Eliminare gli Armeni all’alba del 1900 (Corrieretv 01.05.23)

Il primo genocidio del secolo scorso, tra il 1915 e il 1922. L’idea delle “marce della morte” , ideata contro gli armeni, fu riproposta dai nazisti alla liberazione dei campi dì sterminio, a cominciare da Auschwitz.

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Questa storia davvero infame e agghiacciante mi trasmette ciò che ho sempre rispettato e amato profondamente: il culto della memoria. Quanti sanno davvero che il primo genocidio del secolo scorso non è stato quello degli ebrei, nei campi di sterminio creati dai nazisti, ma quello degli armeni che fu commesso in terre ottomane tra il 1915 e il 1922? Anzi, dico di più. Il termine genocidio divenne storia grazie a Raphael Lemkin che con straordinaria perizia ne analizzò le origini. Ecco perché mi ha colpito e devo dire sconvolto un prezioso libro appena pubblicato, “Alfabeto dei piccoli armeni”, scritto da Sonya Orfalian, Sellerio editore. Sonya, armena in tutto, non racconta la sua storia ma quella dei tanti bambini e minorenni che hanno vissuto convulsamente gli anni del genocidio armeno, dove quasi a parlarne era un crimine. Sia nelle famiglie, dalle quali affioravano poche imbarazzate parole, sempre a bassa voce, sia in un mondo poco disposto a capire e a comprendere le dimensioni di un’immane tragedia. Il libro è come un diario, sintetizzato in 36 capitoli, creati su altrettante storie personali, come le lettere dell’alfabeto armeno, e diffonde il sapore e l’orrore di quel momento storico. Sono testimonianze molto dolorose, a cominciare dalla prima. E’ la storia di Mariam, una bimba di dieci anni che ha visto la sua mamma e altri famigliari bruciati vivi dagli invasori in mezzo alla strada. La piccola si salvò per puro caso. Sapete come? Perché fu costretta a riprendere la “marcia delle morte”, scortata dagli aguzzìni, pronti a sparare e a uccidere chiunque non fosse in grado di camminare. E’ un mostruoso dettaglio, che i nazisti pochi anni dopo copiarono per sfuggire agli alleati che stavano arrivando per salvare gli ebrei dallo sterminio. La mia cara amica Liliana Segre riusci’ prima salvarsi dalla morte ad Auschwitz, dove era sopravvissuta mentre suo padre era finito subito in una camera a gas. Poi, costretta a marciare per chilometri, con i nazisti che, armi in pugno e rabbiosi per la sconfitta, erano pronti a uccidere. Proprio questo ripetersi della storia è la parentesi che il libro di Sonya Orfalian racconta con straordinaria bravura ed efficacia. Come a ricordarci che la storia non cambia quasi mai, anzi mai, ma tutto si ripete vergognosamente per amore del Dio denaro, degli interessi personali o collettivi, del desiderio feroce di presentarsi al mondo como i veri protagonisti della Storia. ANTONIO FERRARI PER IL CORRIERE TV (LaPresse/Ap/Youtube)

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