Come l’Azerbaijan sfrutta il calcio per la sua politica estera (Eastjournal 09.04.25)

Svariate autocrazie in giro per il mondo utilizzano lo sport per “ripulire” la propria immagine agli occhi dell’opinione pubblica internazionale. Seguendo l’esempio dei suoi vicini del Golfo, l’Azerbaijan è stato particolarmente attivo in queste pratiche di cosiddetto sportwashingGrandi eventi, sponsorizzazioni e persino i nomi delle squadre del campionato di calcio azero sono sfruttati dal regime di Aliyev non solo per migliorare la reputazione internazionale dell’Azerbaijan, ma anche per portare avanti i suoi obiettivi regionali di politica estera.

FK Qarabağ e la propaganda di guerra

La squadra di calcio FK Qarabağ è stata costretta a spostarsi nella capitale quando le forze armene hanno preso il controllo di Agdam durante la Prima Guerra del Nagorno-Karabakh. Al seguito di numerosi problemi finanziari,  nel 2001 la società si ritrova sull’orlo del fallimento. Proprio in quel momento, il club viene salvato dal gruppo Intersun, controllato dai due fratelli Abdolbari e Hasan Gozal, vicini al governo azero. Come riportato dall’Independent, il via libera per l’acquisto della società sarebbe arrivato dallo stesso Heydar Aliyev, ex presidente e padre dell’attuale Capo di Stato.

Ad inizio anni 2000, il “club rifugiato” inizia la sua ascesa supportato da ingenti fondi provenienti da gruppi oligarchici filogovernativi. Dal 2014 comincia stabilmente a qualificarsi per le maggiori competizioni europee. Nel 2017 diventa addirittura il primo club azero nella storia ad accedere alla fase a gironi della Champions League, massima competizione calcistica europea per club. Le apparizioni in alcuni dei tornei di calcio più popolari al mondo hanno consolidato l’associazione tra Karabakh e Azerbaijan, sottraendo il nome alla tradizione armena. La propaganda interna dedica una grande attenzione a questo progetto sportivo e non perde occasione di enfatizzare il valore simbolico dei successi della squadra all’interno della disputa territoriale del Nagorno-Karabakh.

Lo stesso club utilizza la sua crescente esposizione mediatica per supportare la retorica governativa sul conflitto. Durante la guerra del 2020 la UEFA (federazione calcistica europea) ha emesso una diffida contro il Qarabağ a causa dei saluti militari eseguiti dai suoi giocatori prima di un match internazionale e ha radiato il suo responsabile della comunicazione, Nurlan Ibrahimov, per aver lanciato sui suoi social un appello “a uccidere tutti gli armeni, giovani e vecchi, senza distinzione”.

Eventi e sponsorizzazioni

In termini di visibilità, l’esempio più significativo di sportwhashing è sicuramente il Gran Prix di Azerbaijan di Formula 1, che si è svolto ogni anno a partire dal 2017. Il governo azero, però, ha mostrato molto interesse anche per gli eventi del mondo del calcio. Nel 2019 Baku ha ospitato la prestigiosa finale di Europa League tra Chelsea e Arsenal (qui abbiamo raccontato il caso legato al giocatore armeno Mkhitaryan). La partita ha suscitato molte critiche, sia da parte delle organizzazioni non-governative, che hanno denunciato i tentativi del governo azero di usare lo sport per nascondere i suoi abusi, sia da parte degli adetti ai lavori, che hanno lamentato considerevoli problematiche logistiche ed organizzative legate all’evento. Nonostante le controversie che hanno accompagnato la finale, la UEFA decide di disputare in Azerbaijan quattro partite del campionato europeo di calcio per nazionali UEFA Euro 2020, rinviato al 2021 a causa della pandemia di Covid-19.

L’Azerbaijan ha anche lavorato sul fronte delle sponsorizzazioni. La compagnia statale petrolifera SOCAR è stata uno dei principali sponsor della UEFA tra il 2013 e 2020, proprio negli anni in cui Baku inizia ad essere coinvolta nell’organizzazione di importanti competizioni continentali. Il rapporto è stato interrotto a causa della pubblicazione di contenuti aggressivi riguardante la Seconda Guerra del Nagorno-Karabakh da parte dei profili social della SOCAR.

Il governo azero ha finanziato diverse squadre calcistiche europee con lo sponsor “Azerbaijan – Land of Fire”. La scritta è apparsa nella maglietta dello Sheffield Wednesday, una squadra di serie B inglese, del Lens, squadra francese di Ligue 1, e soprattutto dell’Atletico Madrid, che con lo sponsor governativo sulla divisa ha addirittura giocato la finale di Champions League del 2014.

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Ambasciatore Ferranti incontra ministro del Lavoro dell’Armenia (Ansa 09.4.25)

Redazione Ansa

(ANSA) – ROMA, 09 APR – L’Ambasciatore d’Italia a Jerevan, Alessandro Ferranti, è stato ricevuto dal Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali della Repubblica di Armenia, Narek Mkrtchyan. Nel corso dell’incontro, sono stati trattati temi relativi alla disabilità, alla sicurezza sociale, alla digitalizzazione, focalizzandosi anche sulle opportunità future.
Il Ministro Mkrtchyan ha sottolineato l’importanza di finalizzare il Memorandum di Cooperazione negoziato con le controparti italiane del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Ministero per le Disabilità, al fine di rilanciare la collaborazione bilaterale.
L’Ambasciatore Ferranti, a sua volta, ha evidenziato la comune volontà di espandere la cooperazione tra i due Paesi anche nel settore del lavoro e della protezione sociale, esprimendo la sua disponibilità a contribuire all’ulteriore sviluppo delle relazioni tra Italia e Armenia. (ANSA).

Vite al fronte. Donbass, Libano, Siria, Nagorno Karabakh (Culturabologna.it 07.04.25)

Luca Steinmann presenta il suo libro Vite al fronte. Donbass, Libano, Siria, Nagorno Karabakh: il grande intreccio delle guerre nelle storie di chi le ha vissute (Rizzoli).
Con Mara Morini, Università di Genova.
Modera Stefano Totaro, Geopolis.
Introduce Francesco Curati, Geopolis.


Negli ultimi anni Steinmann ha vissuto conflitti in tutti gli angoli della Terra, aggregandosi a eserciti, popolazioni e combattenti tra loro nemici: durante la guerra in Libano del 2024 è stato tanto sul lato israeliano quanto su quello di Hezbollah; ha viaggiato sia per i territori in mano ad Assad, tornandoci dopo la sua caduta, sia in quelli abitati da ribelli e civili a lui ostili lungo i confini della Siria; è andato nel Nagorno Karabakh durante i combattimenti e poi di nuovo dopo la fuga di massa degli armeni, osservando il ripopolamento di questa regione da parte degli azerbaigiani. Senza dimenticare il Donbass, dove è stato uno dei pochissimi giornalisti occidentali a seguire le truppe russe mentre invadevano l’Ucraina. In tutti questi viaggi ha raccolto le testimonianze di soldati e civili che, travolti dalle guerre, non riescono più a liberarsene, nemmeno fuggendo all’estero. Ha incontrato gli ebrei ucraini che nel 2022 sono scappati in Israele per poi ritrovarsi un anno dopo trascinati nuovamente nella guerra di Gaza; i palestinesi rifugiati in Libano e Siria e travolti anche lì dai conflitti; i cristiani del Medio Oriente ormai sempre meno numerosi; gli armeni in fuga dalla guerra in Siria che, dopo essersi stabiliti nel Nagorno Karabakh, sono dovuti scappare di nuovo. Attraverso le loro storie, Steinmann mostra come tutte queste guerre siano intrecciate e si alimentino a vicenda. Con una prosa avvincente, conduce il lettore alla scoperta di aree inesplorate dai media, dando voce senza filtri a persone che lottano per la quotidiana sopravvivenza, talvolta imbracciando loro stesse le armi tra le file di milizie, eserciti e battaglioni di mercenari, come il Gruppo Wagner. E lo fa con la forza narrativa di chi cerca sempre di restituire alle guerre non la verità ideologica ma la spietata realtà dei fatti. Quella realtà che in tanti dimentichiamo perché, “alla fine, chi vince sui campi di battaglia si conquista un posto al tavolo delle grandi potenze del mondo. Anche chi fino a cinque minuti prima subiva accuse di terrorismo, pulizia etnica e genocidio. Solo gli sconfitti finiscono sul banco degli imputati”.

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La Pasqua armena: un viaggio tra tradizioni, sapori e spiritualità nel 2025 (Gaeta.it 07.04.25)

La Pasqua armena, o Zatik, si celebra il 20 aprile 2025 con riti spirituali e tradizioni culinarie che uniscono comunità e cultura, riflettendo l’identità profonda del popolo armeno.

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La Pasqua, conosciuta in Armenia come Zatik, rappresenta una delle celebrazioni più autentiche e ricche di significato per il popolo armeno. Questo evento va oltre i confini di una semplice festività religiosa, trasformandosi in un’esperienza intensa che unisce spiritualitàstoria e tradizioni culinarie. Nel 2025, le celebrazioni si svolgeranno il 20 aprile, invitando visitatori e locali a riscoprire il patrimonio culturale di una nazione che affonda le radici in un passato millenario.

Zatik: la Pasqua armena tra religione e cultura

La Pasqua, o Zatik, in Armenia è un evento che suscita emozioni profonde e fervore religioso. La festività è caratterizzata da cerimonie sacre che riflettono la dedizione della popolazione alla propria fede. Gli abitanti di questa nazione celebrano Zatik in modo particolare, e la data del 20 aprile rappresenta un momento di ritrovo comunitario essenziale. Nel corso della celebrazione, è possibile assistere a liturgie che cantano di rinascita e speranza, portando i partecipanti a riflettere sull’importanza di tali valori nella vita quotidiana.

I riti pasquali non si limitano solo all’aspetto spirituale; coinvolgono anche una commistione di elementi culturali che caratterizzano l’identità armena. I canti liturgici, intrisi di storie antiche, risuonano nelle chiese, creando un’atmosfera di trascendenza. Ogni gesto, dall’accensione delle candele ai saluti tradizionali, come “Kristos haryav i merelots” , ha un significato specifico, rivelando l’intreccio tra fede e tradizione che accompagna i festeggiamenti.

Echmiadzin: centro spirituale e culturale

Echmiadzin rappresenta il cuore della devozione religiosa armena, situata a pochi chilometri da Yerevan. Questa città non è solo un punto di riferimento spirituale, ma anche un sito riconosciuto dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità. La cittadella ospita la cattedrale fondata nel IV secolo da San Gregorio l’Illuminatore e durante le celebrazioni pasquali si trasforma in un fulcro di partecipazione e riflessione.

Nel 2025, i fedeli affolleranno le strade di Echmiadzin in occasione della messa pasquale, una celebrazione segnata da una liturgia ricca di simbolismi e canti che svelano la bellezza della tradizione religiosa armena. Il restauro della cattedrale avvenuto di recente permette ai visitatori di ammirare affreschi secolari immersi in un’illuminazione suggestiva, accentuata dal chiarore delle candele. Questa scelta architettonica non è coincidente; il calore del luogo invita alla meditazione e alla condivisione di momenti sacri, ulteriormente rinforzati dai segni di comunità e affetto.

La tavola armena: simbolo di condivisione e convivialità

Un aspetto fondamentale della Pasqua in Armenia è la celebrazione attorno alla tavola, dove ogni piatto racconta una storia di rinascita e speranza. Le famiglie si riuniscono per gustare specialità tradizionali, tra cui pesceuova sode e riso pilaf arricchito da frutta secca, che esprimono il legame tra passato e presente. L’Atsik, un piatto a base di grano, diventa un simbolo della resurrezione, portando i commensali a riflettere sul significato del sacrificio e della speranza.

Un momento di gioco tipico, noto come “battaglia delle uova”, coinvolge partecipanti di tutte le età in sfide amichevoli, dove si tenta di rompere l’uovo altrui mantenendo intatto il proprio. Questo gioco non è soltanto un divertimento, ma rappresenta anche la rivalità amichevole e l’unità familiare.

La cucina armena, ricca di sapori e storie, arricchisce ulteriormente l’esperienza pasquale. Piatti come la trota Ishkhan, pescata nel Lago Sevan, rivelano il profondo legame tra tradizione culinaria e cultura. Il vino, elemento centrale nella liturgia e nei festeggiamenti, riempie i calici, creando un’atmosfera di convivialità. Il lavash, un pane tradizionale, è un simbolo di ospitalità e viene presentato come un dono sempre gradito.

Zatik: un’immersione nella cultura armena

Trascorrere la Pasqua in Armenia è un’opportunità per scoprire una cultura affascinante e ricca di significato. Zatik offre un contesto unico, dove spiritualità e convivialità si fondono, creando una celebrazione che va oltre la religione. Le strade storiche, i monumenti antichi e le tradizioni culinarie diventano elementi essenziali per comprendere la vera essenza armena, segnando ogni istante di festeggiamenti con significati profondi.

Un viaggio in Armenia durante il periodo pasquale permette di sentirsi parte di un ambiente dove ogni tradizione ha una storia da raccontare e dove ogni piatto porta con sé ricordi di generazioni. L’accoglienza e il calore del popolo armeno arricchiscono questa esperienza, rendendo indimenticabile ogni momento trascorso nel paese, in un’interazione diretta con la cultura e la fede di una nazione straordinaria.

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Pasqua 2025 in Armenia: scopri la magia di Zatik tra fede e tradizioni (Viaggiarenews)

 

Genocidio degli Armeni, a Treviso la rassegna: “Garun – La Primavera” (Trevisotoday 05.04.25)

Dal 5 aprile al 10 maggio il capoluogo della Marca ospiterà una mostra, uno spettacolo teatrale e un concerto d’eccezione in occasione del 110imo anniversario del genocidio del popolo armeno. La presentazione della rassegna a Ca’ Sugana

La presentazione dell’evento a Ca’ Sugana

Dal 5 aprile al 10 maggio 2025, Treviso ospiterà la rassegna culturale “Garun – La Primavera” per commemorare il 110imo anniversario del genocidio armeno con tre eventi unici: una mostra d’arte, uno spettacolo teatrale e un concerto. Il progetto è di Gayane Sahakyan, organizzato da nusica.org con il contributo e il patrocinio del Comune di Treviso e di Fondazione Mazzotti, con il supporto di Jane Demirchian, Ziper, Antikyan Gallery, Casa Armenia e Attori per Caso.

GARUN PROGRAMMA-2
GARUN PROGRAMMA-2

Mostra

Dal 5 aprile al 4 maggio Casa Robegan ospiterà la mostra “Primavera di Luce” che celebra la luce come simbolo di rinascita attraverso le opere di artisti come Henry Elibekyan, Francesco Stefanini, Francesco De Florio e Max Solinas. L’inaugurazione alle ore 18 vedrà tra i presenti un ospite speciali come Baykar Sivazliyan, presidente dell’Unione degli Armeni d’Italia. “Diventa un raggio di luce, la luce nell’oscurità. In tal caso potresti perfino diventare un faro per qualcuno” le parole di Alessandro Poliarni attorno alle quali sono stati scelti gli artisti italiani Francesco Stefanini, Francesco De Florio e Max Solinas, e il pittore armeno Henry Elibekyan. Saranno le loro opere, attraverso il linguaggio dell’arte, a indicare il cammino che porta verso la luce e la rinascita. Così come la primavera della luce è una rinascita, un’espansione, un’apertura, così è stato per il popolo armeno dopo il genocidio del 1915. Per la generazione sopravvissuta al genocidio, è stato fondamentale preservare il proprio patrimonio culturale, la lingua madre, il diritto di esistere, trasformare il dolore in energia vitale, per far fiorire una nuova esistenza. Una nuova primavera. 110 anni dopo, a Treviso, si può parlare del passato attraverso l’arte, senza confini, pregiudizi, lingue o nazionalità. Per gli artisti, la partecipazione all’esposizione diventa un’occasione di ricerca ed espressione di sé come “particella” separata, ma allo stesso tempo congiunta nel risveglio della rinascita. Grazie alla collaborazione con la casa editrice Leonida Edizioni e l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia, durante il periodo di apertura della mostra saranno disponibili tre volumi del grande poeta armeno Yeghishe Charents, pubblicati per la prima volta in italiano dalla casa editrice in occasione del 125esimo anniversario dalla sua nascita. La mostra sarà aperta al pubblico dal venerdì alla domenica, il venerdì dalle 15 alle 19. sabato e domenica dalle 10 alle 18. Chiusura straordinaria: 20 aprile. Aperture straordinarie: 21 aprile (ore 10-18) e 1 maggio (10-18). Ogni giovedì, su prenotazione, si potranno incontrare gli artisti.

Teatro

Il 24 aprile, ore 20.30, all’auditorium di Santa Caterina di Treviso, andrà invece in scena Le Allodole nel Deserto, a cura di Associazione Attori per Caso, per la regia di Patrizia Marcato. Tratto dal romanzo La Masseria delle Allodole di Antonia Arslan, lo spettacolo mette in luce, attraverso le esperienze delle donne armene, la resilienza, il sacrificio e la forza dello spirito umano. L’associazione Culturale Attori per Caso, in occasione del centodecimo anniversario del genocidio armeno, ha deciso di affrontare il tema del primo eccidio del Novecento, attraverso una rivisitazione al femminile di uno dei romanzi più intensi degli ultimi anni, La Masseria delle Allodole, pubblicato dalla padovana Antonia Arslan nel 2004, diventato un film grazie ai fratelli Taviani nel 2007. Arslan è stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova, ha scritto saggi sulla narrativa popolare e sulle scrittrici italiane dopo l’Unità e ha tradotto II canto del pane e Mari di grano del poeta armeno Daniel Varuja. Teatro, danza, immagini, canto e musica dal vivo si alternano nella narrazione, mentre la musica originale suonata durante lo spettacolo è firmata dal compositore Avedis Nazarian, esperto di didattica musicale e docente che ha partecipato e si è fatto promotore di simposi sulla musica contemporanea armena, in Armenia e in Francia. Ingresso gratuito, prenotazioni all’indirizzo mail: staff@nusica.org o al numero di telefono +39 3274610693

Concerto

In chiusura, il 10 maggio ore 21 all’auditorium di Santa Caterina a Treviso, si terrà il concerto di musica armena del Lusine Grigoryan Trio, capitanato dalla pianista Lusine Grigoryan e completato da Norayr Gapoyan, duduk, e Vladimir Papikyan, santur e voce. L’ensemble eseguirà gli arrangiamenti di Levon Eskenian sulla musica di Gurdjieff, Komitas, Sayat Nova e Ashugh Jivani fondendo tradizioni popolari armene con interpretazioni classiche. Sia Gapoyan che Papikyan sono membri del Gurdjieff Ensemble, celebrato per le loro suggestive performance di opere musicali armene e ispirate a Gurdjieff, filosofo, scrittore, mistico, musicista e maestro di danze armeno. Lusine Grigoryan, una delle pianiste più importanti dell’Armenia, con una serie di album registrati dalla ECM Records, si è esibita sui palcoscenici di tutta Europa, America, Medio Oriente e Australia. Come solista ha suonato in prestigiosi festival e sale da concerto quali l’Holland Festival di Amsterdam, il Bozar in Belgio, la sala Gulbenkian in Portogallo, il Nostalgia Festival in Polonia e il Canberra International Music Festival in Australia. Prima del concerto, degustazione di vini armeni offerti da Casa Armenia, luogo d’incontro per la cultura, il cibo, i vini e i distillati armeni in Italia. Biglietti: 14 euro intero online, 15 euro comprato in loco. Ridotto Under 18, persone con disabilità e Over 70 a 10 euro.

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COMUNICATO STAMPA 4 APRILE – GARUN. INIZIATIVE 110°ANNIVERSARIO GENOCIDIO ARMENI (AgenParl)

La tragedia degli armeni nella nuova edizione del libro di Arslan (Il Resto del Carlino 05.04.25)

La scrittrice presenta ‘La masseria delle allodole’, romanzo che racconta lo sterminio a partire da una casa sulle colline d’Anatolia

La scrittrice, traduttrice e docente di origine armena Antonia Arslan

La scrittrice, traduttrice e docente di origine armena Antonia Arslan

La scrittrice Antonia Arslan presenta, in occasione dei venti anni dalla prima pubblicazione, la nuova edizione del suo romanzo ‘La masseria delle allodole’ (Bur – Rizzoli). L’appuntamento è per oggi alle 17.30 alla libreria Ubik di via San Romano. Ispirato ai ricordi familiari dell’autrice, il racconto della tragedia di un popolo “mite e fantasticante”, gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell’Anatolia, dove nel maggio 1915, all’inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l’odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un “maschietto-vestito-da-donna” salperanno per l’Italia.

Antonio Arslan è scrittrice, traduttrice e accademica italiana con origini armene. Laureata in archeologia, è stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d’appendice e sulla galassia delle scrittrici italiane. Attraverso l’opera del grande poeta armeno Daniel Varujan – del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane e Mari di grano – ha dato voce alla sua identità armena. Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, ‘La masseria delle allodole’, che ha vinto il Premio Stresa di narrativa e il Premio Campiello.

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L’Armenia muove un primo passo verso l’Unione europea (Rainews 04.04.25)

Il presidente Vahagn Khachaturyan firma la legge approvata a marzo dal parlamento: “Non è la richiesta d’adesione ma l’inizio di un processo”. La Russia alza subito la voce: lasci l’Unione economica eurasiatica

L'Armenia muove un primo passo verso l'Unione europea

ARMENIAN PRESIDENCY via AFP

Il presidente armeno Vahagn Khachaturyan, il 31 marzo 2025 a Yerevan

Il presidente dell’Armenia, Vahagn Khachaturyan, ha firmato una legge che pone le basi legali per l’adesione del paese del Caucaso meridionale all’Unione Europea, nell’ottica di diversificare i legami internazionali al di là del tradizionale partner russo. I media armeni hanno riferito che il Presidente Vahagn Khachaturyan ha firmato la legge, approvata dal Parlamento il mese scorso.

Il primo ministro Nikol Pashinyan, che ha avvicinato il paese all’Occidente da quando è salito al potere nel 2018, ha ripetutamente sottolineato che il disegno di legge non rappresenta una richiesta di adesione all’Ue, ma l’inizio di un più ampio processo di integrazione. Ha affermato che l’opinione pubblica non deve aspettarsi una rapida adesione della Repubblica post-sovietica e che, in ogni caso, sarà necessaria l’approvazione tramite referendum.

L’approvazione del disegno di legge precede le elezioni generali previste per il prossimo anno e un possibile referendum sulle modifiche costituzionali richieste dall’Azerbaigian, rivale di lunga data dell’Armenia, nell’ambito di un accordo di pace per porre fine a quasi quattro decenni di conflitto tra i due paesi: il mese scorso, infatti, è stato raggiunto l’accordo su una bozza di trattato di pace per porre fine al conflitto sulla regione del Nagorno-Karabakh, ma Baku non intende dare l’approvazione finale finché Yerevan non modificherà la sua costituzione.

Sebbene l’Armenia abbia sviluppato buone relazioni con l’Ue, l’adesione non sarà facile. Il paese montuoso di 2,7 milioni di abitanti, senza sbocco sul mare, non condivide alcun confine con l’Ue e il suo acerrimo rivale Azerbaigian è un importante fornitore di gas per i Paesi dell’Unione. La Russia ha ripetutamente affermato che Yerevan dovrà lasciare l’Unione economica eurasiatica, un blocco commerciale guidato da Mosca, se entrerà nell’Ue. L’economia armena rimane profondamente dipendente da Mosca, da cui importa gran parte dell’energia.

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L’Armenia firma la legge per avviare il processo di adesione all’Unione Europea. (Sardegnagol)

Armenia, battuta d’arresto a Gyumri per Pashinyan (Osservatorio Balcani e Caucaso 03.04.25)

Domenica scorsa si sono tenute le amministrative a Gyumri, seconda città dell’Armenia: affluenza in crescita, ma nessun partito emerge con la maggioranza assoluta. Benché locali, queste elezioni hanno rilevanza nazionale in vista delle parlamentari del 2026

03/04/2025 –  Onnik James Krikorian

Domenica scorsa, la seconda città dell’Armenia, Gyumri, si è recata alle urne per eleggere un nuovo Consiglio comunale che avrebbe poi scelto un sindaco. Lo stesso giorno, si sono tenute le elezioni nel villaggio di Parakar vicino alla capitale, Yerevan. Entrambi i voti sono considerati un’indicazione del sostegno al primo ministro armeno Nikol Pashinyan dopo le elezioni del Consiglio comunale di Yerevan di settembre 2023.

Allora il candidato governativo, Tigran Avinyan, era emerso vittorioso grazie ad un accordo con un controverso videoblogger attualmente detenuto negli Stati Uniti dall’ufficio Immigration and Customs Enforcement (ICE).

Con il sostegno a Pashinyan intorno all’11% secondo un sondaggio condotto a gennaio, e le parlamentari all’orizzonte l’anno prossimo, queste due elezioni locali hanno rilevanza nazionale.

Come è successo a Yerevan nel 2023 con Avinyan, anche Sarik Minasyan del partito di governo “Contratto civile” non è riuscito a superare la soglia del 50% + 1 necessaria per ottenere una vittoria assoluta.

Con 16.938 voti, ovvero il 36,21%, Minasyan avrebbe bisogno del sostegno di altri partiti per diventare primo cittadino. Un controverso ex sindaco, Vardan Ghukasyan, rappresentante del Partito comunista, è secondo con il 20,5% dei voti e Martun Grigoryan di “La nostra alleanza cittadina”, non iscritto ad un partito di opposizione in parlamento, segue con il 15,5%. Ruben Mkhitaryan di “La mia forte comunità” e Karen Simonyan di “Madre Armenia” chiudono con rispettivamente il 7,9 e il 6,11%.

Mentre gli ultimi due partiti hanno affermato che avrebbero sostenuto Ghukasyan, alla fine Grigoryan non è stato così disponibile. Nel 2014, il nipote di Ghukasyan è stato condannato a 17 anni di prigione per aver ucciso uno stretto collaboratore di Grigoryan e averne ferito un altro in quella che è stata descritta come una “faida familiare”.

I media armeni hanno riferito che era irraggiungibile e che il suo staff si è rifiutato di rispondere alle telefonate. Il suo sostegno sarebbe determinante, poiché “Contratto civile” avrebbe solo 14 dei 33 seggi nel Consiglio degli anziani. Ghukasyan ne ha 8 e tutti gli altri ne hanno 11.

Ghukasyan, che è stato sindaco di Gyumri nel 1999-2012, è stato spesso accusato di corruzione e la sua famiglia di vari atti criminali, spesso con ricorso alla violenza per difendere i propri interessi commerciali.

Prima del voto, Ghukasyan e la sua guardia del corpo sono stati temporaneamente trattenuti dalla polizia con l’accusa di possesso illegale di armi da fuoco e munizioni. Un presunto video di un parente adolescente di Ghukasyan è stato diffuso anche da una ONG filogovernativa che lo accusa di aver abusato sessualmente di una ragazzina con i suoi amici.

L’opposizione sostiene che l’esito di Gyumri dimostra che Pashinyan dovrà affrontare una dura lotta nelle parlamentari previste per metà del 2026. I suoi sostenitori, tuttavia, ricordano ai critici che anche quando il “Contratto civile” ha vinto le elezioni anticipate nel 2021, ha perso le elezioni a Gyumri solo pochi mesi dopo. Da allora, il comune è travolto dalle polemiche, e Pashinyan ha nominato Sarik Minasyan sindaco ad interim alla fine dell’anno scorso.

Forse prevedendo di non riuscire a ottenere una vittoria assoluta, anche l’Alleanza europea, un insieme di partiti extraparlamentari e attivisti civili pro-UE, si è candidata alle elezioni tenutesi nel fine settimana.

L’approvazione la scorsa settimana da parte dell’Assemblea nazionale di un disegno di legge in gran parte simbolico verso l’adesione all’UE è arrivata dal gruppo ritenuto vicino a Pashinyan. Non sono riusciti però a ottenere abbastanza voti per superare la soglia necessaria per vincere un seggio nel Consiglio degli anziani.

Da notare che Gyumri ospita anche la 102a base militare russa.

Nel frattempo, a Parakar, “Contratto civile” ha perso contro il partito “Paese di residenza” che ha vinto con oltre il 56%. L’analista politico Suren Surenyants, il cui partito ha corso a Gyumri senza vincere alcun seggio, ha scritto su Facebook che l’esito delle elezioni locali ha segnato l’inizio della fine del mandato di Pashinyan.

Ovviamente, è ancora troppo presto per dirlo, anche se un veterano del partito di governo ha ammesso che il suo partito non riuscirà a governare Gyumri. L’opposizione sostiene che il governo aumenterà la pressione sulle autorità locali controllate dall’opposizione con l’avvicinarsi delle elezioni parlamentari.

Il 1° aprile è stato avviato un procedimento penale nei confronti di Ghukasyan per una registrazione trapelata quattro giorni prima del voto, che avrebbe dimostrato il suo tentativo di influenzare l’esito del voto tramite coercizione.

L’esito elettorale potrebbe anche far suonare campanelli d’allarme sia a Yerevan che, forse, anche a Baku. Con il testo di un accordo di pace finalizzato, ora ci si chiede se Pashinyan potrà vincere le elezioni del 2026 o indire, per non parlare di vincere, il referendum necessario per cambiare la costituzione.

Uno scandalo è scoppiato a Gyumri quando il deputato parlamentare del “Contratto civile” Vilen Gabrielyan ha aggredito verbalmente un giornalista dopo la chiusura delle urne. Durante l’incidente, Gabrielyan avrebbe rifiutato di accettare le richieste di dimissioni affermando che non ce n’era bisogno in quanto ci sarebbe stato un cambio di regime nel 2026.

Gabrielyan si è poi dimesso insieme con un parlamentare dell’opposizione, Artur Khachaturian, sostenendo che è stato quel commento, sebbene probabilmente fatto in modo sarcastico, a spingerlo a scusarsi e rinunciare al suo seggio nell’Assemblea nazionale.

“Molti ora attendono gli sviluppi post-elettorali”, ha scritto su Facebook il politico d’opposizione Avetik Chalabyan.

Pashinyan, tuttavia, ha dato un’interpretazione più positiva ai risultati di Gyumri e Parakar. “Ogni cittadino della Repubblica di Armenia ha la possibilità di compiere liberamente una scelta. La scelta dei cittadini è la nostra legge. Mi congratulo con tutte le forze politiche e i candidati che hanno ottenuto la fiducia dei cittadini e hanno vinto alle elezioni”, ha affermato Pashinyan in una dichiarazione scritta.

L’affluenza a Gyumri è stata più alta che in passato. Dei 109.453 elettori registrati, nel 2021 aveva partecipato solo il 24%, questa volta il 42,68%.

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L’Armenia vuol fare la pace con l’Azerbaigian e sogna di entrare in Europa (Lifegate 03.04.25)

Trovato un accordo sul testo del trattato di pace con Baku, che non è ancora stato firmato e presuppone grosse concessioni da parte di Erevan. Intanto il parlamento approva un disegno di legge per la richiesta di adesione all’Ue.

In Armenia si sta scrivendo un nuovo capitolo di storia. Questo paese del Caucaso meridionale di circa tre milioni di abitanti, ex repubblica sovietica, sta attraversando alcuni cambiamenti di portata potenzialmente epocale. Il primo riguarda un possibile trattato di pace con il confinante Azerbaigian. L’altro, un possibile avvicinamento all’Unione europea. Obiettivi difficili da raggiungere in entrambi i casi. Ma che potrebbero cambiare radicalmente gli equilibri dell’intera regione.

L’accordo sul testo per il trattato di pace

Il 13 marzo Azerbaigian e Armenia hanno fatto sapere di aver raggiunto un accordo sul testo del trattato di pace, che non è ancora stato firmato.

I due paesi sono in guerra da oltre tre decenni per il territorio conteso del Nagorno Karabakh (Artsakh, in armeno), da sempre al centro di dominazioni e conquiste, storicamente abitato in prevalenza da armeni, ma assegnato da Stalin all’Azerbaigian nel 1921. Con il crollo dell’Unione Sovietica, la maggioranza armena, con il sostegno del vicino stato armeno, iniziò a rivendicare l’indipendenza dall’Azerbaigian e la riunificazione con Erevan.

All’inizio degli anni Novanta le tensioni sfociarono nella prima guerra del Nagorno Karabakh che causò più di 30mila vittime e portò la maggioranza armena a dichiarare la nascita della Repubblica dell’Artsakh, mai riconosciuta dalla comunità internazionale, né da Baku. Dopo la seconda guerra del Nagorno Karabakh, condotta nell’autunno del 2020 e conclusasi con un cessate il fuoco sul quale avrebbe dovuto vegliare la Russia, nel settembre 2023 l’Azerbaigian, con un’offensiva lampo, ha ripreso il pieno possesso del territorio, provocando un esodo totale della popolazione armena che vari osservatori internazionali e l’Unione europea hanno definito una pulizia etnica condotta dall’Azerbaigian.

Ora, con l’intesa raggiunta sul testo del trattato di pace, la riconciliazione tra Baku e Erevan non è mai stata così vicina.

La situazione in Nagorno-Karabakh
Manifestanti contro la situazione in Nagorno-Karabakh nel 2023 © Karen Minasyan/AFP via Getty Images

Perché la firma del trattato è ancora lontana

Dopo l’iniziale entusiasmo per la notizia, un’analisi più attenta rivela però che la firma sul trattato di pace è ancora molto lontana. “A mio avviso, i passi per arrivare realmente alla firma del trattato sono tanti, lunghi e pieni di ostacoli”, ha spiegato a LifeGate Cesare Figari Barberis, esperto di politica del Caucaso, ricercatore post-doc presso l’Università di Leiden, nei Paesi Bassi. Da quanto si apprende, il testo dell’accordo è composto da diciassette punti, quindici dei quali erano già stati approvati in precedenza.

Il vero nodo da sciogliere riguarda ora due questioni, sulle quali l’Armenia ha evidentemente fatto importanti concessioni:

  • la prima sulla dissoluzione del cosiddetto Gruppo di Minsk, un organismo dell’Osce guidato da Francia, Russia e Stati Uniti, nato per mediare il conflitto;
  • la seconda sulla Costituzione armena, che contiene dei riferimenti alla riunificazione con il Nagorno Karabakh. E per questo andrebbe cambiata.

“Secondo l’Azerbaijan, la costituzione armena rivendica ancora il Karabakh, quindi la questione non può dirsi definitivamente chiusa finché non verrà modificata – dice Cesare Figari Barberis –. Ma cambiare la costituzione non è semplice: bisognerebbe passare attraverso un referendum popolare, che non si terrebbe prima del 2026. E non è scontato che la popolazione armena lo approvi”.

Finché non saranno risolti questi due punti, quindi, sarà difficile vedere la firma sul trattato di pace. E mentre Erevan lavora per risolvere le tensioni con l’Azerbaigian, al contempo punta anche a rafforzare i rapporti con Bruxelles.

Il progetto di adesione all’Unione europea

L’altro cambiamento potenzialmente epocale riguarda la volontà dell’Armenia di aderire all’Unione europea. Il parlamento armeno infatti ha appena approvato un disegno di legge per la richiesta di adesione all’Ue. Il testo è stato approvato in seconda e ultima lettura con 64 voti a favore e sette contrari.

 

Ciò avviene in un momento in cui Erevan sembra allontanarsi da Mosca, suo storico alleato nella regione, accusandola di non aver fatto abbastanza nel conflitto con l’Azerbaigian. Lo strappo è iniziato dopo la sconfitta dell’Armenia nella seconda guerra del Nagorno-Karabakh nel 2020 e si è aggravato per il mancato sostegno della Russia e dell’Organizzazione del Trattato di sicurezza collettiva, guidata a Mosca, durante gli attacchi azeri del 2021 e 2022.

La risposta della Russia non si è fatta attendere. “Comprendiamo che, se l’Armenia si sta avvicinando all’Europa, sarà inevitabilmente necessaria una revisione complessiva delle nostre relazioni economiche con il paese. Purtroppo, questo avrà un impatto sul tenore di vita in Armenia, cosa che vorremmo davvero evitare”, ha detto il ​​vice primo ministro russo Aleksej Overchuk.

Un paese ancora dipendente da Mosca

Nonostante gli sforzi del primo ministro armeno Nikol Pashinyan di avvicinare politicamente il paese all’Occidente, l’Armenia è ancora economicamente dipendente dalla Russia, con un volume d’affari significativamente più alto rispetto a quello tra Armenia e Bruxelles.

La Russia infatti è il primo partner commerciale di Erevan e nel 2023 l’Armenia ha esportato in Russia beni per un valore di 3,4 miliardi di dollari. Inoltre, sebbene in leggero calo, nel 2023 quasi il 70 per cento delle rimesse affluite nel paese provenivano dalla Russia.

A ciò si aggiunge il fatto che l’Armenia è attualmente membro dell’Unione economica eurasiatica (Uee) insieme a Russia, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan, e l’eventuale adesione all’Ue richiederebbe l’uscita da questa unione economica.

Perché l’ingresso dell’Armenia nell’Ue è poco probabile

Unione Europea
L’ingresso dell’Armenia nell’Ue sembra ancora molto lontano © Guillaume Périgois/Unsplash

“L’adesione dell’Armenia all’Unione europea dipende da tre fattori chiave – ha commentato a LifeGate Cesare Figari Barberis, esperto di politica del Caucaso –, primo, dalla volontà politica di Erevan, che sembra comunque forte e mi aspetto che prosegua finché il primo ministro Pashinyan o il suo partito rimarranno al potere: lo smarcamento dalla Russia ormai è evidente. Tuttavia, se dovesse vincere l’opposizione più filorussa, sul lungo termine potrebbe avvenire un riavvicinamento a Mosca. Secondo, dal lungo e complesso processo burocratico: l’Armenia dovrebbe implementare riforme strutturali per adeguarsi agli standard Ue, un percorso che richiede tempo e maggioranze parlamentari solide. Terzo, dalla volontà dell’Ue stessa di accogliere l’Armenia, che al momento sembra assente.

Neppure la Georgia è così vicina all’ingresso nell’Unione europea: anche prima dello sbilanciamento di Tbilisi verso la Russia, quando il partito al governo Sogno Georgiano era fortemente pro-europeo, Bruxelles non ha fatto granché per avere la Georgia in Ue. Secondo me, la Georgia e l’Armenia non entreranno mai nell’Unione europea finché non entrerà anche la Turchia: solo così si creerebbe una continuità territoriale tra Grecia, Turchia, Georgia e Armenia. Diversamente, avere la Georgia e l’Armenia così isolate, nel Caucaso, tra l’altro con un confine con l’Iran, sarebbe un po’ complicato. Infine l’Armenia continua a essere percepita da alcuni Paesi europei come troppo legata alla Russia: un ostacolo che potrebbe rendere il suo ingresso improbabile nel breve e medio termine”.

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Perché non ci sono armeni in Karabakh? (Osservatorio Balcani e Caucaso 02.04.25)

La pulizia etnica ai danni della comunità armena del Nagorno Karabakh, perpetrata dall’Azerbaijan e culminata con la guerra lampo del settembre 2023, è stata analizzata da un gruppo di ong che ha prodotto un report dal titolo: “Perché non ci sono armeni in Karabakh?”. Un’analisi

02/04/2025 –  Marilisa Lorusso

Il testo dell’”Accordo sulla pace e l’istituzione di relazioni interstatali tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica dell’Azerbaijan” non è ancora noto. Si sa che l’accordo è in 17 punti, e i due paesi dovranno firmarlo e poi ratificarlo.

Questo processo potrebbe essere non meno difficoltoso della stesura del testo, che non è stato accompagnato da un dibattito pubblico nei due paesi. Dibattito necessario per la riconciliazione, per la convivenza pacifica dei due popoli lungo i confini da delimitare e demarcare, e ancora di più in quello che fu il Nagorno Karabakh e che dal 2021 è la Regione Economica del Karabakh.

A metà marzo il ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzonyan ha dichiarato  : “Voglio dire molto direttamente che al momento non vedo le condizioni per gli armeni del Nagorno Karabakh per tornare nella loro patria, nelle loro case e per vivere in sicurezza. E, francamente, non vedo alcuno sforzo da parte dell’Azerbaijan per garantire queste condizioni.”

Dopo la prima guerra del Karabakh, nessun azero aveva fatto ritorno. Il Grande Ritorno, il re-insediamento degli azeri in Karabakh e nelle regioni limitrofe, è stato conseguenza della riconquista. Dopo la seconda guerra del Karabakh, nessun armeno ha fatto ritorno, e potrebbe non farlo come conseguenza del processo di pace. Due esodi forzosi e mutualmente escludenti.

Sul secondo esodo uno studio congiunto di numerose ONG ha prodotto un report che ricostruisce cosa è successo dal 2020 al 2023, intitolato significativamente “Perché non ci sono armeni in Karabakh?  ”.

La risposta è che c’è stata una campagna di pulizia etnica perpetrata sistematicamente per tre anni, che ha portato l’intera popolazione a non considerare plausibile la proposta formale dell’Azerbaijan di rimanere sul territorio accettando la cittadinanza azera.

Il report divide il processo in tre fasi: dalla fine della guerra dei 44 giorni all’inizio del blocco, il blocco di quanto era rimasto del Karabakh, la riconquista finale e l’esodo conclusivo.

Dal cessate il fuoco al blocco (novembre 2020- novembre 2022)

Dopo il cessate il fuoco del 10 novembre 2020 le forze azere di stanza vicino alle comunità armene hanno intrapreso un’intimidazione sistematica della popolazione locale. Le sparatorie regolari hanno preso di mira aree residenziali, agricoltori e attrezzature agricole, soprattutto in villaggi come Mkhitarashen, Shosh e Taghavard. I civili sono stati minacciati tramite altoparlanti e sottoposti a intimidazioni psicologiche.

Numerosi resoconti confermano l’uccisione di agricoltori e civili armeni, anche in presenza di peacekeeper russi, come documentato in un episodio a Martakert. La presenza dei peacekeeper russi aveva alimentato speranze di tutela e di possibilità di ritorno, e dopo la guerra numerosi armeni sono rientrati in Karabakh contando sul supporto militare russo.

Il contingente si è rivelato ininfluente verso le misure adottate dall’Azerbaijan. Non sono stati una forza di deterrenza per prevenire gli attacchi delle forze azere, tra cui l’occupazione di Hin Tagher e Khtsaberd nel dicembre 2020, che ha causato morti e prigionieri militari. Quando è stata chiesta protezione, i peacekeeper russi hanno consigliato agli armeni di andarsene.

Nel 2022 gli attacchi si sono intensificati, portando all’occupazione di villaggi come Parukh, costringendo la popolazione ad evacuare.

Le interruzioni della fornitura di gas hanno ulteriormente peggiorato le condizioni di vita, lasciando 120mila persone senza riscaldamento. Il silenzio del governo azero su questi episodi ripetuti con frequenza crescente suggerisce un’approvazione tacita.

Baku ha rafforzato questa realtà di esclusione attraverso una retorica revisionista e la cancellazione culturale. Il presidente Ilham Aliyev ha negato la presenza armena storica nel Nagorno Karabakh, sostenendo che le iscrizioni armene sulle antiche chiese erano falsificazioni. I monasteri di Spitak Khach e Dadivank sono stati riclassificati come chiese albanesi-udi. Cimiteri, ponti e siti culturali armeni sono stati demoliti.

Dal 2021 non è stato concesso ai giornalisti stranieri di entrare in Nagorno Karabakh, ottenendo così un controllo rigoroso della copertura mediatica della situazione.

Il blocco (dicembre 2022 – settembre 2023)

Nel dicembre 2022, Baku ha imposto un blocco di nove mesi sul corridoio di Lachin, tagliando fuori gli armeni rimasti nel Nagorno Karabakh. La crisi è iniziata con le proteste per le operazioni minerarie da parte di azeri in abiti civili.

Le forze di peacekeeping russe hanno riaperto brevemente la strada, ma questa è stata presto bloccata di nuovo dagli “attivisti ambientalisti” azeri, in seguito identificati come figure legate al governo. Nonostante il Nagorno Karabakh avesse sospeso le operazioni minerarie e richiesto la supervisione internazionale, il blocco è continuato.

Nell’aprile 2023, l’Azerbaijan ha sostituito i manifestanti con forze militari e ha installato un posto di blocco sul ponte di Hakari, rafforzando ulteriormente il controllo.

Il blocco ha creato una grave crisi umanitaria. In Karabakh poco alla volta è cominciato a mancare tutto. Alle forze di pace russe e alla Croce Rossa è stato occasionalmente consentito di consegnare aiuti e trasportare pazienti, ma le forniture erano insufficienti e spesso in ritardo.

Da giugno a settembre 2023, nessuna fornitura di cibo ha attraversato il posto di blocco azero, peggiorando la crisi. Il 90% degli alimenti proveniva dall’Armenia.

L’Azerbaijan ha interrotto le infrastrutture essenziali, tagliando le forniture di gas dall’Armenia nel dicembre 2022. Temporaneamente ripristinate, le forniture di gas sono state interrotte definitivamente nel marzo 2023.

L’elettricità è stata tagliata nel gennaio 2023, quando Baku ha bloccato le riparazioni di un cavo elettrico danneggiato, costringendo a fare affidamento sulle riserve in calo del bacino idrico di Sarsang.

Le autorità hanno imposto blackout a rotazione, inizialmente di quattro ore al giorno, in seguito estese a sei. Il 12 gennaio 2023, i cavi di comunicazione sono stati tagliati vicino a Shushi, ma l’accesso limitato è stato successivamente ripristinato dopo i negoziati.

Baku ha continuato il blocco in violazione della Dichiarazione trilaterale del 2020 e ha ignorato gli ordini della Corte internazionale di giustizia e della Corte europea dei diritti dell’uomo volti a garantire un passaggio sicuro attraverso il Corridoio di Lachin.

Il blocco ha causato una grave crisi umanitaria per assenza di cibo, combustibile, medicine. Si sono registrati attacchi agli agricoltori per impedire la produzione alimentare locale, ed è stato limitato l’accesso all’irrigazione.

Al momento dell’attacco finale, la popolazione era stremata.

Atto finale (19 settembre 2023)

Baku ha lanciato la riconquista totale dell’area con un’operazione durata meno di 24 ore, e iniziata dopopranzo il 19 settembre.

Il report nota che: “Non è stato fornito alcun preavviso ai civili per evacuare o cercare riparo. Non sono state adottate misure precauzionali per ridurre al minimo le perdite di vite umane accidentali e la missione di accertamento dei fatti ha documentato numerosi incidenti di bombardamenti indiscriminati in tutto il Nagorno Karabakh, che hanno causato vittime, anche tra i bambini. Inoltre, tutte le potenziali vie di fuga sono state prese di mira e i veicoli civili sono stati attaccati direttamente, con conseguenti perdite di vite umane e feriti.”

La popolazione si è trovata con il corridoio di Lachin ancora bloccato, e solo dopo qualche giorno è stato possibile iniziare un’evacuazione che ha preso la forma di un esito drammatico. Una coda di 80 chilometri è costata la vita a 69 persone, morte lungo il tragitto a causa di sfinimento, fame, emergenze mediche.

Una tragica esplosione al deposito di carburante di Haykazov, preso d’assalto il 25 settembre da una folla in panico di rimanere bloccata in Karabakh, ha causato 220 vittime e ne ha ferite gravemente altre 290, molte con ustioni estese. Circa 20 persone risultano ancora disperse.

Almeno 23 funzionari armeni, personale militare e civili sono stati arrestati dalle forze azere, tra cui i quindici fra politici e militari ancora sotto processo.

Dopo l’ondata di rifugiati armeni dalla Siria, Yerevan si è trovata a fronteggiare questo gigantesco, drammatico esodo cui ha fatto fronte alla bene e meglio.

Messa di fronte a quanto successo negli anni 2020-2023, Baku un po’ nega, un po’ rimarca che è quanto è stato fatto agli azeri durante e dopo la prima guerra del Karabakh. L’astio azero non è stato placato dalla vittoria, e le ingiustizie passate vengono ripagate con la stessa moneta.

E’ in corso un processo di firma di una pace, ma non una pacificazione. A un girone di astio, se ne è aggiunto un altro. Questo né scongiura una nuova guerra, né trasforma una possibile mancanza di combattimenti in una pace.

La strada verso la convivenza pacifica dei popoli separati – invece che uniti – da un attaccamento profondo e inamovibile al Karabakh – è ancora tutta in salita, ed è letteralmente piena di mine.

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