Napoli e gli armeni: un insegnamento che ritorna dopo 40 anni (ateneapoli.it 26.03.19)

È cominciato lo scorso 4 marzo un Laboratorio di Lingua Armena Classica tenuto dal prof. Giancarlo Schirru, docente di Linguistica Generale. Si tratta di un corso elementare di armeno, una delle più antiche lingue della famiglia indoeuropea, introdotto nell’offerta formativa con l’obiettivo di “arricchire il mosaico di lingue orientali antiche” presso l’Ateneo. Una possibilità proficua per gli studenti che coltivano un interesse particolare nell’ambito degli studi storico-comparativi per approfondire “una varietà (detta grabar nella tradizione locale) risalente al V secolo d.C., in cui furono scritti testi letterari dal greco, dal persiano, dall’ebraico e dal latino che ci sono, peraltro, pervenuti soltanto nella traduzione in questa lingua”, spiega il linguista. Tra le altre testimonianze letterarie classiche, “vi sono anche una traduzione armena della Bibbia, testi del cristianesimo armeno e della storia antica e tardoantica dell’Armenia”. Una lingua ricca di fascino per i suoi contatti con il rito liturgico e che “vanta un legame storico con Napoli, città che conserva la principale reliquia di San Gregorio Armeno, nell’omonima Chiesa sita nel Centro storico” (conosciuta come Santa Patrizia). Ragione per cui questa lingua non ha mai smesso di attrarre la curiosità dei filologi e dei linguisti.
L’armeno classico si rivela inoltre un’ottima base di comparazione tra lingue corradicali: “Il Laboratorio vuole essere un punto di partenza per approfondire le connessioni linguistiche in tutto il ramo indoeuropeo, compresa la nostra lingua”. Un valore aggiunto per il Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo – all’interno del quale il Laboratorio si colloca – e che va a reintegrare una disciplina che “mancava a L’Orientale da circa 40 anni. Qui vi insegnò dal 1968 lo studioso e glottologo Giorgio Cardona”. Il Laboratorio prevede una serie di… Vai al sito

Armenia: Consiglio d’Europa accoglie positivamente programma riforme del governo (Agenzianova 26.03.19)

Erevan, 26 mar 08:56 – (Agenzia Nova) – I correlatori dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Apce) per il monitoraggio dell’Armenia, l’ucraina Yuliya Lovochkina e lo sloveno Andrej Sircelj, hanno affermato che le autorità armene sono acutamente consapevoli delle grandi aspettative della popolazione verso il cambiamento. “È quindi importante che le riforme ora formulate conducano a risultati concreti e tangibili”, hanno affermato i correlatori in seguito a una visita a Erevan svoltasi dal 12 al 14 marzo stando a quanto riferisce una nota dell’Apce pubblicata oggi. I correlatori hanno accolto con favore l’impegno dei parlamentari a conferire all’Assemblea nazionale armena un ruolo centrale nel sistema istituzionale e il desiderio dei membri dell’esecutivo di migliorare il sistema di separazione dei poteri. “La tradizione di ‘potere verticale’ è antica in Armenia e qualsiasi volontà dichiarata di mettere in atto un vero equilibrio dei poteri può essere accolta con favore”, hanno affermato i corrrelatori, sottolineando che ciò potrebbe aiutare un’effettiva cultura democratica a mettere radici in Armenia, segnato dalla tolleranza e dall’accettazione di una pluralità di opinioni. (Res)

L’incitamento al’odio di Pietro Kuciukian (Gariwo 25.03.19)

Leggendo e rileggendo il libro di testimonianze sui fatti di Sumgait, mi sono reso conto che le memorie che emergono con grande difficoltà dal buio del male sono una sorta di dialogo che i sopravvissuti intrattengono con se stessi e che non vorrebbero condividere, quasi a voler seppellire o addirittura cancellare violenze e crudeltà subite, ma anche perché consapevoli della devastazione morale causata a un’intera comunità dai pogrom contro gli armeni. Era scomparsa improvvisamente la capacità di distinguere il bene dal male e nulla più valevano le relazioni di amicizia o di buon vicinato, se non in qualche raro caso, là dove il coraggio civile ha interrotto, sia pure tardivamente, “il determinismo del male”.

Ludmilla è un’insegnante. Sta lavorando nella sua classe. È il 27 febbraio del 1988, ma è costretta da un ordine superiore a dimettere gli studenti e a partecipare a un raduno politico in piazza Lenin. Assiste sconvolta alle manifestazioni di odio e alle sollecitazioni al massacro degli armeni. Vicino a lei, il direttore azero della scuola sottolinea con ironia il fatto che lei è la sola armena presente. Ludmilla arretra e quasi non si regge in piedi. Un collega azero giunge in suo aiuto. La prende sottobraccio e l’accompagna a casa, riuscendo a superare la folla inferocita che, eccitata dai discorsi della piazza, si preparava a colpire gli armeni. “Saldamente attaccata al braccio del collega”- racconta Ludmilla – riprendevo fiducia, sapendo che non mi avrebbe mai tradita”. La famiglia di Ludmilla è composta dal padre Grisha, dalla madre Rosa, dalle figlie Ludmilla, Karina, Marina. Non sanno che il peggio deve ancora accadere. Ludmilla cerca di raccontare.

Alla domenica, quando tutta famiglia è riunita, una folla inferocita si avventa sulla porta d’entrata e la sfonda. Sono decisi a requisire l’appartamento e iniziano a saccheggiarlo. Picchiano la madre e il padre, poi si avventano su Ludmilla e Marina con una violenza inaudita. La madre Rosa ha la forza di prendere la borsetta e consegna il denaro e i gioielli a un giovane russo di quattordici anni, Vadim Vorobiev che intascato il denaro, non infierisce più sulle ragazze. Qualcuno vuole aprire la porta del balcone per buttare Ludmilla in strada, ma interviene un anziano azero che con grande autorevolezza ordina: “Non uccidetela, la conosco, è un’insegnante!”. Gli assalitori se ne vanno e Kuliev, un azero originario dell’Armenia, la aiuta a rivestirsi e la consegna ad una vicina azera che alla sua vista si mette a piangere. Poi, la vicina le dice che non può rischiare la vita di suo figlio per nasconderla. Ludmilla ritorna nel suo appartamento e si nasconde sotto il letto. Dopo qualche ora, Ludmilla scende al piano terreno nell’appartamento del capitano Sabir Kassumov, dove trova il resto della famiglia con la sorella più giovane, di 24 anni, Karina, sfigurata, in fin di vita. Ludmilla telefona a un suo direttore amico, Mamedov, che arriva subito con la sua jeep e li porta in infermeria. L’infermiere azero, alla vista di Marina, si sente male e si mette a piangere. Viene chiamata una dottoressa azera per visitare le ragazze stuprate, ordina che vengano portate in un ospedale a Baku, mentre Mamedov accompagna i genitori a casa. Ludmilla viene sottoposta ai raggi X e, poiché non riscontrano fratture, viene messa su un veicolo blindato, dato che finalmente è stata decretata la legge marziale, e condotta in un centro di raccolta sorvegliato dai militari. All’indomani, Ludmilla viene accompagnata alla sede del Partito dove collabora con un insegnante, Alexandr Ghugassian, a compilare la lista delle vittime del pogrom, lista che viene inviata al segretario del partito azero Baghirov. Di quella lista si perderanno le tracce. Assieme a Ghugassian Ludmilla andrà a visitare i luoghi di detenzione di Sumgait e di Baku, dove riuscirà a identificare 36 assalitori, “banditi”, operai azeri senza istruzione di età fra i 20 e i 30 anni. “Nel nome di Allah tutto si poteva compiere” – afferma Ludmilla – “e tutto diventava un atto sacro”. Perché erano così solerti e pronti a obbedire all’ordine di aggredire e uccidere gli armeni? Tutte le case e i beni degli armeni sarebbero stati assegnati agli assalitori come ricompensa. Ludmilla termina la sua intervista dicendo che nel gruppo dei violenti solo un orfano azero sposato con un’orfana, padre di due bambini, era sinceramente pentito e piangeva: “Non avevo bisogno di niente, non mi so spiegare come mi sono trovato lì, è come se mi avessero preso per mano e condotto là, ho perso tutta la volontà, tutta la dignità di uomo. Tutto!” Questo pentimento ha ridato un po’ di speranza a Ludmilla che ha vissuto con tutta la sua famiglia le ore più buie del male. Devono la sopravvivenza a pochi gesti di coraggio e di aiuto compiuti da persone che non hanno voluto stare dalla parte dei carnefici e che non hanno voluto perdere la loro dignità.

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Antonia Arslan in Biblioteca Bertoliana lunedì 25 marzo (Vicenzapiu 22.03.19)

Il 24 marzo si celebra la Giornata Internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime: per dibattere le tematiche di questa importante ricorrenza la Biblioteca civica Bertoliana, in collaborazione con il Club for Unesco Vicenza, organizza lunedì 25 marzo a Palazzo Cordellina, in contra’ Riale 12, alle 17.30 un incontro con Antonia Arslan, scrittrice e saggista italiana di origine armena che attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan, del quale ha tradotto le raccolte “II canto del pane” e “Mari di grano”, ha dato voce alla sua identità armena e al suo popolo, vittima del genocidio perpetrato dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916. Arslan è l’autrice del bestseller internazionale La masseria delle allodole (Premio Stresa e Premio Campiello), Ishtar 2. Cronache dal mio risveglioIl cortile dei girasoli parlanti, Il Libro di Mush, Il calendario dell’Avvento. Del 2015 è Il rumore delle perle di legno; del 2016 Lettera a una ragazza in Turchia. Del 2018 è il suo nuovo libro La bellezza sia con te. La scrittrice ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. A dialogare con Antonia Arslan vi sarà Paolo Navarro Dina,giornalista, membro della Comunità ebraica di Venezia. Con loro si confronteranno anche alcuni studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Vicenza.

Lo scopo dell’iniziativa è quello di sottolineare che il diritto alla verità e il diritto alla giustizia sono centrali per mettere fine all’impunità dei responsabili di gravi violazioni dei dirittti umani. Celebrare e onorare questo diritto significa affermare chiaramente che non si può tollerare che le violazioni rimangano impunite. “Non ha senso dire ‘facciamo memoria perché non succeda mai più’: questa è pura retorica. Invece, – esorta Antonia Arslan – dobbiamo cercare di capire perché è successo e ciascuno di noi deve impegnarsi per non ripeterlo”.

In occasione dell’incontro la Bertoliana ha realizzato la bibliografia “Gli armeni. Il popolo dell’Ararat”, con una serie di proposte di lettura di libri che si possono trovare nelle sedi della Bertoliana, e scaricabile dal sito della biblioteca: https://www.bibliotecabertoliana.it/it/attivita/consigli_di_lettura.

La Giornata Internazionale per il diritto alla verità sulle gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime è stataistituita dall’ONU il 21 dicembre del 2010. La finalità della ricorrenza è rivolta alla conoscenza di quanti hanno perso la vita in difesa dei diritti umani nel mondo e l’affermazione dei principi inviolabili riconosciuti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.

La ricorrenza ricade nel giorno dell’assassinio di monsignor Óscar Arnulfo Romero, ucciso il 24 marzo 1980 a causa del suo impegno nella denuncia delle violazioni dei diritti umani degli individui più vulnerabili del Salvador.

La partecipazione all’incontro è libera, fino ad esaurimento dei posti.

Per informazioni: consulenza.bertoliana@comune.vicenza.it; 0444578 203.

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Diritti umani di persone con disabilità psicosociale, l’Università di Cagliari coordina progetto con l’OMS (Castedduonline 21.03.19)

Sostenere la società civile nella protezione dagli abusi e nella promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali attraverso programmi di ricerca e di intervento da attuarsi in Paesi extraeuropei: è questo l’obiettivo del progetto di ricerca “Empowering Persons with Psychosocial Disabilities to Fight for their Rights”, presentato questa mattina alla Fondazione di Sardegna, a margine del meeting di apertura delle attività. L’iniziativa è coordinata da Mauro Giovanni Carta, docente dell’Università di Cagliari nell’ambito del programma europeo “EUROPEAN INSTRUMENT FOR DEMOCRACY AND HUMAN RIGHTS (EIDHR)”: partner sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite sui Diritti Umani; per il Ghana il Ministero della Sanità,  e le ONG di familiari e utenti MEHSOG, and MindFreedom Ghana; per il Libano: il Ministero della Sanità e le ONG ABAAD e  IDRAAC; per l’ Armenia: la Associazione Psichiatra Armena e la ONG AMBRA. Alla presentazione ha partecipato anche Alessandra Carucci, Prorettore per l’Internazionalizzazione dell’Università di Cagliari.

Il contesto. Le persone con disabilità psicosociale sono pressoché ovunque stigmatizzate e discriminate, mentre le strutture deputate alla loro cura offrono spesso servizi di scarsa qualità. In questi luoghi sono frequentemente violati i diritti di chi dovrebbe essere curato, e questo ne ostacola la guarigione, la riabilitazione e il processo d’inclusione sociale. Condizioni di vita deprecabili, mancanza di igiene e sovraffollamento sono comuni, cosi come violenze, abusi, uso di pratiche coercitive e negligenza. L’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, nel gennaio 2017, ha raccomandato come prioritario il porre fine a queste violazioni. Per raggiungere questi obiettivi l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha sviluppato il “WHO QualityRights project”, un’azione che supporterà l’inclusione sociale delle persone con disabilità psicosociale e le organizzazioni che ne difendono i diritti. Le Nazioni Unite hanno indicato il gruppo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che lavora al progetto “QualityRights”, di cui fa parte l’Università di Cagliari, come il referente per gli Stati che volessero iniziare un percorso di cambiamento. In particolare, l’Ateneo ha messo a punto la metodologia e gli strumenti standardizzati per la valutazione della qualità delle cure centrata sui diritti degli utenti, per la messa in atto dei piani di miglioramento e per la misura del miglioramento stesso.

Gli obiettivi specifici. Il progetto condurrà una valutazione standardizzata della qualità delle cure negli ospedali psichiatrici e in alcuni servizi di cure comunitarie di Ghana, Libano e Armenia attraverso l’approccio e gli strumenti del protocollo WHO Quality Rights. La scelta di questi tre Paesi è nata anche da precedenti relazioni costruite con partner di questi paesi a partire della Summer School “Human Rights and Mental Health” che il nostro ateneo organizzò in collaborazione con la Fondazione di Sardegna nell’estate del 2016, evento che ha costito una pietra miliare della crescita del movimento mondiale su Diritti Umani e Disabilità Psicosociale. Si programmerà in ciascuna realtà e si porrà in essere una strategia di miglioramento. La valutazione, così come la messa in atto dei piani di miglioramento, si avvarrà della collaborazione dei professionisti che operano negli stessi servizi di cura, di specialisti della valutazione di qualità e dei diritti umani e di rappresentanti dei familiari e degli utenti. Il progetto curerà anche la formazione del personale  e degli utenti per supportare i piani di cambiamento.

In questo momento storico riveste sempre più importanza per l’Unione Europea supportare azioni di cooperazione nei Paesi “vicini”, rafforzando in questi Stati le organizzazioni della società civile che operano sul territorio. La Sardegna e l’Università di Cagliari – grazie alla posizione al centro del Mediterraneo – possono giocare un ruolo rilevante di ponte culturale tra popoli, promuovendo i diritti umani, le libertà fondamentali e la crescita sociale ed economica in questi Paesi, grazie a iniziative come quelle promosse dal progetto coordinato da Mauro Giovanni Carta.

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La Regione Lazio riconosce il Genocidio Armeno (Assadakah.com 20.03.19)

Con l’approvazione all’unanimità della mozione dell’onorevole Sergio Pirozzi, il Consiglio della Regione Lazio è il 136° Consiglio che riconosce il Genocidio Armeno perpetrato dai Giovani Turchi nel 1915.

Il 18 marzo 2019 segna una data importante per i valori di solidarietà, di civiltà e di rispetto verso un popolo martoriato perché nella seduta del Consiglio regionale tutti i consiglieri si sono espressi a favore sul riconoscimento del  Medz Yeghern

Tale notizia arriva a  poco più di un mese dalla ricorrenza del 104° anniversario del genocidio del popolo armeno. Dopo tanto tempo finalmente viene riconosciuta la validità storica del genocidio armeno esprimendo così piena  solidarietà al popolo armeno nella sua battaglia per la verità storica e per la difesa dei diritti umani.

In occasione del riconoscimento il Consigliere Pirozzi, nella lettera inviata al Consiglio per la comunità armena ha dichiarato: “Questa mozione rappresenta un sincero atto  di verità e di solidarietà verso un popolo vittima di deportazioni e brutali uccisioni”, sperando che questo atto “costituisca un monito per i giovani e le future generazioni”.

Il Consiglio per la comunità armena di Roma e anche l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia esprime gratitudine e riconoscenza a tutti i membri del Consiglio della Regione Lazio che con questo atto di riconoscimento hanno scelto di stare dalla parte della verità, inserendo la Regione Lazio nell’elenco dei “Giusti” per la Memoria del Medz Yeghern.

L’onorevole Sergio Pirozzi, Presidente della XII Commissione (Tutela del territorio, erosione costiera, emergenze e grandi rischi, protezione civile, ricostruzione) del Consiglio Regionale del Lazio, molto sensibile  alla causa armena, ha dichiarato in una sua nota:

«Grazie all’approvazione da parte del Consiglio Regionale della mozione da me presentata su richiesta del “Consiglio per la Comunità Armena di Roma”, si colma la grave lacuna del mancato riconoscimento del genocidio armeno da parte della Regione Lazio. Il dramma del popolo armeno era infatti già stato riconosciuto sia dall’ONU, sia dal Parlamento Europeo, sia da quello italiano. Ringrazio i colleghi consiglieri che hanno approvato all’unanimità la mozione che impegna la giunta al riconoscimento per la sensibilità mostrata su un tema dimenticato da troppo tempo».

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Guardare il terrorismo con gli occhi di Grossman (Ilsussidiario.net 19.03.19)

La trasmissione in diretta, via Facebook, del massacro (quasi 50 morti) perpetrato in Nuova Zelanda da Brenton Tarrant aggiunge un tocco di ripugnante spettacolo all’atto di terrore. Il terrorismo è sempre stato un atto di propaganda. Ora l’odio per i musulmani può trasformarsi in un video diabolico, con un aspetto di gioco, in un mondo in cui è sempre più difficile distinguere la realtà dal virtuale. Una mattanza islamofoba quando da otto anni si combatte una guerra in Siria in cui il jihadismo di Daesh ha compiuto genocidi sistematici. Lo stesso nichilismo con diverse maschere. Volontà di distruzione dell’altro e di se stessi.

Solo poche voci danno un respiro e indicano il cammino in un mondo in cui il nulla sembra essere diventato padrone. Una di queste è senza dubbio quella di Vasilij Grossman, che appare di nuovo luminosa con la pubblicazione in Spagna del suo ultimo libro “Il bene sia con voi!”. È un Grossman come sempre preciso, profondo, sobrio, nella descrizione dei colori e dei dolori del mondo. È stato appena messo ai margini per via della sua opera “Vita e destino” e inviato, nei primi anni ‘60, in Armenia. Gli viene dato l’incarico di tradurre un testo da una lingua che non conosce.

Il grande scrittore è malato, nessuno lo accoglie dopo un lungo viaggio, nessuno è interessato alla sua opera, è oppresso dalla devastazione della natura umana del regime sovietico. Ma nell’incontro con le persone, nella bellezza, nella fede dei semplici, trova una via in cui nulla gli sembra banale o semplicemente di routine, come se per la prima volta partecipasse a un meraviglioso e solenne dramma in un solo atto armonioso: la vita.

Grossman si stabilisce nel villaggio armeno di Tsaghkadzor e nel rapporto con la sua popolazione trova la sua strada. I vicini della città, le loro storie dolorose, il loro desiderio di affermare il bene nonostante il male sofferto, nella penna dell’autore di “Vita e Destino” acquistano la bellezza che solo le cose concrete hanno. E lo scrittore sottolinea che il nazionalismo di chi attacca e il nazionalismo di chi si difende sono molto simili. Per questo è essenziale abbandonare il rigore ferreo degli stereotipi per tornare all’umano; occorre scoprire le ricchezze delle anime, dei caratteri e dei cuori umani. Mentre Grossman scrive le storie dei suoi nuovi amici afferma che la vera umanità e gli autentici legami tra persone, popoli e culture non sono nati negli uffici o nei palazzi dei governatori, ma nelle isbe, nelle strade verso l’esilio, nei campi di prigionia e nelle caserme dei soldati.

L’autore va incontro alle persone concrete, consapevole che né in loro, né nei meravigliosi paesaggi che l’Armenia offre troverà una risposta alla ferita che lo fa essere attento. Scrive che il primo pensiero di chi si innamora della città di Dilizhán è che per guarire l’anima occorra solamente vivere in quel posto. Ma non è vero, perché l’inquietudine dell’anima è terribile, inestinguibile, non è possibile placarla o fuggire da essa. Di fronte a essa nulla possono i silenziosi tramonti rurali o lo sciabordio del mare eterno. Quanto più intensa è la bellezza, più si allarga la ferita, il desiderio che qualcosa accada. Scrive ancora che questa bellezza esagerata e incredibile delle montagne suscita un sentimento più grande dell’emozione, provoca un disturbo nell’anima, quasi paura, come se stesse per accadere qualcosa di improbabile, una grande trasformazione.

Grossman si confessa ateo, ma dice che i suoi libri devono essere, come le antiche chiese dell’Armenia, abitati da Dio. E il suo sguardo diventa molto acuto, si trasforma in un giudizio assolutamente pertinente su tanta religiosità ridotta a morale e dottrina quando afferma che l’uomo che crede in Dio si nota in una moltitudine di segni, non si manifesta solo nel contenuto delle parole, ma anche nell’intonazione della voce, nella costruzione delle frasi, nell’espressione dello sguardo, nell’andatura, nel modo di mangiare e bere. “I credenti si sentono”.

E lo scrittore russo non sente il credente quando ha una lunga conversazione con la più alta autorità ecclesiastica armena, che considera un mondano. Ma quando entra in un’isba povera e cena con un contadino scrive che c’è una forza speciale nelle sue parole, anche se non sono pronunciate da un sacerdote in chiesa, ma da un vecchio contadino vestito con una giacca sporca. È come se né il peso della vita, né il peso del lavoro riescano a vincere la sua forza spirituale. È come se la fede non esista al di fuori della sua vita, ma si sia trasformata nella sua lunga e difficile vita, si sia sciolta e intrecciata con il borsc che ha cucinato, con i vestiti che ha lavato, con il lavoro nei boschi. Sono parole che vengono dalla vita, e non da un sermone, parole di una vita passata in una povera isba. Sguardo di Grossman, metodo Grossman.

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Partenariato orientale a rischio stallo (Osservatorio Balcani e Caucaso 20.03.19)

Armenia, Moldavia e Georgia hanno fatto passi indietro, mentre l’Ucraina ha realizzato piccoli miglioramenti: lo dice l’Indice Partenariato orientale 2017, pubblicato dal Civil Society Forum lo scorso dicembre.

La ricerca ha analizzato i progressi compiuti dai 6 paesi EaP (Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina) nel corso del 2017 in due ambiti: la solidità delle istituzioni democratiche create in ogni singolo paese e il livello di integrazione con l’Unione europea, compresi i settori del commercio e della mobilità.

Stando alla ricerca, alcuni ex stati sovietici hanno mostrato progressi, ma anche alcuni arretramenti e incertezze. E con le elezioni per il Parlamento europeo in arrivo e i dibattiti sull’accordo per la Brexit, la politica europea di vicinato potrebbe cambiare, così come la situazione dei suoi partner orientali.

“Il problema è che l’Ue al momento è molto proiettata su sé stessa”, sostiene Jeff Lovitt, autore della ricerca e presidente fondatore dell’associazione non-profit New Diplomacy. “Temo che l’Unione europea non sarà interessata a una prospettiva di nuove adesioni, quindi i paesi del Partenariato orientale devono cogliere questa occasione per creare un legame, sia esso in ambito commerciale, di politica energetica o per garantire l’eliminazione dei visti d’ingresso”.

Il rapporto mette in luce gli esigui progressi fatti nell’ultimo anno dai paesi EaP verso gli standard e le norme Ue, anche nel caso dei paesi più solidi dal 2014: Ucraina, Moldavia e Georgia, membri di accordi di associazione.

L’Ucraina, il vicino orientale dell’Unione con 44 milioni di cittadini, è avanzata di 0,01 punti raggiungendo 0,73 su 1, rispetto alla prima edizione dell’Indice nel 2015-2016. In ogni caso, il paese ha compiuto passi significativi su accordi bilaterali e mobilità.

Schiacciata tra Romania e Ucraina, la Moldavia è scesa drasticamente di 0,07 punti, situandosi al terzo posto con 0,65 punti dopo l’Armenia. Segue la Georgia, l’altro partner in area caucasica, anch’essa in calo attestandosi a 0,64 punti.

Punteggio invariato per l’Azerbaijan, mentre la Bielorussia migliora di 0,08 punti, anche se resta il fanalino di coda della classifica.

Nella seconda categoria dell’indice, dedicata ai legami internazionali tra aziende, società civile, cittadini e governi, i paesi partner sono rimasti stabili o hanno segnato un moderato progresso, soprattutto legato all’accordo con i paesi Schengen per la mobilità senza obbligo di visto, entrato in vigore nel 2017 per Ucraina, Moldavia e Georgia. L’accordo di libero scambio ha costituito un fattore di spinta all’interno del pacchetto dell’accordo di associazione, e ha permesso un aumento degli indici di scambio commerciale per tutti i membri.

Georgia e Moldavia sono le nazioni che più hanno beneficiato dell’accordo raggiungendo 0,71 punti, seguite dall’Ucraina con 0,66 punti. Il trio finale, costituito da Armenia, Azerbaijan e Bielorussia, è rimasto a distanza con punteggi pari o inferiori a 0,50 punti.

Cos’è successo in questi paesi a partire dal 2017?

Nota positiva: tutti i paesi del Partenariato sono stati in grado di aumentare gli accordi commerciali bilaterali in vigore, con l’Ue che per alcuni è divenuto il principale partner per le proprie esportazioni, come nel caso dell’Ucraina. Tuttavia, lo sforzo per adeguarsi alle norme Ue è ancora in corso.

Secondo il rapporto dell’Unione europea sull’Ucraina, il paese nel corso del 2018 ha compiuto passi avanti nelle riforme in ambito sanitario, previdenziale, scolastico, ma anche sulla decentralizzazione, gli appalti pubblici e il settore ambientale; molte aree importanti, però, devono ancora essere rafforzate. Nello specifico, servono misure giudiziarie e anti-corruzione essenziali, ma anche una cultura della prevenzione contro attacchi verso attivisti e società civile. Il paese ha conosciuto una serie di crisi iniziate alla vigilia delle ormai prossime elezioni presidenziali di marzo, da quando il 26 febbraio scorso un tribunale locale ha cancellato la legge sull’ingiustificato arricchimento. Questa norma era tra i requisiti per accedere all’eliminazione dell’obbligo di visto, introdotta nel 2017.

Nel corso del 2018 l’Armenia era principalmente concentrata sulla politica interna: migliaia di persone sono scese in strada durante proteste pacifiche contro il governo denominate “Rivoluzione di velluto”. La situazione politica è mutata, con elezioni parlamentari anticipate a dicembre 2018. Ora le priorità del paese si concentrano tra la formazione di una nuova amministrazione e ulteriori sforzi anti-corruzione.

Per quanto riguarda la Moldavia, il processo di integrazione con l’Ue è in stallo, dato che la classe dirigente non è riuscita a migliorare gli standard di vita e a riformare il sistema giudiziario. Il paese si trova ora nella sua fase di maggiore stallo in termini di trasformazione economica da quando ha firmato l’Accordo di associazione. La Commissione europea nel 2018 ha sospeso la prima tranche di un macro-pacchetto di aiuti finanziari destinati alla Moldavia a causa di problematiche riguardanti lo stato di diritto. Inoltre, in novembre, Bruxelles ha emanato una risoluzione critica in cui la definiva “uno stato nelle mani degli interessi oligarchi”. La Moldavia, una delle nazioni più povere d’Europa, ha attraversato una crisi quando nel 2014 venne rubato 1 miliardo di euro dalle banche locali. Alcuni politici di spicco hanno subito indagini e alcuni sono stati condannati, ma il denaro non è mai stato recuperato. Le elezioni parlamentari tenutesi a fine febbraio non hanno assicurato alcuna certezza sul futuro del paese: hanno soltanto evidenziato le tensioni interne al paese, per esempio tra i sostenitori della Russia e quelli dell’Occidente.

Secondo l’ultimo rapporto Ue diffuso a gennaio, la Georgia, diversamente dalla Moldavia, ha compiuto evidenti progressi nel rispettare gli impegni presi nell’Accordo di associazione. Tuttavia, la corruzione resta ancora un problema serio: la Georgia deve proseguire sulla strada delle riforme, con una solida applicazione di regole e standard. Come spiega il rapporto dell’Unione, “la società civile esprime preoccupazioni riguardo alla potenziale interferenza politica sul potere giudiziario e sul pluralismo dei media. Tra le questioni che restano da affrontare: il rispetto dei diritti umani e le legislazione contro la discriminazione”.

L’Azerbaijan e l’Unione europea hanno raggiunto una posizione comune nel 2018 sulle priorità dell’Accordo di partenariato, progettando di aumentare la cooperazione negli anni successivi. Ma per compiere davvero passi avanti, il paese deve affrontare le sfide interne, che secondo il rapporto dell’Indice sono la crescente corruzione e l’economia sommersa, la sanità inefficiente e il sistema educativo, e infine i deboli sistemi finanziario e giudiziario. Il paese spera quindi di firmare un nuovo accordo commerciale bilaterale con l’Unione nel 2019.

Come gli altri paesi EaP, anche la Bielorussia ha aumentato le proprie relazioni commerciali con paesi europei, rendendo l’Ue il secondo partner commerciale dopo la Russia. In ogni caso, il paese non sembra interessato a impegnarsi in maniera strategica per rendere l’Unione il suo partner commerciale prioritario, in considerazione dei suoi rapporti con la Russia. La repressione degli attivisti e la censura dei media affievolisce le opportunità di sviluppare ulteriormente le relazioni tra Unione e Bielorussia.

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Ryanair, l’Europa non basta: la low cost volerà in Armenia nel 2020 (Ttgitalia.com 20.03.19)

Il vettore dal 2020 farà un altro passo più ad Est e volerà sull’Armenia. L’annuncio è arrivato dalle autorità del Paese, che avrebbero parlato di colloqui con la compagnia, interessata ad avviare le operazioni sul Paese

Qualche dettaglio in più è arrivato anche sui costi: secondo quanto riporta preferente.com, il prezzo medio dei biglietti della compagnia sarebbe ritenuto troppo basso dalle autorità armene. Ma, hanno assicurato, non si tratterà comunque di tariffe comparabili a quelle delle compagnie legacy.

Come sempre quando Ryanair posa gli occhi su un mercato, le aspettative sono alte. L’aspettativa è che il vettore funzioni da calmiere delle tariffe e, di conseguenza, aumenti i flussi tra Europa e Armenia.

Dal 2013 l’Armenia ha liberalizzato l’aviazione, aprendo il mercato a nuovi competitor.

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Dall’aiuto agli armeni in fuga al primo libro stampato in città: la storia di Bari in 10 scatti (Baritoday 19.03.19)

La storia di Bari raccontata attraverso una figura, un libro e un episodio, tutti strettamente collegati tra di loro. A tessere l’immaginario fil rouge è la mano della fotografa barese 25enne Martina Picciallo, che attraverso gli scatti compie un’azione semplice: ‘Ti racconto Bari’, esattamente come il titolo della sua mostra inaugurata sabato 16 marzo nella libreria Bari Ignota.

Storia di Bari negli scatti

Dieci scatti carichi di significato, che ritraggono Paolo Scagliarini, Enrica Simonetti, Egidio Pani, Carlo Fusca, Marco Montrone e la redazione di Barinedita, Paola di Marzo, Luigi Bramato e Valeria Bottalico, Stefano de Carolis, Rupen Timurian e Pasquale Trizio. Ognuno con un particolare collegamento al libro che tengono in mano a favore di fotocamera: l’operatrice culturale Paola di Marzo, ad esempio, è ritratta al Museo Civico di Bari con le ‘Operette del Parthenopeo Suauio in uarij tempi e per diversi subietti composte, et da Siluan Flammineo insiemi raccolte, et alla amorosa e moral sua Calamita intitolate’, il primo libro stampato nel capoluogo, risalente al 1535 e firmato dal napoletano Colantonio Carmignano, uomo pubblico, tesoriere di Stato e accompagnatore della regina Bona Sforza nel suo viaggio nuziale del 1517. Ci sono poi episodi più recenti, che ancora assurgono alle cronache locali, come il caso del Villaggio Trieste, realizzato nel 1956 per dare accoglienza ai profughi italiani di Grecia, Albania, Libia e Dalmazia. A fondare l’istituto storico del Villaggio Trieste sono stati  Antonio Scagliarini e il figlio Paolo; quest’ultimo ritratto dalla Picciallo con il volume da lui scritto, che ripercorre questa particolare storia barese “Villaggio Trieste. Bari 1956: una terra di esuli in Patria?“.

È legato da un filo invisibile che unisce Occidente e Oriente anche lo scatto dedicato a Rupen Timurian, imprenditore e presidente onorario del centro Studi Hrand Nazariantz di Bari, che nella foto in mostra mantiene il libro ‘Nazariantz’. Scritto del libraio barese Pasquale Sorrenti, è una biografia di Hrand Nazariantz, scrittore, poeta e giornalista armeno che nel 1912 si trasferì in città, aiutando molti suoi compatrioti perseguitati dai Giovani Turchi a trovare riparo nel capoluogo pugliese. Tanto da realizzare nel 1926 il villaggio armeno ‘Nor Arax’ di Bari.

“Per la mostra l’autrice è partita da un singolo elemento: il libro – spiega il fondatore della libreria Bari Ignota, Luigi Bramato – Ognuno dei volumi ritratti è infatti presente in libreria per raccontare una parte della storia della città che magari non tutti conoscono”.

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