“Non ti scordar di me – Storia e oblio del Genocidio Armeno”, presentazione con Fontana (Agenparl 02.05.25)

ROMA – Mercoledì 7 maggio, alle ore 11, presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto si svolgerà la presentazione del volume “Non ti scordar di me – Storia e oblio del Genocidio Armeno”, di Vittorio Robiati Bendaud, con saggio introduttivo di Paolo Mieli. Saluti del Presidente della Camera dei Deputati, Lorenzo Fontana (foto).

Intervengono, oltre agli autori, il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, la deputata Chiara Gribaudo, i deputati Giulio Centemero e Maurizio Lupi, il professor Aldo Ferrari. Modera Nicola Porro. L’appuntamento, come informa una breve nota dell’ufficio stampa di Montecitorio, viene trasmesso in diretta webtv.

ONU: preoccupazioni globali sul rispetto dei diritti umani – Il Comitato contro la tortura pubblica le sue conclusioni su Armenia, Francia, Mauritius, Monaco, Turkmenistan e Ucraina (Agenparl 02.05.25)

Il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura (CAT) ha pubblicato oggi le sue osservazioni conclusive su sei Stati esaminati durante l’82ª sessione svoltasi a Ginevra: Armenia, Francia, Mauritius, Monaco, Turkmenistan e Ucraina. I rapporti evidenziano preoccupazioni specifiche e raccomandazioni su violazioni sistematiche o isolate del divieto assoluto di tortura, previsto dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Armenia

Il Comitato ha accolto positivamente la riforma dei Codici Penale e di Procedura Penale, che introduce una definizione più ampia di tortura e nuove misure alternative alla detenzione. Tuttavia, ha criticato la pena minima troppo lieve per il reato di tortura e il persistente sovraffollamento delle carceri, con un elevato numero di detenuti in attesa di giudizio. Allarme anche sulla mancanza di servizi psichiatrici comunitari e sul ricorso alla contenzione fisica e chimica, per cui si raccomanda una drastica riduzione.

Vai al sito

Il viaggio più avventuroso d’Europa è ancora uno dei più economici: alla scoperta delle terre caucasiche (Wemusic 02.05.25)

L’Armenia, un paese affascinante situato nel Caucaso, sta emergendo come una delle mete più interessanti per i viaggiatori avventurosi.

Con un’altitudine media di 1800 metri sul livello del mare, il suo paesaggio montano offre una varietà di esperienze uniche, perfette per coloro che desiderano coniugare naturastoria e cultura. La primavera, con il suo clima mite e soleggiato, rappresenta il momento ideale per visitare questa nazione ricca di tradizioni e bellezze naturali.

La capitale, Yerevan, è facilmente raggiungibile grazie a voli diretti dalla maggior parte delle grandi città italiane, come Roma e Milano, con un tempo di viaggio di circa quattro ore. Questo accesso relativamente breve la rende una destinazione praticabile anche per chi ha poco tempo a disposizione, ma desidera immergersi in un’avventura lontano dalle rotte turistiche più battute. Yerevan, una delle città più antiche del mondo, è un mix affascinante di modernità e storia, con i suoi edifici in pietra lavica e una vibrante vita culturale che la rendono un punto di partenza ideale per esplorare il resto del paese.

Uno dei motivi per cui l’Armenia è stata premiata come “Destinazione dell’Anno” ai PATWA International Travel Award 2025 è il suo impegno per un turismo sostenibile e responsabile. Negli ultimi anni, il governo e le organizzazioni locali hanno lavorato attivamente per promuovere pratiche turistiche che rispettino l’ambiente e le comunità locali. Questo approccio non solo arricchisce l’esperienza dei visitatori, ma contribuisce anche alla preservazione della cultura e del patrimonio naturale del paese. Lonely Planet ha inoltre incluso l’Armenia nella sua lista delle 30 migliori destinazioni da visitare nel 2025, sottolineando l’importanza di itinerari che permettano di scoprire bellezze naturalistiche e mete culturali.

Top Ten delle esperienze on the road in Armenia

Per chi decide di intraprendere un viaggio in Armenia, ecco una selezione delle dieci esperienze imperdibili da vivere durante una settimana di esplorazione:

  1. Visita al Monastero di Geghard: Patrimonio dell’umanità UNESCO, questo monastero scavato nella roccia è un capolavoro architettonico che offre una vista mozzafiato sulla valle circostante. La sua storia risale al IV secolo e rappresenta un importante centro spirituale per gli armeni.
  2. Scoprire il Lago Sevan: Conosciuto come il “mare degli armeni”, il Lago Sevan è uno dei laghi di montagna più grandi del mondo. Qui, è possibile praticare sport acquatici, fare picnic sulle sue sponde e visitare il monastero di Sevanavank, situato su una collina panoramica.
  3. Esplorare Yerevan: Oltre a visitare la famosa Piazza della Repubblica e il Museo della Genocidio Armeno, non si può perdere l’atmosfera vivace del mercato di Vernissage, dove si possono acquistare artigianato locale e souvenir unici.
  4. Trekking nel Parco Nazionale di Dilijan: Questo parco, noto per le sue foreste lussureggianti e i panorami spettacolari, è perfetto per gli amanti del trekking. I sentieri ben segnalati conducono a laghi nascosti e villaggi pittoreschi, offrendo un’esperienza immersiva nella natura.
  5. Visita ai Templi di Garni e della Madre Armenia: Il tempio pagano di Garni, dedicato al sole, è un altro sito UNESCO da non perdere. La sua architettura greca è unica in Armenia e rappresenta un legame con le antiche tradizioni precristiane del paese. Non lontano si trova anche la monumentale statua della Madre Armenia, simbolo di orgoglio nazionale.

    Per chi decide di intraprendere un viaggio in Armenia

    Top ten dei luoghi da visitare (www.wemusic.it)
  6. Scoprire la cucina armena: Non si può visitare l’Armenia senza assaporare la sua cucina ricca e variegata. Dalle celebri dolma ai piatti a base di agnello, ogni pasto è un’opportunità per immergersi nella cultura locale. I ristoranti e le taverne di Yerevan offrono piatti tradizionali preparati con ingredienti freschi e locali.
  7. Visitare il monastero di Tatev: Situato su una scogliera che si affaccia sulla gola del fiume Vorotan, questo monastero è accessibile tramite la funivia più lunga del mondo. La vista è straordinaria e il monastero stesso è un luogo di grande spiritualità e bellezza.
  8. Partecipare a festival locali: La primavera è una stagione ricca di festival in Armenia. Eventi come il Festival della Musica di Yerevan e il Festival della Primavera di Sevan offrono l’opportunità di vivere la cultura armena attraverso la musica, la danza e l’arte.
  9. Visita al Museo di Storia di Armenia: Questo museo offre una panoramica completa sulla storia millenaria del paese, dalle sue origini fino ai giorni nostri. È un luogo ideale per comprendere meglio il contesto culturale e storico dell’Armenia.
  10. Scoprire il vino armeno: L’Armenia è una delle culle della viticoltura, con una tradizione che risale a millenni fa. Le visite alle cantine locali per degustare i vini armeni, accompagnati da prodotti tipici come il formaggio e il pane lavash, sono un’esperienza da non perdere per gli amanti del vino.

L’Armenia non è solo una meta turistica, ma un viaggio nel tempo attraverso paesaggi mozzafiatotradizioni antiche e una cultura vibrante. Con la sua crescente popolarità, è destinata a diventare una delle principali destinazioni per gli avventurieri di tutto il mondo.

Vai al sito

110 anni di silenzio: Il genocidio Armeno e la ferita ancora aperta (Sciscianonotizie 01.05.25)

Dal Metz Yeghern al Nagorno Karabakh: un Popolo sotto assedio

Napoli, 1 Maggio – A centodieci anni dal genocidio armeno, la memoria torna a farsi voce nei luoghi della storia e nelle parole delle istituzioni. Un milione e mezzo di vittime – secondo le stime ufficiali – cadute sotto la furia nazionalista del governo dei Giovani Turchi durante la Prima guerra mondiale. Un massacro sistematico, negato ancora oggi dalla Turchia, che segnò l’inizio del XX secolo con un crimine divenuto archetipo di quelli successivi.

Nella capitale, al Giardino degli Armeni, i rappresentanti della Chiesa armena in Italia e gli ambasciatori presso il Quirinale e la Santa Sede hanno commemorato le vittime, rilanciando l’appello al riconoscimento formale da parte della Turchia. Parole dure quelle dell’ambasciatore armeno in Italia, Vladimir Karapetyan: “La negazione dei fatti storici implica il ripetersi dei crimini”. Un monito che si fa urgente alla luce delle recenti violenze nel Nagorno Karabakh, dove nel 2023 circa 120 mila armeni sono stati assediati, affamati e infine cacciati da una terra abitata da millenni.

“La ferita inferta continua a sanguinare”, ha dichiarato un esponente della Comunità Armena. “Senza memoria, senza giustizia, il genocidio non è finito”. In una nota ufficiale, la Comunità ha rinnovato il proprio impegno verso un futuro europeo, chiedendo il sostegno dell’Italia contro le minacce dei regimi autocratici di Erdogan e Aliyev.

Il genocidio armeno, definito da papa Francesco “il primo genocidio del XX secolo”, fu il risultato di un piano ideologico e politico. Concepito nel cuore dell’Impero Ottomano da un triumvirato di militari – Talaat, Enver e Djemal – il progetto mirava all’omogeneizzazione etnica dell’Anatolia. Deportazioni, marce della morte verso il deserto siriano di Deir el-Zor, massacri sistematici e confisca dei beni segnarono la fine di una presenza plurimillenaria.

La storiografia turca continua a negare l’intenzionalità dello sterminio, relegandolo a tragica conseguenza della guerra. Ma i documenti storici e le testimonianze raccontano altro: un’operazione pianificata, sostenuta da un apparato statale e paramilitare, l’Organizzazione Speciale, sotto la supervisione dei ministeri dell’Interno e della Guerra.

Oggi, il popolo armeno guarda al futuro dalla piccola repubblica emersa nel 1992 dal crollo sovietico. Ma lo sguardo è ancora rivolto verso il Monte Ararat, simbolo di una patria perduta. A Yerevan, il Memoriale del Metz Yeghern sulla Collina delle Rondini resta testimone silenzioso del Grande Male. In un tempo in cui i conflitti su base etnica riemergono in nuove forme, la memoria del genocidio armeno è un monito: il silenzio, l’indifferenza e la negazione sono i primi complici dell’orrore.

Vai al sito

Dal genocidio degli armeni ai genocidi di oggi (Pressenza 01.05.25)

Il 24 aprile è stato celebrato il 110° anniversario del genocidio di oltre 1,6 milioni di armeni per mano dei governi turchi, conosciuto come il primo genocidio del XX secolo. Il popolo armeno è stato quindi la prima vittima di genocidio del secolo scorso.

Oggi più che mai questa ricorrenza dovrebbe essere un monito per l’umanità perché i genocidi continuano a verificarsi, in Europa, in Africa, in Asia, pensiamo ai palestinesi a Gaza, al Myanmar dove gli alti comandi militari stanno commettendo un genocidio contro la comunità musulmana dei Rohingya, in Sudan… e anche sul continente americano.

La Convenzione sul genocidio è tuttora attuale come lo fu il 9 dicembre 1948, giorno in cui divenne il primo Trattato sui Diritti Umani adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, seguito il giorno dopo dall’adozione della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Da quel momento si pensò che questi due eventi avrebbero inaugurato una nuova era dei diritti umani: la visione di un mondo in cui i genocidi non si sarebbero mai più ripetuti. Tuttavia, come ha ricordato Zohrab Mnatsakanyan, ministro degli Esteri armeno, dall’adozione della Convenzione, il “mai più” è stato pronunciato molte volte, ma i genocidi non sono stati impediti.

I genocidi non avvengono all’improvviso; al contrario, i segnali che li precedono sono molto chiari. Per questo motivo, possono essere prevenuti, come ha sottolineato l’allora Alto Commissario per i diritti umani, Michelle Bachelet e, per farlo, sarebbe necessario eliminare l’impunità, punendo i responsabili, perché l’“odioso flagello” del genocidio, come lo descrive la stessa Convenzione, rimane una minaccia e una realtà nel XXI secolo.

Adama Dieng, consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio, ha osservato che non si tratta di “un incidente”, ma del riflesso dell’“inazione della comunità internazionale nell’affrontare i segnali d’allarme che hanno permesso che diventasse una realtà”.

Eppure, le statistiche sullo stato delle ratifiche e delle adesioni alla Convenzione sono preoccupanti. Quasi un quarto dei membri delle Nazioni Unite ha ritardato l’adesione a questo strumento internazionale di fondamentale importanza.

Quello degli armeni non è stato l’unico genocidio del XX secolo: Namibia, Cecenia, Giappone, Grecia, Ruanda e Burundi, Cambogia, Vietnam, si aggiungono alla lista di quelli che vanno oltre l’Olocausto dei milioni di ebrei per mano dei nazisti.

Il Sud America non ha fatto eccezione quando si è trattato di violazioni dei diritti umani. Le dittature militari degli anni Settanta e Ottanta hanno portato a massacri indiscriminati di contadini in Nicaragua e El Salvador. Nel Cile di Pinochet furono uccise 4.000 persone e nell’Argentina del generale Videla 30.000 in cinque anni.

Meno ricordato è invece il genocidio provocato dal dittatore dominicano Rafael Trujillo, che nell’ottobre 1937 ordinò la morte di 30.000 haitiani residenti nella Repubblica Dominicana.

Gli armeni

Forse ricordare la barbarie del 1915 perpetrata contro gli armeni potrebbe contribuire a creare una consapevolezza in grado di porre in qualche modo un freno alla barbarie presente e futura.

Il genocidio commesso tra il 1915 e il 1923 ha portato all’uccisione di oltre due milioni di armeni – cristiani – e a una pulizia etnica dei territori turchi che essi abitavano, con la morte di almeno 1,6 milioni di persone.

L’operazione fu inaugurata dal governo dei Giovani Turchi, il quale approfittava della cortina fumogena della Prima Guerra Mondiale, e portata a termine sotto il governo “occidentalista” di Kemal Atatürk. Non fu il primo massacro: un altro genocidio armeno, ma meno vasto, ebbe luogo in precedenza, tra il 1894 e il 1896.

Abdul Hamid II, il “Sultano Rosso” – deposto nel 1909 dai Giovani Turchi – aveva scoperto che si poteva “porre fine alla causa armena ponendo letteralmente fine agli armeni”, una dottrina di “soluzione finale” che ebbe molti seguaci nel XX secolo e anche nel quarto di secolo già trascorso nel XXI secolo.

Questa è stata la principale forza motrice che ha portato la diaspora armena a commemorare ogni anno la data simbolica del 24 aprile, senza lacrime e in silenzio. Per decenni le comunità armene, create dai sopravvissuti al massacro e disseminate in tutto il mondo, si sono riunite insieme ogni 24 aprile, senza applausi. Nel totale silenzio.

Traduzione dallo spagnolo di Maria Sartori. Revisione di Thomas Schmid.

Vai al sito

Roma – Toccante commemorazione del 110° anniversario del Genocidio Armeno (Assadakah 30.04.25)

Letizia Leonardi (Assadakah News) – Si è svolta ieri, 29 aprile, al Giardino degli Armeni di piazza Lorenzini, la cerimonia di commemorazione del 110° anniversario del Genocidio Armeno. Era prevista per il 23 aprile ma era stata annullata a seguito del decesso di Papa Francesco e della decisione del Consiglio dei Ministri di proclamare cinque giornate di lutto nazionale. Alle ore 19,15 alla presenza delle Istituzioni Capitoline, dei rappresentanti della Chiesa Armena e degli Ambasciatori armeni presso il Quirinale e la Santa Sede è iniziato il ricodo delle vittime del Metz Yeghérn con l’inno nazionale italiano e quello armeno. A seguire canti liturgici armeni e la preghiera in lingua armena da parte dell’autorità religiosa. Il rappresentante per il Consiglio della Comunità Armena di Roma ha dato il benvenuto ai presenti con il suo toccante discorso “Oggi ricordiamo – ha affermato – col cuore trafitto dal dolore ma colmo della speranza del Signore risorto, il 110° anniversario del genocidio armeno”.

Ha ribadito l’importanza di non ignorare certe ferite inferte ad un intero popolo e ha letto le parole pronunciate da Papa Francesco dieci anni fa, in occasione del centenario del genocidio, dicendo che, quello degli armeni è stato il primo genocidio del XX secolo. Il rappresentante della Comunità armena di Roma ha ringraziato il defunto Santo Padre facendo notare che Il silenzio complice, nominato da papa Francesco, risuona anche oggi come 110 anni fa. “Quel …A me che importa – ha proseguito il rappresentante del Consiglio per la Comunità Armena di Roma – è risuonato anche nel 2023 quando 120 mila armeni, i figli dell’Artsakh – Nagorno Karabakh sono stati sotto assedio, affamati e stremati per poi essere cacciati dagli azeri, sotto la minaccia della pulizia etnica, dalla terra che avevano abitato da millenni e con i loro leader ingiustamente carcerati senza la possibilità di avere una giustizia. E quel… A me che importa risuona anche oggi quando ci sono tentativi di revisionismo storico ai danni della chiesa armena e del suo patrimonio religioso e culturale per cancellare la cristianità armena. La ferita inferta agli armeni continua a sanguinare perché c’è ancora silenzio, omertà, indifferenza”. Il rappresentante della Comunità Armena di Roma ha ringraziato Roma per la donazione, avvenuta 10 anni fa, del Giardino degli Armeni e tutte le amministrazioni di quelle città che hanno voluto riconoscere il genocidio.

Ha ringraziato il parlamento italiano che, nel 2019, ha approvato la risoluzione per il riconoscimento del genocidio armeno e tutti coloro che sono vicini agli armeni, i rappresentanti della Chiesa Armena, il rettore e gli alunni del collegio armeno, i rappresentanti della Chiesa Armena Apostolica, l’Ambasciatore della Repubblica d’Armenia in Italia S. E. Vladimir Karapetyan e S. E. Boris Sahakian Ambasciatore armeno nella Santa Sede

La parola è poi passata all’Ambasciatore Karapetyan che ha letto il suo primo discorso in lingua italiana su quello che è successo nel passato e nel presente. “La negazione dei fatti storici implica il ripetersi dei crimini”. E ha parlato dello sfollamento forzato del Nagorno Karabakh e la cancellazione della presenza armena con tentativi di manipolare e mistificare la storia. Ha dichiarato che noi abbiamo un ruolo da svolgere e ha ringraziato i presenti e anche le autorità capitoline.

Federico Rocca era lì in rappresentanza del comune di Roma, definito un amico armeno di vecchia data, senza interessi ma solo per amicizia. “Dobbiamo impegnarci – ha affermato Rocca – alla conservazione della memoria per testimoniare e raccontare per le future generazioni. Il popolo armeno ha lottato con enorme fierezza per la verità”.

Il successivo intervento è stato quello dell’Onorevole Andrea Casu del gruppo parlamentare amicizia italia armena che ha nominato il suo collega Centemero che, insieme a lui, condivide questo impegno a favore degli armeni. Ha raccontato del suo viaggio in Armenia e la visita al memoriale. “Occorre – ha dichiarato Casu – unire le istituzioni laiche e religiose per la memoria del popolo armeno e rinnovare la vicinanza a un popolo che soffre anche attualmente per ciò che è successo nel Nagorno Karabakh. È stata poi la volta dell’ex europarlamentare del M5S Fabio Massimo Castaldo: “Roma non arebbe così senza il contributo che negli anni hanno dato gli armeni e 10 anni fa ero in Armenia alla commemorazi del centenario. Come politici dobbiamo lottare affinché tutti riconoscano il genocidio. La pace per essere vera pace deve essere giusta. L’UE deve proteggere il patrimonio armeno in pericolo. Perdere quel patrimonio e costringere migliaia di persone a lasciare la loro terra significa che non siamo stati in grado di assolgere il nostro compito e questo grida vendetta”. Castaldo ha ricordato la guerra del 2020 e ha dichiarato che l’armenia è un futuro membro dell’UE per tutto quello che ha dato. Ha citato anche le minacce da parte degli azeri fatte ai parlamentari europei. “Dobbiamo – ha concluso l’ex europarlamentare – pretendere il rispetto del diritto di vivere nelle proprie terre. Aiutateci ad aiutarvi. Senza l’Armenia l’Europa è più piccola”. La commemorazione è terminata con un canto liturgico per onorare Ignazio Maloyan, arcivescovo cattolico armeno, cittadino ottomano, arcieparca di Mardin degli Armeni che fu ucciso dai turchi durante il genocidio del 1915 ed è stato beatificato come martire da papa Giovanni Paolo II nel 2001.

A ridosso del ricordo delle vittime del genocidio armeno diversi sono stati gli interventi di parlamentari e capi di Stato. Il 24 aprile Filippo Sensi del Pd, nel suo intervento in aula, ha ricordato il massacro. “Ricorre proprio oggi il centodecimo anniversario del genocidio armeno – ha affermato Sensi – una pagina fosca e negletta di un Novecento che non ci abbandona. Nel 1915 un pianificato sterminio portò alla strage, da parte dell’impero ottomano (ancora gli imperi, sempre gli imperi) di un milione e mezzo di armeni deportati, massacrati, violentati, crocifissi, lasciati morire nelle marce della morte lungo il deserto come polvere della storia. Alla loro memoria dobbiamo ancora oggi uno sforzo di verità, tuttora negata, la cui mancanza pesa sulla disgraziata situazione di tutta quell’area, piagata oggi da morte e aggressioni e dove tuttavia resiste testarda un’aspirazione alla pace, fioca luce della quale non dobbiamo disperare nella oscurità di questi anni”.

“Basti pensare – ha sottolineato – alle centinaia di migliaia di armeni costretti a lasciare, poco più di anno fa l’Artsakh, esodo di una Bibbia di dolore che dobbiamo saper leggere, riconoscere e dire, ricordare, guardare dentro l’abisso che spalanca. Verità e giustizia sono le parole che di solito balbettiamo di fronte alla umana disumanità di questa violenza smisurata della volontà di un popolo di annichilirne un altro, perché non ne resti traccia, ombra, ricordo.

Per questo oggi sentiamo il dovere storico e collettivo di commemorare il genocidio armeno e fare più vivo ciò che non muore, l’aspirazione a un impossibile mai più, un sentimento profondo di silenziosa e complice vergogna, il disagio di un silenzio che rompiamo in questa sede solenne, dove tutti insieme qualche settimana fa, maggioranza e opposizione, abbiamo saputo fare un passo avanti per la pace tra Armenia e Azerbaigian, perché i diritti umani sappiano custodirsi come umani doveri di ognuno di noi, verso ognuno di noi. Aylevs yerbek’, mai più”. Alle parole di Sensi si è associato anche il senatore di Italia Viva Ivan Scalfarotto.

“Oggi si ricorda il genocidio armeno – ha dichiarato l’esponente di Italia Viva – che iniziò con l’arresto e la decapitazione degli intellettuali armeni, quindi le idee, la letteratura, la lingua di quelle persone. È questo che caratterizza un genocidio: il desiderio di annientare quel particolare popolo, cancellando la sua anima. Oggi dobbiamo continuare ad attivarci affinché in quella regione la pace prevalga e il popolo armeno non sia costretto ad altre sofferenze, come è successo anche di recente quando più di centomila persone sono state costrette all’esodo dalle loro casa”. Anche Giulio Centemero della Lega, ha voluto ricordare il dramma degli armeni. “Sono trascorsi 110 anni dal genocidio degli armeni – ha spiegato Centemero – ma non dobbiamo dimenticare. Dimenticare la storia e soprattutto i suoi momenti più oscuri fa sì che gli stessi si ripetano. In questo giorno ci stringiamo a tutti gli armeni nel ricordo del Metz Yegérn e in particolare alle associazioni e comunità armene d’Italia, senza dimenticare che il popolo armeno è tuttora sotto minaccia esistenziale”.

Anche Andrea De Priamo (FdI), componente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Armenia, ha fatto il suo intervento in aula: “Il 24 aprile di 110 anni iniziò il genocidio del popolo armeno, ad opera dell’Impero ottomano, che dal 1915 al 1923 costò la vita a più di un milione e mezzo di cristiani armeni e provocò l’esodo di chi riuscì a sfuggire alle persecuzioni. A più di un secolo di distanza quello del popolo armeno è un genocidio dimenticato e, addirittura, in taluni casi negato. Il ricordo delle tragiche vicende del popolo armeno è uno strumento importante per vincere la battaglia del riconoscimento del genocidio e, soprattutto, un modo per ribadire la ferma condanna a ogni forma di persecuzione. In un contesto internazionale che vede il diffuso e preoccupante riaccendersi di conflitti, il riconoscimento e il ricordo di quei tragici eventi deve essere sempre di insegnamento alla ricerca della pace, e deve essere uno strumento per ricordare l’amicizia col popolo armeno e l’impegno espresso dall’Italia anche con una recente mozione bipartisan approvata in senato per promuovere e favorire la pace tra Armenia e Azerbaijan”,

Vai al sito

Jerevan: l’ambasciatore Ferranti a colloquio con il presidente della Corte Costituzionale armeno Dilanyan (Aise 30.04.25)

JEREVAN\ aise\ – L’ambasciatore d’Italia a Jerevan, Alessandro Ferranti, ha incontrato venerdì scorso, 25 aprile, il presidente della Corte Costituzionale della Repubblica d’Armenia, Arman Dilanyan.
Nel corso dell’incontro, parlando della cooperazione tra le Corti Costituzionali dei due Paesi, il presidente Dilanyan ha espresso grande apprezzamento per le ricche tradizioni dell’Italia nel campo dello sviluppo del diritto e, in particolare, in quello della giustizia costituzionale. A tale proposito il presidente, richiamando i profondi rapporti di amicizia tra le due Nazioni, ha inoltre sottolineato l’importanza dello scambio di esperienze e del rafforzamento dei legami sia in ambito bilaterale che multilaterale.
L’ambasciatore Ferranti, ringraziando per la calorosa accoglienza, ha assicurato che nel corso del suo mandato compirà tutti gli sforzi necessari per sviluppare ulteriormente le relazioni e la collaborazione già esistenti tra gli organi di giustizia costituzionale dei due Paesi.
Su invito dell’ambasciatore Ferranti, il presidente Dilanyan ha inoltre presentato le funzioni e il ruolo della Corte Costituzionale nel sistema di pubblica amministrazione della Repubblica d’Armenia. (aise)

Roma ricorda genocidio degli armeni 110 anni dopo,’memoria viva’ (Ansa e altri 30.04.25)

A110 anni dal genocidio armeno, le istituzioni capitoline, i rappresentanti della Chiesa armena in Italia e gli ambasciatori presso il Quirinale e la Santa Sede hanno ricordato il tragico evento, sottolineando il persistente pericolo di conflitti su base etnica, non solo in Armenia, e auspicando un riconoscimento del genocidio da parte della Turchia.
Un ricordo delle vittime, circa un milione e mezzo secondo le fonti ufficiali, si è svolto al Giardino degli Armeni di Roma.
Sono state ricordate le parole di papa Francesco, che definì quello degli armeni “il primo genocidio del XX secolo”.

Un attacco ritentato nel 2023 quando – è stato ricordato – “120 mila armeni, i figli dell’Artsakh-Nagorno Karabakh sono stati sotto assedio, affamati e stremati per poi essere cacciati dagli azeri, sotto la minaccia della pulizia etnica, dalla terra che avevano abitato da millenni e con i loro leader ingiustamente carcerati senza la possibilità di avere una giustizia”.
“La negazione dei fatti storici implica il ripetersi dei crimini”, ha detto l’ambasciatore armeno in Italia Vladimir Karapetyan.

“La ferita inferta agli armeni continua a sanguinare perché c’è ancora silenzio, omertà, indifferenza”, ha detto un rappresentante della Comunità Armena. “L’Armenia guarda al futuro – ha affermato la Comunità in una nota – e sceglie la strada della democrazia e dell’Unione Europea”. Su questo percorso chiede il sostegno dell’Italia, “poiché i regimi autocratici di Erdogan e Aliyev vogliono distruggere l’ultima speranza degli armeni per una vita dignitosa in Europa”. “Oggi più che mai gli armeni hanno bisogno di aiuto affinché il genocidio non venga dimenticato. Senza un riconoscimento da parte della Turchia di quanto è avvenuto – conclude la nota – dimostriamo al mondo che è accettabile ammazzare le persone soltanto per loro origine etnica”.


Roma ricorda genocidio degli armeni 110 anni dopo,’memoria viva’ (GiornalediBrescia)


 

Non ti scordar di me/ Un video reportage e un libro per ricordare il Genocidio Armeno (Il Sussidiraio 30.04.25)

‘Non ti scordar di me’: Liberilibri pubblica un videoreportage e un libro scritto da Vittorio Robiati Bendaud per commemorare e capire il Genocidio armeno

È stato pubblicato in questi giorni – proprio in occasione del 110mo anniversario che cadeva lo scorso 24 aprile – il video reportage ‘Non ti scordar di me‘ che accompagna l’omonimo libro scritto da Vittorio Robiati Bendaud e pubblicato da Liberilibri dedicati – entrambi – allo spesso dimenticato, ignorato e talvolta insabbiato Genocidio Armeno del che risale agli anni a cavallo tra il 1915 e il 1916: due documenti – appunto, ‘Non ti scordar di me‘ – che oltre a voler tenere sempre viva la memoria di un evento storico crudo e tristemente drammatico, ne indagano anche gli antefatti e il persistente relazionismo turco ed azerbaigiano reso possibile – più o meno volontariamente – dalla complicità dell’intero occidente.

Prima di arrivare ai documenti che portano il titolo di ‘Non ti scordar di me‘ – richiamando il noto ed omonimo fiore perenne scelto come simbolo ed emblema del centenario di quella triste pagina della storia moderna -, vale la pena ricordare che il Genocidio Armeno venne perpetrato (appunto) dalla Turchia e dall’Azerbaijan all’epoca raccolti sotto l’egide dell’impero ottomano: si stima che tra deportazioni e veri e propri stermini, nell’arco di appena un anno morirono più di 3 milioni di armeni; mentre ad oggi sono solamente 29 i paesi del mondo (tra cui l’Italia) che riconoscono quegli eventi come genocidio, con la Turchia e numerosi storici mondiali che si limitano a parlare di “massacri” negando la natura genocidiaria di quegli eventi.

‘Non ti scordar di me’: il video reportage e il libro di Vittorio Robiati Bendaud per ricordare il Genocidio armeno

Tornando a noi, il video reportage ‘Non ti scordar di me – pubblicato sempre da Liberilibri e raggiungibile gratuitamente semplicemente cliccando su queste parole – è stato diviso in tre differenti parti nel corso delle quali oltre a commemorare quei tragici eventi di oltre un secolo fa, si fissa l’obbiettivo di indagare le ragioni storiche dell’accaduto estendendosi fino al presente per uscire da quella visione relegata nella storia: ancora oggi – infatti – il popolo armeno è soggetto a violenze, isolamento e precarietà nel Caucaso nel più completo silenzio da parte dell’occidente libero che diventa cancellazione dal passato.

La pubblicazione del videoreportage – lo accennavamo già prima – segue peraltro a stretto giro la pubblicazione del libro ‘Non ti scordar di me – Storia e oblio del Genocidio armeno scritto da Vittorio Robiati Bendaud con una prefazione firmata da Paolo Mieli e una postfazione di Antonia Arslan: anche in questo caso – e il libro è acquistabile a questo indirizzo – oltre a ricordare quanto accaduto al popolo armeno 110 anni fa, ci si estende fino al presente per indagare l’atteggiamento negazionista della Turchia avallato dall’assenza di sanzioni o punizioni da parte dell’occidente che fa sì che il genocidio sia tuttora in essere.

Vai al sito

“La Chiesa non si fermi Serve un terzo Concilio” (Il Giornale 29.04.25)

Il “Papa armeno” Aram I: “Il cambiamento deve proseguire Bergoglio era amato da noi, riconobbe il genocidio”

"La Chiesa non si fermi Serve un terzo Concilio"

Aram I è il patriarca degli armeni. Lo chiamano anche il Papa armeno e gli riconoscono il titolo di Sua Santità. È un arcivescovo cristiano orientale, il suo nome all’anagrafe è Aram Keshishian, ha 78 anni, era molto legato a Papa Bergoglio che ha incontrato diverse volte a Roma.

Papa Francesco è stato un Papa amico degli armeni?

«Ho conosciuto Papa Francesco molto da vicino, è stato un grande Papa e ha provato costantemente a rendere la Chiesa cattolica una realtà viva e in trasformazione, vicina alla vita delle persone. Per questo è stato definito il Papa delle persone. Aveva una posizione chiara riguardo qualsiasi problema riguardante i diritti umani e i valori biblici. In occasione del centesimo anniversario del genocidio armeno, durante le celebrazioni eucaristiche in Vaticano, il Papa si è espresso pubblicamente ed apertamente, dichiarando che ciò che è accaduto alla popolazione armena durante il primo conflitto mondiale è stato un genocidio organizzato. Per questo motivo, per la popolazione armena il Papa è diventato ancor di più una persona altamente rispettata ed è anche per questo che ho voluto essere presente al suo funerale».

Cosa perdiamo con la morte del Papa?

«Il Papa ha fatto del suo meglio per realizzare la sua visione, come ogni buon leader. Papa Francesco voleva prendere la Chiesa e portarla oltre la Chiesa e la liturgia, offrendola alle persone. La Chiesa è una comunità, esiste nelle persone che la formano, non è l’amministrazione o la gerarchia. Adesso la responsabilità è dei cardinali: guardando alla nostra società in continua evoluzione dovranno decidere che tipo di Chiesa vogliono, e quindi che Papa è giusto eleggere».

Cosa si aspetta dal Conclave?

«Giovanni XXIII iniziò il Concilio Vaticano II nel 1962 e utilizzò la parola aggiornamento: voleva che la chiesa fosse reattiva nei confronti della società e che si aprisse al mondo. Dopo oltre 50 anni io chiesi a Giovanni Paolo II: Non è il tempo di iniziare il Concilio vaticano terzo?. E poi lo chiesi a Papa Benedetto, e lui mi rispose: Probabilmente lo farà il mio successore. Infine, lo chiesi a Papa Francesco che iniziò l’aggiornamento della Chiesa con la sinodalità, un processo importante per l’agenda vaticana. Dal conclave spero giunga la consapevolezza di vivere in un’età di ecumenismo, di congiunzioni e cooperazione».

Quali sono le sue relazioni con la Chiesa cattolica?

«Siamo sempre stati vicini al Vaticano e siamo anche oggi impegnati a continuare questa relazione».

C’è qualcosa in particolare che ricorda degli incontri con il Papa?

«L’ho incontrato tante volte e in differenti contesti, privati, pubblici, congressi. La sua posizione sul genocidio degli armeni è molto chiara, e che un Papa si esprima in maniera così netta ha costituito un evento storico, e mi ha impressionato che lui abbia affermato ciò che ha affermato, semplicemente perché lo sentiva dentro di se e per essere fedele alla storia».

Qual è l’atteggiamento dell’Occidente nei confronti del genocidio armeno?

«Il mondo politico si muove in base agli interessi. La religione invece si muove sui valori. Questa è la differenza fondamentale. Alcuni paesi esprimono la loro solidarietà, alcuni restano in silenzio, ma è solo questione di interessi politici, dei quali la religione non si cura».

La tragedia armena non ha mai avuto grande riconoscimento, cosa pensa di questo?

«La storia è la testimone di ciò che è accaduto ma noi continueremo il nostro lavoro perché ci sia il riconoscimento del genocidio. In particolare vogliamo che la Turchia lo riconosca, perché è necessario si guardi in faccia la realtà, che i turchi sappiano che i loro bisnonni hanno ucciso i nostri bisnonni. Devono guardare in faccia l’amara realtà comprendendo che per quanto triste la storia non può essere cambiata e questa è la mia aspettativa e speranza».

Armenia e Azerbaijan: qual è lo stato delle cose?

«Tutti sanno che gli armeni erano lì (nel Nagorno-Karabakh) storicamente: oltre 120.000 armeni vivevano lì. Adesso l’Azerbaijan ha l’obiettivo di deportarli e si può dire si tratti di un differente tipo di genocidio, supportato dalla Turchia. Sono molto deluso dal fatto che ci sia stato un convegno internazionale all’università gregoriana, e il tema era la presenza cristiana in Azerbaijan, e non solo si è completamente ignorata e negata la presenza di armeni, ma le chiese armene sono state presentate come parte della cultura dell’Azerbaijan. Una cosa del genere nelle mura vaticane, qualcosa organizzato da un’università così conosciuta, ha profondamente deluso gli armeni, in tutto il mondo. In questo momento ci sono negoziazioni e lo scopo è stabilire una pace permanente ma non c’è pace senza giustizia e giustizia è il vero nome della pace».

Che domanda vorrebbe fare al nuovo Papa?

«Chiederei che continui il processo di aggiornamento della Chiesa su tanti temi. Per esempio sul tema dei matrimoni omosessuali. In questo piccolo mondo non possiamo dire questo è un tuo problema, non mio. E credo quindi sia necessario guardare a questi problemi esistenziali in modo che sì preservino i valori della religione ma rispondendo alla realtà. La mia domanda al nuovo papa è questa: come possiamo riconciliare i valori biblici e la realtà del mondo presente?».

I suoi pensieri sul conflitto Russo- Ucraino?

«Ho ottimi rapporti con il Patriarca russo Kirill. Riguardo al conflitto, la guerra ha le proprie regole e non ho alcun giudizio sulle parti. Ma questi due Paesi sono vicini per cultura, etnia, religione. Ritengo sia urgente che si fermino le armi, che si fermino queste uccisioni il prima possibile, con l’impegno di trovare una soluzione accettabile da tutti e due i contendenti».

Ha una preferenza per uno dei papabili?

«Lascio questa decisione al conclave che opera per lo Spirito santo».

Vai al sito


Chi è Aram I? Biografia del Catholicos della Chiesa Apostolica Armena?