Dante sa parlare anche in armeno (Sole24ore 31.05.21)

Dante è sempre stato nel respiro sotterraneo del Ravenna Festival. Quest’anno, con la ricorrenza dei settecento anni dalla morte, letteralmente vi trabocca: Dedicato a Dante si intitola il cartellone e scorrendo i fitti appuntamenti, lo ritroviamo in un continuo affiorare. Declinato nella musica, nel teatro, nella danza. Motore di linguaggi contemporanei oppure riesumato nelle pagine di autori del passato. Dante presente, inevitabile, aleggiante, al pari di quell’edicola bianca, a cupoletta. La sua tomba.

Impossibile non incrociarne lo sguardo, passando dagli uffici del Festival. Loro a destra, lei giusto in fondo, nella medesima via. In comune un tratto: la porta sempre aperta, tutto il giorno. Per accogliere i rispettivi ospiti, certo. Ma forse anche per dialogare, nei segreti silenzi di certe ore assolate.

Dopo l’apertura con Teodora di Montalbetti, il Festival prosegue parlando di Dante, con il musicologo Piero Mioli, nel Chiostro della Biblioteca Classense, che rilegge la Commedia come un gigantesco poema sinfonico.

E nel segno di Dante trova coronamento, con il concerto straordinario diretto da Riccardo Muti, con l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini e il Coro del Maggio Musicale Fiorentino, replicato nelle tre città del poeta: a Ravenna il 12 settembre, a Firenze il 13 (data della morte) e a Verona il 15.

Intenzionalmente tripartito, vede le paradisiache Laudi alla Vergine Maria di Giuseppe Verdi, il Purgatori di Tigran Mansurian, commissione di Ravenna Festival al principale compositore armeno dei nostri giorni, 82 anni, per approdare infine alla monumentale Dante-Symphonie di Franz Liszt.

Un minuscolo contrassegno, fatto del noto profilo del poeta e colorato di rosso, verde e bianco, ci orienta nel Dante dedicato. Qui la scelta si fa difficile, perché se di primo acchito verrebbe da consigliare l’ascolto dei brani contemporanei, freschi di penna, con le tre Cantiche trasformate in partitura, sull’altro fronte il gruppo degli antichi si presenta talmente raro e sfaccettato nelle proposte da stuzzicare alla pari curiosità e interesse. Dante oggi si rispecchia in tre significative e originali commissioni a altrettanti compositori, di radici e scuole diversissime.

A Giovanni Sollima, cavaliere sul violoncello, capace di sfide su temi scottanti di attualità, partendo dalla sua Palermo, spetta la prima tappa: Sei studi sull’Inferno di Dante sono pannelli anticati (anche secondo la tecnica del contrafactum) su brevi estratti dal Terzo Quinto Venticinquesimo Canto, con Raffaele Pe controtenore, coro e orchestra. Alla sperimentale, ma insieme evocativa, scrittura di Tigran Mansurian va il Purgatorio: debutto a Erevan, nella nuova tappa delle “Vie dell’amicizia”, e lusso della concertazione privilegiata di Muti. Infine a Valentin Silvestrov, pianista e compositore ucraino (anche lui decano, 83 anni, anche lui scoperta dell’etichetta ECM) viene riservata la luminosità ineffabile del Paradiso, negli ori della Basilica di Sant’Apollinare in Classe.

Coerenti gli autori, pertinenti i luoghi e gli esecutori. Ma a questa inedita Commedia in suoni, encomiabile progetto, cifra distintiva senza precedenti e di notevole impegno per il Ravenna Festival, si affiancano le riscoperte nella letteratura del passato. Si parte da Dante e i trovatori, con Enea Sorini voce, salterio e percussioni, e Peppe Frana oud e guinterna, e un drappello di poeti-compositori capeggiati da Arnaut Daniel, quello che Dante incoronò “miglior fabbro del parlar materno” (Purgatorio, XXVI). Gli stessi ripresi poi in organico allargato, con arpa, buccina, cialamella e cornamusa, dallo storico Ensemble Micrologus.

Sempre nella Basilica di San Francesco, che ospitò i funerali danteschi, si eseguono mottetti sacri del Seicento, con cornetto, organo e soprano di “Seicento stravagante”. Vielle, organo portativo e ciotole, percussioni storiche e voce recitante di “Ensemble Palamento” cercano Dante in musiche del Trecento, sulle tracce di Boccaccio. Mentre Odhecaton, col suo direttore Paolo Da Col, conosciuti come raffinati archeologi musicali (e infatti per la liturgia nelle Basiliche offrono il capolavoro della Missa Hercules dux Ferrariae di Desprez) affrontano la novità di Mirco De Stefani, sul Canto XXXIII del Paradiso, in un viaggio dantesco, dalle parole ai suoni.

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