Da Torre Pellice in Armenia, lungo la Via della Seta (piazzapinerolese 21.06.23)

Da Torre Pellice ad Aruch, in Armenia, per la missione archeologica di Aruch e dell’incastellamento della Via della Seta con Ismeo, l’Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente.

È cominciata con una ‘fotogrammetria’ l’ultima ‘avventura’ di Alessandro Vaio, quarant’anni compiuti lo scorso undici novembre, archeologo di Torre Pellice:

“Per prima cosa mi sono occupato di fare la fotogrammetria di tutto il ‘castello’, che in realtà sono dei ruderi a lato del paesello. Quasi sempre si tratta di un doppio lavoro: con l’aiuto di un drone, si fa una scansione dell’intera area, per poi montare le foto con un software apposito, in modo da avere un’unica grossa foto dell’intera area – spiega Vaio –. Sul terreno si prendono i punti principali e li si posiziona in modo georiferito, basandosi sui dati Gps e del geoportale nazionale, poi questi punti si incollano sopra la foto dell’intera area, ottenendo così una foto georiferita”.

La cittadina di Aruch si trova in una piana stepposa caratteristica del basso Caucaso, in posizione strategica lungo la Via della Seta, tra quelle che furono le grandi capitali storiche dell’Armenia in epoca tardo-antica e medievale, Dvin e Ani.

“La nostra principale zona di interesse in questo mese di giugno, è quella del ‘castello’ diroccato, nei pressi del Caravanserraglio” prosegue Vaio.

Il Caravanserraglio, fra i punti di interesse dei turisti in visita ad Aruch, era una sorta di albergo primitivo che accoglieva le carovane in Oriente, e rappresenta un’ulteriore conferma dell’importanza strategica e commerciale della località.

L’obiettivo dello studio è quello di realizzare un’indagine, sia sotto il profilo militare che il profilo commerciale, dei complessi fortificati delle regioni caucasiche e la loro evoluzione storica all’interno dei sistemi di connettività a lunga percorrenza dell’Eurasia, in particolare in epoca tardo-antica e medievale.

Questo consentirà anche l’elaborazione di una carta archeologica della viabilità e del sistema fortificato dell’area.

“Si tratta di un progetto giunto al suo secondo anno di attività, e ne sono previsti in tutto cinque, che andranno confermati di anno in anno – illustra Vaio – Tra il XIII e il XII Secolo a.C. Il Regno Armeno ha cambiato una decina di capitali, quindi non dobbiamo aspettarci di trovare oggetti belli da esposizione, perché ogni volta che una Capitale veniva abbandonata per spostarsi in un’altra, logicamente si portavano dietro tutti gli oggetti di valore; però la zona potrebbe essere stata colpita da alluvioni, quindi non si esclude che possano ritrovarsi reperti, seppur non in perfetto stato di conservazione. La cosa importante è che l’intero progetto, nel corso degli anni, darà un importante contributo alla valorizzazione del patrimonio monumentale del territorio, e conseguentemente alla sua promozione turistica”.

Per ulteriori dettagli sulla missione Ismeo, è possibile seguire il sito ufficiale a questo link.

“È quasi un tabù asserirlo, ma noi archeologi di fatto siamo scienziati. Fra le nostre competenze ci sono anche storia dell’arte, geologia, botanica, antropologia… Di fatto, complessivamente, siamo scienziati ‘sul campo’ – si racconta Vaio –. Io ho scelto questo mestiere perché soddisfa la mia voglia di avventura. Sono curioso e amo andare a zonzo e scoprire il mondo”.

E sono davvero molti e variegati i viaggi compiuti da lui, che, fra le altre passioni, coltiva anche quella per la fotografia naturalistica e storica, com’è possibile ammirare sul suo sito Internet.