La lezione attuale del “caso armeno (www.mosaico-cem.it 19.03.19)

[Scintille: letture e riletture] Genocidio e negazionismo, Stato nazionale e rapporto con le etnie di minoranza.

Fra i molti doni intellettuali che l’ebraismo ha fatto alla cultura moderna (per citarne solo alcuni, il monoteismo, l’idea di un giorno ricorrente di riposo, la protezione dei deboli come diritto), ve n’è uno moderno e terribile che ha però radici nell’Esodo e nel libro di Ester: la definizione del crimine di genocidio. Il nome e anche la formulazione giuridica del concetto generale che gli corrisponde si devono all’avvocato ebreo polacco Rapahel Lemkin, che lo propose nel 1944, dopo essere sfuggito per un pelo ai nazisti, in un libro intitolato Axis Rule in Occupied Europe: Laws of Occupation – Analysis of Government – Proposals for Redress. Ma Lemkin, già prima della seconda guerra mondiale, si era occupato dei crimini contro l’umanità e aveva proposto alla Società delle Nazioni di bandire ciò che chiamò “Barbarie” (lo sterminio di un’etnia) e “vandalismo” (la distruzione della cultura di un’etnia).
Lo aveva fatto a partire da un altro genocidio, quello subito dagli armeni e già allora, ma ancora oggi, oggetto di un ostinato negazionismo di Stato da parte della Turchia che ne era stata la responsabile con un lungo sterminio programmato, che ebbe il culmine fra il 1915 e il 1917.

Senza negare l’unicità della Shoah, vi è un’evidente somiglianza fra i due genocidi, compiuti ai danni di due piccoli popoli privi di Stato e dispersi nell’esilio. Molti ebrei avevano fatto il possibile per opporsi al genocidio degli armeni, dall’ambasciatore americano Henry Morgenthau, alla famiglia di Aaron Aaronson. Dall’altra parte, in un discorso segreto ai generali, perplessi di fronte alla “soluzione finale della questione ebraica”, lo stesso Hitler il 22 agosto del 1939 li aveva rassicurati dicendo “Chi parla ancora oggi dell’annientamento degli armeni?” Anche in questo caso il negazionismo faceva parte fin dall’inizio del progetto genocida e a lungo esso sembrò aver successo, anche a causa della riluttanza degli alleati a denunciare quel che sapevano perfettamente e a cercare di contrastarlo militarmente.
Genocidio e negazionismo fanno dunque corpo, perché a differenza di altri crimini, come il terrorismo, il genocidio non è fatto per essere proclamato in pubblico, anche se è preparato da azioni di propaganda che disumanizzano e rendono ridicole e odiose le vittime. Ma è un atto così terribile da doversi consumare nel segreto e da non poter essere ammesso neppure dopo i fatti, se non in seguito a una sconfitta decisiva e a un cambiamento generazionale, come accadde in Germania.
La Turchia, sconfitta inizialmente nella Prima Guerra Mondiale e costretta dalle potenze occidentali a riconoscere il delitto e a istituire processi contro i principali carnefici, fu in grado poi di tornare indietro da queste sue ammissioni, grazie a un accordo coi comunisti russi e all’incapacità occidentale di contrastarne il riarmo. Per cui non solo il genocidio si rinnovò nella guerra di riconquista guidata da Mustafà Kemal detto Ataturk, ma fino a oggi, a più di un secolo di distanza, il negazionismo è una delle politiche fondamentali dello Stato turco, con l’appoggio di leggi che proibiscono il vilipendio della nazione.

Di recente è uscito in italiano presso l’editore Guerini I peccati dei padri. Negazionismo turco e genocidio armeno di Siobhan Nash Marshall: un libro importante che riflette in maniera approfondita e motivata su questo nesso, studiando soprattutto un problema che tormenta anche chi si occupa della Shoah: perché la strage? Perché uno Stato in difficilissime condizioni di guerra impegna forze importanti per distruggere un popolo inerme? Perché non solo sadici aguzzini ma persone normali vincono la naturale riluttanza contro l’omicidio sterminando anziani, donne, bambini, uomini inermi?
L’analisi approfondita di Nash Marshall si occupa dell’insicurezza turca dopo il crollo dell’impero multinazionale ottomano che dominavano: è proprio la mancanza di una realtà nazionale consolidata che spinge i turchi ancora oggi a cercare di eliminare tutte le popolazioni non omogenee e a inventarsi la patria in territori che avevano invaso. Il caso tedesco è evidentemente diverso, ma anch’esso ha a che fare con la dialettica fra la volontà imperiale di dominio e la pluralità delle popolazioni: un tema che ancora oggi è di attualità. Si parla oggi spesso dei pericoli del nazionalismo, ma certamente gli imperi e in genere le organizzazioni multinazionali che rimuovono l’eterogeneità della loro base territoriali sono ancor più pericolose. Oggi questo è chiaramente il caso nelle minacce islamiste di distruggere Israele e nel negazionismo storico sul legame fra popolo ebraico e la terra di Israele che le accompagna.
Leggendo il libro di Nash Marshall, oltre a una asciutta, lucida e terribile cronistoria del genocidio armeno, e a un’analisi delle sue cause si trova una riflessione di carattere generale che riguarda profondamente il mondo ebraico, come già compresero Lemkin e gli Aaronson. È importante continuare a testimoniare di un genocidio negato e studiarlo per capire i pericoli che ci stanno ancora oggi di fronte.

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Villa Pamphili, il Giardino dei Giusti accoglie 5 nuovi ulivi. C’è anche quello dedicato a Megalizzi (Romatoday.it 18.03.19)

A un anno dall’inaugurazione il Giardino dei Giusti di Villa Pamphili, a Roma, si arricchisce e accoglie cinque nuovi giovani ulivi intitolati al pacifista e ambientalista aloltoatesino Alexander Langer, alla antifascista tedesca Ursula Hirschmann, al dirigente di Solidarnosc Bronislaw Geremek, al giovane giornalista italiano Antonio Megalizzi, vittima dell’attentato a Strasburgo dello scorso dicembre, e Karen Jeppe, missionaria danese in prima fila per l’aiuto alle vittime del genocidio armeno. 

Ad individuare i nominativi delle cinque personalità è stato il Comitato scientifico per la realizzazione del Giardino dei Giusti, presieduto dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi e composto da Anna Foa, Riccardo Di Segni, Giovanni Maria Flick, Andrea Riccardi, Gianni Celestini e Massimiliano Atelli, presenti stamattina alla cerimonia di intitolazione insieme ai ragazzi di alcune scuole superiori e istituti comprensivi che hanno contribuito alla scelta di due delle personalità riconosciute come Giusti dell’Umanità nel 2019, Jeppe e Megalizzi.

Di quest’ultimo, al quale gli hanno chiesto al Campidoglio di intitolare un istituto ancora senza nome, alla cerimonia hanno partecipato anche la mamma e la fidanzata, insieme alla vedova e al fratello di Alexander Langer.

“Vogliamo ricordare chi ha lottato contro ogni forma di ingiustizia e sopraffazione, a tutela dei diritti fondamentali. Ci ritroveremo qui ogni anno per continuare a fare del Giardino dei Giusti di Roma un luogo di memoria, per riflettere insieme sui valori di libertà, democrazia e salvaguardia dei beni comuni”, ha detto Raggi.

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Anche Alexander Langer e Antonio Megalizzi nel Giardino dei Giusti a Roma (Rainews 18.03.19)

Ad un anno dall’inaugurazione il Giardino dei Giusti di Villa Pamphili, a Roma, si arricchisce e accoglie cinque nuovi giovani ulivi intitolati al pacifista e ambientalista altoatesino Alexander Langer, alla antifascista tedesca Ursula Hirschmann, al dirigente di Solidarnosc Bronislaw Geremek, al giovane giornalista italiano Antonio Megalizzi, vittima dell’attentato a Strasburgo dello scorso dicembre e a Karen Jeppe, missionaria danese in prima fila per l’aiuto alle vittime del genocidio armeno. 
Ad individuare i nominativi delle cinque personalità è stato il Comitato scientifico per la realizzazione del Giardino dei Giusti, presieduto dalla sindaca di Roma, Virginia Raggi e composto da Anna Foa, Riccardo Di Segni, Giovanni Maria Flick, Andrea Riccardi, Gianni Celestini e Massimiliano Atelli.
Alla cerimonia hanno partecipato anche la mamma e la fidanzata di Antonio Megalizzi, insieme alla vedova e al fratello di Alexander Langer.
Nel servizio di Giuseppe Bucca, con il montaggio di Alessio Deluca, l’intervista con Valeria Malcontenti, vedova di Alex Langer e con Martin Langer, fratello del pacifista altoatesino. (Le interviste sono di Ulrieke Van den Driesch)

Tra i cinque giusti, ha sottolineato la sindaca, “c’è anche il giovane giornalista Antonio Megalizzi, morto nell’attentato di Strasburgo. Vogliamo contribuire a tenere viva la memoria soprattutto tra le giovani generazioni”. Nel Giardino dei Giusti di Roma, idea nata e proposta dalle associazioni onlus Gariwo e AdeiWizo, ogni anno verranno piantati cinque nuovi alberi in memoria delle personalita’ che verranno individuate. [fonte Agenzia Dire]

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http://www.romatoday.it/attualita/tg-roma-e-lazio-le-notizie-del-18-marzo-2019.html

Consiglio Lazio, Pirozzi: regione riconosce genocidio armeno (Askanews 18.03.19)

Roma, 18 mar. (askanews) – “Grazie all’approvazione da parte del Consiglio Regionale della mozione da me presentata su richiesta del “Consiglio per la Comunità Armena di Roma”, si colma la grave lacuna del mancato riconoscimento del genocidio armeno da parte della Regione Lazio. Il dramma del popolo armeno era infatti già stato riconosciuto sia dall’Onu, sia dal Parlamento Europeo, sia da quello italiano. Ringrazio i colleghi consiglieri che hanno approvato all’unanimità la mozione che impegna la giunta al riconoscimento per la sensibilità mostrata su un tema dimenticato da troppo tempo”. Così in una nota Sergio Pirozzi, Presidente della XII Commissione Tutela del territorio, erosione costiera, emergenze e grandi rischi, protezione civile, ricostruzione del Consiglio Regionale del Lazio.

Germania-Armenia: presidente parlamento Mirzoyan, dobbiamo rafforzare rapporti con Ue (Agenzianova 18.03.19)

Berlino, 18 mar 14:34 – (Agenzia Nova) – L’Armenia ritiene che un rafforzamento dei rapporti con l’Unione europea sia fondamentale per assicurare lo sviluppo e l’efficacia dei modelli democratici sul piano internazionale. Lo ha dichiarato il presidente del parlamento di Erevan, Ararat Mirzoyan, in un intervento rilasciato oggi di fronte al Bundestag a margine della sua visita ufficiale attualmente in corso in Germania. “Siamo fortemente determinati a continuare il processo di riforma istituzionale che stiamo portando avanti, insieme ai nostri partner europei”, ha detto Mirzoyan, elogiando le iniziative avviate dalla Germania in Armenia e nel Caucaso meridionale. “Il dialogo di alto livello che abbiamo istituito, insieme alla collaborazione interparlamentare e al rafforzamento dei nostri legami economici e culturali, è un’ulteriore dimostrazione dell’efficacia della cooperazione bilaterale”, ha aggiunto il presidente del parlamento di Erevan. (Geb)

L’intervista. Lali Panchulidze e il dialogo culturale tra Georgia e Armenia (Caserta24ore.it 16.03.19)

” Siamo un arcobaleno di diverse culture, che non vogliono mescolarsi nel grigio mondialismo”: è questa una delle eloquenti, incisive riflessioni di Lali Panchulidze, presidente dell’Associazione Acigea, che promuove dialogo culturale, interazione economica, tra Georgia, Armenia, e rappresentanti dell’Italia, ed altro ancora. Esponenti di una cultura antica ed intensamente sentita, Lali Panchulidze ed in generale l’Associazione Acigea rimarcano l’importanza anche di una possibile strada verso il futuro, in cui l’Eurasia ed, in particolare, una impostazione che valorizzi l’eurasiatismo, controbilanci un mondo troppo squilibrato in senso atlantista-ultracapitalista. Parte di una nobile famiglia georgiana cristiana-ortodossa, e rappresentante della famiglia reale Bragationi, di Georgia, Armenia e Cilicia, in Italia, Lali Panchulidze, laureata in letteratura e consulente in uno studio legale, unisce la fedeltà alle tradizioni con l’apertura alla modernità e con toni particolarmente cordiali ed atteggiamenti alla mano verso gli interlocutori. Inoltre, l’Associazione Acigea è impegnata in diverse importanti iniziative di dialogo tra confessioni religiose e benefiche, che non dimenticano la nobiltà morale del cercare di favorire la pace tra i popoli: pace che può derivare anche da una migliore conoscenza reciproca. Anche per questo la Georgia, l’antica Colchide del mito di Giasone, terra in cui realmente vi furono anche insediamenti greci ancora culturalmente significativi, è tuttora una nazione di incontro, da conoscere molto meglio.

1) L’Associazione Acigea promuove una migliore conoscenza della Georgia, attraverso viaggi, incontri di cultura, diffusione di prodotti di pregio, che sono un fiore all’occhiello della sua economia, con un valore storico e simbolico. Puoi esporci di più alcune specificità della Georgia, che la rendono più originale e preziosa?

La posizione geografica centrale fra Europa e Asia ha creato e plasmato nei secoli la perla del Caucaso, sintesi originale di culture differenti, di mondo occidentale e orientale. La Georgia è una civiltà unica, una terra ricca di paesaggi naturali incredibili, potenti e ancora selvaggi, ma anche di storia, monumenti, identità religiosa, folklore, cibi tradizionali ed il nostro famoso vino. ACIGEA promuove quindi viaggi turistici, culturali ed enogastronomici, nel Caucaso, in Georgia e Armenia. Ma oltre al turismo vi sono anche molte opportunità per imprenditori ed investitori italiani, con interessanti incentivi amministratici e fiscali da parte del nostro governo.

2) Nella terra georgiana è radicata una antichissima cultura cristiana-ortodossa per cui, tra gli ideali che animano l’associazione  Acigea, vi è l’intensificazione di un dialogo di pace tra cristiani occidentali ed orientali: puoi spiegare di più in cosa consistano le vostre iniziative in proposito?

La Chiesa Apostolica di Georgia è una delle più antiche chiese autocefale cristiane ortodosse. L’identità della Georgia è fondata sulla religione come simbolicamente chiaro nella nostra bandiera crociata, simile al vessillo templare della Città Santa di Gerusalemme, e nello stemma dello stato ovvero San Giorgio Megalomartire, Protettore della Georgia e di tutta la cavalleria cristiana, che uccide il diabolico drago. Il mondo cristiano, di fronte al terrorismo islamico ma anche agli altrettanto pericolosi materialismo consumista e relativismo morale, tipici del decadente modello liberal capitalista, deve ritrovare identità e unità, per un mondo migliore di pace, benessere diffuso e giustizia sociale, rispetto di tutti, innanzitutto di noi stessi.

3) Sei parte della nobile famiglia georgiana Panchulidze e rappresenti la Casa Reale Bragationi, che nei secoli fu famiglia regnante per Georgia, Armenia e Cilicia. Ci puoi aiutare a conoscere meglio le vicende di questa storica dinastia? In particolare, perchè sia importante per una parte dell’identità della Georgia, se ci siano stati problemi di particolare rilievo in epoca comunista sovietica, e quali siano ruolo e prospettive, nell’ottica del futuro.

La mia famiglia è sempre stata fedele, nei secoli, alla nostra gloriosa dinastia Bagrationi che ha governato sul Caucaso per oltre 1500 anni. I Bagrationi sono stati l’anima della Georgia cristiana ortodossa, la sua corona che univa i vari klan, il suo scettro che governava in pace, la sua spada che ne difendeva i sacri confini e diritti. La nostra era una monarchia tradizionale e tribale dove re, principi, nobili, cavalieri e popolo vivevano in gerarchica armonia, con grande senso del dovere, della giustizia e dell’onore. Oggi il giovane Principe Irakli Bagationi e la Casa Reale di Imereti promuovono innanzitutto l’identità della Georgia nel mondo, attraverso iniziative culturali e benefiche. La nostra delegazione organizza presentazione di libri, mostre d’arte e concerti, convegni ed eventi enogastronomici, portando avanti il dialogo ecumenico con i fratelli cattolici, relazioni economiche e dipolomatiche eurasiatiche.

4) L’associazione Acigea non si occupa di politica in senso attivo, e spesso si è concentrata su iniziative benefiche, tuttavia siete anche attenti a favorire dialogo e pace grazie ad una visione eurasiatista: modello di impostazione per diverse teorie geopolitiche. Tu stessa, in  un’altra intervista, hai considerato la vostra impostazione un argine a certe diaboliche manovre contro la pace, dicevi, che effettivamente sono state messe in atto da NATO e CIA, per aggredire e destabilizzare…
Puoi farci maggiormente presente il perchè del concetto di Eurasia, anche per favorire un mondo multipolare e quindi più equilibrato e giusto?

La Georgia è il cuore dell’Eurasia, il ponte elevatoio, su e giù a secondo delle diverse circostanze storiche, che unisce l’Occidente all’Oriente. Noi siamo una terra di confine, l’ultimo ed estremo baluardo cristiano, il limes romano, ma dopo di noi non ci sono i barbari ma grandi imperi e civiltà: la Persia, l’India e la Cina. E naturalmente la Russia Ortodossa, nostra sorella più grande (solo come dimensioni), alla quale siamo storicamente e culturalmente legati. Io non faccio politica ma basta guardare il mappamondo per capire dove e come siamo: vicino all’Europa ed al Mediterraneo e molto lontani dall’Atlantico e dalle Americhe…

5) Avete rapporti particolari con altre realtà con altre realtà associative e/ politico-sociali, con cui il dialogo sia particolarmente fruttuoso? E c’è qualcosa che vuole aggiungere, che finora non è stato adeguatamente rimarcato, a proposito del vostri impegno?

ACIGEA collabora con tutte le istituzioni italiane, nazionali e locali, particolarmente con Regione Lombardia, ma anche con il Parlamento Europeo. Siamo partner ed amici della associazione culturale Lombardia Russia di Gianluca Savoini, e del Centro Studi Sinergie, ma lavoriamo a stretto contatto con tutte le comunità straniere ortodosse presenti in Italia: georgiani, russi, armeni, greci, serbi e romeni… ma anche con kazaki, uzbeki e kirghisi. Siamo un vero arcobaleno di diverse culture che non vogliono mescolarsi nel grigio mondialista. Siamo difensori delle differenze e del dialogo interculturale, nel pieno rispetto reciproco e siamo contro la innaturale ideologia della uguaglianza forzata..

Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi; intervista ultimata il 14 marzo 2019

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L’Armenia intende acquistare altri Sukhoi Su-30SM (Analisidifesa.it 16.03.19)

Come largamente anticipato sul nostro canale Telegram già dalla scorsa estate e come confermato successivamente su questa rubrica lo scorso mese, l’Armenia ha proceduto all’acquisto di alcuni esemplari di caccia multiruolo Sukhoi Su-30SM.

Anche in quel contesto, riportando nostre fonti russe, avevamo poi anticipato che il contratto riguardava nel dettaglio 4 esemplari di Su-30SM; notizia che è stata successivamente confermata da tutti i media specializzati.

A tal proposito pochi giorni fa sono giunte nuove dichiarazioni da parte del Ministro della Difesa armeno David Tonoyan secondo cui l’Aeronautica armena non intende di certo concludere l’approvvigionamento dei caccia Sukhoi con questo primo contratto dichiarando testualmente: – “Non ci accontenteremo di [soli] quattro caccia…” – specificando inoltre che i Su-30SM – “verranno consegnati in conformità con l’accordo stipulato. Questi sono i migliori, moderni e collaudati caccia polivalenti!”

E’ presumibile insomma che l’obiettivo sia quello di procedere alla creazione di uno squadrone di almeno 12 Su-30SM da acquistare entro il prossimo triennio.

Nostre fonti russe riferiscono che Yerevan avrebbe inizialmente pensato ad acquistare i MiG-29 e che addirittura alcuni piloti armeni avrebbero persino iniziato dei corsi di formazione ad hoc, ma poi “qualcosa sarebbe andato storto” facendo saltare l’accordo. E tutto sommato considerata la ridotta dimensione geografica del paese (pari a 29.800 km quadrati, ovvero un decimo dell’estensione dell’Italia) la soluzione dei Fulcrum poteva essere decisamente più consona anche a livello economico.

Foto Astana Times (un Su-30 kazako con elaboraziine grafica con le insegne armene)

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Addio al patriarca armeno Mesrob, amico della pace (huffingtonpost.it 15.03.19)

Si è parlato poco in Europa della scomparsa di Mesrob Mutafyan, patriarca armeno, testimone del Novecento, uomo dai tratti umani, capace di sentimenti amicali profondi. Vale la pena invece farlo per conservare la testimonianza di un uomo che amava la pace.

Ottantaquattresima guida della Chiesa armena ortodossa di Istanbul, eletto patriarca nel 1998, negli anni precedenti, in uno dei suoi soggiorni romani, aveva conosciuto, giovane prete, la Comunità di Sant’Egidio: ne nacque una lunga e ricca amicizia grazie alla quale fu possibile inviare aiuti agli armeni dopo il terribile terremoto che colpì il Paese nel 1988.

“Tutti abbiamo ereditato peccati antichi, antichi malintesi, antichi problemi” diceva, pensando alla difficile storia della sua Armenia, quasi a dire che era necessario voltare pagina e guardare con speranza al futuro. Ma anche che non si poteva per alcun motivo tornare agli incubi del passato.

Il passato era quello doloroso di un popolo che era stato vittima delle stragi dei cristiani (tra un milione e un milione e mezzo di morti solo tra gli armeni) avvenute all’inizio del XX secolo in quella regione. Consapevole che tutto ciò era stato possibile anche per lo scoppio del primo conflitto mondiale, aveva assunto una posizione molto ferma di rifiuto di ogni guerra e di ogni violenza.

Proprio dentro la prima guerra mondiale si consumò infatti la strage degli armeni, in una Turchia che fino a poco prima li considerava sadiqa millet, nazione fedele al potere ottomano. Ma erano ormai finite, all’inizio del Novecento, le strutture del millet e dell’impero, e andava rafforzandosi la nuova struttura, la “nazione”.

Mesrob è stato l’uomo giusto al momento giusto per costruire ponti tra Oriente e Occidente: la storia da cui proveniva lo aveva reso consapevole che, una volta distrutto un ponte, è molto difficile ricostruirlo, riaprire un dialogo.

Guida di 50.000 armeni – tanti erano i suoi correligionari, gli altri sono nella Repubblica di Armenia o nella diaspora – è sempre stato un uomo di pace in uno scenario così difficile e complesso come quello della Turchia e tutto il Medio Oriente.

Infine, una memoria privata. Lo scenario è una casa per anziani poveri, nel centro di Roma. La visito e trovo una donna anziana, Valérie, dai tratti fini, che rivela antiche frequentazioni di mondi lontani alternando l’italiano al francese, ma anche al greco, arabo e turco…Mi viene un sospetto: è armena?

Racconta di scontri in Turchia: lei, quindicenne che assiste a scene violente e tutto torna, perché si tratta del 1915, anno horribilis, essendo nata nel 1900. So che è a Roma un amico, il futuro patriarca, e nel raccontargli della mia nuova conoscenza, lo invito a passare in quella casa. Risultato: due ore felliniane. Un prete ortodosso, in abito religioso, si intrattiene con una donna che potrebbe essere di Roma, ma anche di Alessandria, forse meglio definirla mediterranea.

Ascolto, come in una sinfonia, suoni di parole che al mio orecchio mutano di accento…Vedo Mesrob che passa dall’italiano al francese, al greco, al turco, all’arabo e infine…all’armeno. Tutto è perduto con la guerra, niente è perduto con la pace. Ciao Patriarca!

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ASIA/TURCHIA – Istituto storico turco prepara 25 volumi per confutare le accuse sul“Genocidio armeno” (Fides 14.03.19)

Ankara (Agenzia Fides) – Un comitato di esperti dell’Istituto di storia turca ha sponsorizzato il lavoro di ricerca dei propri membri in archivi storici e biblioteche negli Stati Uniti, in Russia, in Germania e nel Regno Unito allo scopo di analizzare migliaia di fonti storiche, con l’intento di pubblicare l’esito di tali ricerche in una collana di 25 volumi orientata a confutare le accuse rivolte alla Turchia riguardo al cosiddetto Genocidio armeno.
Un funzionario dell’Istituto – secondo quanto riportato da organi di stampa nazionali come Akşam – ha riferito che le ricerche storiche nei diversi Paesi si sono concentrate su documenti originali risalenti agli anni dal 1900 al 1915 rinvenuti negli archivi e nelle biblioteche dei diversi Paesi. Da tali ricerche, a detta del portavoce dell’istituto, sarebbe emerso che alcuni documenti sarebbero stati manipolati per accreditare le responsabilità della leadership turca nella pianificazione dei massacri anti-armeni perpetrati nella Penisola anatolica nel 1915. Il funzionario ha anche chiamato in causa le responsabilità di formazioni armene in azioni violente compiuti in quegli anni convulsi ai danni della popolazione turca.
L’iniziativa editoriale, presentata come operazione di contropropaganda, viene annunciata mentre la comunità armena in Turchia è alle prese con i problemi legati alla successione di Mesrob II Mutafyan, il Patriarca armeno apostolico di Costantinopoli scomparso lo scorso 8 marzo dopo aver vissuto negli ultimi anni in una condizione di totale disabilità, a seguito della malattia neurologica invalidante che lo aveva colpito nel 2008. (GV) (Agenzia Fides 14/3/2019).

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Pinocchio è una ballerina armena con Virginio Gazzolo che legge Collodi (Globalist.it 14.03.19)

Al Teatro Goldoni di Firenze va in scena un Pinocchio in forma di danza interpretato da Tamara Aydinyan, ballerina armena dalla compagnia Small Theatre / Nca di Yerevan, con l’attore Virginio Gazzolo che recita testi da Collodi, Kleist, Rilke, Hugo, Baudelaire, Meyerhold.
La Cob / Compagnia Opus Ballet e la Compagnia Giardino Chiuso portano sul palcoscenico in prima nazionale un “Pinocchio” coprodotto da Versiliadanza e da Fondazione Fabbrica Europa con la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino. Lo spettacolo nasce dalla collaborazione tra l’Opus Ballet, diretto da Rosanna Brocanello, e Giardino Chiuso, diretto da Patrizia de Bari e Tuccio Guicciardini.

Sabato 16 alle 20 la “prima”. Replica domenica 17 marzo alle 16,30, poi per le scuole quattro matinée dal 12 al 15 marzo alle 10.30.

Dieci sono i danzatori, compresa Tamara Aydinyan. Firma la coreografia Patrizia de Bari, la drammaturgia è curata da Tuccio Guicciardini, i video sono di Andrea Montagnani , i costumi disegnati da Santi Rinciari.

Lo spettacolo incrocia diversi linguaggi fra danza, parola, video, musica, con “scene immaginifiche e surreali” dove Pinocchio riflette la figura dell’artista e della sua creatività tra disavventure e voglia di libertà fino all’epilogo: diventare bambino in carne e ossa viene letto qui come un assoggettarsi “all’anonimato della massificazione”.

Biglietti www.maggiofiorentino.com o www.vivaticket.it

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Sollevamento pesi, Mondiali Youth 2019: nella notte ori ad Arabia Saudita, Armenia, Perù e Messico (Oasport.it 13.03.19)

Nuova nottata di gare a Las Vegas, (Stati Uniti) dove si sta disputando l’edizione 2019 dei Mondiali Youth di sollevamento pesi, che ci stanno mostrando i campioni del domani, con alcuni ragazzi che si stanno rendendo protagonisti di misure vertiginose, anche da record del mondo. Andiamo dunque ad analizzare nel dettaglio tutti i risultati di giornata.

Iniziamo dalla gara degli 89 kg maschili, e dal duello tra l’armeno Garik Karapetyan ed il saudita Ali Yousef Alothman, con il primo capace di trionfare nello strappo con 137 kg, mentre il secondo si è imposto nello slancio con la misura di 171 kg, appena uno in più di Gevorg Ghahramanyan.

Cortissima la classifica combinata, dove Alothman ha superato tutti con la misura di 307 kg, precedendo i due armeni, con Karapetyan fermo a 305 kg e Ghahramanyan a 304 kg.

Due invece le gare femminili disputate nella notte, iniziando da quella dei 64 kg, dominata dall’uzbeka Kumushkhon Fayzullaeva, che si è portata a casa tre ori, vincendo lo strappo con 93 kg, lo slancio con 122 kg (nuovo record del mondo) e di conseguenza la classifica combinata con 215 kg. Identico il podio in tutte e tre le gare, con l’argento che è andato alla messicana Queysi Rojas ed il bronzo alla romena Mihaela Ilie.

Netta anche la superiorità della messicana Emmy Velazquez, autrice di una tripletta nella categoria dei 71 kg, vincendo lo strappo con 93 kg, ma anche lo slancio con 121 kg, imponendosi di conseguenza anche nella combinata. Sempre d’argento, ma molto distante, la statunitense Olivia Reevs, mentre sono due i bronzi al collo della peruviana Estrella Saldarriaga.

gianni.lombardi@oasport.it

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