lacrime di cristallo.

“Ero dal dentista e mi è sembrato che la polvere mi entrasse negli occhi. Mi ha fatto male. Quindi sono andata dall’oculista e mi ha rimosso alcuni cristalli dagli occhi – ha raccontato Satenik -. All’inizio i farmaci sembravano aiutare, ma ora le lacrime di cristallo arrivano più frequentemente”.

“Tutti i dottori sono sotto shock. Non hanno mai riscontrato una tale malattia e non sanno come trattarla”, aggiunge la ragazza, che vive nel villaggio di Spandaryan, in Armenia.

Una parente, Svetlana Avagyan, ha dichiarato alla stampa locale: “Quando abbiamo rimosso il primo cristallo, abbiamo pensato che il vetro le fosse entrato negli occhi durante i lavori nella nostra fattoria”. “Ma il dolore non si è fermato – ha proseguito – e abbiamo continuato a prelevare sempre più cristalli dai suoi occhi. Così l’abbiamo portata dal dottore. All’inizio non ci credevano… nessuno qui ha mai visto nulla di simile prima”.

“Un medico le ha persino detto di andarsene, credendo che stesse fingendo – ha raccontato la suocera Zemfira Mikaelyan – ma ora è accertato che le lacrime di cristallo sono naturali”.

Gli specialisti stanno analizzando i cristalli che sono stati tolti dagli occhi”, ma finora non esiste alcuna diagnosi. Un’idea della famiglia era quella di mandare la giovane contadina con le lacrime di cristallo all’estero per diagnosi e cure, ma la famiglia di Satenik è molto povera.

Il vice ministro della sanità armeno Oganes Arutyunyan ha affermato che il caso della donna è in fase di studio. “Abbiamo in programma un altro incontro con Satenik, con l’obiettivo di raccogliere più informazioni, e quindi cercheremo di capire cosa sta succedendo con il paziente”.

Lacrime di cristallo, la spiegazione scientifica

L’oftalmologa russa Tatyana Shilova ha dichiarato al canale televisivo REN che la condizione è molto insolita ma non unica e ha fornito una spiegazione per le lacrime di cristallo. “Una tale patologia si verifica raramente, quindi i medici possono avere difficoltà a identificare le cause”, ha detto. In alcune situazioni – malattie genetiche o infiammatorie dell’occhio, ma anche dell’intero corpo – possono verificarsi cambiamenti nella composizione (delle lacrime).

“In una lacrima ci sono proteine, grassi, microelementi, ha una certa composizione ionica. Se aumenta la concentrazione di sale, ciò può causare l’accelerazione della cristallizzazione. Le proteine nelle lacrime possono anche aumentare la sua densità”.

La dottoressa ha avvertito anche che le lacrime di cristallo potrebbero essere un segno di altri problemi. “I cristalli appaiono non solo dal lato della mucosa dell’occhio, ma possono formarsi anche nel fegato, nei reni e sedimentarsi sotto forma di sali negli organi. Questa circostanza è molto pericolosa e richiede un’indagine medica”.

 

L’Armenia è pronta a diventare il nuovo centro informatico del Caucaso (businesspeople.it 25.09.19)

L’Armenia è tornata. Ai tempi dell’Unione sovietica era il centro tecnologico di tutte le repubbliche che orbitavano intorno a Mosca, tanto che l’Istituto di ricerca informatica della sua capitale era arrivato ad avere 5mila dipendenti. Dopo il crollo dell’Urss, però, la sua vocazione hi-tech si era assopita. Fino a oggi. Lo Stato caucasico, infatti, vuole rilanciare la sua economia, puntando tutto su intelligenza artificiale, digitalizzazione, sicurezza informatica, startup. Durante la Cybertech europe, la fiera della sicurezza informatica, il presidente Armen Sarkissian ha dichiarato che “il ventunesimo secolo può essere il secolo dell’Armenia” aggiungendo che “le risorse naturali non sono importanti come prima. Lo sono diventate le tecnologie e l’innovazione”. Del resto, il Paese ha dalla sua tre punti di forza in questo senso. Innanzitutto, l’alta formazione in scienze, matematica e fisica. In secondo luogo, la rete di armeni nel mondo. Infine, l’eredità dell’Urss, ossia quell’enorme sapere in matematica, fisica e informatica. Il governo ha già iniziato ad agire per spianare la strada alle aziende. Per esempio, ha semplificato le regole per avviare e finanziare una startup e ha creato, nella capitale Yerevan, due zone economiche speciali, dove le imprese residenti possono beneficiare di sconti ed esenzioni fiscali.

Senza dimenticare che gli stipendi bassi sono un richiamo irresistibile per le multinazionali, tanto che Google, Oracle, Microsoft, D-Link e Synopsis hanno già aperto uffici nella repubblica balcanica. Insomma, sembra che l’Armenia sia destinata a diventare la Silicon Valley del Caucaso. Il presidente ha lanciato un vero e proprio piano, Atom, per avviare la rivoluzione tecnologica, che comprende un parco scientifico e tecnologico, un museo del futuro e una cittadella degli affari.

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L’Armenia vuole diventare la Silicon Valley del Caucaso (wired.it 25.09.19)

Roma – Ai tempi dell’Unione sovietica l’Armenia era, si direbbe oggi, la Silicon Valley della galassia di repubbliche che orbitava intorno a Mosca. I suoi laboratori sfornavano il 40% dei computer mainframe per l’esercito. E nella capitale, Yerevan, il blindatissimo Istituto di ricerca informatica era arrivato a impiegare cinquemila persone, come ricorda il New York Times. Il crollo dell’Urss ha spento per qualche anno l’industria informatica del paese. Ma ora proprio su quell’eredità l’Armenia sta costruendo un piano di rilancio dell’economiaintelligenza artificiale, digitalizzazione, sicurezza informatica, startup.

Il ventunesimo secolo può essere il secolo dell’Armenia”, è la visione del presidente Armen Sarkissian a Cybertech Europe, la fiera della sicurezza informatica a Roma. Secondo l’ex professore di fisica teorica, già primo ministro e capo dello Stato dall’aprile del 2018, “le risorse naturali non sono importanti come prima. Lo sono diventate le tecnologie e l’innovazione”. E su questo il paese può giocare tre carte. Primo, dice Sarkissian, “l’alta formazione in scienze, matematica e fisica”. Secondo: “La rete di armeni nel mondo. Ce ne sono 4-5 volte in più che nel Paese stesso”, dove gli ultimi dati ne censiscono 2,97 milioni, afferma il presidente: “Siamo uno stato piccolo ma globale”. Terzo: l’eredità dell’Urss, quel cumulo di sapere in matematica, fisica e informatica.

I numeri

Il governo ha già giocato alcune carte. Per esempio, ha semplificato le regole per avviare e finanziare una startup. E nella capitale Yerevan sono state create due zone economiche speciali, che permettono alle imprese residenti di beneficiare di sconti ed esenzioni fiscali. Secondo la Banca Mondiale, l’Armenia si colloca al 41esimo posto su 190 nazioni per facilità di investimenti. In 60 scuole è partito un programma pilota di formazione in robotica, che entro il 2020 sarà esteso in tutti gli istituti del paese, coinvolgendo 50mila studenti. E con stipendi bassi (in media, 400 dollari al mese per un tecnico junior, fino a 3.500 per professionisti più esperti) la delocalizzazione è appetibile per le multinazionali dell’informatica.

L’Enteprise incubator foundation calcola che in Armenia circa 17mila persone siano impiegate nel settore tecnologico, che contribuisce per circa il 6% al prodotto interno lordo (11,54 miliardi di dollari nel 2017). E multinazionali come Google, Oracle, Microsoft, D-Link o Synopsis hanno aperto i loro uffici nella repubblica caucasica. Il governo stima che nel 2018 l’industria informatica ha mosso un giro d’affari complessivo di 495 milioni di dollari e conta 650 aziende del settore (800, se si contano anche le startup).

Il presidente dell'Armenia Armen Sarkissian (foto: Nazik Armenakyan/Bloomberg via Getty Images)
Il presidente dell’Armenia Armen Sarkissian (foto: Nazik Armenakyan/Bloomberg via Getty Images)

Nome in codice: Atom

Su questi progetti si innesta il piano del presidente della repubblica caucasica: Advanced tomorrow. Meglio noto come Atom. “L’obiettivo è creare motori che permettano alla nazione di fare un salto”, spiega Sarkissian a Wired, “e usare il potenziale per creare una vera industria”. I tasselli del mosaico già ci sono: startup, piccole imprese, ma anche multinazionali da Stati Uniti, Russia e Francia. “Ma bisogna sistematizzarlo. Voglio portare le migliori aziende da Europa e America, sotto un grande ombrello, e creare un ecosistema”, annuncia il presidente.

In pratica, Atom si articolerà in un parco scientifico e tecnologico, per formare le menti dei giovani, a cominciare dalla tenera età; un museo del futuro, per indicare la visione del domani; una cittadella degli affari, concentrata su matematica, sicurezza informatica e intelligenza artificiale. Per realizzare il piano Sarkissian sta reclutando una commissione internazionale, i cui nomi saranno annunciati tra due mesi.

Collaborazione internazionale

Dall’inizio dell’anno, inoltre, nelle sue missioni diplomatiche, il capo dello Stato sta promuovendo l’iniziativa, cercando sponde e collaborazioni all’estero. A Cybertech stesso ha invitato le aziende a investire nella repubblica del Caucaso.

L’Armenia, d’altro canto, soffre la presenza di due scomodi vicini di casa. Da un lato la Turchia, che non ammette le responsabilità dl genocidio armeno. Perpetrato dalle truppe ottomane tra il 1915 e 1916, ha causato 1,5 milioni di morti ed è riconosciuto da 29 Paesi nel mondo. Dall’altro l’Azerbaijan, con cui i rapporti sono tesi per il conflitto nella regione del Nagorno-Karabah. Il paese vuole evitare un isolamento che metterebbe in ginocchio l’economia. “Abbiamo la tradizione ma ora dobbiamo impegnarci con il resto del mondo – dice Sarkissian –. Essere parte del processo mondiale, non alieni”.

Nagorno-Karabakh: incontro ministri Esteri Armenia-Azerbaigian a New York, ridurre le tensioni (Agenzianova 24.09.19)

Erevan, 24 set 08:32 – (Agenzia Nova) – I ministri degli Esteri di Armenia e Azerbaigian, Zohrab Mnatsakanyan e Elmar Mammadyarov, si sono incontrati ieri sera a New York, alla presenza dei copresidenti del gruppo Minsk dell’Osce Igor Popov (Russia), Stéphane Visconti (Francia) e Andrew Schofer (Stati Uniti). Focus dell’incontro, cui ha partecipato anche il rappresentante personale del presidente in esercizio dell’Osce Andrzej Kasprzyk, un nuovo round di colloqui sul conflitto del Nagorno-Karabakh. Durante la discussione, riferisce il dicastero degli Esteri di Erevan, la parte armena ha sottolineato i continui sforzi, anche attraverso l’introduzione e il rafforzamento di adeguati meccanismi, per rafforzare il cessate il fuoco e ridurre le tensioni. È stata inoltre sottolineata la necessità di misure coerenti, anche mediante l’attuazione degli accordi precedentemente raggiunti, per creare un clima di fiducia. Per quanto riguarda i cittadini armeni in custodia in Azerbaigian, la parte armena ha sottolineato la necessità di garantire un loro ritorno in patria. Mnatsakanyan ha attribuito importanza a garantire la proporzionalità degli impegni che le parti assumeranno nel quadro della risoluzione del conflitto del Nagorno-Karabakh e ha ribadito la posizione e gli approcci di principio dell’Armenia in questo processo. Le parti hanno delineato i passi futuri in questa direzione, tra cui la visita dei copresidenti nella regione e lo svolgimento di una riunione regolare a livello dei ministri degli Esteri. (segue) (Res)

Armenia. Calabresi: “Una presenza nel mondo che cambia e migliora la vita” (Ceinews 24.09.19)

“Quello che fa qui, in Armenia, la Chiesa italiana purtroppo non è conosciuto affatto in Italia a partire dagli stessi italiani. Eppure viaggiando in questi luoghi, ci rendiamo conto che è una presenza costante e importantissima che cambia e migliora la vita di tante persone”. Matteo Calabresi è il responsabile del Servizio Promozione per il sostengo economico alla Chiesa grazie ai fondi dell’8xmille. Fa parte di una delegazione di giornalisti legati alla Fisc (la Federazione italiana dei settimanali cattolici), in viaggio per l’Armenia per raccontare le “buone notizie” dei progetti realizzati grazie appunto all’8xmille. Si tratta di un impegno capillare in tutta l’Armenia a favore soprattutto delle due fasce di popolazione più vulnerabili, gli anziani e i bambini, in un Paese in cui la mancanza cronica di occupazione spinge la popolazione più giovane a lasciare il Paese. Un esodo che sta  svuotando interi villaggi. Grazie ai fondi 8xmille gli operatori della Caritas sono riusciti a realizzare ad Artashat un progetto di assistenza domiciliare per gli anziani e il centro “Piccolo Principe”, per la protezione e sostegno ai bambini e alle loro famiglie. A Gyumri invece opera il centro diurno di Accoglienza sempre per anziani e il progetto “Caldo inverno” per il riscaldamento delle loro case. A Ashotsk invece l’Ospedale Redemptions Mater grazie ai camilliani serve in un territorio isolato e abbandonato 13mila persone garantendo l’assistenza e la cura sanitaria.


I progetti sostenuti dall’8xmille in Armenia. Matteo Calabresi: “Una presenza nel mondo che cambia e migliora la vita” (SIR 24.09.19)

Viaggio della Fisc in Armenia per raccontare i progetti sostenuti grazie ai fondi dell’8xmille. Matteo Calabresi: “Certo. Si può sempre fare di più. Per la carità i bisogni sono infiniti. Però quello che si fa, è un segno importante. Gli interventi della chiesa italiana sono tra i più importanti al mondo. Sono 10 anni che faccio questo lavoro. Ho visitato tantissimi progetti in tantissimi paesi e vedo che gli italiani con la chiesa italiana sono presenti  nei punti più poveri del mondo. Dal Madagascar al Brasile”. È “una presenza costante e importantissima perché cambia e migliora la vita di tante persone”

“Quello che fa qui, in Armenia, la Chiesa italiana purtroppo non è conosciuto affatto in Italia a partire dagli stessi italiani. Eppure viaggiando in questi luoghi, ci rendiamo conto che è una presenza costante e importantissima che cambia e migliora la vita di tante persone”. Matteo Calabresi è il responsabile del Servizio Promozione per il sostengo economico alla Chiesa grazie ai fondi dell’8xmille. Fa parte di una delegazione di giornalisti legati alla Fisc (la Federazione italiana dei settimanali cattolici), in viaggio per l’Armenia per raccontare le “buone notizie” dei progetti realizzati grazie appunto all’8xmille. Si tratta di un impegno capillare in tutta l’Armenia a favore soprattutto delle due fasce di popolazione più vulnerabili, gli anziani e i bambini, in un Paese in cui la mancanza cronica di occupazione spinge la popolazione più giovane a lasciare il Paese. Un esodo che sta  svuotando interi villaggi. Grazie ai fondi 8xmille gli operatori della Caritas sono riusciti a realizzare ad Artashat un progetto di assistenza domiciliare per gli anziani e il centro “Piccolo Principe”, per la protezione e sostegno ai bambini e alle loro famiglie. A Gyumri invece opera il centro diurno di Accoglienza sempre per anziani e il progetto “Caldo inverno” per il riscaldamento delle loro case. A Ashotsk invece l’Ospedale Redemptions Mater grazie ai camilliani serve in un territorio isolato e abbandonato 13mila persone garantendo l’assistenza e la cura sanitaria.

Calabresi, cosa l’ha colpita di più di questa terra?

Ho conosciuto una povertà molto simile ai paesi meno sviluppati. Una realtà che non mi aspettavo. Quello che mi ha colpito di più, è la solitudine in cui vivono qui le persone e in particolare gli anziani. In Africa o in Sud America siamo sicuramente di fronte a povertà estreme ma c’è sempre una famiglia allargata che rimane vicina. Qui invece abbiamo visto una solitudine assoluta. Ma abbiamo anche conosciuto persone estremamente dignitose.C’è un orgoglio nazionale molto radicato e il cristianesimo fa parte dell’identità di questo popolo. Mi sembra che ci sia una grande speranza in questa Chiesa e per questo Paese.

 

 

Come si scelgono i progetti da finanziare?

Con i soldi che noi eroghiamo ogni anno per gli interventi caritativa al Terzo Mondo pari ad un costo di 40 milioni di Euro, si riescono a fare molte cose. La procedura è chiara. Le ong, appoggiandosi alla Chiesa locale, formulano una domanda di progetti all’ufficio Cei per gli interventi caritativi al terzo mondo. La domanda viene valutata da un Comitato e se approvata, con una procedura trasparente e di rendiconto, si inviano tranche per tranche i soldi per il progetto.

Potremmo fare di più?

Certo. Si può sempre fare di più. Per la carità i bisogni sono infiniti.

Però quello che si fa, è un segno importante. Gli interventi della chiesa italiana sono tra i più importanti al mondo. Sono 10 anni che faccio questo lavoro. Ho visitato tantissimi progetti in tantissimi paesi e vedo che gli italiani con la chiesa italiana sono presenti  nei punti più poveri del mondo. Dal Madagascar al Brasile.

Di fronti ai mali del mondo, questi progetti, seppur importanti, sembrano una goccia nell’oceano. Si sente scoraggiato?

Perché scoraggiato? Quando si avviano progetti così belli, torno al contrario, con grande speranza.

Questi progetti sono poco conosciuti. Sembra quasi che ci sia un disagio in Italia a parlare di 8xmille. Come pensate di superarlo?

È una domanda che ci stiamo chiedendo da anni. Sembra quasi una famiglia in cui i bambini non sanno nulla del modo in cui vengono spesi i soldi. Non siamo però bambini e credo che tutti dobbiamo chiederci come la Chiesa realizza i progetti che vediamo o come vengono finanziati gli oratori dove mandiamo i nostri figli.

Nessuno si chiede come si pagano queste spese.

Quindi cosa state facendo?

Noi, per esempio, stiamo incentivando dei corsi di formazione in tutte le parrocchie. Le ricerche ci dicono che da una parte i fedeli per pudore non chiedono e dall’altra i sacerdoti stentano a parlare perché hanno paura di toccare un argomento scomodo. Quando invece, grazie agli incaricati diocesani, si fanno questi corsi di formazione, i riscontri sono tutti positivi.

Si scopre che non c’è nulla da nascondere, che non c’è nessuno scheletro nell’armadio e che è possibile ritrovarsi in un rapporto di fiducia nuovo.

ASIA/TURCHIA – Vescovi armeni apostolici: dall’elezione del nuovo Patriarca non siano esclusi i candidati residenti all’estero (Agenzia Fides 23.09.19)

Istanbul (Agenzia Fides) –Esponenti della Commissione del Patriarcato armeno apostolico di Costantinopoli incaricata di coordinare e accompagnare l’intero processo per l’elezione del nuovo Patriarca hanno espresso l’auspicio che non siano poste restrizioni alla lista dei potenziali candidati alla carica patriarcale. L’auspicio è stato espresso in particolare dai Vescovi che ricoprono ruoli autorevoli nel Patriarcato, compresi l’Arcivescovo Aram Ateşyan – per lungo tempo “locum tenens” del Patriarcato, durante gli anni di malattia invalidante del Precedente Patriarca Mesrob II Mutafyan, scomparso lo scorso marzo – e l’Arcivescovo Sahak Masalyan, incaricato di coordinare l’intero processo elettorale, con il titolo di “Degabah” (fiduciario). Tutti e due gli Arcivescovi hanno manifestato il proprio desiderio che vengano riproposte le stesse direttive utilizzate nelle precedenti elezioni patriarcali, senza porre artificiali limitazioni alla rosa di possibili candidati.
L’applicazione del decreto che determina le procedure per l’elezione del nuovo Patriarca armeno di Costantinopoli, in via di elaborazione da parte del Ministero degli interni turco, sarà volta a regolare il processo elettorale. Il precedente giuridico utilizzato come punto di riferimento negli ultimi decenni è una procedura risalente al 1961. Da allora, riferisce il giornale bilingue armeno-turco Agos, i Decreti per lo svolgimento dell’elezione patriarcale non hanno mai escluso dal processo elettorale i potenziali candidati nati in Turchia ma residenti all’estero.
All’inizio di agosto, come riferito dall’Agenzia Fides (vedi Fides 9/8/2019), era stata fissata la tabella di marcia che porterà all’elezione dei successore di Mesrob. La Commissione delegata a preparare l’elezione del Patriarca degli armeni della Turchia aveva stabilito di proporre alla Prefettura di Istanbul le giornate del 7, 8 e 11 dicembre 2019 come date in cui si svolgeranno le fasi finali dell’elezione patriarcale. Secondo il calendario proposto, il 7 dicembre saranno eletti i delegati religiosi chiamati a scegliere il nome del nuovo Patriarca nella lista dei potenziali candidati. L’8 dicembre si terranno le elezioni dei delegati civili. Infine, l’11 dicembre, i delegati eletti si riuniranno per partecipare all’elezione vera e propria del futuro Patriarca.
Intanto la Fondazione Hrant Dink, che porta il nome del giornalista turco di origine armena assassinato nel 2007, ha pubblicato il rapporto annuale relativo ai messaggi discriminatori apparsi sui mezzi di comunicazione turchi nel 2018. Dal rapporto emerge che ancora una volta i principali bersagli di espressioni a carattere discriminatorio veicolati dai media turchi lo scorso anno sono stati ebrei, armeni e siriani. (GV) (Agenzia Fides 23/9/2019)

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