Il genocidio degli armeni portato come esempio per un confronto tra popoli, a Latina iniziativa dell’Ucid (Latinacorriere.it 04.03.19)

L’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) è riuscita a organizzare un evento unico a Latina giovedì 28 febbraio. Con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica di Armenia in Italia, ha portato l’attenzione su un tema che fino al 2004 in Occidente era passato inosservato, vale a dire il genocidio degli Armeni in Anatolia dell’Impero Ottomano, durante la Grande Guerra. È stata la scrittrice italiana di chiare origini armene Antonia Arslan ad affondare la memoria della sua famiglia armena, cacciata dai turchi e dai tedeschi nel 1915, soggetta poi alla diaspora (basti pensare che dei due milioni soltanto 500mila riuscirono a salvarsi), ricordando quel periodo drammatico nel romanzo ‘La masseria delle allodole’.

La Arslan, professoressa da una vita all’Università di Padova in Letteratura italiana moderna e contemporanea, è riuscita a scuotere l’intero Occidente da quel torpore che durava da quasi un secolo, tant’è che i fratelli Taviani, colpiti da quel dramma e dall’intensità narrativa del romanzo (ma anche da tutta la produzione saggistica della prof in collaborazione con molti intellettuali di origine armena sparsi nel mondo) decisero nel 2007 di trasporlo in opera cinematografica.

La soddisfazione di Francesco Berardi, presidente dell’Ucid è stata enorme, poiché non solo la sala della Curia vescovile di Latina contava anche molti posti in piedi ma perché la partecipazione della conversazione con la Arslan è risultata intensa, emozionante e scorrevole. A testimonianza anche dell’impegno dell’Ucid su più fronti, soprattutto nella cultura attraverso convegni, pubblicazioni e riviste, incontri con l’autore, da intendersi come momenti di riflessione e di arricchimento culturale

“Siamo stati felici di aver ospitato la scrittrice Antonia Arslan, la quale ha il grande merito di aver coinvolto l’opinione pubblica internazionale su un argomento per tanti decenni sottaciuto se non misconosciuto: parlo ovviamente della strage degli Armeni, durante la prima guerra mondiale –ha precisato il presidente Berardi-. Nell’attuale momento storico in cui si avverte, in modo più o meno tangibile, un senso di disorientamento, soprattutto in ambito etico-morale, sociale e valoriale, è necessario proporre la cultura del confronto e dell’approfondimento di tematiche che servano a riappropriarci della capacità di opporci al cosiddetto pensiero debole ed al relativismo culturale. In questa ottica, abbiamo scelto di presentare “la Masseria delle allodole” e “La bellezza sia con te” di Antonia Arslan, libri che presentano ambientazioni storiche legate alla persecuzione, al massacro, al genocidio di un milione e mezzo di Armeni nella Turchia durante la prima guerra mondiale, ai danni non solo di una minoranza etnica, ma anche della minoranza religiosa cristiana rappresentata dagli Armeni”.

L’Occidente ha ribadito la sua condanna del Genocidio, che è stato ufficialmente riconosciuto da molte Nazioni, tra cui Francia, Germania, Italia, Russia, Olanda, Svizzera, Grecia, Polonia. Importante, inoltre, la presa di posizione del Parlamento europeo che ha approvato una risoluzione in cui viene dichiarato ufficialmente che quanto accaduto tra il 1915 e 1917 in Turchia ai danni degli armeni è “qualificabile come genocidio” e ha deplorato fermamente ogni tentativo di negazionismo, tanto che “la ricerca della verità storica è proprio uno dei motivi che ha spinto l’UCID a organizzare questo Convegno e che verrà approfondita nel prosieguo di questo incontro” ha specificato Berardi.

Antonia Arslan (nata a Padova nel 1938) è una scrittrice italiana di origine armena; laureata in Archeologia, ha insegnato per molti anni Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulla galassia delle scrittrici italiane tra l’800 ed il ‘900. Attraverso racconti del nonno Yerwant e l’opera del poeta armeno Daniel Varujan, di cui ha tradotto alcune raccolte (il Canto del pane e Mari di grano), ha ritrovato le sue radici, dando voce alla sua identità armena. Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, «La masseria delle allodole» (2004), che è stato tradotto in venti lingue e portato sullo schermo dai fratelli Taviani nel 2007, vincitore del premio Stresa e del premio Campiello. Lo strepitoso successo della masseria delle allodole, con una trentina di ristampe e tradotto in 20 lingue, è stata sicuramente la motivazione forte che ha indotto la Arslan ad approfondire da un punto di vista storico il genocidio degli Armenti raccogliendo una enorme mole di atti, di lettere, foto, racconti che lei ha prima registrato e poi trascritto, e soprattutto di documenti ottenuti dall’apertura degli archivi in varie parti del mondo, essendo scaduti i termini per il segreto di Stato.

Quindi la Arslan è diventata un punto di riferimento a livello internazionale per questa banca dati, che prima erano dispersi in tanti rivoli, compromettendo l’organicità della ricerca storica sugli avvenimenti accaduti. Tra l’altro da pochi anni sono stati aperti agli studiosi gli archivi storici di vari Stati, sui quali prima vigeva il segreto.

Vai al sito

Georgia: matriarcato per necessità (Osservatorio Balcani E Caucaso 04.03.19)

Da quando è nata, la vita di Zina Khachatryan è segnata da due stagioni: quella assieme a suo padre e quella senza. Ora quest’adolescente tredicenne originaria della regione di Samtskhe–Javakheti, Georgia meridionale, calcola che sono stati esattamente sei anni e mezzo, metà della sua vita, gli anni trascorsi con la sua presenza.

Zina aveva sei mesi quando il padre, Samvel Khachatryan, allora ventunenne partì per la Russia, in cerca di lavoro, come aveva fatto da quando aveva 16 anni. Parte di una vera e propria armata di uomini costretti ad abbandonare le proprie famiglie per sei mesi all’anno.

Non ci sono dati precisi sulle migrazioni stagionali provenienti dalla regione di Samtskhe–Javakheti dove la comunità armena rappresenta la maggioranza con 160.000 residenti.

“Possiamo stimare che ogni anno almeno 3000 persone si trasferiscono in Armenia o Russia per lavoro stagionale e che circa 30.000 lo abbiano fatto negli ultimi anni. Di questi, quasi i due terzi sono andati in Russia, un terzo in Armenia e i restanti in paesi UE o negli Stati Uniti”, sottolinea Hrant Mikaelian, ricercatore presso il Caucasus Institute, con sede a Yerevan.

Una recente ricerca condotta da Jnews.ge, un’agenzia stampa locale, indicava che il 63% delle famiglie della regione ha almeno un membro emigrato per motivi economici. Il numero sale all’80% nei villaggi più piccoli, come ad esempio Khado, dove sono ancor più scarse le opportunità di lavoro.

Tra maggio e dicembre la maggior parte degli uomini di questo villaggio di 2500 anime scompaiono.

Per sei mesi all’anno le donne si portano sulle spalle ogni responsabilità, dall’allevare i figli al coltivare i campi: in quei mesi una società prettamente patriarcale si trasforma in matriarcato.

“Per metà anno l’uomo più vecchio in casa è il mio fratellino di 11 anni”, racconta Zina. “È lui che si occupa di andare a fare la spesa, le donne qui da noi non se ne occupano [perché i negozi sono spesso gestiti da uomini, ndr]. Le donne o vanno a fare la spesa a Akhalkalaki [una città vicina a 16 km, ndr] oppure comperano da altre donne che vendono casa per casa”.

Il fatto che ora vi sia istruzione gratuita sino alle scuole superiori non ha cambiato le cose: ora gli uomini partono solo più tardi per trovare lavoro all’estero: i khopanchi – un termine armeno in uso fin dagli anni ’50 quando lavoratori armeni erano impiegati nell’est dell’Unione sovietica per colonizzare ampi appezzamenti di terreno – continuano a cercare lavoro lontani da casa.

La maggior parte dei lavoratori tornano a casa agli inizi dell’inverno quando il freddo obbliga alla sospensione temporanea di settori quali l’edilizia, dove lavora anche Khachatryan. Dicembre è quindi un mese di festa per Zina e segna non solo il suo compleanno ma anche il ritorno del padre. “Quest’anno gli ho chiesto di portarmi un cellulare e un anello di argento. E i miei cioccolatini preferiti”, sorride. “Chiaro che di tutto questo mi importa poco, la cosa più importante è che lui sia qui vicino a me. Spero solo che lui stia con noi e che tutto vada bene”.

Con il disgelo arriva l’addio. Fino all’età di sette anni, Zina non si è resa conto appieno di cosa significasse separarsi da suo padre. Con il passare del tempo diventa però sempre più difficile.

“Gli ultimi due anni sono stati difficili. Non posso fare a meno di piangere quando vedo mio padre. Piango e lui piange con me “, racconta Zina.

In qualche modo Zina ha cercato di prendere le distanze, raffreddando la loro relazione come strategia per affrontare la sensazione di perdita. La tecnologia aiuta. Padre e figlia parlano tramite Skype, ma i brevi messaggi di testo con gli emoticon sono diventati sempre più frequenti e Zina trova ormai più difficile chiedere direttamente a suo padre un favore o un permesso. Si rivolge piuttosto a sua madre.

Zina sogna di andare all’università e diventare designer. Ritiene anche che probabilmente tornerà nel suo villaggio natio, anche se sa che se lo farà, anche il suo futuro marito andrà via per sei mesi all’anno a lavorare in Russia, proprio come suo padre.

“I miei genitori sostengono sempre le mie decisioni e mi aiutano. Ho abbastanza tempo per studiare. Dopo l’università voglio tornare qui e allo stesso tempo mi piacerebbe viaggiare e vedere il mondo”.

Vai al sito

Siria: genieri armeni operano ad Aleppo sotto il coordinamento del Centro russo per la riconciliazione (Agenzianova 04.03.19)

Damasco, 04 mar 10:44 – (Agenzia Nova) – Specialisti dello sminamento umanitario inviati dall’Armenia su richiesta del governo siriano hanno iniziato a lavorare su
campi minati nei pressi del villaggio di al Husseinia, nella provincia di Aleppo. Lo ha annunciato Arkadij Rzhevskij, rappresentante del Centro russo per la riconciliazione delle parti in guerra. “I genieri lavoreranno sotto gli auspici del Centro russo per la riconciliazione. L’attrezzatura necessaria, i mezzi speciali, così come tutti i tipi di equipaggiamento sono garantiti dalla Russia”, ha dichiarato Arkadij Rzhevskij, rappresentante del Centro russo per la riconciliazione delle parti in guerra. La missione dei militari armeni è pianificata su un periodo di diversi mesi. L’area a rischio nelle vicinanze di Aleppo si estende per più di 30 chilometri quadrati. La missione armena conta 83 specialisti, compresi medici. Prima della guerra, la diaspora armena di Aleppo contava oltre 100 mila persone. A metà febbraio, il governo siriano ha concordato con Erevan il sostegno all’azione umanitaria, con conseguente irritazione da parte di Washington. Il dipartimento di Stato Usa ha specificato di non sostenere la cooperazione di Erevan con il governo siriano, indipendentemente dal fatto che persegua obiettivi umanitari o militari. In risposta, il ministero degli Esteri armeno ha sottolineato che una grande comunità armena vive in Siria e che i cittadini del paese stanno seguendo con allarme la situazione nella Repubblica araba. (Rum)

Le storie nascoste dei criptoarmeni (Lucidamente.com 01.03.19)

Un’intervista in esclusiva alla scrittrice e storica Fatemeh Sara Gaboardi sul suo ultimo libro “II viaggio di una promessa. Attraverso la storia di un popolo dimenticato: gli armeni nascosti dell’Anatolia” (Edizioni DivinaFollia)

Nonostante sia passato oltre un secolo, il genocidio degli Armeni del 1915 per opera dell’Impero ottomano è ancora un argomento controverso. LucidaMente ha intervistato la storica e scrittrice Fatemeh Sara Gaboardi Maleki Minoo, che ha recentemente pubblicato il libro Il viaggio di una promessa. Attraverso la storia di un popolo dimenticato: gli armeni nascosti dell’Anatolia (Edizioni DivinaFollia, 2018, pp. 316, € 18,00). Il saggio è dedicato alle storie dei criptoarmeni, cioè di quelle persone che, dopo il genocidio – o Medz yeghern, “il grande crimine”, in lingua armena – dichiararono la propria conversione all’Islam o nascosero la loro identità per lungo tempo.

15-1-GaboardiCom’è nata l’idea del libro?
«Il libro nasce da coinvolgimenti sia storici sia personali. Sono storica di formazione, ho una specializzazione in studi armeni e ho vissuto in Turchia per anni: l’interesse per gli oltre tre milioni di criptoarmeni residenti oggi nel Paese è quasi scontato. Inoltre, questa ricerca si lega alla storia delle mie origini [la Gaboardi è stata adottata da bambina da una famiglia italiana, ma è nata in Persia, ndr]: stavo cercando l’uomo che aveva aiutato i miei a fuggire dall’Iran dopo la rivoluzione del 1979 e ho scoperto tante vicende che ho deciso di raccontare. Perciò ho iniziato a cercare in Anatolia orientale (dove vive la maggior parte dei criptoarmeni) sia i discendenti di armeni che si sono convertiti al tempo delle persecuzioni, sia quelli di bambini adottati all’epoca da famiglie turche o curde e che hanno scoperto le proprie radici solo in un secondo momento. Persone forzatamente islamizzate, che ancora oggi sono costrette a nascondere la loro vera identità e a dichiararsi, per motivi di sicurezza, turchi o curdi e musulmani, relegando la propria cultura – linguistica e religiosa – all’intimità della dimensione privata».

15-ArmeniaCom’è strutturato il saggio?
«Si sviluppa su tre filoni complementari: il vissuto degli intervistati, che ho voluto raccontare per dare alla storia un volto umano e coinvolgere maggiormente il lettore; è stata inoltre l’occasione per parlare delle mie origini e concludere il racconto iniziato nel mio libro Con gli occhi del cuore. Storia di una famiglia iraniana nella Persia dello Shah, attraverso la figura dell’uomo che ha salvato la mia famiglia; infine, ho potuto approfondire la storia della Turchia contemporanea. Ci tengo a sottolineare che il progetto è stato interamente autofinanziato e autoprodotto, in primis perché l’idea di una ricerca sul tema è stata mia, poi perché non ho trovato molto sostegno: mi sono rivolta ad alcune personalità armene in Italia per avere appoggio per la pubblicazione ma, paradossalmente, mi è stato detto che non lo avrebbero fatto in quanto io non ero armena. Francamente, la cosa mi ha stupito: il fatto che un non armeno si interessi a un evento che non lo riguarda direttamente dovrebbe essere un valore aggiunto, non un ostacolo».

Come ha condotto le sue ricerche?
«Le ricerche sono state lunghe e difficili. Immaginate che nessuno conosca le vostre origini, che ancora oggi devono essere tenute nascoste: in Turchia sono ancora molti a negare il genocidio armeno, il primo esempio nella storia contemporanea di azione finalizzata allo sterminio di un popolo su base culturale e religiosa. Una volta individuati i soggetti, li ho intervistati in prima persona, a volte rischiando la mia stessa incolumità. Per garantire l’anonimato delle persone, ho preferito mescolare nel racconto le vicende delle diverse famiglie coinvolte, per evitare che qualcuno potesse essere riconosciuto».

15-2 l’autrice Fatemeh Sara GaboardiPerché, secondo lei, è necessario raccontare oggi un genocidio di oltre cento anni fa?
«Innanzitutto perché non è riconosciuto universalmente e non si è concluso, in quanto è ancora in corso la cancellazione di una cultura millenaria, al punto che vengono impedite non solo la pratica religiosa ma anche l’uso della lingua: non esiste un filone letterario dedicato agli armeni sopravvissuti e i pochi che conoscono la lingua sono costretti a parlarla di nascosto. Ci sono però dei tentativi di recupero: a Diyarbakır, nella Turchia sud-orientale, il sindaco ha attuato alcune iniziative nel tentativo di ripristinare la pluralità culturale esistente nella zona prima del genocidio. Ha istituito un corso di lingua armena per tutti coloro che volessero recuperare la propria origine e ha promosso la ristrutturazione della cattedrale armena, distrutta nuovamente nel marzo 2016 in seguito a combattimenti tra esercito turco e guerriglieri curdi».

Purtroppo, la discriminazione su base culturale e religiosa è ancora oggi realtà e stiamo assistendo in tutto il mondo al ritorno del nazionalismo. Che tipo di azioni si possono fare per contrastare questi fenomeni, soprattutto tra i più giovani?
«Penso che sensibilizzare i giovani alla storia sia assolutamente necessario per renderli consapevoli del passato e, soprattutto, per aiutarli a capire gli avvenimenti del presente. Lavoro molto con gli adolescenti: spesso vengo chiamata in vari istituti a fare dei seminari sul genocidio armeno e sulle problematiche dei Paesi islamici contemporanei. Ogni volta mi rendo conto di quanto il genocidio armeno sia ancora oggi affrontato nei libri di storia in modo superficiale. Gli stessi studenti sono sorpresi perché non ne sanno praticamente nulla, ma apprezzano molto le mie lezioni, non avendo davanti uno storico, bensì una persona che ha vissuto direttamente certe situazioni e che può raccontare la propria esperienza dando testimonianze tangibili, come foto e video. Penso che sia importante un approccio “umano” alla storia per renderla interessante, soprattutto per i più giovani, e sperare che non venga dimenticata».

15-3 genocidio armenoHa qualche aneddoto che vuole raccontare?
«Il libro si apre con il racconto delle reazioni dei miei amici di Istanbul quando ho detto loro che sarei partita per l’Anatolia orientale a fare ricerche sui criptoarmeni: tutti mi hanno esplicitamente detto che avevo perso la ragione. Ma non sono riusciti a farmi desistere: ormai avevo deciso che avrei scritto questo libro, non solo per dare una spiegazione storica al fenomeno, ma soprattutto per analizzarlo dal punto di vista umano. Volevo raccontare il dramma di persone che da anni vivono nel dualismo: in pubblico dicono di essere in un modo e solo in privato fanno emergere la loro vera natura. Che tipo di vita conducono? Quali sono i loro problemi e le loro sensazioni? Era questo ciò che più mi interessava. Purtroppo non è stato semplice: come ho detto, l’argomento in Turchia è ancora tabù e mi sono trovata anche in situazioni pericolose. Per fortuna è andato tutto bene e, a ripensarci, non saprei dire se sono stata più incosciente o coraggiosa: d’altra parte, spesso per ricercare la verità sono entrambe caratteristiche necessarie».

Per approfondire l’argomento, consigliamo di vedere questa puntata di Rai Storia sul genocidio armeno. Inoltre, qui e qui trovate ulteriori informazioni.

Le immagini: la copertina del libro Il viaggio di una promessa; cartina geografica; la storica e scrittrice Fatemeh Sara Gaboardi; una rara foto del genocidio degli armeni a opera dei turchi.

Elena Giuntoli

(LucidaMente, anno XIV, n. 159, marzo 2019)

Vai al sito

Antonia Arslan autrice del bestseller La masseria delle allodole al Teatro delle Muse di Ancona (tmnotizie 01.03.19)

ANCONA –Antonia Arslan  l’autrice del bestseller  “La masseria delle allodole”  che nel 2007 ha fatto conoscere al mondo il genocidio degli Armeni –  dal quale i fratelli Taviani hanno tratto l’omonimo film-  e di altri romanzi e saggi, quali  “La strada di Smirne” e  “La collana dalle perle di legno” sarà ad Ancona il 6 e il 7 marzo prossimi.

Su invito della comunità ebraica incontrerà la cittadinanza mercoledì 6 marzo alle 18, 15 al Ridotto del Teatro delle Muse per una conversazione sull’eredità ebraica e su quella armena, sulle tragedie, le rinascite e le speranze tra le coste mediterranee e mediorientali, fino al nostro Paese, con un sguardo alla contemporaneità.

A dialogare con la prof. Arslan, di origine armena e già docente di Letteratura italiana contemporanea, il giornalista Cristiano Bendin e, inoltre, Vittorio Bendaud della Comunità Ebraica di Ancona.

La mattina seguente, giovedì 7 marzo,  accompagnata dall’assessore alla Cultura Paolo Marasca ed altri rappresentanti delle istituzioni, la scrittrice visiterà la chiesa di San Gregorio Illuminatore (o degli Armeni) recentemente riaperta dopo quasi mezzo secolo, con la mostra Terre in Movimento, dedicata al sisma marchigiano.  Una occasione per confrontarsi con una preziosa e autorevole testimone su una pagina della storia controversa e terribile , tuttora negata da diversi Paesi.

Antonia Arslan, padovana di origine armena, è tra le più amate scrittrici italiane. Docente per numerosi anni all’Università di Padova di Letteratura Italiana contemporanea, nel 2004 scrive La Masseria delle Allodole, raccontando il Genocidio Armeno. Il libro, divenuto ben presto un bestseller mondiale (tra i classici italiani più tradotti al mondo), viene trasposto cinematograficamente dai fratelli Taviani.

Antonia Arslan è divenuta in Italia e in Europa, assieme al compianto Charles Aznavour, la voce dell’Armenia e della Diaspora armena, spendendosi per la causa del suo popolo. Parimenti, la Arslan è nel mondo oggi un’ambasciatrice della cultura italiana e della nostra letteratura.

Cristiana d’Oriente e intrisa di cultura italiana (e veneta), per ragioni biografiche, affettive e culturali è strettamente legata al mondo ebraico, peninsulare e internazionale, ed impegnata nel  dialogo ebraico-cristiano. Ricordiamo la sinergia intellettuale con l’insigne rabbino e studioso Giuseppe Laras.

Letterata ‘a maturazione lenta’, come ama definirsi, si spende da anni per la causa dei cristiani d’Oriente e contro l’antisemitismo. Nella sua missione di ‘cantastorie’, Antonia Arslan continua a scoprire e diffondere tesori della letteratura italiana e di quella armena, con particolare sensibilità verso il femminile e le tradizioni popolari.

Vai al sito

Sabato 2 marzo a Cagliari per Musica e Storia una serata dedicata al genocidio armeno (castedduonline.it 27.02.19)

Sabato 2 marzo alle 19 nel Palazzo Siotto di Cagliari arriva il secondo appuntamento per Musica e Storia, la rassegna organizzata dalla Fondazione Siotto, dedicata per questa settima edizione ai genocidi perpetrati tra Ottocento e Novecento.

Questa volta al centro della serata, intitolata Medz Yeghern, sarà il genocidio armeno.

Si parte con una conferenza di Agop Manoukian, rappresentante degli Armeni in Italia. Al suo intervento seguirà il concerto della pianista franco-libanese, da tempo residente in Sardegna, Irma Toudjian, durante il quale Paolo Cossi, graphic novelist tra i più quotati e apprezzati in Europa, realizzerà illustrazioni in tempo reale.

L’appuntamento prosegue alle 21,15 con la proiezione del film di Atom Egoyan “Ararat” (Canada, 2002, 115’), evento realizzato in collaborazione con la Società umanitaria- Cineteca sarda che sarà introdotto da Alice Deledda.

Scrive il politico e attivista Pancho Pardi: “La storia della comunità armena fu avvolta in un silenzio che diventò sempre più intollerabile, anche quando Franz Werfel scrisse I quarata giorni del Mussa Dagh e rese nota una vicenda terribile. Poi, come un’onda che si richiude, il silenzio si è richiuso su questa storia”.

Per informazioniwww.fondazionegiuseppesiotto.org oppure fgsiotto@gmail.com. Telefono: 070 682384.

Agop Manoukian è nato a Como il 30 agosto 1938 da padre armeno e madre italiana. Ha vissuto e studiato a Como fino all’età di vent’anni. Nel 1962 ha conseguito la laurea presso la facoltà di Economia e commercio all’Università di Trento. Dal 1968 al 1978, accanto al lavoro universitario di docenza e ricerca, ha svolto attività di consulenza organizzativa in un istituto (Studio Aps) da lui fondato con altri colleghi universitari. Dal 2006 al 2010 ha assunto un incarico di insegnamento sulla Gestione delle risorse umane presso l’Università Cattolica di Milano. A partire dagli anni ’60 ha maturato una articolata conoscenza del mondo armeno e ha assunto diverse iniziative e rivestito vari incarichi associativi tra cui quello della presidenza dell’Unione degli Armeni d’Italia.

Irma Toudjian. Pianista e compositrice di origine armena, nasce a Beirut, in Libano. Inizia lo studio dello strumento in tenera età e perfeziona gli studi musicali a Parigi presso l’Ecole normale supérierure de Musique/Alfred Cotort. Dopo aver vissuto diciasette anni nella capitale francese si trasferisce a Cagliari dove vive da più di 26 anni, e prosegue la carriera di compositrice, concertista e animatrice culturale con la sua associazione, Suoni e Pause, con la quale organizza annualmente il festival internazionale Le Salon de Musique. Discografia essenziale: Ritratti (2005), Aghen (2006), March in desert (2008), L’Attente (2011), in_certezza (2017).

Paolo Cossi. Pordenone, 1980. E’un fumettista e graphic novelist italiano, soprannominato dalla critica “il folletto del fumetto”. Fra i suoi numerosi libri si ricordano: Corona, l’uomo del bosco erto; Corona, la montagna come la vita”; Tina Modotti; Unabomber; Il terremoto del Friuli; La Storia di Mara; Anarchie per erbe bollite; 1918; Destini d’ottobre.

Ha ricevuto il Premio Alberarelli nel 2004 come miglior giovane autore italiano. Nel 2009, per Medz Yghern il premio Condoreet- Aron per la democrazia dal Parlametno della comunità francese del Belgio e il premio Diagonale come miglior albo straniero pubblicato in Belgio nel 2009. I suoi libri sono stati tradotti in Armenia, Belgio, Corea, Francia, Grecia, Norvegia, Olanda, Russia, Spagna e Stati Uniti.

Musica e storia è realizzato in collaborazione con: MiBAC – Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali, Comune di Cagliari, Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato alla Cultura, UNHCR, MIUR, Esercito Italiano.

Collaborano inoltre: Associazione degli istituti culturali italiani, Associazione Le Officine, Associazione per la Cooperazione Culturale in Sardegna, Comitato Grandi Eventi Sardegna, Istituto per la Storia del Risorgimento, Società Italiana per lo studio della storia contemporanea, Consiglio Italiano dei Rifugiati, Osservatorio Balcani-Caucaso, associazione culturale Echi lontani, associazione Suoni e Pause, società cooperativa Vox Day, Società Umanitaria Cineteca Sarda, associazione Chenabura – Sardos pro Israele, associazione Bene Rwanda Onlus.

Con il contributo della Fondazione di Sardegna. Media partner è Unicaradio.

Vai al sito

Famiglia armena evita la deportazione. Ma ora l’Olanda stringe su immigrazione (Euronews.com

Miracolo all’Aia

Si dice che le vie del Signore siano infinite ed effettivamente in un quartiere residenziale dell’Aia è accaduto un piccolo miracolo.

Per salvare una famiglia di armeni dalla deportazione, i sacerdoti della chiesa protestante locale e i vicini hanno organizzato per tre mesi, da ottobre a gennaio, una messa non-stop. La legge olandese vieta infatti alla polizia di entrare in una chiesa durante la funzione religiosa.

Isolde Verburgt vive a qualche metro di distanza dalla chiesa di Bethel. Nonostante non sia credente, sia lei che sua figlia hanno partecipato a molte attività di supporto per la famiglia Tamrazyan. Ci racconta che è stata un’esperienza di solidarietà umana: “Molte persone che hanno partecipato non erano credenti, altre sì. È una questione di accoglienza e di amore verso il prossimo, come dice la Chiesa. Ho deciso di partecipare a questa iniziativa perché in generale volevo stare dalla parte di tutti quei bambini che dovrebbero ricevere protezione. E credo che questa sia stata la ragione per cui anche altre persone hanno aderito”.

La famiglia Tamrazyan era fuggita nove anni fa dall’Armenia a causa dell’attività politica del padre, considerato un oppositore del governo. Una volta arrivato dei Paesi Bassi, aveva richiesto asilo attraverso la procedura standard, ma dopo cinque anni le autorità avevano negato lo status di rifugiato a tutta la famiglia.

In seguito, i Tamrazyan avevano richiesto il cosiddetto “Kinderpardon”, che garantisce l’asilo alle famiglie i cui bambini hanno vissuto nel Paese per almeno cinque anni.

La situazione era abbastanza paradossale per i figli della famiglia (il più piccolo ha 12 anni), che avevano iniziato e portato a termine il loro corso di studi nei Paesi Bassi.

Una volta rigettata anche questa richiesta e con un ordine di deportazione in atto, la famiglia non aveva altra opzione che chiedere aiuto alla Chiesa.

Grazie alla mobilitazione, il governo ha infine concesso asilo a questa famiglia e ad altri 700 casi simili.

È stata un’azione estrema ma necessaria, spiega Theo Hettema, presidente del Consiglio dell’Aia della Chiesa protestante: “Abbiamo sempre detto al governo che non vogliamo prendere il suo posto: loro hanno la loro responsabilità e noi vogliamo cooperare con loro, vogliamo discutere con loro. Ma anche noi abbiamo le nostre norme e amiamo i nostri vicini. Dobbiamo occuparci di queste persone e non smetteremo mai di farlo“.

Ma le elezioni europee sono all’orizzonte, e dopo questo episodio il governo liberale olandese guidato da Mark Rutte ha rivisto le politiche sull’immigrazione.

Se da un lato si prevede di velocizzare il processo di trattamento della richiesta d’asilo, dall’altro il “Kinderpardon” è stato cancellato, in quanto considerato inefficace e soggetto ad abusi da parte dei migranti economici.

A pagare le conseguenze della stretta sull’immigrazione sono stati anche i rifugiati delle Nazioni Unite. L’Olanda ha infatti deciso di ridurre il numero di rifugiati che ogni anno accetta di accogliere dai campi dell’ONU, passando da 750 a 500.

Nuova coalizione europeista in Polonia

Cinque partiti di opposizione hanno formato in Polonia una coalizione per presentarsi alle elezioni europee a maggio, accusando i conservatori al potere di essere anti-europeisti. “Renderemo impossibile l’uscita dall’Unione europea”, assicurano il Partito dei contadini, i liberali, i socialdemocratici e i verdi. Dal suo insediamento nel 2015, il partito diritto e giustizia si è spesso scontrato con Bruxelles.

Germania e Olanda sono le grandi favorite dall’euro

La Germania e l’Olanda sono i paesi che hanno maggiormente beneficiato dell’euro, secondo uno studio del centro per le politiche europee. I cittadini di questi paesi oggi sono in media più ricchi di 20.000 euro rispetto a quando è stata introdotta la moneta unica. Per quasi tutti gli altri stati membri l’euro ha invece rappresentato un ostacolo alla crescita economica.

Governo tedesco diviso sulla vendita delle armi all’Arabia Saudita

I socialdemocratici tedeschi, partner del governo di Angela Merkel, vogliono prolungare l’embargo della vendita di armi all’Arabia Saudita oltre il 9 marzo, nonostante le pressioni di Gran Bretagna e Francia. La questione sta dividendo sempre di più la coalizione in vista delle elezioni europee. Airbus e la britannica BAE Systems avvertono: la misura potrebbe danneggiare le loro finanze.

Vai al sito

Incontro a Latina con la scrittrice italo-armena Antonia Arslan (h24orenotizie.it 25.02.19)

Antonia Arslan, scrittrice italo-armena, autrice del celebre romanzo “La masseria delle allodole” in cui è raccontato per la prima volta il genocidio attuato in Anatolia dal governo turco contro la popolazione armena, sarà a Latina giovedì 28 febbraio alle ore 17.30 presso la Sala Convegni San Lidano della Curia vescovile. L’evento, promosso dall’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), si inserisce nel ciclo “Incontri con lo scrittore” che prevede alcuni momenti di riflessione culturale fortemente voluti dal Presidente dell’UCID pontina, l’Ing. Francesco Berardi.

“Antonia Arslan con i suoi meravigliosi romanzi – sottolinea il Presidente dell’UCID, Francesco Berardi – non solo ha fatto conoscere nel mondo il drammatico genocidio vissuto dalla popolazione armena in Anatolia agli inizi del novecento, ma ci trasmette attraverso la sua scrittura quella bellezza che è la base del nostro linguaggio e della nostra cultura.”

“L’incontro, moderato dal giornalista Gianluca Campagna – continua Berardi – vedrà la partecipazione dell’Ambasciatrice della Repubblica d’Armenia, Sua eccellenza Victoria Bagdassarian, assieme al Sen. Riccardo Pedrizzi, Presidente del CTS nazionale di UCID, al prof. Rino Caputo e a Carlo Piccolo, membro del nostro gruppo giovani. Come UCID non possiamo dimenticare che all’origine del genocidio, tuttora negato dal Governo turco, vi era la fede cristiana del popolo armeno, uno dei primi episodi nella storia moderna di quel cristianicidio che ad oggi prosegue in molte parti del mondo, nel silenzio generale dei media e dei governi”.

“Con questa iniziativa – conclude il Presidente dell’UCID – l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti torna ad interpretare quel ruolo per noi caro di minoranza creativa, capace di provocare e interrogare la comunità con contenuti culturali in grado di sfidare il cosiddetto pensiero unico”.

Vai al sito

Russai-Armenia: Telefonata tra Putin e Premier Nikol Pashinyan (AVG 25.02.19)

Il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha discusso per telefono lo sviluppo della cooperazione russo-armena, così come le questioni regionali. Lo ha reso noto il servizio stampa del Cremlino in una dichiarazione.


Russia-Armenia: colloquio telefonico Putin-Pashinyan, focus su futuro rapporti bilaterali
Mosca, 25 feb 12:51 – (Agenzia Nova) – Il futuro dei rapporti bilaterali tra la Federazione Russa e l’Armenia, insieme ad una serie di questioni pressanti sul piano regionale, è stato al centro del colloquio telefonico di questa mattina tra il capo dello Stato russo, Vladimir Putin, e il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan. Questo quanto si legge all’interno di una nota rilasciata oggi dal servizio stampa del Cremlino. “Il presidente Putin e il capo del governo di Erevan, Nikol Pashinyan, hanno parlato al telefono questa mattina, e discusso il futuro dei rapporti e della cooperazione bilaterale tra Russia e Armenia, insieme ad una serie di questioni pressanti dal punto di vista regionale”, si legge nel documento. (Rum)

Armenia. Un libro che non è solo un libro. (Mediterraneoantico.it 23.02.19)

Alberto Elli vive di passioni. E quando le vive le scrive. E’ stato così ogni volta che ha toccato qualcosa che lo ha incuriosito, entusiasmato e infine catturato.

Noi di MediterraneoAntico pubblichiamo da anni i suoi interessantissimi lavori su testi spesso complessi e generalmente introvabili in italiano e siamo quindi lieti di presentare questa sua ultima fatica. Lasciamo la parola a lui, perché l’entusiasmo che traspare da quanto lui stesso ha affidato ai social ben descrive lo stile di questa guida storico archeologica sull’Armenia. Una guida che non è una guida, un saggio che non è un saggio…chiamiamolo dunque per quello che è realmente: un atto d’amore.

Ho finalmente in mano (in libreria sarà nel mese di marzo) il prodotto della mia ultima fatica, questo libro, una guida storico-archeologica dedicato a una nazione, l’Armenia, che mi conquistato fin dalla prima volta che l’ho visitata, nel 2007. Sono rientrato dall’Armenia con il desiderio di ritornarci, e l’ho poi fatto più volte, ma anche con … una grammatica armena! Mi sono infatti dedicato allo studio di quella bella ma difficile lingua, anche se con scarsi risultati(!): sono sempre, infatti, stato convinto che solo studiando (“Imparando” è un termine troppo impegnativo per me) la lingua di un popolo è possibile capire a fondo la civiltà e lo spirito degli uomini e delle donne che quella civiltà hanno espresso e continuano orgogliosamente a esprimere.
Questo libro è quindi una mia testimonianza di ammirazione e di amore per un popolo che ha avuto un passato glorioso e, soprattutto, ha dimostrato un attaccamento viscerale alla sua fede cristiana, sua vera anima inalienabile, per adesione alla quale non ha esitato a passare anche attraverso la terribile prova del genocidio. E dire che molti non sanno che farsene della propria fede!
Così scrive il dott. Pietro Kuciukian, console onorario della Repubblica d’Armenia a Milano, nella prefazione al libro:
«Alberto Elli scrive di storia, di archeologia, di una nazione rinata che guarda al futuro, ma vuole soprattutto svelare i tesori del passato comunicandoci il significato in essi racchiuso: luoghi di gioie, dolori, speranze, luoghi di vita comunitaria, di cultura, di creatività, monasteri, chiese, fortezze, cimiteri, croci di pietra, luoghi di fede che emanano il valore dello spirito armeno. … 
L’Armenia ha vissuto anni difficili, ma dopo ogni tappa drammatica della sua storia l’“uomo armeno” e stato capace di riprendere vigore, di ricostruire la societa civile, di riparare i monumenti, di far rinascere le tradizioni, di riprogettare il futuro. …
Il lavoro di Alberto Elli e riuscito di fatto a comunicarci questa realtà, a rinsaldare i legami tra l’Armenia e l’Occidente, tra l’Armenia e l’Italia, offrendoci la possibilità di conoscere, capire e discernere, preparando tutti noi a “vedere” veramente l’Armenia, la vitalità, lo spessore culturale e la fede di un popolo».

Vai al sito