Armenia-Azerbaigian, Lavrov: Dichiarazioni Turchia su Nagorno-Karabakh non aiutano pace (Il Velino 22.04.16)

Le dichiarazioni da parte della Turchia sulla crisi nel Nagorno-Karabakh non stanno aiutando la situazione e suonano come una chiamata alla guerra. È quanto ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. “Credo che le dichiarazioni che sono state espresse dalle bocche della leadership turca siano assolutamente inaccettabili per una semplice ragione: sono chiamate non per la pace, ma per la guerra. Si tratta di dichiarazioni per risolvere il conflitto usando la forza militare. Questo contraddice le posizioni dei co-presidenti del gruppo di Minsk dell’Osce e le radici della comunità globale”, ha detto Lavrov.

Statements by Turkey on the crisis in Nagorno-Karabakh are not helping the situation and sound like calls to war, Russian Foreign Minister Sergei Lavrov said Friday. “I believe that the statements that were voiced from the mouths of the Turkish leadership are absolutely unacceptable for one simple reason: these were calls not for peace, but for war. These were calls to solving the conflict using military force. This contradicts the positions of the co-chairs of the OSCE Minsk group’s position at the roots and at the roots of the global community,” Lavrov said in the Armenian capital.

Vai al sito


 

Russia, Lavrov accusa Ankara di pressioni per soluzione di forza nel Nagorno-Karabakh (Sputniknews.com 22.04.16)

Le dichiarazioni della Turchia a sostegno dell’Azerbaigian sulla questione del Nagorno-Karabakh sono totalmente inaccettabili e sono di fatto un appello alla guerra, ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov.

“Credo che le dichiarazioni fatte pervenire della leadership turca siano assolutamente inaccettabili per una semplice ragione: non erano un appello per la pace, ma per la guerra. Spingono per una risoluzione del conflitto con l’uso della forza”, — ha affermato in una conferenza stampa dopo l’incontro con il capo della diplomazia armena Eduard Nalbandian.

“Fondamentalmente contraddice la posizione del gruppo di Minsk dell’OSCE e la posizione della comunità internazionale. Ma purtroppo siamo abituati a questi funambolismi dell’attuale leadership turca,” — Lavrov ha aggiunto.

La situazione nella regione caucasica del Nagorno-Karabakh è bruscamente peggiorata nella notte del 2 aprile. Ci sono stati degli scontri con l’uso di aviazione e artiglieria. Le parti in conflitto si sono accusate a vicenda di aver violato l’armistizio del 1994. Il 5 aprile è stato annunciato che l’Armenia e l’Azerbaigian hanno concordato un cessate il fuoco.

Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/politica/20160422/2529989/Azerbaigian-Armenia-Caucaso-Turchia.html#ixzz46eovPgEK


Russia-Armenia: ministro Esteri russo Lavrov ad Erevan, Mosca sosterrà proposte armene in campo difesa
Mosca, 22 apr 14:43 – (Agenzia Nova) – Mosca ed Eravan coordineranno i rispettivi approcci all’integrazione nelle organizzazioni internazionali del’area euro-atlantica. Lo ha dichiarato in conferenza stampa il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, in occasione dell’incontro avvenuto oggi a Erevan con l’omologo armeno, Edward Nalbandian. “Su questioni regionali e internazionali le nostre posizioni sono quasi identiche. Abbiamo deciso di rafforzare il coordinamento della politica estera nella Onu, nell’Osce, nel Consiglio d’Europa, nella Organizzazione per la cooperazione economica nel Mar Nero, e in altri formati. Ci sarà uno stretto coordinamento sui nostri rispettivi approcci ai processi di integrazione in Europa e in tutta l’area euro-atlantica. Stiamo parlando di problemi di sicurezza, collettiva e sicurezza indivisibile”, ha dichiarato il ministro russo, secondo quanto riferito in un comunicato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri.


Armenia-Azerbigian, Lavrov a Yerevan per colloqui sul Nagorno-Karabakh (Il Velino 22.04.16)

Sono previsti per oggi una serie di colloqui del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov con il presidente armeno Serzh Sargsyan e il ministro degli Esteri armeno Edward Nalbandian. Il tema principale dei colloqui sarà il conflitto nel Nagorno-Karabakh. Secondo il ministero degli Esteri russo, Lavrov porterà nuove proposte su cui lavorare a Yerevan per porre fine al conflitto cominciato con le violenze nella regione separatista dell’Azerbaigian intensificatesi all’inizio di questo mese. Hikmet Hajiyev, portavoce del ministero degli Esteri dell’Azerbaigian, ha detto ieri che una soluzione politica al conflitto del Nagorno-Karabakh è possibile con l’attuazione delle quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 1993 sul ritiro delle truppe armene dalle zone contese. L’Armenia ha sostenuto che la dichiarazione dell’Azerbaigian tentano di gettare la colpa sull’escalation di violenza su Yerevan che ha minacciato di destabilizzare ulteriormente la situazione nella regione. Il ministero degli Esteri russo ha detto in una dichiarazione ieri che due accordi di cessate il fuoco firmati tra Azerbaigian e Armenia nel 1995 e 1996 costituiscono il fondamento della cessazione delle ostilità nella regione autoproclamata del Nagorno-Karabakh.

Russian Foreign Minister Sergei Lavrov will hold talks with Armenian President Serzh Sargsyan and Armenian Foreign Minister Eduard Nalbandyan on Friday. The main topic of the talks will be the Nagorno-Karabakh conflict. According to the Russian Foreign Ministry, Lavrov is bringing new worked-out proposals on the issue to Yerevan. The Nagorno-Karabakh conflict began in 1988, when the autonomous region with a predominantly Armenian population sought to secede from the Azerbaijan Soviet Socialist Republic. The region proclaimed independence when the Soviet Union collapsed in 1991, triggering a war that lasted until a Russia-brokered ceasefire in 1994. Violence in Azerbaijan’s breakaway region escalated early this month. Baku and Yerevan have accused each other of provoking hostilities. A ceasefire was achieved on April 5, following days of clashes that led to numerous casualties on both sides. Hikmet Hajiyev, spokesman for Azerbaijan’s Ministry of Foreign Affairs, said on Thursday that a political settlement of the Nagorno-Karabakh conflict is possible with the implementation of four 1993 UN Security Council resolutions calling for the withdrawal of Armenian troops from disputed areas. Armenia argued that Azerbaijan’s statement attempts to lay blame for the April 2 escalation of violence on Yerevan, and that it threatened to further destabilize the situation in the region. The Russian Foreign Ministry said in a Thursday statement that two ceasefire agreements signed between Azerbaijan and Armenia in 1995 and 1996 form the foundation of cessation of hostilities in the self-proclaimed Nagorno-Karabakh region.

Genocidio armeno, Obama: ricordiamo la prima atrocità di massa del 20esimo secolo (Il Velino 22.04.16)

Gli Stati Uniti onorano la memoria degli armeni che hanno subito il massacro da parte delle autorità turche ottomane nel 1915. Lo ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Oggi ricordiamo solennemente la prima atrocità di massa del 20esimo secolo – il Medz Yeghern armeno – quando un milione e mezzo di armeni sono stati deportati, massacrati e condotti verso la morte negli ultimi giorni dell’impero ottomano”, ha dichiarato Obama. Il presidente ha sottolineato che gli Stati Uniti stanno con il popolo armeno e ha espresso gratitudine alla nazione per aver accolto quasi 17mila profughi siriani. “In un momento di agitazione regionale nel sud dell’Armenia, ringraziamo le popolazioni dell’Armenia per aver aperto le braccia ai rifugiati siriani”, ha detto Obama. Ankara rifiuta di riconoscere il massacro come genocidio, sostenendo che anche i cittadini turchi sono stati vittime del massacro.

The United States honors the memory of Armenians who suffered during the massacre by the Ottoman Turkish authorities in 1915, US President Barack Obama said in a statement on Friday. “Today we solemnly reflect on the first mass atrocity of the 20th century – the Armenian Meds Yeghern -when one and a half million Armenian people were deported, massacred, and marched to their deaths in the final days of the Ottoman empire,” Obama stated. The president underscored that the United states stands with the Armenian people and expressed gratitude to the nation for welcoming nearly 17,000 Syrian refugees. “At a moment of regional turmoil to Armenia’s south, we also thank the people of Armenia for opening their arms to Syrian refugees,” Obama said. The Armenian genocide was a series of mass killings and starvation ordered by the Ottoman government during and after World War I. Ankara refuses to recognize the massacre as genocide, claiming that Turkish nationals were also victimized.

Vai al sio


 

Obama non mantiene promessa di riconoscere genocidio armeno Oggi aveva ultima occasione. Critici: ‘subisce veto Erdogan’

(ANSA) – WASHINGTON, 22 APR – Ormai alla fine del suo secondo mandato, Barack Obama non onora una delle promesse chiave della sua campagna presidenziale nel 2008, ossia quella di riconoscere ufficialmente il genocidio degli armeni, quando un secolo fa almeno 1,5 milioni di loro furono uccisi dai turchi ottomani. Anche oggi, infatti, in occasione della sua ultima dichiarazione per il giorno della memoria armeno, ha definito il massacro come ”la prima atrocita’ di massa del XX secolo”, come si legge in una nota della Casa Bianca, ma non ha usato la parola genicidio. Definizione che invece aveva utilizzato prima di arrivare alla presidenza, quando in campagna elettorale aveva sostenuto che il governo americano aveva la responsabilita’ di riconoscere il massacro come genocidio. E aveva promesso di farlo, se eletto alla Casa Bianca. Samantha Power, uno dei suoi collaboratori principali nella prima corsa verso la presidenza ed ora ambasciatrice Usa all’Onu, aveva addirittura diffuso un video di cinque minuti chiedendo agli americani di origine armena di votare per Obama sbandierando proprio quell’impegno.

Una delusione per la numerosa comunita’ armena, per i suoi rappresentanti americani e anche per molti parlamentari Usa, che accusano il presidente di aver ceduto al diktat della Turchia, alleato Nato prezioso ora nella lotta all’Isis e nella gestione dell’emergenza migranti ma fermamente contrario alla tesi e alla definizione di genocidio. ”E’ un veto del governo turco sulla politica americana”, sostiene Aram Hamparian, capo del comitato nazionale armeno d’America. ”E’ come se Erdogan (il presidente turco, ndr) imponesse la legge del bavaglio in modo molto pubblico e il presidente americano rispettasse questa regola”, ha aggiunto. Obama non sembra l’unico leader attento a non offendere Ankara per non aumentare le tensioni in un momento cosi’ delicato sullo scacchiere internazionale. Anche la cancelliera Angela Merkel e’ stata oggetto di forti critiche per averautorizzato l’inchiesta nei confronti di Jan Boehmermann, autore di una poesia satirica nei confronti di Erdogan.

Finora il genocidio armeno e’ stato riconosciuto dal parlamento europeo, dalla Francia, dalla Russia e da un’altra ventina di Paesi. Anche il Papa lo ha riconosciuto lo scorso anno alla vigilia del centenario della ricorrenza, definendolo ”il primo genocidio del XX secolo”.(ANSA).

Genocidio armeno, la RAI ci ripensa. (Lastampa 22.04.16)

marco tosatti

22/04/2016

 La RAI ha reinserito nel palinsesto il documentario sul Genocidio degli Armeni inizialmente previsto per sabato 16 aprile, alle 22.30, sul Canale Rai Storia e inspiegabilmente “scomparso”. Il documentario verrà trasmesso, sempre su Rai Storia, alle 23.00 di domenica 24 aprile.

Il 24 aprile è il giorno in cui gli armeni di tutto il mondo ricordano l’inizio del Genocidio, il primo del secolo XX, che in lingua armena viene chiamato “Metz Yeghèrn”, il Grande Male. Dopo la cancellazione del documentario sabato scorso, la Rai aveva ricevuto molte proteste e richieste di chiarimenti. Il Consiglio della Comunità armena di Roma aveva interessato anche la Commissione di Vigilanza sulla Rai.

Il Genocidio, commesso a partire dal 1915 dal governo turco dell’epoca in tutto l’impero ottomano, e che ha causato secondo molte fonti almeno un milione e mezzo di vittime, fra uomini, donne e bambini, è un tema delicato per la Turchia. Il governo di Ankara mette in atto una politica negazionista molto attiva nei confronti di governi e di privati cittadini. Giornalisti e studiosi che difendono l’esistenza del Genocidio, contro la tesi ufficiale, corrono rischi gravi. L’ipotesi era che la Turchia avesse fatto pressione sulla Rai per la non messa in onda del documentario. Un’ipotesi non accertata, ma più che plausibile.

Il documentario, “Il genocidio armeno” realizzato da Andrew Goldberg per la Pbs, è la storia completa del genocidio armeno e presenta interviste con studiosi di fama, tra cui molti di origine turca, come Peter Balakian, Samantha Power, Ron Suny, Taner Akcam, Halil Berktay e Israele Charny. È raccontato da Julianna Margulies e comprende narrazioni storiche di Ed Harris, Natalie Portman, Laura Linney e Orlando Bloom.

Vai al sito

Contro l’indifferenza: dal genocidio armeno alle persecuzioni di oggi (Resegoneonline 22.04.16)

“Sono passati 100 anni dall’inizio del Genocidio armeno, ma le foto scattate da Armin Wegner a testimonianza dello sterminio sono praticamente identiche a quelle di molti uomini, donne e bambini di oggi in Medio Oriente, costretti a lasciare le proprie case, inseguiti e barbaramente uccisi. Il mondo 100 anni fa è stato in silenzio, ha guardato altrove. E noi non vogliamo che questo riaccada anche oggi” con queste parole ha esordito la liceale Sofia Walters ieri sera in sala don Ticozzi, presentando la genesi dell’incontro “Genocidio armeno. Persecuzioni di oggi” promosso dal Liceo Leopardi di Lecco.

In sala 200 persone che, commosse, hanno sentito la testimonianza dell’armena Marina Mavian, presidentessa delle Casa Armena Hay Dun , che ha raccontato il dolore del suo popolo. Un popolo di grande fede, che a causa dei panturchisti “Giovani Turchi”, non solo ha dovuto subire un atroce sterminio, ma ancora oggi deve sopportare il negazionismo di alcuni Paesi: “ma la verità sta sempre più venendo a galla” racconta Mavian “molte nonne turche in punto di morte svelano alle nipoti di essere state bambine armene, islamizzate a forza. Alcuni intellettuali, a costo della loro stessa libertà, denunciano la verità”.

E oggi? Andrea Avveduto, collaboratore di Avvenire, tornato di recente dalla Siria, racconta di un Paese devastato (si contano almeno 170.000 morti), ma non annichilito. “Molta gente ha perso i propri cari, non ha più un lavoro e le condizioni di vita sono durissime. Ad Aleppo solo un terzo della città non è nelle mani degli Islamisti. Luce e acqua arrivano solo per 3 ore al giorno e si vive sotto il pericolo costante di bombardamenti. La gente ha paura, sempre. Ma dentro questo orrore ci sono dei luoghi incredibili: come il convento francescano, un centro di accoglienza che permette a chi arriva di non sentirsi abbandonato. Il sentirsi voluti bene, l’amicizia vera che sta nascendo anche tra persone di religioni diverse non toglie la paura, ma cambia lo sguardo. E ritengo che solo questo sguardo di misericordia possa davvero cambiare la storia”.

Giorgio Riva, studente del Liceo, ha chiuso l’incontro ringraziando i relatori “per aver testimoniato come l’unico sguardo umano sia quello desideroso di guardare in faccia ciò che sta accadendo, combattendo l’indifferenza”.

Vai al sito

In memoria del genocidio armeno: l’onorificenza al merito a Pietro Kuciukian (Secolo Trentino 22.04.16)

«Per la sua opera instancabile a favore dei Giusti e a memoria del genocidio del popolo Armeno». Così recita l’epigrafe dell’onorificenza al merito della città di Arco che la Giunta comunale ha riconosciuto, nella seduta di martedì 19 aprile, a Pietro Kuciukian, nativo di Arco e oggi console onorario di Armenia. La cerimonia di consegna s’è svolta nella serata di giovedì 21 aprile a palazzo Marcabruni-Giuliani, nell’àmbito delle celebrazioni a memoria del genocidio armeno, presenti per l’Amministrazione comunale il sindaco Alessandro Betta, l’assessore alla cultura Stefano Miori e parte della Giunta, nonché la responsabile dell’Ufficio cultura Giancarla Tognoni.

Console_09Pietro Kuciukian (che alla cerimonia era accompagnato dalla moglie Anna Maria Samuelli), è medico chirurgo ed è nato ad Arco il 18 gennaio del 1940; oggi vive e lavora a Milano. Il padre venne in Italia da Istanbul nel 1915, durante il genocidio degli Armeni perpetrato dal governo dei Giovani Turchi. Come il padre prima di lui, ha studiato al collegio dei Mechitaristi di Venezia dove ha appreso la lingua armena. Dopo il terremoto in Armenia del 1988, si è recato nelle zone sinistrate ad aiutare i connazionali. Ha lavorato all’installazione di un ambulatorio medico a Spitak e di due scuole a Stepanavan (città della quale ha ricevuto la cittadinanza onoraria).

Console_10Ha pubblicato a Venezia nel 1991 i volumi “Terre dimenticate” e “Nel paese delle pietre urlanti”. Ha curato il volume di Raffaele Gianighian, un sopravvissuto al genocidio del 1915, “Khodorciur” (Venezia, 1992). Ha pubblicato nel 1994 “Le terre di Nairì. Viaggi in Armenia”, nel 1996 “Viaggio fra i cristiani d’oriente. Comunità armene in Siria e in Iran”, nel 1996 il catalogo bilingue “Armin T.Wegner e gli Armeni in Anatolia, 1915″. Ha tradotto in italiano gli scritti del Khatolicos armeno Karekin I “Identità della Chiesa armena”, edito a Bologna nel 1998. Il suo volume “Dispersi. Viaggio fra le comunità armene nel mondo” (Guerini, 1998) analizza nell’ultimo capitolo la problematica della memoria e dell’oblio anche in rapporto al genocidio ebraico (la seconda edizione è del 1999). Nel novembre del 2000 ha pubblicato il libro “Voci nel deserto. Giusti e testimoni per gli Armeni”, che raccoglie una serie di profili di giusti, la cui opera fu essenzialmente di testimonianza e di denuncia, tanto più importante se si pensa che fino ad oggi sul genocidio degli armeni continua a gravare il silenzio della Turchia. Con questo libro l’autore ha vinto il Premio S. Vidal a Venezia per il dialogo fra i popoli e le religioni.

Ha fondato, assieme a Gabriele Nissim, il Comitato Foresta dei Giusti “Gariwo” (con sede a Milano) che nel dicembre del 2000 ha promosso a Padova il convegno internazionale ”Si può sempre dire un sì o un no. I giusti contro i genocidi degli armeni e degli ebrei”, e nel dicembre del 2003 a Milano il convegno internazionale “I Giusti nel Gulag. Il valore della resistenza morale al totalitarismo sovietico”. Nel 2003 ha pubblicato “Giardino di tenebra, viaggio in Nagorno Karabagh” nel quale alterna impressioni di viaggio a storie di conflitti che si perdono nel tempo, a descrizioni di distruzioni e devastazioni, a incontri occasionali in luoghi dove la natura è incontaminata e la vita non risulta essere il bene più prezioso.

Console_06Nel gennaio del 2003 gli è stato conferito dal Comune di Milano l’Ambrogino d’oro per l’attività nella ricerca dei “Giusti per gli Armeni”. Gli è stata dedicata una targa, e un albero è stato piantato nel viale dei Giusti sul monte Stella di Milano.

Nel febbraio del 2007 è uscito, sempre per la collana armenistica di Guerini, il volume “La terza Armenia. Viaggio nel Caucaso post-sovietico”, itinerario nelle terre di frontiera del Giavakh, il sud della Georgia, regione tormentata da tensioni e conflitti latenti che serpeggiano nella difficile realtà dell’era post-sovietica. “Il viaggio di Kuciukian”, scrive Guido Olimpio nella prefazione, “suscita speranze ma anche inquietudini. Sembra scritto da qualche parte che gli armeni – o almeno una parte di loro – non debbano avere certezze”.

Con decreto del Ministero degli Affari Esteri del 16 marzo 2007 Pietro Kuciukian è stato nominato Console onorario della Repubblica di Armenia in Italia, titolare dell’ufficio consolare di Milano. Nel 2009 ha ricevuto la cittadinanza onoraria della città di Spitak. E’ membro del consiglio internazionale dei probiviri che ogni anno assegna il Premio del Presidente dell’Armenia alla migliore opera riguardante il genocidio armeno. Il comitato “Gariwo, la foresta dei Giusti”, di cui è cofondatore con l’attuale presidente Gabriele Nissim, ha proposto all’Unione Europea di istituire una Giornata europea dei Giusti per tutti i genocidi, accettata dal Parlamento europeo e fissata per il 6 marzo di ogni anno.

Console_01Ha curato l’edizione italiana del volume “La tragedia di Sumgait, 1988.Un pogrom di Armeni nell’Unione Sovietica” di Samuel Shahmuradian, pubblicato nel 2012 dall’editore Guerini. Nel 2013 è stato tradotto in armeno da Lilit Melikian e Gaghik Baghdassarian il volume di Kuciukian “Dispersi” , pubblicato a Yerevan con il titolo “Sprvazner”.

La cerimonia s’è aperta con il salto del sindaco che ha letto la motivazione dell’onorificenza: «Pietro Kuciukian – ha letto Alessandro Betta – è persona straordinaria perché ha saputo trasformare una tragica esperienza di dolore e di esilio, propria di un intero popolo, nello stimolo a creare qualcosa di positivo, di esemplare. Pur avendo sperimentato, attraverso la storia della sua stessa famiglia, la brutalità del genocidio del 1915 e le conseguenze fatte di sradicamento e di diaspora, non si è limitato nella sua esperieza e nella sua azione, a parlare della tragedia o a rivendicare semplicemente i diritti calpestati nel corso della storia: egli è riuscito a trasformare questa terribile vicenda, che è la memoria collettiva di un intero popolo ed anche un esempio oggettivo di numerose tragedie del Novecento, in una occasione di crescita e di miglioramento, decidendo di parlare degli esempi positivi che all’interno di questa tragedia si possono contare. L’esperienza di Gariwo, il giardino dei Giusti, è la concretizzazione di un sentimento esemplare e rimarchevole di come sia necessario ed opportuno guardare al futuro, pur ricordando il passato. E che il futuro può trovare nel passato non solo l’esempio di che cosa evitare, ma anche storie bellissime e persone meraviglose che hanno saputo resistere, fare del bene, impegnarsi contro le ingiustizie e contro il terrore. L’azione intrapresa ha un duplice valore. Infatti, oltre che stimolo a possedere una coscienza civica e insegnamento di come sia possibile sempre opporsi al male e all’ingiustizia, la creazione di Gariwo e tutte le iniziative (letterarie e storiche) che documentano l’esistenza di queste straordinarie storie di persone Giuste, sono un atto di riconoscimento e di ringraziamento per coloro che si sono generosamente impegnati, a volte a costo della vita, e sempre correndo grandi rischi, nel far trionfare ciò che è giusto, ciò che è buono. L’onorificenza inoltre vuole celebrare il legame che Pietro Kuciukian ha mantenuto con Arco, sua città natale, nonostante la vita professionale e familiare lo abbia condotto a vivere lontano da qui; questo legame onora la città di Arco, che quindi desidera ricambiare il privilegio di essere luogo di origine di una personalità così insigne, attraverso la concessione di questa onorificenza».

Console_03«La città di Arco – ha proseguito il sindaco – intende esprimere gratitudine per l’affetto che Pietro Kuciukian ha sempre dimostrato per la sua terra natale, ma soprattutto intende lodare il suo operato instancabile per aver proposto, sia con la creazione di Gariwo, il Giardino dei Giusti, sia con i suoi scritti e le sue conferenze, una lettura della storia che rende merito alle persone che hanno agito secondo giustizia ed equità anche nei momenti più bui del passato, ed in particolare per l’opera di informazione relativa alla vicenda del genocidio degli Armeni del 1915, vissuto direttamente dalla sua famiglia. Particolarmente encomiabile, fra le numerose iniziative e attività svolte, quanto fatto a favore delle giovani generazioni e nelle scuole per insegnare che c’è sempre la possibilità di far valere la giustizia e la solidarietà umana».

Vai al sito

 

 


 

Arco, un albero per ricordare il genocidio degli Armeni (Corriere delle Alpi 22.04.16)

RAI censura genocidio armeno (Lastampa.it 22.04.16)

Sabato scorso sul canale “Rai storia” avrebbe dovuto andare in onda un documentario sul Genocidio Armeno (Metz Yeghèrn, il Grande Male in armeno) compiuto a partire dal 24 aprile 1915 dal governo turco nei confronti della numerosa minoranza cristiana dell’Impero ottomano. Un milione e mezzo di uomini, donne e bambini furono massacrati nel primo genocidio “statale” del secolo XX, modello precursore della Shoah.

L’azienda stessa aveva annunciato l’evento con un comunicato di lancio. Ma, inspiegabilmente, il documentario non è mai stato trasmesso.

E, ancora più inspiegabilmente, non hanno avuto nessuna risposta le e-mail e le telefonate con cui i telespettatori chiedevano ragione alla Rai del cambiamento di programma.

Il Consiglio della Comunità armena di Roma una spiegazione possibile e plausibile ce l’ha. Il governo turco da sempre compie un’attiva opera di negazionismo verso i Paesi, gli enti e anche i privati che affrontano l’argomento del Genocidio Armeno e delle altre minoranze cristiane (Assiri e Greci) durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Facendo pressioni e arrivando anche a minacciare ritorsioni sul piano economico, politico e diplomatico.

Quando Papa Francesco prese posizione chiaramente sull’argomento, Erdogan richiamò per vari mesi l’ambasciatore turco presso la Santa Sede.

E’ molto probabile che analoghe pressioni siano state esercitate in occasione della messa in onda del documentario. E’ straordinario però che il servizio pubblico italiano, alla cui guida è una collega giornalista, Monica Maggioni, si pieghi alle richieste di uno Stato in cui la deriva autoritaria e anti-democratica, in particolare nei confronti dei giornalisti e dell’informazione sta raggiungendo livelli mai conosciuti prima.

La Turchia è agli ultimi posti – insieme al suo grande alleato Azerbaijan – nella classifica stilata di recente da Reporters Sans Frontières. Dopo questo episodio di autocensura del servizio pubblico non stupisce che anche l’Italia possa vantare (?) un 77° posto nella classifica della libertà di informazione mondiale.

“Il Consiglio per la comunità armena di Roma, alla vigilia della Giornata della memoria (24 aprile, a Roma sarà ricordata con una manifestazione al Pantheon alle ore 15), si ritiene profondamente sconcertato dalla vicenda e rinnova alla Rai ed all’organo di Vigilanza la richiesta di chiarimenti oltre che l’invito a fornire al pubblico un’adeguata informazione sull’argomento”.

Il Consiglio ha informato dell’accaduto la Commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi “per gli opportuni passi che vorrà intraprendere”.

Vai al sito


 

La Rai “censura” il genocidio armeno: pressioni turche? (Opinione Pubblica 22.04.16)

COMUNICATO STAMPA – LA SICILIA RICONOSCE IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI

LA SICILIA RICONOSCE IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI

Ieri 20 aprile 2016  l’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato all’unanimità la mozione che riconosce il Genocidio del popolo armeno. Il riconoscimento da parte dell’ARS giunge a tre giorni dal 101° anniversario di quei tragici fatti (24 aprile 1915). Il Governo della Regione siciliana si impegna così a promuovere d’intesa, con il Governo Nazionale, iniziative per ricordare il Genocidio degli Armeni e a diffonderne i fatti storici.

Ha dichiarato il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone: “L’approvazione della mozione è una testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale ci legano antichi rapporti di fraternità e scambi culturali. Ma è anche un contributo alla ricerca di una verità storica che per troppo tempo è stata negata e che, ancora oggi, si vuole occultare. Già nello scorso di mese novembre, in occasione della sua visita a Palermo, avevo manifestato all’ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan, la vicinanza e la solidarietà dei siciliani per la difesa dei loro diritti inviolabili e per il riconoscimento di quello che è stato il primo genocidio del XX secolo.”

25.11.2015 ARS Pres_Ardizzone incontra Amb_GhazaryanMolto soddisfatto anche l’Ambasciatore armeno in Italia Sargis Ghazaryan che ha voluto subito ringraziare i promotori della mozione gli onorevoli Cordaro, D’Asero, Papale e Grasso, il Presidente Ardizzone e tutta l’Assemblea Regionale Siciliana per aver scritto una nuova pagina di storia nei rapporti Sicilia Armenia.

“Quando ho incontrato il Presidente Ardizzone ero sicuro che la nostra storia comune, che risale al X secolo, avrebbe proseguito il suo percorso di amicizia, collaborazione e condivisione di valori.” Ha poi aggiunto: “Oggi la Sicilia si è unita a quel coro di città, regioni, stati, organizzazioni internazionali che lavorano proattivamente alla prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità. La cultura della pace, della democrazia e del principio dell’autodeterminazione dei popoli, citati nella mozione, devono essere continuamente e risolutamente affermati, soprattutto in un momento come quello attuale che li vede messi a repentaglio con la forza delle armi, in vari angoli del mondo, così come sta accadendo in Nagorno Karabakh.”

Testo della mozione

La Sicilia riconosce il genocidio degli armeni (Spondasud.it 21.04.16)

L’Assemblea Regionale Siciliana ha approvato all’unanimità la mozione che riconosce il Genocidio del popolo armeno. Il riconoscimento da parte dell’ARS giunge a tre giorni dal 101° anniversario di quei tragici fatti (24 aprile 1915). Il Governo della Regione siciliana si impegna così a promuovere d’intesa, con il Governo Nazionale, iniziative per ricordare il Genocidio degli Armeni e a diffonderne i fatti storici.

Ha dichiarato il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone: “L’approvazione della mozione è una testimonianza di amicizia nei confronti di un popolo al quale ci legano antichi rapporti di fraternità e scambi culturali. Ma è anche un contributo alla ricerca di una verità storica che per troppo tempo è stata negata e che, ancora oggi, si vuole occultare. Già nello scorso di mese novembre, in occasione della sua visita a Palermo, avevo manifestato all’ambasciatore armeno in Italia, Sargis Ghazaryan, la vicinanza e la solidarietà dei siciliani per la difesa dei loro diritti inviolabili e per il riconoscimento di quello che è stato il primo genocidio del XX secolo.”

Molto soddisfatto anche l’Ambasciatore armeno in Italia Sargis Ghazaryan che ha voluto subito ringraziare i promotori della mozione gli onorevoli Cordaro, D’Asero, Papale e Grasso, il Presidente Ardizzone e tutta l’Assemblea Regionale Siciliana per aver scritto una nuova pagina di storia nei rapporti Sicilia Armenia.

“Quando ho incontrato il Presidente Ardizzone ero sicuro che la nostra storia comune, che risale al X secolo, avrebbe proseguito il suo percorso di amicizia, collaborazione e condivisione di valori.” Ha poi aggiunto: “Oggi la Sicilia si è unita a quel coro di città, regioni, stati, organizzazioni internazionali che lavorano proattivamente alla prevenzione dei genocidi e dei crimini contro l’umanità. La cultura della pace, della democrazia e del principio dell’autodeterminazione dei popoli, citati nella mozione, devono essere continuamente e risolutamente affermati, soprattutto in un momento come quello attuale che li vede messi a repentaglio con la forza delle armi, in vari angoli del mondo, così come sta accadendo in Nagorno Karabakh.”

Vai al sito

Un albicocco al Giardino della Pace di Arco per ricordare il genocidio armeno (Secolo Trentino 21.04.16)

Un esemplare di albicocco, pianta simbolo dell’Armenia, abbellisce il Giardino della Pace di Arco e ricorda una delle più terribili tragedie del Novecento. A piantarlo, nel primo pomeriggio di giovedì 21 aprile, sono stati i ragazzi della quinta «B» della scuola primaria «Giovanni Segantini», a conclusione di un percorso di studi dedicato, e nel corso di una cerimonia in memoria del genocidio armeno alla quale ha preso parte anche il console onorario Pietro Kuciukian.

Gli alunni della quinta «B» delle «Segantini» hanno studiato la storia del popolo armeno e del genocidio che ha patito all’inizio del Novecento per mano dell’Impero Ottomano, nel corso di quest’anno scolastico, progettando e realizzando assieme agli insegnanti anche la cerimonia della messa a dimora dell’albicocco, che il Comune di Arco ha inserito in una giornata dedicata (gli Armeni commemorano il genocidio il 24 aprile), che comprende anche la consegna ufficiale al console onorario di Armenia Pietro Kuciukian dell’onorificenza al merito della città di Arco, in serata a palazzo Marcabruni-Giuliani.

La cerimonia, alla quale hanno preso parte gli assessori Stefano Miori e Silvia Girelli con la responsabile dell’Ufficio cultura Giancarla Tognoni, oltre al vicecomandante della stazione di Arco dei Carabinieri Giorgio Dalrì e al dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Maurizio Caproni, s’è aperta con l’inno armeno suonato dai ragazzi con flauto dolce e metallofono, quindi il saluto dell’Amministrazione comunale, a cura dell’assessore Stefano Miori, e della scuola, a cura del dirigente scolastico.

A seguire l’intervento del console: «Gli Armeni amano molto gli alberi – ha detto Pietro Kuciukian, accompagnato dalla moglie Anna Maria Samuelli – perché danno il senso della vita. L’albero è un simbolo molto importante per un popolo che ha subito tante sofferenze ma che sempre è riuscito a rinascere. Ed è importante questo albicocco nel Giardino della Pace di Arco, in un’epoca di nuove malvagità, a mantenere viva la memoria di una grande malvagità ma anche a ricordarci che la speranza non ci deve mai abbandonare».

Il dirigente scolastico ha ricordato come il lavoro fatto a scuola sul genocidio armeno sia nell’ambito di uno degli obiettivi portanti della scuola: la memoria. «Di fronte alle tantissime tragedie della storia – ha detto Maurizio Caproni – non ultime quelle di oggi, occorre ricordare che non tutti i comportamenti sono uguali e che dobbiamo saper distinguere su una base etica cioè che è bene e ciò che è male, e che esistono i Giusti, cioè le persone hanno scelto la strada del bene».

Poi la messa a dimora dell’albicocco, tutti assieme, e un concerto finale dei ragazzi.

Vai al sito

Gli Armeni tra Baku ed Istanbul (Gariwo 21.04.16)

Sono arrivato in Armenia l’ultimo giorno degli scontri del 2-5 Aprile tra Armeni e truppe dell’Azerbaigian. Ho avuto, il giorno stesso e quelli successivi, numerose conversazioni con Armeni di tutti i ceti sociali e di tutti i livelli culturali e sono rimasto colpito dal misto di preoccupazioni attuali e ansie antiche. In quanto alla situazione obiettiva erano menzionati la ripresa di una guerra interrotta da più di venti anni, il numero notevole di vittime, lo squilibrio delle forze, il ruolo ambiguo della Russia e il silenzio della direzione politica armena. Ma s’intravedeva anche il fantasma pesante di un passato sanguinoso: la paura di perdere l’ultima unità territoriale abitata dagli Armeni fuori dalla Repubblica d’Armenia, il risveglio dei ricordi dei pogrom di Sumgait, Baku, Kirovabad, fino al trauma del 1915 e alle sue conseguenze umane, morali, politiche disastrose, e questo a pochi giorni dalla commemorazione del centunesimo anniversario del genocidio.

Esiste naturalmente il rischio di mescolare tutto, cedendo alla confusione o a reazioni estremiste incoraggiate da un’esplosione di emozioni fuori controllo. Abbinare il genocidio, la vicenda con la Turchia e quella con l’Azerbaigian e l’Alto Karabagh, al punto di nominare gli Azeri « Turchi », vuol dire mischiare dati, contesti storici e geopolitici che sono totalmente diversi. Tale sovrapposizione nutre ed è nutrita dal complesso della vittima eterna, un giogo che, accecando le coscienze, può portare a dei passi erronei e alla lode della violenza redentrice – elementi che non aiutano certamente a trovare soluzioni durevoli a entrambi i problemi.

Tuttavia, in questo periodo di commemorazione del 24 Aprile  1915, non possiamo non chiederci se questo stato d’animo ambiguo sia totalmente sbagliato. La Turchia ha da anni legato la risoluzione della questione armena con quella del conflitto tra l’Armenia, l’Alto Karabagh e l’Azerbaigian, essendo questo l’alleato etnico, politico più vicino alla Turchia. Ammettiamo che la Turchia abbia almeno parzialmente ragione; troveremo allora la forza del significato morale e simbolico della rivendicazione del Karabagh per gli Armeni nel legame con la memoria ferita del genocidio e nella convinzione che il riconoscimento del carattere armeno dell’Alto Karabagh sia un perno delle giuste compensazioni alle conseguenze tragiche dello sterminio. Sbagliano totalmente?

Spiegamoci. Il filosofo francese Paul Ricœur accennava in un articolo, Perplexités sur Israël (pubblicato nella rivista Esprit, nel Giugno 1951), alle condizioni di legittimità della fondazione dello Stato d’Israele dopo la Seconda guerra mondiale. Scartando qualsiasi tipo di fondamento religioso o nazionalistico che pretenderebbe di giustificare un diritto di proprietà del popolo ebraico sulla Palestina, faceva fuoco su un motivo morale: il debito della comunità internazionale nei confronti del popolo ebraico, dovuto alla sua incapacità a tenerlo al riparo dalla Shoah – dunque la volontà di assicurare un rifugio sicuro agli Ebrei. Credo che possiamo spostare almeno in parte questo schema al caso armeno. Molti esprimono perplessità sul conflitto dell’Alto Karabagh: «picrocolino» (dalle guerre pigrocoline nel Gargantua di Rabelais) fra popoli vicini, che si strozzano per un territorio appena equivalente a una provincia italiana, a un «département» francese (4000km quadrati) e una popolazione di circa 150000 abitanti. Molti si lamentano della rabbia nazionalistica che nel Caucaso non è stata superata nemmeno dopo tante stragi. Tutto questo è vero: i popoli della regione sono prigionieri di una storia in gran parte distorta, fatta di prepotenza, sciovinismo, odio e violenze. Ma ciò nonostante vorrei accennare a due ragioni fondamentali che potrebbero accreditare l’assennatezza delle aspirazioni armene.

Innanzitutto la volontà della popolazione armena del Karabagh di uscire dall’Azerbaigian, causata dalla minaccia di una politica nazionalistica fondata sull’odio degli Armeni. Questo fatto rinvia al principio di autodeterminazione, che non è mai stato respinto dalla comunità internazionale a proposito del Karabagh. Si tratta di evitare la sorte degli Armeni del Nakhitchevan, regione autonoma tra l’Armenia e la Turchia, anch’essa consegnata all’Azerbaigian da Stalin, mentre la Turchia fu ammessa come garante della decisione: gli Armeni che, all’inizio degli anni trenta, rappresentavano il quaranta per cento della popolazione totale, sono stati costretti poco a poco a lasciare le loro terre. Non bisogna dimenticare che il carattere armeno della regione dell’Alto Karabagh era già stato riconosciuto tramite lo statuto di «regione autonoma» conferito da Stalin. Almeno due volte – per il Kosovo e il Sud Sudan – la comunità internazionale ha consentito a violare il principio dell’integrità territoriale, quando ha giudicato che la vita delle popolazioni era minacciata da uno Stato intollerante e omicida. Nello stesso modo, gli Azeri hanno risposto con pogrom al movimento di secessione degli Armeni, e civili armeni sono stati uccisi e mutilati durante gli scontri recenti. Purtroppo pochi dubitano che, se gli Azeri riuscissero a impadronirsi del Karabagh, la rabbia della vendetta e la loro cultura dell’odio indurrebbero molti a commettere delle atrocità.

In secondo luogo, c’è un elemento di cui tutti gli Armeni, siano dentro o fuori dall’Armenia, sono consapevoli: l’Alto Karabagh è l’unica restituzione territoriale e umana possibile a mo’ di compensazione parziale della castastrofe del 1915 e della caduta nell’ abisso fino al 1923, al Trattato di Losanna, accanto alla formazione dell’Unione Sovietica. La comunità internazionale – innanzitutto le grandi potenze europee, americana, russa, politicamente responsabili del retaggio tragico degli Armeni e della situazione attuale – non può ignorare questo peso storico-morale. Oggi, quando il processo di democratizzazione in Turchia è insabbiato nella deriva autocratica di Erdogan, che nuoce anche alla promozione dei diritti della minoranza armena e a una sincera rilettura del passato, la comunità internazionale, cominciando dai Paesi europei, deve capire l’urgenza di un intervento in una zona già incandescente, e mandare un messaggio chiaro alla Turchia tramite il suo alleato azero.

Queste considerazioni incitano a promuovere l’accelerazione del processo pacifico di negoziazione dentro al gruppo di Minsk dell’Osce. Una soluzione ragionevole dovrebbe assicurare, fuori dalla sovranità Azerbaigiana, tanto la continuità territoriale dell’Armenia col Karabagh – unica garanzia minima della sopravvivenza degli Armeni nella regione-, quanto il ritorno degli Azeri laddove rappresentavano la maggioranza relativa. Non si dovrebbero escludere delle concessioni territoriali da entrambe le parti.

Ma un’ultima domanda emerge: perché sollecitare l’Azerbaigian e non la Turchia? È vero che l’Azerbaigian non era partecipe del processo genocidiario intrapreso contro gli Armeni dell’Impero ottomano, ma possiamo proporre elementi di risposta:

lo stesso valeva per Israele: perché colpire la Palestina e non la Germania? Perché era l’unica via di compenso concepibile, visto che gli Ebrei reali, non i loro fantasmi, vivevano già su questa terra che avevano scelto come terra d’insediamento.

i legami tra Turchia e Azerbaigian sono antichi. I governi dei due Paesi ripetono lo slogan famoso: «una nazione, due Stati». Abbiamo in mente le parole di Erdogan del 3 aprile, in mezzo alla breve guerra di quattro giorni : la Turchia sosterrà l’Azerbaigian « fino alla fine », conferma la volontà permanente, da parte del governo turco, di abbinare la sua propria questione armena e la vicenda tra l’Azerbaigian e l’Armenia. Inoltre, Baku non esita da anni a farsi capofila spietato del negazionismo del genocidio armeno.

– la rivalità secolare tra la Turchia e la Russia, quella che regnava già sulla regione all’inizio del Novecento, emerge di nuovo. Queste potenze si affrontano influenzando tutti i conflitti della zona, in particolarmente quello dell’Alto Karabagh. Non possiamo lasciare che i popoli del Caucaso – e sopratutto gli Armeni che hanno sofferto al massimo grado di questa concorrenza regionale – paghino per questa resa dei conti.

Solo l’accettazione di tale necessità permetterebbe un passo avanti decisivo verso la pace, essendo la via più sicura affinché si trovi una soluzione ragionevole per tutte le parti, che offrirebbe anche alla comunità internazionale la possibilità di far capire ai governanti turchi l’importanza di riconoscere le piaghe del passato per risolvere i problemi del presente, comprese le stragi di Daesh nella regione. Per questo occorre lo sforzo di tutti, cominciando dall’Europa e gli Stati Uniti, per costringere le parti – Russia compresa – ad accettare una logica di compromesso autentico, permettendo di risparmiare tante vite e di fare un passo avanti nella stabilizzazione della regione, anche da parte della Turchia, alla luce di una rilettura illuminata del passato.

Vai al sito