Svolta a Brancaleone la commemorazione del genocidio del popolo Armeno (Calabriapost 27.04.19)

Il consueto appuntamento commemorativo si è svolto giovedì 25 Aprile a Brancaleone vetus, una manifestazione patrocinata dall’ambasciata della repubblica Armena di Roma e dal comune di Brancaleone che ogni anno attira un gran numero di pubblico nel borgo di Brancaleone vetus. La giornata si è aperta nel segno dei saluti e dei ringraziamenti a cura del presidente della pro loco Carmine Verduci, il quale ha sottolineato il grande impegno dei soci dell’associazione e del Consorzio di bonifica basso ionio reggino per il progetto “Renaissance Brancaleone vetus” che ha riqualificato e messo in sicurezza il borgo antico consentendo così una fruizione idonea alle visite e a questa manifestazione in particolare. Presenti anche il viceprefetto Salvatore Mottola di Amato che ha posto i saluti a nome della triade commissariale di Brancaleone che dal secondo anno partecipa all’evento con grande entusiasmo.

Sebastiano Stranges, anima di questo importante evento, ha proseguito con un racconto sulle origini dei primi insediamenti Armeni tra l’ VIII e IX secolo d.C. in questo territorio, oggi conosciuto come “valle degli armeni”. La prima parte si è conclusa con la benedizione del pane Armeno (lavash) benedetto da Don Vladimiro Calvari delegato dal Parroco Don Ivan Iacopino, assente per impegni parrocchiali.
Al termine del cerimoniale di benedizione del pane Armeno, la folla dalla chiesa Maria SS Annunziata del vecchio borgo si è diretta in corteo verso l’antica chiesa Protopapale del borgo con una solenne fiaccolata, sul sito è stata accesa la “fiamma della Memoria” e osservato un minuto di silenzio in memoria dei martiri Armeni, trucidati dai turchi nel 1915 quando occuparono i loro territori. Il pomeriggio è proseguito con la visita alla chiesa grotta denominata Albero della vita con Sebastiano Stranges che ha illustrato le caratteristiche di questi primi insegnamenti Armeni a Brancaleone e nei dintorni, come Bruzzano, Staiti e Ferruzzano. Presente all’evento anche la cooperativa Cantine di Bova che ha presentato i vini dell’azienda caratteristici per la somiglianza dei vini Armeni, e la presenza di uno dei massimi esperti della viticoltura e dell’archeologia del territorio, il prof. Orlando Sculli.
L’organizzazione ha sottolineato l’importanza dell’evento che ha unito il dramma del popolo Armeno presente all’evento con una piccola delegazione di Calabria e Sicilia, e gli aspetti culturali e dei costumi con la presenza di abiti tipici indossati dal Presidente della Pro Loco Carmine Verduci e dalla giovane Armena Themina Arshakyan.
È stato per l’ennesimo anno un successo di presenze con numerose associazioni del territorio presenti all’evento, inoltre moltissimi provenienti dalla Sicilia, dal reggino, dalla locride e dal Cosentino.
Eventi come questo, ha sottolineato la pro loco di Brancaleone servono a ricordare tragici eventi storici che ci toccano da vicino, e che alcune nazioni come la Turchia ancora negano. Un forte segnale del governo italiano è arrivato quest’anno con il riconoscimento del Genocidio in Senato, motivo per il quale siamo veramente orgogliosi di questo importante atto di riconoscimento.
La manifestazione si da appuntamento all’anno prossimo sempre il 25 aprile giorno della liberazione Italiana, data emblematica, che rappresenta l’unione di due momenti storici e tragici della storia mondiale.

Brancaleone 27 aprile 2019

Corbetta Missionaria onlus raccoglie e invia in Romania e Armenia oltre 10mila euro alle comunità cattoliche (Cronacaossona 27.04.19)

Corbetta Missionaria onlus, che è nata per volere dell’ex prevosto corbettese e che è espressione di solidarietà e di impegno volontaristico dei corbettesi e non solo, ha inviato circa 5mila euro in Romania e 6mila euro in Armenia, frutto delle donazioni e del ricavato di pranzi, spettacoli e banchetti benefici. Il tutto per donazioni che superano i 10mila euro.

“I dati vanno considerati nei progetti che portiamo avanti nel periodo settembre 2018/settembre 2019 – spiega la signora Maria Teresa Calleri – I 5mila euro sono andati a sostegno della Casa di accoglienza in Romania delle suore Benedettine della divina Provvidenza che ospita bambini dai 3 ai 18 anni che hanno bisogno di cure mediche, dato che la sanità pubblica in Romania non copre parecchie spese mediche”. Al momento i minori assistiti sono 30 (numero comunque variabile in base agli arrivi e dimissioni). Si offrono cure dentistiche, pediatriche, di genere, medicinali e abbigliamento.

“Sosteniamo anche la piccola comunità cattolica armena di padre Comitas – conclude la signora Calleri – Siamo andati in pellegrinaggio con la parrocchia di Corbetta lo scorso agosto e da dicembre a ora abbiamo donato 6mila euro”.

Vai al sito

Firenze: Festival Religioni. Incontro tra il segretario di Stato Vaticano e Patriarca Armeni (Askanews 27.04.19)

Roma, 27 apr. (askanews) – Si avvicina la chiusura del Millenario di San Miniato, entra nel vivo il Festival delle Religioni con uno dei suoi appuntamenti più attesi: l’incontro, aperto dal saluto del Sindaco di Firenze, Dario Nardella, è entrato nel vivo con l’intervento di Padre Bernardo M. Gianni, abate di San Miniato: “Il Millenario oggi si conclude con un auspicio che in questi giorni di Festival trova la sua realizzazione più importante e feconda. Abbiamo tutta la chiesa e tutte le chiese presenti in questo luogo santo consacrato alla memoria del primo martire di Firenze, Miniato, giunto da lontano oriente, dall’Armenia, per bagnare col suo sangue la terra nobilissima di Firenze”.

L’intervento del Patriarca Armeno è stato preceduto dall’introduzione di Francesca Campana Comparini, ideatrice del Festival delle Religioni, che ha ricordato la tematica del “tempo”, centrale in questi tre giorni di evento: “Stiamo fuori dal tempo, per starci meglio dentro. Teniamo un piede nella civitas hominis e un piede nella civitas dei per alimentarla, per renderla più creativa, più ricca. Usciamo dal tempo – come questa basilica, costruita sul monte, lontana dalle vie della città – ripristiniamo quella distanza che ci permette di essere più prossimi, per non correre il rischio, come ricordava Hannah Arendt, di cascarci addosso.”

L’intervento di Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, ha dedicato il suo intervento al tema della fede e al ruolo delle chiese cristiane nella società e nella storia.

Il Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin che nel suo lungo intervento ha avuto modo di affrontare varie tematiche – dal dialogo tra chiese, alle difficoltà della Chiesa di oggi, oltre ad una profonda riflessione sul valore della preghiera, al termine dell’incontro ha voluto soffermarsi sull’importanza dell’incontro ecumenico: “Credo che nel mondo di oggi, lacerato da tanti conflitti e da tante tensioni, i cristiani – ancor prima di parlare del dialogo interreligioso – prima di tutto devono essere fattore di unità, e per diventare elemento di unità all’interno della società devono cercare primariamente l’unione tra di loro. Che è poi la preghiera più ardente di Gesù nel Cenacolo, “che tutti siano uno”, pur nelle loro differenze, come spesso ricorda il Papa. L’unità non è uniformità ma mettere insieme le proprie differenze e farle convergere in un arricchimento comune”.

L’incontro – su proposta di Padre Bernardo Gianni – si è concluso con un “fuori programma”: al termine degli interventi, dopo un minuto di silenzio e raccoglimento, la delegazione guidata da Karekin II ha intonato un canto in lingua armena, rivolta all’altare della Basilica. Un inno a cui ha fatto eco il “Regina Coeli” armonizzato dalle voci dei monaci benedettini di San Miniato.

Vai al sito


Card. Parolin: oggi i cristiani nel mondo sono perseguitati

E’ in corso a Firenze, nella basilica di San Miniato al Monte, la IV edizione del “Festival delle Religioni”. Momento centrale della manifestazione, che si concluderà domani, l’incontro ecumenico questa mattina tra il card. Parolin e il patriarca Karekin II. L’intervista al Segretario di Stato vaticano

Daria Arduini – Firenze

L’obiettivo del Festival è parlare di religione e degli influssi che ha nella società, coinvolgendo atei e credenti, laici e religiosi. Appuntamento centrale di questa quarta edizione della manifestazione: l’incontro ecumenico tra il Segretario di Stato vaticano il card. Pietro Parolin, e il patriarca Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni. La Chiesa apostolica armena deriva da una delle prime comunità cristiane ed è tra le più antiche del mondo: le prima testimonianze dell’avvento del cristianesimo in Armenia, risalgono infatti al I secolo, ad opera degli apostoli Taddeo e Bartolomeo. Un incontro quindi, che ha racchiuso due millenni di storia, di tradizione e di comunione. E il luogo di San Miniato non è stato affatto casuale: il nome della splendida basilica fiorentina prende infatti nome dal protomartire Miniato, un re proveniente dall’Armenia, che fu ucciso a Firenze dall’imperatore Decio in epoca di persecuzione cristiana, nella metà del III secolo.

La chiusura della Porta Santa di san Miniato

Questo pomeriggio, la chiusura ufficiale del Millennio di san Miniato al Monte quando il card. Parolin presiederà la celebrazione liturgica ed alla chiusura della Porta Santa. La porta della basilica era stata ‘aperta’ il 27 aprile del 2018 dall’arcivescovo di Firenze, il card. Betori, ed aveva aperto le celebrazioni ed i festeggiamenti per i mille anni dell’abbazia benedettina.

Al termine dell’intensa mattinata, il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, riprende le tematiche di questa IV edizione del Festival delle religioni di Firenze

Ascolta l’intervista al card. Parolin

C’è ancora tempo per la fede nella società contemporanea?

R. – Direi che c’è ancora più necessità della fede nella società contemporanea, proprio perché c’è il rischio che l’uomo si perda, come questa accentuazione forte della dimensione antropologica: quando è chiusa la trascendenza rischia di portare l’uomo al fallimento e tante grida di allarme che provengono da varie parti dicono proprio questo. Quindi la fede è proprio salvezza, la fede salva l’uomo nella sua dimensione integrale.

L’incontro tra fedi diverse oggi sembra sempre più difficile, perché?

R. – Sì, ma non credo, perché l’incontro tra fedi diverse è in atto da molto tempo, c’è tutto un dialogo interreligioso che cerca di avvicinare le fedi e di farle collaborare in tanti progetti che possono essere di utilità comune, di servizio al bene comune. E forse, la difficoltà, nasce nel momento in cui ci sono questi fondamentalismi… La sconfitta della fede, della vera religione, impedisce alle fedi di dialogare ma quando c’è una ricerca sincera del bene di tutti e di ciascuno, credo che le fedi possano incontrare tanti punti comuni, soprattutto pratici.

Si può parlare del nuovo martirio dei cristiani?

R. – Credo di sì, oggi i cristiani sono perseguitati in tante parti del mondo. Io penso sempre al Vangelo e a Gesù che ha descritto fin dall’inizio la condizione dei suoi discepoli come una condizione di persecuzione e di rifiuto da parte del mondo.

Lei stasera chiuderà la porta santa di san Miniato, che cosa resta di questa esperienza millenaria?

R. – Resta la grande tradizione monastica, per tornare alla prima domanda che mi ha fatto, come ricerca di Dio ma ricerca di Dio per la salvaguardia dell’uomo. I monaci sono stati anche dei grandi maestri e dei grandi artefici di civiltà, hanno saputo costruire autentiche civiltà proprio a partire da questo radicamento in Dio. Questo resta.

L’Europa è in crisi perché gli europei hanno smarrito il senso religioso?

R. – Certamente la perdita del senso religioso, la perdita del riferimento a Dio è una delle caratteristiche della nostra società. Per noi questa è una delle cause anche della crisi europea, della crisi dell’Europa, proprio perché quelli che dovrebbero essere i valori fondanti sono stati poi i valori di ispirazione cristiana. Quando viene a mancare Dio, cadono anche questi valori ed allora ecco la crisi.

Vai al sito


RELIGIONI: A SAN MINIATO STORICO INCONTRO FRA PATRIARCA ARMENO E SEGRETARIO DI STATO VATICANO

FIRENZE – Lo hanno definito storico, l’incontro nella Basilica di San Miniato, fra il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, e Karekin II, patriarca supremo degli Armeni. L’appuntamento ecumenico è avvenuto oggi, 27 aprile, durante il Festival delle Religioni, diretto da Francesca Campana Comparini. La scelta del luogo di San Miniato non è affatto casuale: la splendida basilica fiorentina prende infatti nome dal protomartire Miniato, un re proveniente dall’Armenia che fu ucciso a Firenze dall’imperatore Decio in epoca di persecuzione cristiana, nella metà del III secolo.

La Chiesa Apostolica Armena deriva da una delle prime comunità cristiane ed è tra le più antiche Chiese del mondo: le prime testimonianze dell’avvento del cristianesimo in Armenia risalgono infatti al I secolo, ad opera degli apostoli Taddeo e Bartolomeo. L’intervento di Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni,è partito proprio da quelle origini per soffermarsi poi sul tema della fede e sul ruolo delle chiese cristiane nella società e nella storia. Nel suo discorso, il patriarca degli Armeni ha sostenuto che oggi «la Chiesa cristiana nella sua missione dovrebbe necessariamente statuire l’unico esempio della relazione tra fede e verità nella società, relazione che è confermata dal credere nel proprio cuore, conferita dalle opere della vita virtuosa e dando frutto con il miglioramento della vita quotidiana e del risveglio spirituale di milioni di persone».


La sfida di essere testimoni di fede nel mondo

E’ entrato nel vivo il Festival delle Religioni con la chiusura del Millenario di San Miniato. Interventi del Patriarca Armeno e del cardinale Parolin

FIRENZE — Si avvicina la chiusura del Millenario di San Miniato, entra nel vivo il Festival delle Religioni con uno dei suoi appuntamenti più attesi: l’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Padre Bernardo M. Gianni, abate di San Miniato: “Il Millenario oggi si conclude con un auspicio che in questi giorni di Festival trova la sua realizzazione più importante e feconda. Abbiamo tutta la chiesa e tutte le chiese presenti in questo luogo santo consacrato alla memoria del primo martire di Firenze, Miniato, giunto da lontano oriente, dall’Armenia, per bagnare col suo sangue la terra nobilissima di Firenze”.

L’intervento del Patriarca Armeno è stato preceduto dall’introduzione di Francesca Campana Comparini, ideatrice del Festival delle Religioni, che ha ricordato la tematica del “tempo”, centrale in questi tre giorni di evento: “Stiamo fuori dal tempo, per starci meglio dentro. Teniamo un piede nella civitas hominis e un piede nella civitas dei per alimentarla, per renderla più creativa, più ricca. Usciamo dal tempo – come questa basilica, costruita sul monte, lontana dalle vie della città – ripristiniamo quella distanza che ci permette di essere più prossimi, per non correre il rischio, come ricordava Hannah Arendt, di cascarci addosso.”

L’intervento di Sua Santità Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, ha dedicato il suo intervento al tema della fede e al ruolo delle chiese cristiane nella società e nella storia.

Il Segretario di Stato Vaticano, il Cardinal Pietro Parolin che nel suo lungo intervento ha avuto modo di affrontare varie tematiche – dal dialogo tra chiese, alle difficoltà della Chiesa di oggi, oltre ad una profonda riflessione sul valore della preghiera, al termine dell’incontro ha voluto soffermarsi sull’importanza dell’incontro ecumenico: “Credo che nel mondo di oggi, lacerato da tanti conflitti e da tante tensioni, i cristiani – ancor prima di parlare del dialogo interreligioso – prima di tutto devono essere fattore di unità, e per diventare elemento di unità all’interno della società devono cercare primariamente l’unione tra di loro. Che è poi la preghiera più ardente di Gesù nel Cenacolo, “che tutti siano uno”, pur nelle loro differenze, come spesso ricorda il Papa. L’unità non è uniformità ma mettere insieme le proprie differenze e farle convergere in un arricchimento comune”.

L’incontro – su proposta di Padre Bernardo Gianni – si è concluso con un “fuori programma”: al termine degli interventi, dopo un minuto di silenzio e raccoglimento, la delegazione guidata da Karekin II ha intonato un canto in lingua armena, rivolta all’altare della Basilica. Un inno a cui ha fatto eco il “Regina Coeli” armonizzato dalle voci dei monaci benedettini di San Miniato.

Armenia: oggi celebrazioni in tutto il paese per la nuova Giornata del cittadino (Agenzianova 27.04.19)

Erevan, 27 apr 13:33 – (Agenzia Nova) – Oggi l’Armenia celebra per la prima volta la Giornata dei cittadini, nuova festività arrivata in seguito alla cosiddetta “rivoluzione di velluto” della primavera del 2018. Lo riferisce l’agenzia di stampa “Armenpress”. Secondo un decreto adottato dal governo il 21 marzo, la festa si celebra l’ultimo sabato di aprile, che quest’anno cade il 27 aprile di quest’anno. Il Parlamento armeno ha poi approvato il 9 aprile il progetto di legge sulla modifica della legge sulle festività e le giornate della memoria. Eventi e celebrazioni sono programmati in tutta l’Armenia e nella capitale Erevan. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha inviato oggi un messaggio di congratulazioni per la nuova festività sul proprio profilo Facebook. “Cari cittadini, orgogliosi cittadini della Repubblica di Armenia, mi congratulo con tutti voi per la giornata dei cittadini. Avete vinto e vincerete. Siate coraggiosi”, ha scritto Pashinyan.

Festival delle religioni: attesi domani a Firenze il card. Parolin e Karekin II, Patriarca e Catholicos di tutti gli Armeni (SIR 26.04.19)

Si è aperto ieri a Firenze, a San Miniato al Monte, la quarta edizione del Festival delle Religioni  alla presenza di Ronald Lauder, presidente del World Jewish Congress, e del sindaco di Firenze, Dario Nardella. La rassegna ha preso il via nel giorno non solo della Festa Nazionale del 25 Aprile, ricordo della liberazione dal nazifascismo, ma anche nel periodo in cui gli ebrei celebrano Pèsach, la Pasqua Ebraica, ricordo della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù egiziana. “L’Antisemitismo – ha detto Lauder –  è una questione di violenza e soprattutto di indifferenza. Abbiamo visto cosa è accaduto durante la seconda Guerra Mondiale, sappiamo cosa è stato l’Olocausto: al termine del conflitto non c’erano più gli ‘antisemiti’, perché nessuno voleva essere associato ai nazifascisti, era evidente che quella parte fosse da rifuggire. Oggi però le persone si sono dimenticate, e l’unico modo per evitare l’antisemitismo è educare le giovani generazioni. Oggi è stupendo festeggiare la libertà, è una cosa meravigliosa. Ma si può perdere la libertà dalla sera alla mattina, e questo è dovuto proprio all’indifferenza. E noi – ebrei, cristiani, musulmani – dobbiamo fare in modo che i popoli siano rispettosi delle nostre religioni e non dare tutto per scontato.”

Il sindaco Nardella ha sottolineato l’importanza del dialogo tra le religioni. “È importante perché spesso alla base di conflitti sociali, guerre e attentati terroristici c’è proprio l’odio religioso”. “Ciò di cui dobbiamo avere paura infatti non è la differenza, ma l’indifferenza. È nel riconoscersi e nell’accettarsi che troviamo il fondamento della nostra identità e i presupposti per una vera convivenza”. Il Festival delle Religioni proseguirà fino a domenica 28 aprile, e chiuderà le celebrazioni per il Millenario di San Miniato al Monte. Domani, interverranno alle 10.30, il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, e Sua Santità Karekin II, Patriarca Supremo e Catholicos di tutti gli Armeni. Alle 17.30, per la chiusura ufficiale del Millenario di San Miniato al Monte, il cardinale presiederà la celebrazione liturgica con la chiusura della Porta Santa.

Vai al sito

La “svolta” di Erdogan sugli armeni: aperti gli archivi turchi (Ilgiornale.it 26.04.19)

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha di recente operato una svolta nel quadro della controversia sul genocidio armeno, dichiarandosi disposto ad aprire gli archivi del suo Paese agli storici di tutto il mondo.

Ad avviso della storiografia occidentale, il Paese anatolico avrebbe organizzato, durante la Prima guerra mondiale, il “primo genocidio del Ventesimo secolo”, ossia la morte di un milione e mezzo di Armeni. Il leader di Ankara aveva finora costantemente rigettato tali ricostruzioni storiche, bollandole come offensive verso la dignità turca e attribuendo tali decessi a una “guerra civile” esplosa nel 1915 nell’allora Impero ottomano. Tuttavia, Erdogan ha recentemente dichiarato di essere disposto ad aprire il suo Paese a un’indagine indipendente sui travagli subiti dal popolo armeno nel Novecento.

In un discorso pronunciato in questi giorni durante un convegno sull’archivistica tenutosi ad Ankara, il leader dell’Akp ha annunciato di volere fare esaminare a studiosi di tutto il mondo i documenti redatti dall’amministrazione ottomana negli anni del controverso genocidio. Il presidente anatolico ha infatti esortato i principali esperti mondiali di tale dolorosa pagina del Ventesimo secolo a ispezionare gli archivi della Sublime porta, al fine di favorire l’“emersione della verità” sul passato degli Armeni e sul trattamento riservato dal governo dei Giovani Turchi alle minoranze etniche.

Erdogan ha giustificato tale apertura affermando: “Noi non abbiamo nulla da nascondere. Chi, per partito preso, ci accusa di avere le mani sporche di sangue, venga a fare delle ricerche nei nostri archivi nazionali, così da maturare giudizi meno faziosi sulla storia della Turchia.” Il Capo dello Stato, dopo avere annunciato la svolta in questione, ha attaccato con parole di fuoco i governi occidentali, tacciandoli di “ipocrisia”.

Il leader dell’Akp ha infatti denunciato come “assurdo” che la Turchia venga accusata di gravi crimini da nazioni come Francia, Germania, Regno Unito e Usa, colpevoli delle “peggiori atrocità della storia umana: colonialismo, nazismo, imperialismo”. Egli ha poi tuonato:“Sulle spalle di quegli stessi Paesi che oggi ci fanno la morale gravano milioni e milioni di vittime innocenti. È quindi assolutamente ridicolo che quegli stessi Stati, che occupano il primo posto nella classifica dei peggiori criminali mai esistiti, accusino la Turchia di avere commesso in passato gravi reati.”

Vai al sito

Asolo ricorda il genocidio armeno: e arriva il plauso delle più alte cariche della comunità armena in Italia (Oggitreviso 26.04.19)

Dal settembre del 2016, Asolo ha stretto un “Patto di Amicizia” con la città Armena di Jermuk. Le esternazioni di vicinanza del sindaco hanno suscitato il plauso delle più alte cariche della comunità armena in Italia

ASOLO – “Desidero esprimere tutta la mia vicinanza morale alla comunità armena di Jermuk e all’Unione Armeni d’Italia e, naturalmente, a tutte le comunità armene nel mondo, in questo giorno in cui si celebra il ricordo dell’immane tragedia che ha colpito questo popolo nel XX secolo – dichiara il Sindaco di AsoloMauro Migliorini – un genocidio che ha causato oltre un milione e mezzo di vittime innocenti, con centinaia di migliaia di persone giustiziate, deportate, morte di stenti: si trattò di una repressione (senza eguali) contro la libertà di un popolo, contro la sua sacrosanta aspirazione all’autodeterminazione, contro la sua antica Chiesa apostolica”.

Tante le reazioni di stima e gratitudine verso il sindaco di Asolo a cominciare da Sargis Ghazaryan già ambasciatore della Repubblica Armena in Italia, a Valentina Karakhaniansegreteria di Stato Vaticana figure eminenti della comunità armena nel nostro paese. Ma anche il mondo della cultura ha voluto tributare un elogio alle belle parole asolane come nel caso di Ashod Grigorian professore alla National University of Architecture and Construction of Armenia. Tante anche le attestazioni di stima da parte di gente comune.

Asolo è diventata una casa per diversi esuli armeni tra questi l’architetto Leon Gurekian (Costantinopoli 1871 – Asolo 1950), figura di intellettuale e patriota armeno i cui familiari perirono tutti nel genocidio. Ad Erevan, odierna capitale dell’Armenia, nel marzo 2015, è stata inaugurata una mostra a lui dedicata alla quale ha partecipato anche una rappresentanza asolana che ha portato un messaggio del Sindaco in cui veniva sottolineato il suo impegno e il suo coraggio nel perseguire l’obiettivo della realizzazione dell’indipendenza della Repubblica Armena.

Vai al sito

ARMENIA. Nasce il battaglione di autodifesa “Nubar Ozanyan” (Notizie geopolitiche 26.04.19)

Dalla Grande Catastrofe (Metz Yegherni) sono ormai trascorsi 104 anni, ma la ferita non si è ancora rimarginata. E come potrebbe? Di certo non finché il responsabile, lo Stato turco, non avrà ammesso le proprie responsabilità e chiederà – almeno – scusa al popolo armeno.
Il genocidio era cominciato il 24 aprile 1915 quando oltre duecento intellettuali armeni vennero sequestrati ed eliminati. Si continuò con la deportazione e l’esilio per centinaia di migliaia di persone. E per moltissimi di loro fu il massacro. Un genocidio pianificato per uniformare la popolazione dello Stato turco, per cancellare le differenze e creare una società omogenea: una sola razza, una sola religione, una sola lingua. Uno stile che lo Stato turco ha sostanzialmente mantenuto. Ieri per gli armeni, oggi per curdi.
Due giorni prima dell’anniversario, il 22 aprile, l’evento era stato ricordato con la costituzione del primo Battaglione armeno di autodifesa, denominato “martire Nubar Ozanyan”.
L’annuncio è stato dato con un comunicato dalla formazione politica TPK/ML (Partito comunista di Turchia/marxista – leninista) spiegando che “questo battaglione andrà a rafforzare la rivoluzione nel territorio di Rojava per difenderlo dagli attacchi dei fascisti dello Stato Islamico e dello Stato turco”. Consentendo contemporaneamente “l’autodifesa del popolo armeno contro ogni tipo di oppressione, persecuzione, massacro o tentativo di assimilazione”. Nel comunicato si sottolineava come con la creazione di tale battaglione venissero realizzati una parte dei sogni e delle speranze del comandante Nubar Ozanyan. Il militante comunista armeno era nato nel 1956 e caduto combattendo contro il Daesh (Isis, ndr.) nel 2017 durante la battaglia di Raqqa.
Nell’agosto di due anni fa il suo sacrificio era stato commemorato a Parigi e a Zurigo da qualche centinaio di esponenti di diverse organizzazioni di sinistra, sia europee che turche e curde (Revolutionarer Aufbau, Secours rouge de Suisse, OCML-VP, Partizan, KCK…).
L’evento offre l’occasione per ribadire e sottolineare che quella del Genocidio non va interpretata come una questione religiosa. Fu infatti opera di nazionalisti turchi. Nazionalisti che per lo storico Baykar Sivazliyan “erano tutti Dunmeh (“convertiti) cioè ebrei formalmente islamizzati e sostanzialmente atei, in gran parte membri di una loggia massonica di Salonicco: Enver, Talat e Cemal Pascià…”.
Una conferma viene ripensando all’accoglienza ricevuta dai sopravvissuti armeni del Genocidio (quasi tutti orfani) da parte della popolazione siriano-araba. In particolare a Der Ez-Zor nel 1915. Per questo gli armeni rimasero sempre grati alla Siria, anche nei momenti difficili come quello attuale. Non è forse un caso che da qualche giorno si trovino ad Aleppo un centinaio di soldati professionisti dell’esercito armeno. Inquadrati in un reparto russo, si stanno dedicando allo sminamento dell’intera città. Si sono stabiliti nel quartiere armeno anche per garantirne la protezione. Infatti qui hanno cominciato a rientrare centinaia di armeni che la guerra aveva costretto ad allontanarsi.

Vai al sito

25 aprile, sono per metà armena. E per me anche oggi è un giorno da ricordare (Ilfattoquotidiano 25.04.19)

di Manuela Avakian

Pensavo di essere per metà armena. Poi è arrivata l’attualità fatta di barconi, di porti chiusi, di migranti e politicanti schiava di una strumentalizzazione senza soluzione di continuità. Tutti commentati, commiserati, compresi o condannati da chi non ha mai attraversato il mare, né il deserto. Da chi non ha conosciuto la paura vera, né la fame. Così ho capito di essere anche armena. Ho compreso finalmente perché il mio cuore si apre alle celebrazioni del 25 aprile, e perché con altrettanta forza batte durante le commemorazioni del giorno prima.

Forse le parole di Sepulveda “Non serve a niente una porta chiusa. La tristezza non può uscire e l’allegria non può entrare” mi hanno guidato a una visione olistica dell’appartenenza. Questo mio dualismo ha radici tanto forti da assomigliare alle stesse che rendono unici alcuni ulivi millenari della Puglia, la terra che mi ha dato i natali. La mia individualità ha preso forma e con il suo micro tassello contribuisce a comporre la Storia. A decifrare l’umanità.

24 Aprile 1915 – il primo sterminio del Novecento perpetrato dai Giovani turchi dell’Impero ottomano inghiottito dagli archivi storici per decenni, volutamente ignorato. Il popolo armeno, schiacciato per quasi un secolo tra il “politically correct” e il “commercially necessary”. Poi, qualche concessione di timidi cenni qua e là fino al suo riconoscimento da parte di molti Stati.

Ma questa mia solitaria dissertazione non vuole essere di stampo geopolitico. Tutt’altro. È il senso di umanità che mi spinge a domandarmi perché non si parli mai degli Indiani d’America – ne sono rimasti un pugno, diceva un giornalista russo, giusto da utilizzare nei western hollywoodiani. Perché sono pochi quelli che conoscono la tragedia del Ruanda, troppi quelli che hanno già dimenticato l’ex Jugoslavia. Quanti si ricordano degli Incas, degli Aborigini… l’elenco è dolorosamente lungo.

“Chi mai si ricorda oggi degli Armeni?” avrebbe domandato Hitlerai consiglieri che cercavano di dissuaderlo dal suo folle piano. E venne la Shoah. La proliferazione di testimonianze sull’Olocaustoè un’operazione encomiabile. Un “Per non dimenticare” doveroso. Guai se così non fosse. Perché di un abominio si è trattato. Senza se (se gli ebrei…) e senza ma (ma anche Stalin…).

Tuttavia, i promotori delle numerose iniziative che si adoperano per ricordare lo sterminio del popolo ebreo dovrebbero dare spazio a La Storia, e non a una storia. Il diffusore di cultura monotematica rischia di scivolare nell’autoreferenzialità, di sembrare uno studioso a metà, e si sa: “Half knowledge is a dangerous thing“. Difficile da tradurre, ma non altrettanto da comprendere. Potrebbe anche trattarsi di ignoranza, ovvero di ignorare i genocidi che hanno preceduto l’Olocausto e quelli che lo hanno succeduto. Escludiamo infatti il dolo, ma non la colpa. La propaganda non lascia spazio alla verità. Di conseguenza, neppure alla giustizia.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

Vai al sito