Ennesimo affronto alla Memoria del popolo armeno da parte del Presidente Turco Erdogan

In data 16 gennaio 2015 il Presidente Turco Erdogan ha invitato il Presidente Armeno Sarkissian a partecipare il prossimo 24 aprile 2015 alla cerimonia del centenario della battaglia di Gallipoli.

L’invito ovviamente oltre ad essere inopportuno suona come una provocazione ed un ulteriore presa in giro dal momento che quest’anno ricorre il centenario del genocidio ed il 24 aprile si sa, è internazionalmente riconosciuta come la data della commemorazione del genocidio del 1915 perpetrato dal governo turco di allora di cui Erdogan non è altro che legittimo erede.

Il Presidente Armeno ovviamente non ha ritardato la sua risposta a questo ennesimo affronto alla Memoria del popolo armeno.

Di seguito pubblichiamo la lettera del Presidente Sarkissian tradotta a cura del Prof Gergorio Zovighian con un breve commento dello stesso.

COMMENTO DEL PROF ZOVIGHIAN

Non so se il presidente turco, Erdogan, sia più sfacciato o più arrogante. Ecco perché.

Nel corso della prima guerra mondiale gli anglo-francesi fecero uno sbarco a Gallipoli, presso i Dardanelli, in Turchia. Vi furono cruente battaglie nel corso delle quali un armeno , Sarkis Torossian, capitano di artiglieria nell’esercito turco, affondò una nave nemica e per questa ragione il ministro della guerra turco, Enver pascià (uno dei triumviri dei Giovani Turchi), presentandolo a degli ufficiali tedeschi, lo definì “l’eroe armeno”.

Orbene, Erdogan, , al chiaro scopo di offuscare le commemorazioni del centenario del genocidio armeno, ha invitato i capi di stato di tutto il mondo, fra cui l’Armenia, a partecipare alla cerimonia commemorativa della battaglia di Gallipoli; cerimonia che, guarda caso, è stata indetta per il 24 aprile 2015!

Anche la sfacciataggine dovrebbe avere un limite, ma ormai il presidente turco non ha più freni. Basti vedere il palazzo presidenziale che si è fatto costruire: mille stanze! Evidentemente non voleva più stare nel vecchio palazzo presidenziale che, fra le altre, sorge su un terreno requisito alla famiglia armena Kassabian.

Comunque quest’ennesima uscita del presidente turco deve far meditare tutti coloro che, senza fare i conti con la dura realtà,chiedono agli armeni di tendere una mano alla Turchia.

In allegato invio la traduzione della risposta del presidente dell’Armenia all’invito di Erdogan a presenziare alla commemorazione della battaglia di Gallipoli. Dopo la sua lettura non viene che da dire: “Bravo, presidente !”.

Gregorio Zovighian

Traduzione della lettera del Presidente Sarkissian

Egregio signor Presidente,

Ho ricevuto il Vostro invito, a me diretto, per partecipare alle manifestazioni in ricordo del centenario della battaglia di Gallipoli. Effettivamente la prima guerra mondiale è una delle pagine più terribili della storia dell’umanità, che fu causa di milioni di perdite di uomini innocenti e di destini rovinati.

Alla battaglia di Gallipoli partecipava anche un artigliere armeno delle forze armate dell’Impero Ottomano, il capitano Sarkis Torossian,un ufficiale che si era dedicato a difendere e a tutelare la sicurezza dell’Impero(Ottomano) e che, per il suo fedele servizio ed il coraggio (dimostrati), si meritò delle ricompense militari, da parte dell’Impero Ottomano. Mentre, nello stesso periodo l’ondata di massacri di massa e di deportazioni -precedentemente pianificati ed attuati nei confronti degli armeni da parte dell’Impero Ottomano- giunta al culmine, non risparmiò persino Sarkis Torossian. Nel novero del milione e mezzo di armeni vittime del genocidio vi erano i suoi genitori che furono ferocemente uccisi, mentre la sorella morì nel deserto di Siria. Ed è proprio in seguito a questo eccidio senza precedenti che Raphael Lemkin creò il termine “genocidio”, ed è stata la sua impunità che preparò il terreno all’Olocausto ed ai genocidi di Ruanda, Cambogia e Darfur.

Secondo Voi la battaglia di Gallipoli è un particolare esempio, non solo per la Turchia, ma anche per il mondo intero, dei rapporti d’amicizia sorti dalle guerre; mentre il campo di battaglia è un monumento di pace e di amicizia, che ricorda l’amara eredità della guerra. Tralasciando l’importanza, a tutti ben nota, della battaglia di Gallipoli, oppure la discutibile condotta della Turchia nel corso della prima e della seconda guerra mondiale, è necessario ricordare che la pace e l’amicizia devono innanzitutto basarsi sul coraggio di confrontarsi con il proprio passato, sulla giustizia storica, come pure sul riconoscimento totale, e non selettivo, della memoria dell’intera l’umanità.

Ahimé , la Turchia continua la sua tradizionale politica negazionista e di anno in anno “perfezionando” il suo strumentario di mistificazione storica, quest’anno ricorda il centenario delle battaglie di Gallipoli, per la prima volta il 24 aprile, mentre quelle sono iniziate il 18 marzo del 1915 e sono proseguite fino alla fine di gennaio del 1916 e lo sbarco degli alleati ed i combattimenti di terra sono iniziati il 25 aprile.

Che fine persegue tutto ciò, se non il banale scopo di deviare l’attenzione del pubblico mondiale dalle manifestazioni del centesimo anniversario del genocidio armeno?!.

Mentre, prima di intraprendere iniziative commemorative, la Turchia aveva un dovere molto più importante, nei confronti del proprio popolo e dell’intera umanità, cioè il riconoscimento e la condanna del genocidio armeno.

Quindi Vi consiglierei di non dimenticare, nei Vostri appelli ad una pace mondiale, di inviare al mondo un invito al riconoscimento del genocidio armeno, evocando il ricordo di un milione e mezzo di vittime innocenti.

E’ il dovere di ciascuno di noi trasmettere, alle generazioni future,la vera storia, scevra da mistificazioni; così prevenendo la ripetizione di delitti e preparando il terreno all’avvicinamento ed alla successiva cooperazione fra le nazioni, in particolar modo fra le nazioni vicine

P.S. Vostra eccellenza, ancora alcuni mesi fa Vi avevo invitato a Yerevan, per onorare assieme,il 24 aprile 2015, la memoria delle innocenti vittime del genocidio armeno. Presso di noi non è norma essere ospitati dall’invitato, senza aver ricevuto la risposta all’invito.